oligopolio
Forma di mercato che si caratterizza per un numero ridotto di imprese che producono un bene omogeneo e che fronteggiano una domanda formata da molti consumatori. L’ingresso di altre imprese è impedito dalla presenza di barriere all’entrata (➔ barriera). Il fatto che le aziende siano poche e che non vi sia libertà d’entrata fa sì che esse si rendano conto che le proprie scelte di produzione influiranno su quelle delle altre presenti sul mercato. C’è quindi interazione strategica tra le diverse realtà produttive. È questa la caratteristica principale che differenzia i mercati oligopolistici da quelli in concorrenza perfetta (dove le imprese sono così piccole in rapporto alla domanda da non essere in grado con i loro comportamenti di influenzare il prezzo di mercato) e dal monopolio (➔) dove, per definizione, essendoci una sola impresa, non si deve tenere conto del comportamento dei concorrenti. Il funzionamento dei mercati oligopolistici è stato formalizzato in modelli che si differenziano per la variabile decisionale delle imprese (prezzo o quantità prodotta), per l’ordine in cui esse prendono le proprie decisioni (scelte contemporanee o meno), per l’orizzonte temporale di riferimento (finito o infinito), o per altri fattori. Non esiste quindi un modello unico.
La prima formalizzazione dei mercati oligopolistici è dovuta ad A.-A. Cournot (➔), nel 1838. Il modello di Cournot prevede che le imprese decidano simultaneamente la quantità da produrre che massimizza i propri profitti, tenuto conto delle scelte fatte dalle concorrenti. Una variazione del modello di Cournot è quella di H.F. von Stackelberg (1834), che mantiene come variabile decisionale il prezzo, ma dove le imprese scelgono quanto produrre una dopo l’altra. Altro modello importante è quello di J.-L.-F. Bertrand (➔), del 1883, che utilizza il prezzo come variabile decisionale. Tutti questi modelli sono definiti di o. non cooperativo, perché le imprese non possono fare accordi vincolanti tra di loro. Una forma particolare di o. è il duopolio (➔), dove si trovano a competere due aziende. I modelli di o. cooperativo sono invece quelli in cui le imprese cercano di mettersi d’accordo per massimizzare i propri profitti in maniera congiunta o fissando i prezzi il più vicino possibile a quelli di monopolio e/o limitando le quantità prodotte. In questi casi si dice che le imprese cercano di formare un cartello (➔ cartello; collusione).
In o. le aziende sono, in genere, in grado di fissare prezzi superiori a quelli che emergono nei mercati concorrenziali, hanno cioè potere di mercato. Questo dipende dal numero di imprese, ma anche dalle caratteristiche del prodotto stesso. Se, per es., un prodotto è deperibile, non potrà essere stoccato con facilità e questo spingerà le aziende a venderlo anche a prezzi non elevati. Se invece il bene non è deperibile, è più facile che esse siano in grado di limitare le vendite se il prezzo diventa troppo basso. D’altra parte, se le imprese producono un bene durevole, che quindi i consumatori utilizzano per più periodi, le vendite di oggi sono in concorrenza con quelle di domani. Inoltre, se le barriere all’entrata non sono particolarmente significative, la capacità di mantenere i prezzi elevati sarà limitata dal potenziale ingresso di altri. Le autorità antitrust (➔) guardano ai mercati oligopolistici con particolare attenzione, per evitare che le imprese si accordino a danno dei consumatori. L’antitrust può, per es., vietare fusioni o acquisizioni che portino a una eccessiva concentrazione del mercato. Gli esempi di mercati oligopolistici sono molteplici e vanno dalle compagnie aeree, all’industria del tabacco, dai soft drinks, al mercato dell’acciaio, dal settore automotive al settore dei servizi di telecomunicazione.