Vedi OLIMPIA dell'anno: 1963 - 1973 - 1973 - 1996
OLIMPIA (v. vol. v, p. 635)
Le notizie riguardanti i nuovi scavi e ricerche dopo il 1962, sono ripartite secondo i paragrafi della voce olimpia pubblicata nella presente enciclopedia.
i (p. 635). - Pelope, come ha notato lo Hermann (op. cit. in bibl., 1962, p. 20 ss.) appartiene allo strato greco. Contro la sua provenienza microasiatica parla una tradizione antica già testimoniata dall'Iliade, II, 104 ss., che lo collega ad Argo.
ii, A-B (p. 636-7). - La più antica storia di O., soprattutto nell'epoca micenea è apparsa sotto una nuova luce attraverso molti trovamenti nei dintorni del santuario e del sito (Hermann, 1962, p. 23 ss.; Yaluris, 1961-62, 1964). Le considerazioni dei vecchi scavatori, soprattutto del Dörpfeld che, contro il Furtwängler, sempre era rimasto fisso all'origine pregeometrica del santuario, acquistano perciò un nuovo significato. A N del nuovo museo si è trovata una ricca necropoli micenea (dal Medio Elladico III A). L'abitato corrispondente è forse testimoniato da trovamenti negli strati paludosi dei terrapieni dello stadio (Hermann, 1962, p. 23 ss.); forse era situato sulla sella a N dell'altura del Kronos. Necropoli micenee si sono trovate anche in un più largo raggio intorno al luogo, per esempio presso Strephi (Tardo Elladico III B), Stravokephalo (Tardo Elladico III C) e Platanos (tombe a pìthos). Le epoche preistoriche sono testimoniate da spessi strati paludosi nell'area dello Stadio e dell'Ottagono. Presso l'edificio del nuovo museo si sono messi in luce alcuni resti circolari, forse di periodo Medio Elladico (Yaluris, 1964).
Lo Hermann (1962, p. 3 ss.) ha cercato di indagare la storia più antica dei culti in Olimpia. Vi sono molte indicazioni sull'antichità del culto delle divinità ctonie, come Ilizia Kourotròphos, Gea, Themis, Artemide, Hestia. (In questo campo l'interpretazione delle scarse testimonianze resta sempre personale; tendenze arcaizzanti e sopravvivenze di tradizioni più antiche si lasciano distinguere solo raramente).
Nel periodo tra il Medio Elladico e il Protogeometrico deve esser stato fondato anche il primo impianto del Pelopion. Forse appartengono a questa stessa epoca le due tombe di Ippodamia e di Enomao (Paus., vi, 20, 7 e 21, 3).
Lo Hermann crede di poter affermare una reale continuità per il culto di Kronos (p. 26 ss.): cerca di datare una figurina apparentemente di data più antica in epoca preistorica. L'ipotesi è discutibile, poiché è difficile classificare simili forme primitive.
ii, D-E (p. 637-8). - I trovamenti di bronzi del primo periodo di fioritura del santuario nel periodo geometrico si sono moltiplicati sensibilmente durante gli scavi nel terrapieno settentrionale dello Stadio e nell'area dell'Ottagono (v. fra l'altro Kunze, VIII. Bericht; Hermann, 1964).
ii, F (pp. 638-640). - Nel periodo di maggiore fioritura del santuario si sono installate nel luogo officine di vasai, per esempio di ceramica a figure rosse.
ii, H (p. 641). - Singolare è il restauro del santuario nel III sec. d. C.: i complessi dell'officina di Fidia e del Theokoleon furono demoliti per costruire le fortificazioni contro il pericolo degli Eruli e poi di nuovo accuratamente ricostruiti.
ii, J (pp. 641-642). - Il villaggio bizantino ha usato, come mostra anche la costruzione della chiesa, impianti del livello antico, e la storia del luogo sembra abbia proseguito in continuità fino a quest'epoca. Inoltre si trovano tracce di una fase più tarda, che segue apparentemente al periodo della decadenza. A quest'epoca appartengono alcune tombe (Yaluris, 1961-62) che sono state messe in luce vicino all'edificio del nuovo museo; in base alla ceramica si possono datare al tardo VI sec. d. C.
iii (p. 642). - La messa in luce del santuario può considerarsi ormai compiuta. I nuovi scavi si sono estesi anche sul terreno ad oriente della costruzione sud-orientale (v. iv, 11) e a S dei bastioni meridionali dello Stadio. A S e ad E gli strati antichi sono stati asportati fino a grande profondità dal corso medievale dell'Alfeo.
iv, 1 (p. 642). - I lavori nello Stadio hanno dimostrato che gli impianti del terrapieno orientale dell'Altis sono da porre più tardi di quelli occidentali; forse sono contemporanei con il portico di Eco.
iv, 2 (p. 643-644). - I nuovi scavi e il ricollegamento ad osservazioni più antiche, che non si era potuto stabilire prima, hanno condotto A. Mallwitz a rivedere le opinioni del Dörpfeld (Alt-Olympia) sulla storia dello Heraion (Mallwitz, 1966); non si trova alcuna traccia di una più antica costruzione precedente al tempio conservato; lo strato di incendio che il Dörpfeld aveva voluto ricollegare alla distruzione di un Heraion I, si riscontra soltanto a tratti e ad altezze diverse; pietre bruciate sono state chiaramente incluse in opera in questo stato nell'opistodomo; il suolo lastricato è verisimilmente più antico della costruzione in questo punto (forse appartiene ad una piazza per cerimonie o ad un bacino). Altre osservazioni del Dörpfeld riguardo alla cesura fra il tempio I e il II-III mantengono il loro valore, poiché il tempio è chiaramente nato non come unità in un unica fase costruttiva. I muri divisorî, secondo le osservazioni di A. Mallwitz, non raggiungono lo stilobate interno, e dapprima sono da ricostruire come corti pilastri o ante parietali. Sono stati poi asportati nel periodo ellenistico e in questa stessa occasione si sono contemporaneamente stuccate le pareti della cella. Non chiarito rimane il singolare impianto dello stilobate dell'opistodomo come toichobàtes; questa modificazione di un piano più antico non si può peraltro ricollegare con l'introduzione dei muri divisorî.
iv, 3 (p. 644-645). - Nell'area della costruzione sud-orientale in strati del IV sec. si sono trovati frammenti di trabeazione e di rocchi di colonne del tempio di Zeus, questi ultimi completamente stuccati. Presso l'Ottagono in strati di riempimento della metà del IV sec. a. C. insieme con pezzi di scarto di laboratorio (un frammento di mantello mal riuscito) si sono trovati piccoli frammenti delle statue frontonali: l'orecchio di un centauro e un frammento, già riattaccato, del mantello del Cladeo. Queste due osservazioni sembrano indicare un ampio restauro del tempio nel IV sec. a. C.
Il mosaico di sassolini nel pronao, già restaurato, sembra che sia stato eseguito nel periodo ellenistico: la tecnica sembra indicare un periodo di transizione dal mosaico a sassolini all'opus sectile.
iv, 4 (p. 645). - Nel luogo del tempio della Meter, secondo l'opinione dello Hermann (1962), vi era stato un più antico culto ctonio, come indicherebbero antichi strati con offerte.
iv, 8 (p. 647). - Nella costruzione arcaica che si trova ad occidente del Tesoro dei Sicioni si può forse riconoscere il tempio di Ilizia, dopo che le teorie sulla sua identificazione con la grotta-idea si debbono lasciar cadere (Hermann, 1962). L'altare a S di questa costruzione può tuttavia esser quello di Eracle (Paus., v, 14, 9).
iv, 11 (p. 650). - Nuovi scavi hanno mostrato che la costruzione sud-orientale è soltanto un tratto di facciata di un più grosso impianto di periodo classico, che ha trasformato un edificio tardo-arcaico (?) ugualmente grandioso, che si può riconoscere soltanto da scavi fatti per rapina. L'impianto ha subito molte ricostruzioni, soprattutto durante l'ellenismo. Per un certo periodo si apriva con un portico colonnato verso il corso dell'Alfeo che passava vicino, a S. La storia del complesso nel periodo arcaico è ancora incerta. Dalla quantità di ceramica fine, soprattutto coppe laconiche, si dedurrebbe che deve aver avuto una certa importanza.
Nel I sec. d. C. la costruzione sud-orientale fu demolita e rimpiazzata dall'ampia casa a peristilio, Casa di Nerone, che forse assunse anche la funzione dell'antico edificio.
Due secoli più tardi gli annessi del complesso termale collegato con l'Ottagono occupano tutta l'area.
iv, 15 (p. 651). - Una sima, che era stata finora collegata con il Metroon, viene attribuita da A. Mallwitz (1964) al Leonidaion. Viene qui riferita al tratto occidentale ascendente del tetto.
iv, 16 (p. 651). - Prima della costruzione dell'ergastèrion di Fidia il luogo era privo di edifici. Il vano interno dell'ergastèrion è diviso in tre navate da file di colonne; probabilmente servivano come sostegni per le impalcature a due piani degli operai. La luce entrava attraverso tre file di finestre (la chiesa bizantina sfruttò perciò come ingresso principale quella occidentale del lato meridionale).
Dopo la fine dei lavori del simulacro di culto intorno al 425 a. C. come dimostrano i trovamenti dello strato delle forme, l'ergastèrion rimase ancora a lungo e quasi stabilmente in uso. Furono costruiti degli annessi, ai primi del IV sec. a. C. la costruzione G, nel II sec. a. C. gli impianti B e T, e nel I sec. a. C. i magazzini C e altri impianti di portici.
Sull'impiego degli impianti nel periodo romano non abbiamo elementi; una ricostruzione della costruzione A non è stata chiaramente completata.
Nel IV sec. d. C. fu costruita la chiesa; l'abitato corrispondente si trovava probabilmente a S presso l'Alfeo. Prima della distruzione del santuario esso occupò un luogo posto più in alto.
iv, 17 (p. 651-652). - Il Theokoleon e lo Heroon sono contemporanei e probabilmente in relazione con le opere del periodo classico, forse servirono come abitazione per gli artisti e per gli operai, forse dovettero in qualche parte alloggiare anche l'ammistrazione di queste attività.
L'unità costruttiva del complesso di opere è comunque accertata per la ricostruzione ellenistica. I due luoghi di culto anonimi nello Heroon e nell'ergastèrion di Fidia, potrebbero ugualmente essere stati in relazione alle diverse destinazioni via via assunte dagli edifici.
Il vero Theokoleon si potrebbe supporre negli impianti a N del Pritaneo, che attende ancora un'esplorazione.
iv, 23 (p. 654). - Gli scavi nell'area della pista e del terrapienò settentrionale dello Stadio hanno confermato le fasi principali già acquisite da ricerche precedenti: la conoscenza del suo sviluppo si è peraltro molto differenziata.
Gli spalti non si corrispondono pienamente in alcun elemento. Quello settentrionale ha sostanzialmente conservato la sua forma naturale fino alla fase III del IV sec. a. C. Quanto poco esso sia stato utilizzato dagli spettatori fino a questo periodo è dimostrato anche dai numerosi pozzi, specialmente arcaici, trovati nell'area. Il primo Stadio (I) è noto soltanto nella sua ubicazione. La fase del primo classicismo (II) è testimoniata da avanzi della pista e degli spalti in quello più tardo occidentale e in quello meridionale; la pista correva un poco più in alto rispetto a quella del IV sec. a. C., e l'asse mediano dell'impianto per un tratto era deviato verso S.
La datazione della fase III A per le corrispondenze con il santuario, si può fissare con sicurezza agli inizî del IV sec. a. C. attraverso la contemporaneità degli strati sotto il Portico di Eco e degli strati di riempimento degli spalti occidentali. In questo periodo si datano anche le tribune per i giudici delle gare. Singolari e non ancora chiarite sono le file di pietre sparse nel terrapieno superiore dello spalto settentrionale. A. Mallwitz (1967) crede che staticamente non siano funzionali; forse potrebbero aver segnato unicamente le sezioni di lavoro. Simili impianti di pietre si sono trovati nel frattempo anche nella pendice meridionale dello Stadio.
Nel tardo IV sec. a. C. (330-320) nella fase III B, la pista fu circondata da un canale per le acque e da un marciapiede. La fase IV del primo Impero è un restauro dello stadio tardo-classico. Caratteristico della fase di questo periodo è l'altare di Demetra Chamöne, poveramente messo insieme con spoglie di una più antica base di un cavaliere.
Di un insediamento preistorico nel sito del vallo settentrionale dello Stadio, la cui esistenza sembra indicata da numerosi trovamenti ceramici, si sono rinvenute scarse tracce soltanto in un luogo (circa al di sopra dell'altare di Demetra). Probabilmente l'abitato era situato a settentrione, forse nella sella dell'altura del Kronos.
Scavi 1963-1965. Durante le ultime campagne è stata messa in luce anche l'area ad E della costruzione sud-orientale; tra la pendice meridionale dello Stadio e l'Ottagono. Nel tratto occidentale di questa zona si sono attestate tracce della costruzione tardo-arcaica che ha preceduto la costruzione sud-orientale. Della fase classica di questo tratto, che si ricollega alla costruzione sud-orientale, si è già parlato in relazione a quest'ultima. Forse appartiene a questi annessi anche la fondazione di un portico della metà del IV sec. a. C. che si trova a SO vicino all'Ottagono; per le numerose fondazioni in pòros esso dimostra far parte di un ampio impianto. Il portico, almeno, non è stato peraltro mai completato. La parte orientale invece rimase priva di costruzioni fino al periodo romano, forse come pendice naturale della valle verso un torrente ad oriente dell'Ottagono. Qui si accampavano i visitatori durante le feste, come mostrano i numerosi pozzi (circa un centinaio; cfr. Bull. Corr. Hell., lxxxix, 1965, p. 744, fig. 1); le fontane consistono in pozzi stretti non rivestiti, che ben presto, dopo la loro costruzione, cominciarono a rovinare e furono poi riempiti con gli scarichi del santuario; cosicché sono molto ricchi di trovamenti, come gli spalti settentrionali dello Stadio.
A SO presso l'Ottagono si sono trovati intorno ad un semplice altare di pietra spessi strati con materiali votivi, che arrivano fino al tardo VI sec. a. C.; sono mescolati a frammenti di figurine di terracotta e a piccoli bronzi; abbondanti, soprattutto, le armille e gli anelli.
Una parte delle figurine votive rappresenta Artemide, sia come cacciatrice, con il cane, sia come dea con colomba, una volta anche con un giovane accolito. Sono state trovate inoltre alcune figurine femminili note da altri santuari più poveri (cfr. Arch. Deltion, Chron., xviii, 1963, tav. 144). Gli oggetti votivi attestano in questo luogo un culto dal tardo VI sec. a. C. fino al periodo ellenistico. In seguito, per un rialzamento del terreno, l'antico altare fu spostato più in alto; anche questo è stato trovato al suo posto, stuccato come quello dello Heroon e distinto dall'iscrizione ΑΡΤΕΜΙΔΙ. Nel periodo tardo-ellenistico ad occidente fu eretto un naìskos; forse era qui posta una statuetta fittile di una dea, della quale si sono trovati molti frammenti nelle vicinanze.
Quanto fosse importante ancora in periodo romano questo povero complesso è dimostrato dal fatto che il complesso dell'Ottagono tiene ancora in considerazione il naìskos.
Alla costruzione sud-orientale e ai suoi ampliamenti ellenistici segue intorno al I sec. d. C. la Casa di Nerone. Nei primi del III sec. d. C. questo complesso fu occupato dall'ampio impianto delle terme dell'Ottagono, che doveva soddisfare le straordinarie esigenze di bagni dei Romani anche in questo luogo dell'Altis. Forse questo complesso si apriva verso SE sopra ad un corridoio. Al centro probabilmente era il vano dell'Ottagono ornato con un mosaico raffigurante Posidone circondato da mostri marini (Arch. Deltion, Chron., xviii, 1963, tav. 147 b).
Immediatamente ad E e a S dell'Ottagono il corso medievale dell'Alfeo ha asportato gli strati più antichi fino a grande profondità. Si deve perciò abbandonare la speranza di poter trovare ancora qui l'impianto dell'Ippodromo.
Trovamenti recenti più importanti. Nelle ultime campagne di scavo, se si sono ottenuti relativamente scarsi risultati stratigrafici e architettonici, si è avuta in compenso una grande quantità di trovamenti, soprattutto di bronzi arcaici. Quasi tutti i tipi e le forme finora noti sono qui di nuovo riaffiorati, sia pendant: come un guerriero laconico appartenente ad uno stesso vaso, da cui proviene anche quello riprodotto nel vol. v, p. 647, fig. 803; oppure come il bacino con manici a fiori, sui quali siedono leoni (Arch. Deltion, Chron., xix, 1964, tav. 171 b) al quale appartiene la figurina di leone nota già da vecchie pubblicazioni (Olympia, iv, tav. 56, n. 948). Il numero delle protomi di grifo è aumentato di alcuni pezzi significativi (cfr. Bull. Corr. Hell., lxxxix, 1965, p. 747, fig. 5) fra i quali è anche quello finora più antico della serie olimpica. Certamente il più singolare trovamento è lo sphyrèlaton di una protome alata femminile senza braccia (Bull. Corr. Hell., lxxxix, 1965, p. 745, fig. 2; xc, 1966, p. 813, fig. 1) che era chiaramente fissata ad un sostegno che scendeva obliquamente verso la parte anteriore. Forse deve porsi vicino all'arte ionica.
Un pezzo splendido dell'arte dell'incisione del primo arcaismo cretese è conservato nella mitra B 5099 con la rappresentazione dell'uccisione di Clitennestra (Bartels, VIII Bericht, p. 198 ss.). È vicina ad alcune raffigurazioni incise e sbalzate su corazze bronzee, fra cui quella più ricca della corazza proveniente dall'edificio del museo, che raffigura Elena e i Dioscuri (K. Schefold, Frühgriechische Sagenbilder, tav. 26).
Due gambe di tripode fuse, con ricca decorazione a rilievo e pendant, anche se sicuramente non appartenenti allo stesso vaso, apparentemente si avvicinano all'arte corinzia; rappresentano un gruppo finora non conosciuto di tripodi più recenti (Arch. Deltion, Chron., xviii, 1963, tav. 145 a; Bull. Corr. Hell., xc, 1966, p. 813, fig. 2).
La scoperta più sensazionale è rappresentata peraltro dai modelli di argilla nell'officina di Fidia che, a giudicare dai reperti stratigrafici e dagli elementi della decorazione plastica, debbono esser serviti per la creazione del mantello dello Zeus fidiaco. Come fossero impiegati ancora non è chiaro; probabilmente non servivano per lo sbalzo delle lamine d'oro, come si è pensato in un primo momento. In altre forme ugualmente in terracotta, provenienti dallo stesso strato, venivano fuse palmette di pasta vitrea, forse per la decorazione del trono dello Zeus, come dimostrano alcuni frammenti conservati.
Bibl.: Sugli scavi 1962-65 relazioni in: E. Kunze, Olympische Akademie, 1962, pp. 13-15; id., in Arch. Deltion, Chron., XVII, 1961-62, pp. 107-124 (scavi nello Stadio, nello spalto settentrionale e nella pista); G. Daux, in Bull. Corr. Hell., LXXXVI, 1962, pp. 741-744; A. H. S. Megaw, Arch. Rep. 1962-63, in Journ. Hell. Stud., LXXXIII, 1963, pp. 19, 20; G. Daux, in Arch. Deltion, Chron., XVIII, 1963, pp. 107-110; id., ibid., XIX, 1964, pp. 165-173 (scavi nel settore sud-orientale dell'Altis; cfr. G. Daux, in Bull. Corr. Hell., LXXXVII, 1963, pp. 787-795; LXXXVIII, 1964, pp. 751-755; LXXXIX, 1965, pp. 743-749; XC, 1966, pp. 812-820); A. H. S. Megaw, Arch. Rep. 1963-64, in Journ. Hell. Stud., LXXXIV, 1964, pp. 11-12; 1964-65, p. 13; 1965-66, pp. 9-10; cfr. M. Ervin, in Am. Journ. Arch., LXXI, 1967, p. 300; id., in Ill. London News, n. 254, 1964, pp. 120-121; N. Yaluris, in Arch. Deltion, Chron., XVII, 1961-62, pp. 105-107; XVIII, 1963, pp. 102-104; XIX, 1964, pp. 174-179; XX, 1965, p. 209 (sugli scavi nell'area del Nuovo Museo e sui trovamenti nei dintorni di Olimpia).
Bibliografia generale: H. Berve, G. Gruben, M. Hirmer, Griechische Tempel und Heiligtümer, 1961, pp. 10-21; 118-128; A. Balil, La Olimpia que vió Pausanias, in Citius, Altius, Fortius, III, 1961, pp. 549-564; L. Drees, Der Ursprung der olympischen Spiele, Beitr. z. Lehre und Forschung der Leibeserziehung, XIII, 1962 (rec. Arnold, in Am. Journ. Arch., LXVIII, 1964, pp. 314-315); H. Schöbel, Olympia und seine Spiele, 1965; E. M., Olympia, Lexikon der Alten Welt, Einsiedeln 1965, coll. 2124-2128; L. Drees, Olympia, Götter, Künstler und Athleten, 1967.
Singoli problemi: capp. I-II, A-C - H. V. Hermann, Zur ältesten Geschichte von Olympia, in Ath. Mitt., LXXVII, 1962, pp. 3-34; cfr. K. E. Syriopulos, ῾Η προτοϊστορία τῆς Πελοποννήσου, Atene 1964, passim - IV 2 - A. Mallwitz, Das Heraion von Olympia und seine Vorgänger, in Ath. Mitt., LXXXI, 1966, pp. 310-376. - IV 3 - P. Grunauer si è occupato della trabeazione del tempio di Zeus. Osservazioin durante la sistemazione del mosaico del pronao sono state fatte da N. Yaluris. - IV 9 - Cfr. Balil, op. cit. - IV 11 - In relazione ai nuovi scavi sarà pubblicata anche la costruzione sud-orientale con i suoi annessi recentemente scoperti. - IV 15 - La pubblicazione del recinto del Leonidaion, nel frattempo completamente messo in luce, è stata assunta da W. Fuchs. - IV 16-17 - A. Mallwitz - W. Schiering, Die Werkstatt des Phidias, in Olympische Forschungen, V, 1964 (rec. Arch. Bibl., 1965, n. 1058). - IV 23 - E. Kunze - A. Mallwitz, VIII Bericht über die Ausgrabungen in Olympia, Herbst 1958 bis Sommer 1962, 1967, p. i ss.
Monumenti e trovamenti: C. W. Clairmont, Niobiden, in Antike Kunst, VI, 1963, pp. 23-32, si occupa anche del problema dei rilievi del trono; J. Fink, Der Thron des Zeus in Olympia, 1967. Sculture del tempio: D. Ashmole-N. Yaluris, The Sculptures of the Temple of Zeus, 1967. Sul problema del più antico simulacro del tempio di Zeus: W. Schwabacher, Olympische Blitzschwinger, in Antike Kunst, V, 1962, pp. 9-17, cfr. le figurine in Arch. Deltion, Chron., XVIII, 1963, tavv. 146; XIX, 1964, tav. 175 a. Sulla Nike di Paionios: Ch. Hofkes-Brukker, in Bull. Ant. Besch., XLII, 1967, pp. 10-11 e passim. Sul donario dei Cipselidi: J. Servais, Le "colosse" des Cypselides, in Ant. Class., XXXIV, 1965, pp. 44-174. Sulla tavola di Kolotes: P. Mingazzini, Il tavolo crisoelefantino di Kolotes ad Olimpia, in Ath. Mitt., LXXVII, 1962, pp. 293-305.
Bronzi geometrici: H. V. Herrmann, Werkstätten geometrischer Bronzeplastik, in Jahrbuch, LXXIX, 1964, pp. 17-71 e passim; anche E. Kunze, VIII Bericht, p. 213 ss.; cfr. Arch. Deltion, Chron., XVII, 1961-62, tav. 127 a; XIX, 1964, tav. 169.
La pubblicazione delle figurine di animali bronzee sempre in aumento è in preparazione a cura di H. D. Heilmeyer. Sull'arte del periodo orientalizzante: H. V. Hermann, Die Kessel der orientalisierenden Zeit, I Parte: Kesselattaschen und Reliefuntersätze, in Olympische Forschungen, VI, 1966 (recensione: A. Knudsen, in Am. Journ. Arch., LXXI, 1967, pp. 317-318; cfr. H. Kyrieleis, in Marb. Winckelmann Progr., 1966, pp. 1-25 passim; inoltre H. V. Hermann, in Jahrbuch, LXXXI, 1966, pp. 79-141); la seconda parte comprenderà i lebeti con protomi. Sulle armi e sulle dediche di armi: E. Kunze, in VIII Bericht, p. 83 ss.; p. 111 ss.; p. 184 ss.; p. 208 ss.; H. Bartels, ibid,. p. 196 ss.; p. 263 ss.; cfr. anche Arch. Deltion, Chron., XIX, 1964, tavv. 167-168. La pubblicazione delle corazze metalliche (cfr. Deltion, Chron., XVII, 1961-62, tav. 134) a cura di F. W. Hamdorf è prevista nel IX Bericht. Plastica bronzea arcaica: E. Kunze, in VIII Bericht, p. 236 ss. Fibule e spilloni sono oggetto di studio da parte di H. Bartels; i vasi di bronzo insieme alla loro decorazione con applicazioni e Attaschen sono oggetto di studio da parte di W. Gauer. Con la pubblicazione dei trovamenti ceramici dall'officina di Fidia da parte di W. Schiering, in Olympische Forschungen, V, p. 137 ss., si è ottenuto un notevole progresso nella conoscenza della ceramica locale. Nel frattempo il materiale è significativamente aumentato; le ricche testimonianze di ceramica laconica (cfr. Arch. Deltion, Chron., XVIII, 1963, tav. 1343), saranno pubblicati da E. Gött-Kunze, quelle della ceramica a figure rosse (cfr. Arch. Deltion, Chron., XVIII, 1963, tav. 144 c; XIX, 1964, tav. 175 c) e i rari esemplari di ceramica corinzia e attica a figure nere saranno pubblicati da F. W. Hamdorf. Inoltre è stato intrapreso lo studio dei trovamenti ceramici dalle fontane dello spalto settentrionale dello stadio e dal settore sud-orientale a cura di W. Gauer; con l'esame di questi materiali si potrà approfondire particolarmente la conoscenza dello sviluppo delle forme della ceramica locale di uso domestico.