Olimpiadi estive: Atene 2004
Numero Olimpiade XXVIII
Data: 13 agosto-29 agosto
Nazioni partecipanti: 202
Numero atleti: 11.099 (6595 uomini, 4504 donne)
Numero atleti italiani: 377 (242 uomini, 135 donne)
Discipline: Atletica, Badminton, Baseball, Beachvolley, Calcio, Canoa, Canottaggio, Ciclismo, Equitazione, Ginnastica, Hockey su prato, Judo, Lotta greco-romana, Lotta libera, Nuoto, Pallacanestro, Pallamano, Pallanuoto, Pallavolo, Pentathlon moderno, Pugilato, Scherma, Softball, Sollevamento pesi, Taekwondo, Tennis, Tennis da tavolo, Tiro, Tiro con l'arco, Triathlon, Tuffi, Vela
Numero di gare: 301
Ultimo tedoforo: Nikolaos Kaklamanakis
Giuramento olimpico: Zoi Dimoschaki
Con la XXVIII edizione l'Olimpiade è tornata a casa, nella sua culla. Domenica 29 agosto, alla fine di questa festa, iniziata con i preliminari del torneo di calcio mercoledì 11 agosto e inaugurata il 13, il presidente del CIO Jacques Rogge ha dichiarato orgogliosamente di aver assistito a Giochi indimenticabili, da sogno.
Atene ha festeggiato, pensando alle fatiche affrontate per ottenere la designazione e dimenticando la delusione provata quando non era stata scelta per l'edizione del 1996. Costruire di nuovo una squadra vincente non è stato facile, anche perché al primo ballottaggio per la scelta della città che doveva organizzare i Giochi del 2004 si erano presentate ben 11 città. Il Comitato olimpico scremò le candidature nella riunione del 5 marzo 1997, togliendo subito dalla corsa Istanbul, Lilla, Rio de Janeiro, San Pietroburgo, San Juan di Portorico, Siviglia. A contrastare Atene rimasero Buenos Aires, Stoccolma, Città del Capo e Roma. Buenos Aires, che si presentava per la quinta volta, fu eliminata già alla prima votazione; al secondo giro cadde Stoccolma, al terzo Città del Capo, che non ebbe dalla sua parte tutti i delegati africani. Per la quarta e ultima votazione si affrontarono Atene e Roma, che venne sconfitta per 66 voti a 41. La trionfatrice fu Gianna Angelopoulos Daskalaki che già si era battuta per la candidatura del 1996. Al ritorno in patria, dopo le celebrazioni, venne messa da parte, ma fu poi richiamata alla testa del Comitato organizzatore quando sembrò che Atene non avrebbe terminato in tempo la costruzione degli impianti e si parlò di spostare i Giochi altrove.
I lavori eseguiti sono stati di fatto imponenti. L'opera più importante è stata la costruzione del nuovo aeroporto internazionale, costato 1 miliardo di euro, più o meno la stessa cifra impiegata, sempre utilizzando anche fondi dell'Unione Europea, per estendere di 7,7 km la metropolitana. Due autostrade nuove hanno servito i collegamenti con Atene ed è stato eseguito il cablaggio della città per le telecomunicazioni. I lavori hanno coinvolto aree nuove e vecchie, dal centro olimpico di Faliro al complesso di Liossia, risistemando il Palazzo della pace e dell'amicizia, ristrutturando il centro acquatico e dando vita al centro di Hellenikon, alla palestra del Peristeri e al villaggio olimpico (una cittadina di 1.240.000 m2, costata 350 milioni di euro, capace di ospitare 17.500 abitanti; alla fine dei Giochi è stata assegnata, secondo graduatorie, a cittadini ateniesi senza casa, rinunciando alla vendita che aveva assicurato grosse entrate ad altri organizzatori di Olimpiadi). Tra tutte le realizzazioni, tuttavia, quella che ha colpito di più ‒ anche perché sembrava impossibile da portare a conclusione, considerando che l'appalto è stato dato in due giorni nel 2001 ‒ è stata la copertura dello stadio olimpico, opera dell'architetto spagnolo Santiago Calatrava: un tetto sostenuto da due archi di acciaio e tenuto insieme da una tessitura di cavi a formare una tela di ragno, con piastrelle di policarbonato, capaci di offrire ombra agli spettatori, lasciando trasparire la luce del sole.
Tutte le difficoltà sono state superate e alla fine il ritorno alle origini, dopo 108 anni, ha dato una spinta forte all'ideale olimpico, ha dimostrato con i fatti che non esiste altra chiesa multiconfessionale dove tutti hanno diritto di parola e uguali possibilità sul campo di gara. Non è stata vera e propria tregua olimpica, perché nel mondo si è continuato a morire, ma nei 19 giorni di gare la città di Atene è stata rispettata, ben protetta dai 70.000 addetti alla sicurezza che si sono avvalsi di 1250 telecamere sistemate sui luoghi di gara, al villaggio, nei centri di lavoro. Per la sicurezza, voce ormai costante nell'organizzazione delle Olimpiadi, sono stati spesi 1200 milioni di euro.
L'Olimpiade di Atene ha battuto ogni tipo di primato. I paesi partecipanti sono stati 202 (201 alla sfilata inaugurale, perché Corea del Sud e Corea del Nord hanno marciato dietro una sola bandiera). Gli atleti in gara, che si prevedeva fossero 10.500, in realtà sono stati 11.099, con la partecipazione femminile più numerosa di sempre: 4504 atlete (17 paesi hanno iscritto più donne che uomini: Angola, Canada, Cina, Corea, Costa d'Avorio, Giamaica, Giappone, Guinea Bissau, Lesotho, Madagascar, Myanmar, Nicaragua, Nigeria, Romania, El Salvador, Senegal e Singapore). Record anche di spesa perché la previsione iniziale di 7 miliardi di euro è stata ampiamente superata (oltre 8 miliardi), anche se molto è stato ripianato con le entrate, soprattutto derivate dalla vendita dei diritti televisivi. La cifra più alta, 793 milioni, è stata pagata dall'americana NBC, che doveva comunque servire la squadra più numerosa iscritta alle Olimpiadi: gli Stati Uniti hanno mandato in gara 531 atleti. Una buona copertura è arrivata anche dai 24 sponsor ufficiali dei Giochi. Gli accrediti per la stampa sono stati 22.000. All'organizzazione hanno contribuito 60.000 volontari.
Si è trattato di una manifestazione planetaria, con 4 miliardi di telespettatori per le cerimonie di apertura e chiusura, e una media giornaliera oltre i 3 miliardi. Ben 54 paesi hanno conquistato almeno una medaglia d'oro e 71 hanno celebrato almeno un podio olimpico. Complessivamente l'Europa ha dominato vincendo 500 medaglie, contro le 178 delle Americhe, le 162 dell'Asia, guidata da Cina e Giappone (piazzatisi rispettivamente seconda e quinto nel medagliere totale dietro agli Stati Uniti), le 54 dell'Oceania (49 dell'Australia), le 35 dell'Africa.
La storia di Atene 2004 è iniziata con il magnifico spettacolo della cerimonia d'apertura nello stadio dedicato a Spyridon Louis, il venditore d'acqua greco vincitore della prima maratona olimpica nel 1896. Vi hanno preso parte 4000 attori, la regia impeccabile è stata di Dimitris Papaioannou, che ha fuso in maniera mirabile storia, scienza e arte, raccontando la storia dell'umanità sviluppatasi sotto il Partenone: tre ore di spettacolo per i 74.000 spettatori che riempivano le tribune e per i telespettatori di tutto il mondo.
La suggestione della cerimonia ha fatto dimenticare ai greci l'assenza dell'ultimo tedoforo scelto, il velocista Konstantinos Kenteris, campione olimpico a Sydney sui 200 m. Kenteris ed Ekaterini Thanou, campionessa dei 100 m in Australia, non hanno potuto partecipare alla cerimonia e alle Olimpiadi, dopo aver simulato un incidente in motocicletta ed essersi fatti ricoverare in ospedale per sottrarsi ai controlli antidoping. Nel nome di Kenteris il pubblico greco ha poi commesso l'unica vera e colpevole scorrettezza nella storia di questa Olimpiade: la partenza della finale sui 200 m, quella a cui avrebbe dovuto partecipare il campione, è stata ritardata, creando pericoloso nervosismo fra i finalisti, perché la gente non faceva silenzio nel momento in cui il giudice di partenza doveva dare il via. La corsa poi ha portato sul podio tre americani, come era già accaduto nel 1904, nel 1932, nel 1952, nel 1956 e a Los Angeles nel 1984.
Non essendosi presentati ai controlli, Kenteris e Thanou sono comunque rimasti fuori dalla lista dei 23 atleti trovati fuori dalla norma e quindi sospesi e, in molti casi, privati delle medaglie che avevano vinto. È un numero alto, ma è stato proprio questo il segnale che si è voluto mandare a quegli atleti che per la gloria o per i guadagni scelgono la via delle sostanze proibite. I 23 colpevoli ‒ ma l'elenco non è mai definitivo in questa materia ‒ attestano che nei laboratori dell'antidoping si è lavorato con serietà ed efficacia, individuando anche prodotti di nuova invenzione che in passato avevano consentito ad alcuni di farla franca.
Tornando alla festa inaugurale, celebrata davanti a 95 capi di Stato, l'apertura dei Giochi, secondo la tradizione, è spettata al presidente della nazione ospitante, Kostas Stephanopoulos. È seguita la sfilata dei 201 paesi, preceduti dalla bandiera della Grecia, che solitamente apre la parata delle nazioni; gli atleti greci hanno poi marciato per ultimi, posizione che tradizionalmente tocca alla nazione organizzatrice. L'ultimo tedoforo, scelto nell'emergenza, è stato Nikolaos Kaklamanakis, medaglia d'oro con la tavola del Mistral ad Atlanta. Il giuramento degli atleti è stato affidato a Zoi Dimoschaki, nuotatrice, specialista dei 200 m stile libero, che poi in gara non si è fatta molto onore, arrivando ultima nella sua batteria.
La squadra italiana, composta da 377 atleti, è stata guidata da un portabandiera eccezionale, il ginnasta Jury Chechi, poi protagonista in pedana, agli anelli, la specialità dove ha dominato il mondo e ha vinto l'oro olimpico nel 1996. Nella cerimonia di chiusura, più sobria, ma non meno bella, la bandiera italiana è stata affidata alla giocatrice di pallanuoto Carmela Allucci, capitana della squadra che ha vinto la medaglia d'oro.
La storia olimpica si scrive con le imprese dei grandi atleti e Atene 2004 ne ha dato begli esempi. Il messaggio più forte è arrivato dalla Cina, seconda nel medagliere, pronta già in questa occasione a sfidare il mondo sportivo che riceverà nel 2008 per la XXIX edizione dei Giochi. La Cina ha presentato tanti campioni nuovi, è tornata a vincere sulla pista di atletica con la mezzofondista Huina Xing nei 10.000 m, ma soprattutto è venuta alla ribalta con l'unico primato mondiale dell'atletica maschile: un primato eguagliato, ma sicuramente storico, visto che resisteva dal 1993. A compiere l'impresa è stato un ventunenne di Shangai, l'ostacolista Xiang Liu, prima medaglia d'oro cinese nella storia olimpica dell'atletica maschile. L'Europa si è affidata a tanti campioni, a cominciare dall'astista russa Yelena Isinbayeva, che per il suo oro ha dovuto migliorare anche il primato del mondo con 4,91 m, unico record assoluto allo stadio olimpico. Ma se parliamo di vera impresa dobbiamo fare riferimento a Kelly Holmes, trentaquattrenne sergente dell'esercito inglese già judoka e pallanotista, vincitrice degli 800 e dei 1500 m, una doppietta che, fra uomini e donne, non riusciva da quarant'anni, dai tempi di Tokyo, quando la realizzò il neozelandese Peter Snell.
Fra i grandi protagonisti si è posto il mezzofondista marocchino Hicham El Guerrouj, che sembrava prigioniero dell'incantesimo olimpico perché dopo aver dominato le gare mondiali e dopo aver ottenuto record sbalorditivi non era mai riuscito a prevalere nei Giochi: una caduta lo aveva messo fuori gioco ad Atlanta nel 1996, quando sembrava pronto a prendersi la corona dei 1500 m dall'algerino Noureddine Morceli, mentre nella corsa sul miglio metrico di Sydney 2000 si era piazzato al secondo posto, per un distacco di soli 25 centesimi. Ad Atene, arrivato all'età di 30 anni, nella stagione più delicata fatta anche di sconfitte allarmanti, ha realizzato la doppietta olimpica di una gara di mezzofondo veloce e una di lunga lena, che era riuscita soltanto una volta, nel 1924, al finlandese Paavo Nurmi: il 24 agosto ha vinto la volata dei 1500 m nel momento in cui il keniota Bernard Lagat sembrava condannarlo alla sconfitta. Quattro giorni dopo è diventato campione olimpico sui 5000 m battendo l'etiope Kenenisa Bekele.
Nella prima settimana delle Olimpiadi i riflettori sono stati quasi sempre rivolti al nuoto e l'uomo immagine è diventato Michael Phelps, un diciannovenne di Baltimora che correva per raggiungere il mito di Mark Spitz, vincitore di sette medaglie d'oro a Monaco, e per guadagnarsi il milione di dollari che il suo sponsor gli aveva promesso se avesse superato quel primato. Non ci è riuscito, ma nelle 17 gare che ha disputato si è aggiudicato sei medaglie d'oro (100 m farfalla; 200 m farfalla; 400 m misti, con tanto di record del mondo in 4′08,26″; staffetta 4 x 200 m stile libero; staffetta 4 x 100 m mista, dove, però, ha disputato soltanto la batteria, per lasciare la finale, nella frazione a farfalla, al compagno Ian Crocker, da lui battuto nella prova individuale) e due bronzi (200 m stile libero e staffetta 4 x 100 m stile libero), entrando comunque nel novero dei campioni che resteranno per sempre nella storia olimpica: soltanto il ginnasta russo Aleksandr Dityatin, nel 1980, a Mosca, era andato per otto volte sul podio, vincendo tre ori, quattro argenti e un bronzo.
Hanno scritto una pagina speciale anche le due squadre argentine che sono arrivate per la prima volta all'oro: quella del basket e quella del calcio. Straordinario il risultato dei cestisti, guidati da Manuel Ginobili, eletto miglior giocatore del torneo. Gli Stati Uniti, che avevano sempre vinto da quando, dopo essere stati sconfitti a Seul 1988, avevano iniziato a precettare i campioni della NBA, il torneo professionistico più famoso del mondo, per formare il mitico dream team, sono usciti battuti, non riuscendo neanche ad accedere alla finale, dove invece si è presentata l'Italia di Carlo Recalcati (nella seconda giornata dei Giochi gli USA hanno perso addirittura con il Portorico). Per la squadra di calcio argentina la corsa verso l'oro non è stata difficilissima perché gli uomini di Marcelo Bielsa sono arrivati al titolo segnando 17 reti, senza subirne alcuna, battendo in finale il Paraguay, dopo aver eliminato in semifinale l'Italia di Claudio Gentile.
Il marciatore polacco Robert Korzeniowski a 36 anni, vincendo la 50 km è diventato l'unico della sua specialità ad aver vinto quattro ori olimpici (tre nella 50 km ad Atlanta, Sydney, Atene; uno nella 20 km a Sydney). Star sulla pista è stato invece Felix Sanchez, nativo del Bronx, ma con origini nella Repubblica Dominicana, dove gli hanno anche dedicato una strada: imbattuto dal 2001, si è laureato campione olimpico dei 400 m ostacoli, dando il primo oro al suo paese. Nei 400 m ostacoli femminili grande entusiasmo del pubblico per la vittoria di Fani Halkia, che ha fatto dimenticare ai greci lo scandalo Kenteris.
Sui 400 m piani si è registrato dopo quarant'anni il ritorno sul podio più alto di un atleta di razza bianca: protagonista lo statunitense Jeremy Wariner che ha permesso agli USA la 17a vittoria in questa gara che la grande scuola di oltreoceano non si è aggiudicata soltanto tre volte (1920, 1936, 1952 oltre ovviamente a Mosca 1980, dove gli americani erano assenti per il boicottaggio). Wariner si è messo in luce anche come esempio di generosità perché nella staffetta 4 x 400 m, sempre vinta dagli Stati Uniti, non ha preteso, come migliore americano e medaglia d'oro, l'ultima frazione ma l'ha lasciata a Dorold Williamson, suo compagno di allenamenti all'università Baylor, portato alle Olimpiadi come quarto specialista, perché così si era piazzato nei Trials di Sacramento. A un'atleta non di colore, dopo ventiquattro anni, è andato anche l'oro nel salto in lungo, vinto dalla russa Tatyana Lebedeva, dopo la prova deludente di Marion Jones, tormentata dai sospetti per doping e fuori squadra nelle corse.
La finale dei 100 m, vinta dal ventiduenne americano Justin Gatlin, è stata la gara più veloce mai corsa in una Olimpiade: al traguardo sono arrivati cinque atleti con tempi compresi fra il 9,85″ del primo classificato e il 9,94″ del quinto, considerando i 10″ netti del sesto e il 10,10″ del settimo. Di Gatlin, che è stato anche terzo nei 200 m e argento con la staffetta 4 x 100 m, ci si ricorderà a lungo: era il meno atteso, è diventato il grande protagonista, anche se ha provato l'amarezza della sconfitta nella staffetta veloce che dopo novantadue anni, dai Giochi di Stoccolma del 1912, è tornata nelle mani dei corridori della Gran Bretagna.
Primo oro per la Russia, invece, sugli 800 m, grazie al fantasioso Yuriy Borzakowskiy, atleta dai finali imprevedibili dove ha perso tante volte, ma non la gara che più conta. Per gli Stati Uniti, conferma nel salto in lungo, altra specialità americana: la vittoria di Dwight Phillips, con 8,59 m, ha dato la 21a medaglia d'oro a una scuola di specialisti che ha mancato il titolo soltanto nel 1920, nel 1964 e nel 2000, oltre a Mosca 1980.
Successo russo nei salti femminili con il mondiale a 4,91 m di Yelena Isinbayeva davanti alla connazionale Svetlana Feofanova nel salto con l'asta e la curiosa coincidenza che anche le vincitrici dell'alto (Yelena Slesarenko) e del lungo (Lebedeva) venivano da Volgograd, conosciuta un tempo come Stalingrado.
I lanciatori di peso sono scesi in campo nella sacra città di Olimpia dove un tempo le donne non potevano gareggiare. L'ucraino Yuriy Bilonog si è guadagnato la gloria, mentre fra le donne la vincitrice, la russa Irina Korzhanenko, è stata trovata positiva al controllo antidoping e ha dovuto restituire la sua medaglia alla cubana Yumiledi Cumba.
Per chiudere con l'atletica una curiosità: per Merlene Ottey questa è stata la settima Olimpiade. Ha corso i 100 m e i 200 m, senza arrivare alla finale, con la maglia della Slovenia dopo aver gareggiato in sei edizioni con la Giamaica, andando otto volte sul podio anche se non ha mai vinto l'oro.
Nel nuoto sono tanti quelli da citare oltre a Phelps. Kirsty Coventry, bianca dello Zimbabwe, ha portato le prime medaglie al suo paese: oro nei 200 m dorso, argento nei 100 m dorso, bronzo sui 200 m misti, un bottino che le ha fatto guadagnare un premio speciale di 41.000 dollari. L'uomo che ha infranto il sogno delle sette medaglie d'oro di Phelps è stato l'australiano Ian Thorpe, vincitore dei 200 m stile libero, successo che abbinato a quello dei 400 m lo ha fatto diventare il nuotatore australiano con più medaglie d'oro, considerando le vittorie di Sydney nei 400 m e nelle staffette, un gradino più in alto di miti come Murray Rose e Dawn Fraser. Aggiudicandosi l'argento nella 4 x 100 m mista, suo dodicesimo podio in carriera, l'americana Jenny Thompson è diventata l'atleta più medagliata nella storia dei Giochi. Una menzione speciale merita anche la trentenne olandese Inge de Bruijn che, pur avendo perduto nei 100 m stile libero un'imbattibilità che durava da cinque anni, si è poi rifatta sui 50 m raggiungendo così, insieme all'australiana Petria Thomas, oro nella staffetta mista, campioni come il tedesco Roland Matthes, l'australiana Dawn Fraser e la prussiana Kornelia Ender a quota otto medaglie. Un altro olandese venuto alla ribalta è stato il ventiseienne Pieter van den Hoogenband che ha vinto i 100 m stile libero, ripetendo il successo di Sydney, impresa che nel passato era stata realizzata soltanto da Johnny Weissmuller, Aleksandr Popov e Duke Paoa Kahanamoku. Il successo di van den Hoogenband è stato anche quello ottenuto con lo scarto minimo: ha impiegato solo 6 centesimi meno del sudafricano Mark Roland Schoeman, prima medaglia olimpica individuale per il suo paese. L'unico oro del Sudafrica ad Atene è venuto dalla staffetta 4 x 100 m stile libero, vinta a tempo di record mondiale in 3′13,17″. Le americane Natalie Coughlin, Carly Piper, Dana Vollmer e Kaitlin Sandeno nella 4 x 200 m stile libero hanno invece migliorato con 7′53,42″ il mondiale che resisteva da più tempo, il 7′55,47″ realizzato dalle tedesche orientali nel 1987. Doppio oro, e impresa riuscita in precedenza soltanto all'italiano Domenico Fioravanti a Sydney, per il giapponese Kosuke Kitajima vincitore dei 100 m e 200 m rana. Nella pallanuoto maschile, con grande tecnica, l'Ungheria ha lasciato un altro segno, come a Sydney e come altre sette volte prima di Atene in questo sport.
Passando alle altre discipline, parliamo del basket femminile, con la terza vittoria consecutiva delle ragazze statunitensi di Lisa Lesile, quasi lo stesso risultato ottenuto dalla squadra di calcio, guidata da Mia Hamm, scelta poi come portabandiera per la sfilata di chiusura: le ragazze americane del football, dopo l'oro di Atlanta e l'argento di Sydney, hanno prevalso contro il Brasile ai supplementari.
Una menzione speciale è riservata alla quarantaduenne tedesca Birgit Fischer, che negli ordini di arrivo figura anche con il nome Schmidt, la quale dopo aver manifestato propositi di ritiro si è ripresentata in acqua nelle gare di canoa vincendo l'oro con il K4 sui 500 m, ottavo successo e undicesima medaglia in sette Olimpiadi: per la prima volta aveva vinto la prova individuale a Mosca, nel 1980, con la Germania Est. Un'altra vogatrice quarantenne, la romena Elisabeta Oleniuc Lipa, è diventata la prima donna del canottaggio a conquistare cinque ori ai Giochi, eguagliando l'inglese Steve Redgrave fra gli uomini. Lipa ha vinto il doppio a Los Angeles, il singolo a Seul quattro anni dopo e l'otto nel 1996 ad Atlanta, a Sydney e ancora una volta ad Atene.
Lunga vita sportiva anche quella del velista brasiliano Torben Grael, membro dell'equipaggio di Luna Rossa nelle regate di Coppa America: a 44 anni ha conquistato l'oro nella classe Star insieme al connazionale Marcelo Ferreira (alla terza medaglia olimpica), diventando il più premiato nelle regate di vela olimpica con cinque successi (due ori nella Star: 1996 e 2004; un argento nel Soling a Los Angeles 1984; due bronzi sempre con la Star a Seul e Sydney). Con i suoi cinque allori Grael ha scavalcato il danese Paul Elvstrøm, l'ucraino Valentin Mankin e lo svedese Tore Holm.
Un pugile cubano di La Prueba, il ventiquattrenne Guillermo Rigondeaux, si è laureato campione nella categoria al limite dei 54 kg, secondo successo consecutivo dopo Sydney, con la promessa di eguagliare a Pechino 2008 l'ungherese Laszló Papp e i connazionali Teófilo Stevenson e Félix Savón, arrivati a tre ori consecutivi. Per Cuba si è trattato dell'Olimpiade del riscatto, con il ritorno a cinque ori.
Nel sollevamento pesi Halil Mutlu, bulgaro naturalizzato turco, capace di vincere l'oro a limite dei 54 kg ad Atlanta e poi di prendersi il massimo premio nel peso superiore, 56 kg, a Sydney, ha triplicato il successo sulla pedana di Atene, dopo aver rischiato di non gareggiare per un grave infortunio ai tendini che lo aveva bloccato per tutto il 2002. Sempre alla sala Nikaia, dove si sono svolte le gare di sollevamento pesi, Pyrros Dimas, albanese di Chimara, naturalizzato greco, pur con un polso incrinato e all'età di 32 anni, ha conquistato il bronzo e il suo quarto podio nella categoria al limite degli 85 kg. Ha replicato l'oro di Sydney, con il mondiale portato a 263,5 kg, l'iraniano Hossein Rezazadeh. Fra le donne la ventenne turca Nurcan Taylan ha ottenuto tre mondiali per atlete al limite dei 48 kg e ha vinto il suo primo oro, sollevando complessivamente 210 kg. La cinese Liu Chunhong ha compiuto una prestazione storica, battendo a ogni alzata il record mondiale e olimpico per i pesi leggeri al limite dei 68 kg. Un'altra atleta cinese, Tang Gonghong, è arrivata all'oro e al record del mondo nella categoria +75 kg.
Tripletta di medaglie d'oro per il campione di judo Tadahiro Nomura, primo in questo sport a compiere una simile performance: ad Atene si è imposto nella categoria al limite dei 60 kg come aveva fatto ad Atlanta e Sydney. Collana di successi anche per la ventinovenne Ryoko Tamura, 146 cm di altezza, che ha vinto la quarta medaglia olimpica consecutiva nella gare di judo al limite dei 48 kg: argento nel 1992 e 1996, ha rivinto ad Atene l'oro conquistato a Sydney, vero orgoglio di famiglia considerando che il marito, acclamato campione di baseball, si è dovuto accontentare del bronzo. Nella lotta femminile grande accoppiata per le sorelle giapponesi Chiharu e Kaori Icho: la prima ha avuto l'argento nei 48 kg, la seconda l'oro nei 63 kg.
Primo oro per gli Emirati Arabi grazie alla mira dello sceicco Ahmed Al Maktoum, campione nel tiro al piattello double trap. Parlando di primi ori olimpici della storia non si può dimenticare il velista israeliano Gal Fridman, vincitore con il suo windsurf nella classe Mistral. Primo oro individuale anche per il Cile, che ha prevalso nel singolare di tennis con Nicolas Massu, il quale aveva già preso l'oro nel doppio in coppia con Fernando Gonzalez, terzo nel singolare. Prima volta per la Grecia nel complesso natatorio: Nikolaos Siranidis e Thomas Bimis si sono guadagnati la gloria giungendo primi nei tuffi sincronizzati dal trampolino di 3 m.
Nella sala di ginnastica la romena Catalina Ponor ha conquistato tre ori (concorso a squadre, trave, corpo libero). Il Giappone, che fra Roma 1960 e Montreal 1976 aveva sempre vinto il concorso a squadre, rimanendo poi senza successi per sei Olimpiadi, rifacendosi alla tradizione è tornato a vincere presentando in pedana Naoya Tsukahara, il figlio del grande Mitsuo, inventore di molti degli esercizi richiesti agli atleti nelle finali olimpiche e mondiali. La ginnastica è stata anche al centro di proteste e contestazioni per l'oro assegnato immeritatamente nella gara agli anelli al greco Dimosthenis Tampakos, portato sul podio dal tifo della folla e da giudizi poco obiettivi che poi hanno fatto scoppiare una vera rivolta nella seconda giornata di finali individuali della ginnastica, proprio negli esercizi alla sbarra vinti da Igor Cassina.
Un altro 'figlio d'arte', il belga Axel Merckx, terzo nella prova ciclistica su strada, ha vinto quella medaglia olimpica che era sfuggita a suo padre Eddie, giunto solo dodicesimo nella gara di Tokyo 1964.
Ritorno al passato anche per la barca ammiraglia del canottaggio, quella dell'otto dove gli Stati Uniti, vincitori di sette ori consecutivi dal 1924 al 1956, senza successi dal 1964, sono tornati sul podio più alto. Storico successo per gli USA anche nella scherma, dove l'oro nella sciabola femminile della diciannovenne di Portland Mariel Zagunis ha ridato una medaglia che mancava dai tempi della fiera di St. Louis del 1904, quando Albertson Van Zo Post vinse il torneo di scherma con bastone.
Zhang Yining vincendo il singolare femminile nel ping pong ha portato alla Cina la centesima medaglia olimpica dal ritorno ai Giochi avvenuto nel 1984, dopo l'assenza per motivi politici dal 1932.
Prima di passare agli atleti italiani, si può ricordare l'oro nel triathlon all'austriaca Kate Allen che, quarantaquattresima dopo il nuoto e ventinovesima alla fine della prova in bicicletta, ha vinto grazie alla rimonta nella corsa che le ha permesso di scavalcare negli ultimi 100 m l'australiana Loretta Harrop e l'americana Susan Williams.
La storia italiana alle Olimpiadi ateniesi è cominciata bene ed è finita anche meglio: due ori il 14 agosto nella prima giornata di gare, con il ciclista Paolo Bettini e lo sciabolatore Aldo Montano, e nel giorno di chiusura la vittoria più prestigiosa, quella nella corsa da Maratona ad Atene di Stefano Baldini. In tutto sono state 32 le medaglie conquistate, come a Los Angeles 1984, qualcosa di meno di Los Angeles 1932 e Roma 1960 dove le medaglie furono 36, di Atlanta 1996 (35) e Sydney 2000 (34). Cento atleti sono saliti sul podio (103 considerando che Montano, Salvatore Sanzo e Andrea Cassarà ci sono tornati con la prova a squadre nella scherma) e in 17 sport l'Italia si è classificata fra le prime tre nazioni al mondo. Il montepremi per i vincitori di medaglie era abbastanza alto (130.000 euro per l'oro, anche per ogni componente di una squadra; 65.000 euro per l'argento, 40.000 per il bronzo), sicché l'organizzazione sportiva italiana si è trovata, sia pure con grande soddisfazione, ad andare ben oltre le previsioni di bilancio: i milioni da versare sono stati 7 invece di 4,5 come ipotizzato. Nella classifica medaglie in rapporto alla popolazione l'Italia ha superato gli USA e la Cina perché gli americani hanno conquistato un premio ogni 2.799.799 abitanti, i cinesi uno ogni 20.304.142, gli italiani uno ogni 1.783.000, dietro ai russi, con un premio ogni 1.578.064 abitanti.
L'inizio trionfale è stato dunque merito di due atleti toscani. Nel complesso olimpico di Helliniko il livornese Aldo Montano ha vinto l'oro della sciabola, 103a medaglia per la scherma azzurra. Il successo in quest'arma mancava dal 1920, quando a trionfare fu un altro livornese, Nedo Nadi davanti al fratello Aldo. Montano ha completato una saga familiare: il capostipite Aldo vinse due argenti a squadre nella sciabola, a Berlino 1936 e Londra 1948, suo figlio Mario Aldo (padre del vincitore di Atene) conquistò l'oro a squadre a Monaco 1972 (insieme al cugino Mario Tullio) e l'argento sempre in squadra a Montreal 1976 (con i cugini Mario Tullio e Tommaso) e a Mosca 1980; un altro cugino Carlo, l'unico fiorettista, ebbe l'argento a squadre nel 1976. Sul podio di Atene è dunque salito un Montano della terza generazione e si è aggiudicato la decima medaglia della famiglia, l'unica in una prova individuale.
L'altro oro del 14 agosto è andato al ciclista di Cecina (Livorno) Paolo Bettini, quinto italiano a imporsi nella prova su strada dopo Ercole Baldini nel 1956, Mario Zanin nel 1964, Pierfranco Vianelli nel 1968, Fabio Casartelli nel 1992 (Casartelli morì cadendo in discesa in una tappa del Tour de France del 1995).
Nella seconda giornata il trentaquattrenne vercellese Giovanni Pellielo è salito un gradino rispetto a Sydney, vincendo l'argento nel tiro a volo, specialità fossa. Nella scherma si è avuta l'accoppiata argento-bronzo dei fiorettisti Sanzo e Cassarà, premessa al trionfo a squadre ottenuto insieme a Simone Vanni e alla riserva Matteo Zennaro nella finale del 21 agosto contro la Cina: finale contornata da polemiche, ma che ha comunque riportato all'oro la scuola di fioretto italiana che non vinceva dal 1984.
Il personaggio nuovo dello sport italiano si è rivelato il 17 agosto nella piscina di Maroussi. L'azzurra più giovane della squadra, Federica Pellegrini di Mirano, 16 anni e 12 giorni, è arrivata seconda nei 200 m stile libero, solo 19 centesimi dietro a Camelia Potec, vincitrice in 1′58,03″. Pellegrini, la più giovane a salire su un podio in una gara individuale nella storia olimpica nazionale, ha riportato al nuoto italiano femminile una medaglia che non vinceva dal 1972, quando ai Giochi di Monaco Novella Calligaris fu seconda nei 400 m stile libero.
Lo stesso giorno ha confermato il buon lavoro di tutta la scuola natatoria azzurra perché la staffetta maschile 4 x 200 m stile libero, con Emiliano Brembilla, Massimiliano Rosolino, Simone Cercato e Filippo Magnini (il pescarese ventiduenne finalista dei 100 m stile libero, gara in cui l'Italia fino a quel momento aveva avuto soltanto due nuotatori fra i primi otto: Marcello Guarducci nel 1976 e Raffaele Franceschi nel 1980) ha conquistato la medaglia di bronzo nella finale vinta dagli americani di Phelps davanti agli australiani di Thorpe.
Il 18 agosto a Helliniko è andata in scena la grande accoppiata nel fioretto femminile, a opera di due ragazze nate a Jesi: la vincitrice Valentina Vezzali, già campionessa a Sydney, e Giovanna Trillini, medaglia d'argento dopo essere stata campionessa a Barcellona 1992. L'ultima doppietta oro-argento risaliva a quarant'anni prima, realizzata dai velocisti su pista Giovanni Pettenella e Sergio Bianchetto a Tokyo 1964. Il raddoppio dell'oro olimpico ha messo la Vezzali alla pari dell'ungherese Ilona Elek (1936 e 1948) e della spadista Timea Nagy (2000-04); è la terza italiana con due ori dopo Paola Pezzo, campionessa di mountain bike ad Atlanta e a Sydney, e Antonella Bellutti, vincitrice nel ciclismo su pista nel 1996 e nel 2000. Giovanna Trillini, invece, è stata l'unica a salire sul podio nella stessa arma, il fioretto, in ben quattro edizioni olimpiche, mentre Edo Mangiarotti e Giulio Gandini lo avevano fatto in più di un'arma. Aggiungendo le medaglie di squadra, Trillini ha vinto una medaglia sette volte e si è dimostrata la migliore delle atlete italiane considerando le cinque medaglie di Vezzali, le tre di Sara Simeoni, campionessa del salto in alto, della nuotatrice Novella Calligaris e delle colleghe di scherma Dorina Vaccaroni, Antonella Ragno e Diana Bianchedi.
Allo stadio Panathinaikos, quello dei bei marmi dove la storia olimpica ha avuto inizio, un tiratore con l'arco padovano di Ponte San Nicolò, il ventunenne Marco Galiazzo, il 19 agosto ha dato all'Italia la prima medaglia d'oro nel tiro con l'arco, superando il giapponese Hiroshi Yamamoto. Aldo Montano, insieme a Giampiero Pastore, Luigi Tarantino e alla riserva Tonhi Terenzi, ha vinto l'argento nella sciabola a squadre, sulle orme di Nadi, che però nel 1920 ebbe due ori.
Poi è toccato al finanziere milanese Ivano Brugnetti, classe 1976, specialista della marcia, arricchire un altro albero che allo sport italiano ha dato tantissimo, vincendo nelle prime ore di un caldissimo 20 agosto la 20 km, settimo oro nella storia italiana di questa disciplina di assoluta fatica e tuttavia poco remunerata. L'oro mancava dai tempi di Mosca 1980, quando a imporsi fu Maurizio Damilano. È stato questo uno sprazzo di luce per un'atletica che non ha portato nelle finali dentro lo stadio nessun atleta fra i primi otto, a parte il saltatore con l'asta Giuseppe Gibilisco, terzo dopo la vittoria mondiale dell'anno precedente a Parigi, una prova difficile per un atleta tormentato dagli infortuni e non soltanto da quelli.
Il 22 agosto, dopo l'oro conquistato dal fiorentino Andrea Benelli nella gara di tiro a volo, specialità skeet, e dopo il secondo bronzo di una squadra di canottaggio che ha trovato meno di quello che sognava, è stato segnato dal bronzo nella prova individuale degli anelli di Jury Chechi, il ginnasta di Prato tornato a gareggiare dopo tanto tempo e tanti infortuni, dopo cinque titoli mondiali e quattro europei, oltre, naturalmente, all'oro olimpico di Atlanta 1996. Chechi, la cui storia ai Giochi era iniziata con il sesto posto a Seul, era stato fermato alla vigilia di Barcellona 1992 dalla rottura di un tendine del piede e alla vigilia di Sydney dalla rottura del tendine brachiale del bicipite sinistro. Con la sua medaglia di bronzo ha ripetuto l'impresa dello sloveno Leon Stukelji, che vinse a Berlino una medaglia otto anni dopo il successo di Amsterdam.
Il palazzo di Maroussi ha riservato, poi, in mezzo alle contestatissime decisioni delle giurie internazionali, una meraviglia che ha ridato vita all'intero sport italiano, oltre che alla ginnastica già soddisfatta per quello che aveva fatto il portabandiera Chechi: la vittoria di Igor Cassina, un ragazzo di Seregno, classe 1977, artista e acrobata nell'esercizio alla sbarra ideatore di un passaggio molto ardito che porta il suo nome e si chiama proprio 'movimento Cassina'. L'oro del ginnasta lombardo è il quattordicesimo nella storia della ginnastica italiana ed è stato conquistato otto anni dopo quello di Chechi, quarant'anni dopo la vittoria a Tokyo di Franco Menichelli nel corpo libero, novantasei anni dopo il primo successo nella storia di questo sport, quando il modenese Alberto Braglia vinse a Londra, nel 1908, il concorso generale individuale. Cassina è stato l'ottavo italiano a vincere un oro individuale perché dopo Braglia furono primi ai Giochi Giorgio Zamponi, Francesco Martino, Romeo Neri, Savino Guglielmetti oltre a Menichelli e Chechi. Quella di Cassina è stata la 500a medaglia nella storia olimpica italiana. Alla fine dei Giochi di Atene il bilancio complessivo dell'Italia sarà di 511 medaglie in 28 edizioni delle Olimpiadi: 190 d'oro, 154 d'argento, 167 di bronzo.
Il 26 agosto la pallanuoto femminile ha ottenuto il primo oro nella storia olimpica di questo sport per l'Italia. Campionesse del mondo, vincitrici di titoli europei, le ragazze guidate dal tecnico romano Pierluigi Formiconi hanno finalmente trovato il loro approdo al termine di un ciclo straordinario di successi. La romana Tania di Mauro è stata eletta miglior giocatrice del torneo, vinto superando davanti a 11. 000 spettatori la Grecia, nella finale terminata 10-9 ai supplementari.
Il bacino di Hellinikko, dove si sono svolte le gare di canoa, ha visto le imprese del trentacinquenne di Lecco Antonio Rossi che in coppia con Beniamino Bonomi, vogatore di Verbania, ha vinto l'argento nel K2 sui 1000 m. Rossi è salito sul podio in quattro olimpiadi consecutive, come prima di lui hanno fatto solo Giovanna Trillini, gli schermidori Edoardo Mangiarotti e Giuseppe Delfino, e i cavalieri Raimondo e Piero D'Inzeo. Rossi ha vinto il bronzo a Barcellona, in coppia con Bruno Dreossi, poi ad Atlanta ha vinto il K2 con Daniele Scarpa oltre all'oro individuale nel K1, mentre Bonomi ha preso l'argento con Scarpa sui 500 m del K2 e quello individuale nel K1. Rossi e Bonomi gareggiano insieme dal 1999 e hanno vinto 23 medaglie fra olimpiadi e mondiali.
Una storia speciale è anche quella della canoista Iosefa Idem, tedesca di Goch, diventata italiana per matrimonio: bronzo per la Germania Democratica nel 1984 nella gara del K2 sui 500 m, bronzo nel K1 500 m ad Atlanta già per l'Italia e nella stessa prova oro a Sydney 2000 e argento ad Atene. Con 21 medaglie fra mondiali e olimpiadi è fra le atlete più vincenti.
Fra le squadre italiane più celebrate nel mondo c'è sicuramente quella di pallavolo, anche se non è ancora riuscita a vincere l'oro olimpico: ad Atlanta si piazzò al secondo posto e lo stesso risultato ha ripetuto ad Atene dietro al Brasile di Bernardinho, che da giocatore conquistò un argento, mentre prima di questo trionfo ateniese, alla guida della squadra femminile, aveva ottenuto due bronzi. L'Italia allenata dal parmigiano Paolo Montali ha vinto con questo argento la sua 46a medaglia internazionale (28 ori, 13 argenti, 5 bronzi); il vero fenomeno del gruppo è il capitano Andrea Giani, che in carriera ha vinto 32 medaglie, delle quali 19 d'oro.
Storico anche il risultato della squadra di basket allenata da Carlo Recalcati, tornata sul podio olimpico dopo ventiquattro anni, seconda alle spalle dell'Argentina. Nel calcio, l'Italia allenata da Claudio Gentile ha ritrovato una medaglia che non vinceva dal 1936, conquistando il bronzo nella finalina contro l'Iraq, dopo essere stata battuta in semifinale dall'Argentina.
Lo stesso giorno della finale di basket le ginnaste del ritmico hanno vinto la medaglia d'argento a squadre sulla pedana della palestra di Galatei, primo alloro per una disciplina che ha fatto il suo ingresso alle Olimpiadi individualmente nel 1984 e a squadre nel 1996. Da menzionare anche due bronzi importanti: quello di Alessandra Sensini, vincitrice di Sydney e terza con la sua tavola nella categoria Mistral, tradita dal meleteni, il vento che non ha soffiato nell'ultima regata, e quello del pugile Roberto Cammarelle nella categoria al limite dei 91 kg.
Poi la chiusura trionfale con l'oro degli ori: la vittoria nella maratona di Stefano Baldini, corridore di Castelnuovo di Sotto, località situata a 11 km da Mandrio, il paese della bassa reggiana dove era nato Dorando Pietri. Una corsa straordinaria quella di Baldini fra Maratona e lo stadio Panathinaikos, rovinata, però, dalla follia di Cornelius Horan, uno spretato irlandese che, vestito dello stesso kilt che indossava quando il 20 luglio 2003 invase la pista di Silverstone durante una gara di Formula 1, al 36° chilometro ha aggredito il brasiliano Vanderlei Cordeiro de Lima, al comando della corsa già da 14 km, anche se Baldini aveva ormai completato la rimonta insieme all'americano Mebrahtom Keflezighi. Il brasiliano, piazzatosi terzo, ha avuto un'accoglienza trionfale al rientro in Brasile; all'aggressore è stato dato un anno di carcere non scontato e gli è stata inflitta una forte multa che sicuramente non pagherà; Baldini ha guadagnato la gloria, da dividere con i grandi della storia italiana della maratona, partendo proprio dal podista Carlo Airoldi, nel 1896 rispedito a casa da Atene dove era arrivato a piedi, per passare poi a Pietri, a Valerio Arri, terzo ad Anversa 1920, a Romeo Bertini, secondo a Parigi 1924, ma soprattutto a Gelindo Bordin, unico italiano a fregiarsi dell'oro nella gara delle gare, nel 1988 sulle strade di Seul. Non casualmente i due italiani vincitori della maratona sono stati allenati dallo stesso tecnico, il triestino modenese Luciano Gigliotti.