Olimpiadi invernali: Torino 2006
NUMERO OLIMPIADE: XX
DATA: 10 febbraio – 26 febbraio
NAZIONI PARTECIPANTI: 80 Comitati olimpici nazionali
NUMERO ATLETI: 2.508 (1.548 uomini – 960 donne)
NUMERO ATLETI ITALIANI: 184
DISCIPLINE: Biathlon, Bob, Combinata nordica, Curling, Freestyle, Hockey su ghiaccio, Pattinaggio di figura, Pattinaggio di velocità, Salto, Sci alpino, Sci di fondo, Short track, Skeleton, Slittino, Snowboard
NUMERO GARE: 84
ULTIMO TEDOFORO: Stefania Belmondo, campionessa di sci di fondo, con le sue 10 medaglie detiene il record italiano nel medagliere dei giochi olimpici invernali.
GIURAMENTO OLIMPICO: Giorgio Rocca, sciatore alpino.
Dopo Cortina d’Ampezzo ’56 e Roma ’60, le Olimpiadi tornano in Italia, nella loro versione invernale, a Torino. A presiedere la commissione valutativa, con il compito di esaminare le città candidate per le Olimpiade del 2006, fu chiamato lo sciatore alpino giapponese Chiharu Igaya, membro della squadra nipponica durante ben tre edizioni dei Giochi: Oslo ’52, Cortina ’56 e Squaw Valley ’60.
Dopo un undicesimo posto all’esordio di Oslo nello slalom speciale, un ventesimo nel gigante ed un ventiquattresimo nella discesa libera, Igaya fu protagonista proprio nella prima olimpiade italiana riuscendo a raggiungere la medaglia d’argento nello slalom speciale dietro al divo ventenne Anton “Toni” Sailer, star assoluta di quell’edizione.
Il compito di Igaya, già membro della commissione esecutiva del CIO, fu quello di coordinare i quattordici rappresentanti della commissione valutativa nella documentazione e nella visita delle città candidate (Klagenfurt in Austria, Zakopane in Polonia, Helsinki in Finlandia, Sion in Svizzera, Poprad-Tatry in Slovacchia e Torino), per redigere infine una relazione destinata ai Comitati olimpici. Nel marzo del 1999 il CIO decise di cambiare la procedura di elezione delle città: un collegio speciale avrebbe dovuto selezionare due città, delle sei che presentavano la propria candidatura, per il giudizio finale durante la sessione straordinaria successiva del CIO, il 16 giugno a Seul. Evelina Christilin fu nominata presidente del comitato per la candidatura di Torino, affiancata dal sindaco Valentino Castellani, Franco Carraro, Primo Nebiolo, Mario Pescante, Ottavio Cinquanta, Giorgetto Giungaro, Gianni Petrucci e Alberto Tomba. Torino riuscì a raggiungere il podio delle finaliste insieme a Sion, e a batterla con cinquantatre voti a trentasei, nonostante la cittadina svizzera venisse considerata favorita viste le candidature fallimentari del 1975 e del 1995 (tanta era la convinzione di una sconfitta tra gli italiani che la Rai rinunciò a trasmettere l’evento). In realtà le strutture sportive coinvolte nel progetto piemontese avevano dato già in passato prova di un’ottima organizzazione, e una grande efficienza sarà evidenziata nella fase di realizzazione dei lavori per i nuovi impianti. L’agenzia Torino 2006, i cui organi direttivi erano stati nominati dal Governo nel gennaio ’02, aveva individuato attraverso concorsi internazionali le imprese che avrebbero partecipato ai lavori, e all’inizio del 2005, con un anno di anticipo sull’inizio dei Giochi, dichiarò la conclusione e il collaudo di circa trenta opere. Sette furono i Comuni coinvolti oltre Torino e tre villaggi olimpici: Pinerolo, Torre Pellice, Prali, Pragelato, Sestrières, Claviere, Cesana-San Sicario, Bardonecchia, Sauze d’Oulx e Chiomonte.
Il rapporto con la precedente Olimpiade di Salt Lake City ’02 fu molto stretto, e non riguardò solo le cerimonie ufficiali, come la citazione di Mitt Romney sulla partecipazione dell’allora giovanissima Michela Basso ai Giochi torinesi, ma anche i problemi legati alla legalità ed alla tenuta atletica dei partecipanti. Il problema del doping, che aveva dominato nell’edizione americana precedente, portò all’adozione, da parte di tutte le organizzazioni sportive, del codice WADA (World anti-doping agency, creata nel novembre 1999) a partire dai Giochi di Atene 2004. Nel 2005 fu la volta dei governi che, in vista di Torino 2006, misero in atto la Convenzione Internazionale contro il Doping nello Sport. Così il TOROC (TORino Organising Committee), seguendo le direttive della Commissione medica del CIO, identificò due centri per la lotta al doping: il Centro regionale anti-doping, istituito nell’estate del 2004 e il laboratorio “Alessandro Bertinaria” dell’ospedale San Luigi di Orbassano, che divenne nel 2006 l’Osservatorio per le sostanze dopanti della Regione Piemonte. Torino, insomma, ha visto il più duro controllo anti-doping mai avvenuto prima di allora per competizioni sportive, con milleduecentodiciannove test effettuati. L’unico caso di doping “sul podio” rilevato fu quello della russa Ol’ga Medvedceva vincitrice della medaglia d’argento per la 15 km femminile di biathlon che fu trovata positiva al Carphedon, sostanza in dotazione nei programmi spaziali per migliorare la performance fisica e mentale.
Il programma di Torino 2006 è stato il più ambizioso della storia dei Giochi invernali. Il Comitato organizzativo delle Olimpiadi invernali del 2006 propose ottantaquattro prove totali, sei in più rispetto a Salt Lake City, di cui trentacinque prove maschili e trentasette femminili, oltre a due miste in quindici discipline e sette sport differenti.
Furono introdotte delle novità nel biathlon, con la 15 km maschile con partenza in gruppo e la 12,5 km femminile con partenza in gruppo; nello slittino, con il biposto maschile e la soppressione della prova mista; nel pattinaggio di velocità, con l’inseguimento a squadre maschile e femminile; ed infine nello snowboard, con il cross maschile e femminile. Ma anche altre discipline furono sottoposte a modifiche: nello sci di fondo, la 10 km classica/10 km libera, partenza inseguimento venne sostituita dalla 15 km classica/15 km libera, mentre la 30 km libera fu sostituita dallo sprint a squadre; nello sci di fondo femminile, la 5 km classica/5 km libera, partenza inseguimento fu sostituita dalla 7,5 km classica/7,5 km libera, e così la 15 km libera fu sostituita dallo sprint a squadre. Il totale delle competizioni prevedeva la messa in palio di ben ottantaquattro medaglie per ottantacinque Comitati Olimpici Nazionali partecipanti, duemilacinquecentootto atleti ed altrettanti duemilacinquecento tecnici e accompagnatori nazionali; duemilatrecento rappresentanti del CIO, Comitati Olimpici Nazionali e Federazioni, seicentocinquanta giudici e arbitri, con una partecipazione di circa diecimila sponsor e novemilaquattrocentootto organi di stampa, duemilaseicentoottantotto per quella scritta e seimilasettecentoventi emittenti collegate, con una copertura televisiva dal vivo comprendente diciotto paesi. Fu eguagliato anche il primato dei Comitati Olimpici detentori di almeno una medaglia, ventisei, mentre debuttavano per la prima volta paesi come Albania, Madagascar ed Etiopia. Insomma furono i Giochi dei record.
La cerimonia di apertura, il 10 febbraio ’06, fu celebrata all’ex Stadio Comunale “Vittorio Pozzo”, ristrutturato e ribattezzato, per la XX edizione dei Giochi olimpici invernali, Stadio Olimpico di Torino. Condotto da Piero Chiambretti, è stato l’evento televisivo più seguito nel mondo durante tutto l’anno solare, ed ha visto la partecipazione di celebrità femminili quali Sophia Loren, Susan Sarandon ed Isabel Allende, durante l’ingresso della bandiera olimpica per la prima volta portata solo da donne.
Come a Sidney 2000 e Atene 2004 (ma per la prima volta ai Giochi invernali), la Corea del Nord e la Corea del Sud hanno sfilato insieme sotto un’unica bandiera Coreana, nonostante abbiano poi gareggiato divise nelle singole discipline. Lo sciatore alpino Giorgio Rocca ha pronunciato il giuramento in nome degli atleti e Fabio Bianchetti in nome dei giudici, mentre l’ultima tedofora è stata la primatista italiana (con dieci medaglie olimpiche) di sci di fondo, Stefania Belmondo. L’evento si è concluso, dopo circa due ore, con la commovente ultima esibizione dal vivo di Luciano Pavarotti.
Per l’Italia fu un’edizione leggermente più avara di successi rispetto alla precedente americana, poiché riuscimmo a conquistare solo undici medaglie, rispetto alle tredici di Salt Lake City, di cui cinque ori, sei bronzi e nessun argento. In realtà i Giochi sembrarono aprirsi bene per la compagine italiana. La prima medaglia fu, infatti, subito primato: arrivò l’11 febbraio da un grande protagonista italiano di questa edizione, il ventiquattrenne Enrico Fabris, che nella 5.000 m maschile di Pattinaggio di velocità conquistò la prima medaglia italiana nella storia della disciplina. Già presente a Salt Lake City, nell’edizione americana aveva raggiunto un sedicesimo posto nei 5.000 m ed un ventiseiesimo posto nei 1.500 m. A Torino riuscì a salire sul podio con un bronzo conquistato alle spalle dell’argento Sven Kramer e dell’oro Chad Hedrick, il trentenne specialista del Pattinaggio di velocità in-line, premiato cinquanta volte campione del mondo in questa specialità mai diventata sport olimpico.
Ma è nell’inseguimento a squadre femminile che si verifica un ulteriore record. E’ la velocista tedesca Claudia Pechstein a raggiungerlo. Già primatista a Salt Lake City con il record di velocità nei 5.000 m (6:49,91, poi superato dalla ceca Martina Sáblíková), tra il 15 e il 16 febbraio ottiene l’oro nell’inseguimento a squadre insieme alle compagne Daniela Anschuetz Thoms e Annie Friesinger, con un tempo di 3’01’’25 sulle canadesi Groves, Huges e Nesbitt (3’02’’91) e sulle russe Abramova, Lobysheva e Vysokova, mentre il 25 febbraio nei 5.000 m che l’avevano vista primatista quattro anni prima, riesce ad agguantare una seconda posizione dietro Clara Hughes e davanti a Cindy Klassen (che però alla fine risulterà l’atleta più premiata di Torino ’06 davanti ad Ahn Hyu-Soo, con 1 oro, 2 argenti e 2 bronzi). Alla fine dei Giochi grazie a questi risultati venne designata come prima pattinatrice di velocità a raggiungere la quota di nove medaglie in carriera ai giochi olimpici. Lo stesso giorno si disputò la 20 km di Biathlon in cui il tedesco Michael Greis si aggiudicò l’oro sul primatista Ole Einer Bjørndalen, vincitore a Salt Lake City di ben quattro ori nei 20 km, 10 km, 12,5 km a inseguimento e nella staffetta. Una gara entusiasmante vinta dal tedesco per soli sedici secondi di vantaggio sul pluripremiato campione norvegese, dopo che quest’ultimo riuscì a riprendere la gara grazie alla prestazione sciistica dopo i gravi errori ai primi poligoni.
Il 12 febbraio arrivò il primo oro nel medagliere italiano, nel singolare maschile di Slittino. A conquistarlo è il veterano Armin Zöggler, meranese già medaglia d’oro a Salt Lake City, argento a Nagano 1998 e bronzo a Lillehammer 1994, con un tempo di 3’26’’088 sui 3’26’’198 del russo Albert Demtschenko alla sua ultima partecipazione ai Giochi invernali in cui riuscì finalmente a salire sul podio dopo sei edizioni. Il 15 febbraio, invece, per quanto riguarda le gare di doppio, la coppia Gerhard Plankensteiner e Oswald Haselrieder conquistò la seconda medaglia azzurra, raggiungendo un bronzo che portò in seconda posizione nel medagliere complessivo di categoria, dietro la Germania che grazie all’argento nel doppio (Andre Florschütz-Torsten Wustlich) e al triplice podio nel singolare femminile (Sylke Otto oro, Silke Kraushaar argento e Tatjana Hüfner bronzo) portò a casa, incontrastata, quattro medaglie. Ma è nello Sci di fondo che l’Italia aspetta i risultati più brillanti, dopo le sei medaglie di Salt Lake City. Nell’impianto di Pragelato si svolgeva il 12 febbraio la gara a inseguimento maschile di. Tra gli italiani c’è Pietro Piller Cottrer detto “Caterpiller”, già argento nella staffetta a Salt Lake City ma solo quarto nella 30 km a tecnica libera, grazie soprattutto alla squalifica per doping di Muehlegg che dovette lasciare l’oro a Christian Hoffmann, facendo risalire sia Piller Cottrer che Cristian Zorzi (nono) in classifica. A Torino la 30 km fu sostituita da una prima frazione a tecnica classica di 15 km con un dislivello di 52 m, seguita da una frazione a tecnica libera su distanza sempre di 15 km ma con un dislivello di 59 m. Anche in questa edizione fu protagonista il doping (uno dei pochissimi casi dei Giochi torinesi). L’austriaco Martin Tauber, che con un tempo di 1:17:28,6 aveva raggiunto la diciassettesima posizione, subito dietro all’italiano Fabio Santus (1:17:25,5), fu costretto al ritiro, dopo un controllo anti-doping nel cuore della notte che evidenziò un tasso di emoglobina al di sopra della soglia consentita e che gli costerà, nel 2007, una squalifica di due anni, decisa dalla Federsci internazionale (Fis), insieme ai connazionali fondisti Johannes Eder e Roland Diethart. Con un tempo di 1:17:01,7 Piller Cottrer riuscì a conquistare il bronzo dietro il norvegese Frode Estil (1:17:01,4, argento) ed il russo Evgenij Dement’ev (1:17:00,8, oro). Cristian Zorzi, invece, solo nono a Salt Lake City dopo l’esclusione di Muehlegg, nella gara sprint su distanza di 1,4 km in tecnica libera, svoltasi il 22 febbraio, con un dislivello di 26 m, sfiorò il podio dietro Thobias Fredriksson (bronzo) Roddy Darragon (argento) e Björn Lind (oro), con quest’ultimo che aveva ottenuto già il miglior tempo nelle qualificazioni. Dietro Zorzi in quinta e sesta posizioni altri due italiani, Freddy Schwienbacher e Loris Frasnelli. Ma nelle giornate successive l’Italia riesce ad agguantare il podio altre tre volte, raggiungendo di conseguenza la quarta posizione nella classifica generale dietro solo a Russia, Estonia e Svezia. Per prima è la squadra maschile (Valbusa, Zorzi, Piller Cottrer, Di Centa) che nella staffetta 4x10 km con dislivello di 59 m, con due prestazione a tecnica classica e due a tecnica libera, il 19 febbraio conquistarono l’oro con un tempo di 1:43:45,7 sulla squadra tedesca (Schlütter, Filbrich, Sommerfeldt, Angerer) a 1:44:01,4, e sulla fortissima squadra svedese (Larsson, Olsson, Södergren, Fredriksson) a 1:44:01,7. La coppia Fredriksson-Lind si era aggiudicata l’oro il 14 febbraio nello sprint a squadre 6x1,4 davanti ai norvegesi Svartedal e Hetland e ai russi Alypov e Rocˇev, mentre gli italiani Schwienbacher e Di Centa raggiunsero solo la nona posizione. Ma fu proprio Giorgio Di Centa, fratello della pluripremiata fondista Manuela (sette medaglie olimpiche, due ori, due argenti e tre bronzi) a rivelarsi nuovamente protagonista. Nella 50 km a tecnica libera conquistò un oro con un tempo di 2:06:11,8 davanti a Evgenij Dement’ev (2:06:12,6) e Michail Botvinov (2:06:12,7). Tra le fondiste donne ci fu un’unica sfida, quella tra l’estone Kristina Smigun-Vähi e Katerina Neumannova. La prima gara fu l’inseguimento su distanza di 15 km (per la prima volta con partenza in linea) diviso in due frazioni da 7,5 km, la prima in tecnica classica e dislivello a 36 m, la seconda a tecnica libera con un dislivello di 59 m. Esito: Smigun prima, Neumannova seconda. La Smigun alla sua quarta partecipazione ai Giochi invernali, salì per la prima volta sul podio superando la rivale con un tempo di 42:48,7 sui 42:50,6 della ceca. Solo quinta l’italiana Gabriella Paruzzi. Il secondo oro (a Torino e in carriera) della Smigun arrivò quattro giorni dopo nella 10 km in tecnica classica con dislivello di 76 m. con 27:51,4 lasciandosi dietro rispettivamente le tre norvegesi Bjørgen, Pedersen e Steira. Solo quinta la Neumannova, che si rifarà con l’oro nell’ultima gara, la 30 km del 24 febbraio, con la Smigun solamente ottava. Da ricordare il terzo posto nella staffetta il 18 febbraio del team italiano composto da Arianna Follis, Gabriella Paruzzi, Antonella Confortola e Sabina Valbusa (sorella di Fulvio Valbusa, oro con il team azzurro nella staffetta maschile 4x10). Ma a raggiungere più ori, oltre all’Estonia della Smigun, in questa categoria fu la Svezia (la coppia Olsson-Andresson si aggiudicò l’oro nello sprint a squadre 6x1,2) con ben tre primi posti, che insieme a quelli dell’Hockey su ghiaccio maschile, Curling femminile, Sci alpino femminile e Biathlon riscattarono la Svezia dell’assenza di medaglie d’oro delle ultime due edizioni (Nagano ’98 due argenti e un bronzo, Salt Lake City ’02 due argenti e cinque bronzi). Al Palasport Olimpico, i cui lavori finirono nel settembre 2005 per un costo di ben ottantacinque milioni di euro, fu teatro di un’entusiasmante finale, proprio di Hockey su ghiaccio maschile, tra Svezia e Finlandia. La squadra svedese, dopo aver eliminato in semifinale la Repubblica Ceca già sconfitta dai finlandesi nel girone per 4-2, supera il team finnico per 3-2 grazie alle reti di Zetterberg, Kronwall e Lidstrom dopo l’iniziale vantaggio di Timonen. Emblematico sarà il commento post partita di Olli Jokinen: “E’ dura perdere così: si vince l’oro e si vince il bronzo, l’argento è la medaglia di chi perde”. La Svezia fu protagonista anche nel torneo femminile. Dopo aver superato la nazionale Usa in una partita totalmente imprevedibile, illuminata da una prestazione sfavillante di Kim Martin che agli shoot-out para tutti i tiri delle americane, vincitrici poi della finalina con le finlandesi, eliminate alle semifinali con un passivo di 6-0 dalle canadesi. Proprio le canadesi saliranno per prime sul podio grazie ad una finale dominata sulla stanca squadra svedese, forse già satura del miracolo di tre giorni prima con il team a stelle e strisce.
Nonostante le delusioni nelle competizioni a squadra, la Finlandia riuscì in questa edizione dei Giochi a rompere un tabù. Da sempre fortissima nello Sci di fondo (anche se non protagonista a Torino visto il duopolio Smigun-Neumannova), detentrice di ben settantuno medaglie in questa categoria, non era mai riuscita a conquistarne una nello Sci alpino. A riuscire nell’impresa è Tanja Poutiainen, argento nello Slalom Gigante dietro l’americana Julia Mancuso, in una competizione che, tra il maschile e il femminile, è stata completamente dominata dall’Austria con quattordici medaglie, almeno una in tutte le specialità tranne che nello Slalom Gigante femminile vinto proprio dalla Mancuso (terza arrivò la svedese Anna Ottosson). Nel maschile, a parte gli ori di Antoine Dénériaz nella Discesa libera e di Ted Ligety nella Combinata, l’oro più significativo fu quello di Kjetil André Aamodt nel Supergigante. Aamodt, atleta completo (ha gareggiato per Discesa libera, Slalom Gigante e Speciale, Supergigante e Combinta) divenne infatti il primo sciatore alpino norvegese a vincere quattro ori in tre edizioni olimpioniche: Supergigante ad Albertville ’92, Supergigante e Combinata a Salt Lake City ’02 e Supergigante a Torino ’06, totalizzando otto medaglie complessive (due argenti e due bronzi a Lillehammer ’94 e ad Albertville ’92). Venne premiato in Norvegia come miglior atleta nazionale del 2006 grazie alla vittoria di Torino 2006, annunciando nel gennaio successivo, così, il suo ritiro.
Un altro evento eccezionale avvenne nello Skeleton. Il canadese Duff Gibson divenne la medaglia più anziana mai ottenuta nella storia dei Giochi invernali. Tale primato precedentemente era stato stabilito da Magnar Solberg che nel 1972 vinse a Sapporo la medaglia d’oro nella 20 km individuale di Biathlon all’età di trentacinque anni. Quando Duff Gibson vinse l’oro a Torino ’06 aveva trentanove anni e centonovanta giorni (classe 1966). Riuscì a superare il connazionale Jeff Pain con un tempo di 1:55:88 diviso nelle due manche in 57,80 la prima e 58,08 la seconda. Da sottolineare nella prova femminile il quinto posto della venticinquenne Costanza Zanoletti, alla sua prima partecipazione olimpica. La medaglia d’oro andò alla svizzera Maya Pedersen.
Le altre due medaglie italiane arrivano rispettivamente il 21 e il 22 febbraio. La prima fu il bronzo femminile nel doppio di Bob. A salire sul podio furono Jennifer Isacco e un’altra primatista italiana, Gerda Weißentsteiner, unica atleta italiana ad aver vinto due medaglie olimpiche in due discipline differenti: l’oro a Lillehammer ’94 nel singolare di Slittino e il bronzo di Torino ’06 nel doppio di Bob. La gara fu vinta dalla coppia tedesca Kiriasis-Schneiderheinze sulle americane Rohbock e Fleming. Nelle competizioni maschili i tedeschi Andre Lange e Kevin Kuske ripeterono l’impresa di Salt Lake City vincendo incontrastati sia nel doppio che nei quattro insieme a Rene Hoppe e Martin Putze.
La medaglia di bronzo nella gara a quattro di Short track femminile arrivò quasi inaspettata. L’intera competizione, in tutte le sue specialità, era stata dominata dalla Corea del Sud. Tra gli uomini l’unico a rompere la continuità di podio coreana fu Apolo Anton Ohno. Protagonista in negativo nell’edizione americana di Salt Lake City, in cui a causa di una sua gomitata ad Ahn Hyun-Soo, poi medaglia d’oro nei 1.000 a Torino, nacque la rocambolesca caduta complessiva di tutti gli atleti che fece vincere l’oro a Steven Bradbury, l’ultimo della fila. Ohno nei 500 riesce a raggiungere il primo posto sul francese François Louis Tremblay e sull’acerrimo nemico Ahn Hyun-Soo. La giovanissima stella coreana aveva partecipato alla sfortunata Olimpiade americana a soli diciassette anni, e arrivò a Torino, a soli ventun’anni, che sembrava già maturo. E lo era. La medaglia sui 500 di Ohno fu quasi un “contentino” che il coreano diede al nippo-americano che lo aveva ostruito quattro anni prima. I 500 furono anche l’ultima gara in ordine cronologico (22 e 25 febbraio). Fino a quelle date la supremazia di Hyun-Soo non diede scampo agli altri concorrenti: cominciò il 12 febbraio con l’oro sui 1.500 davanti sempre al connazionale Lee Ho-Suk e al cinese Jiajiun Li. La stessa situazione fu ripetuta nei 1.000 tra il 15 e il 18 febbraio e nei 5.000 a staffetta a Ho-Jin Seo e Suk-Woo Song e, ovviamente, a Lee Ho-Suk. La squadra italiana di Carta, Confortola, Franceschini e Rodigari riuscì ad arrivare solo quarta. Tra le donne la situazione fu esattamente uguale. L’unica a strappare il primo posto a Jin-Sun Yu è la cinese Wang Meng sempre nei 500. Nei 1.000 e nei 1.500 però, non c’è partita. La Yu è ancor più precoce del giovane Hyun-Soo. A diciassette anni riesce a vincere ben tre medaglie d’oro su quattro gare ad un’Olimpiade. Nei 1.000 supera la Meng con un tempo di 1:32:859 sui 1:33:079 della cinese, mentre nei 1.500 ottiene lo stesso tempo della connazionale Choi Eun-Kyung (2:23,494) ma le viene conferito l’oro, e nella staffetta a squadre con (oltre alla Eun-Kyung) Byun Chun-Sa, Da-Hye Jeon e Kang Yun-Mi. A 4:20,030 il quintetto italiano Capurso, Fontana, Maffei, Katia e Mara Zini riescono ad agguantare la medaglia di bronzo sulle squalificate rivali cinesi, e che decretò inoltre un altro primato, quello di Arianna Fontana che all’età di soli quattordici anni divenne l’atleta più giovane mai premiata ai Giochi olimpici invernali.
Alla fine dei Giochi il medagliere italiano vide 5 ori e 6 bronzi portarci al di sotto rispettivamente di Germania, Usa, Austria, Russia, Canada, Svezia, Corea e Svizzera.
Come per l’edizione estiva di Atene 2004, la cerimonia di chiusura, il 26 febbraio, fu accompagnata da una premiazione finale (in Grecia era stata la maratona), quella per lo sci di fondo vinta proprio da un italiano, Giorgio Di Centa, premiato dalla sorella Manuela (inoltre raggiunta nel numero degli ori olimpionici vinti) che contribuirono a dare un’immagine dell’efficienza e della serenità che accompagnarono l’organizzazione dell’edizione italiana dei Giochi. Come se le paure residue dell’ultima, travagliata Olimpiade di Salt Lake City, fossero state completamente sconfitte, a partire dal problema del doping affrontato attraverso forme coercitive di controllo mai conosciute prima da nessun evento sportivo.
Giochi paraolimpici
I IX Giochi Paralimpici invernali si svolsero tra il 10 e il 19 marzo, tra Torino e le montagne della Val di Susa e della Val Chisone. Le discipline presenti furono Sci alpino, Sci nordico (Biathlon e Sci di fondo), Hockey su ghiaccio e Curling. Parteciparono 39 Comitati Olimpici Nazionali (rispetto ai 36 di Salt Lake City) per 486 atleti di cui 385 uomini e 101 donne. Furono venduti 163 mila biglietti per un incasso di 1 milione 59 mila euro, un successo di pubblico assolutamente inaspettato, sottolineato in un’intervista di fine Giochi da Tiziana Nasi, presidente delle Paralimpiadi. Il medagliere vide uno strapotere della Russia con ben 33 medaglie collezionate di cui 13 ori, 13 argenti e 7 bronzi, davanti alla Germania con sole 18 medaglie ma di cui 8 ori, 5 argenti e 5 bronzi rispetto alle 25 medaglie dell’Ucraina con però soli 7 ori, 9 argenti e 9 bronzi. L’Italia si posizionò solamente nona dietro al Giappone con 8 medaglie complessive, tutte quante nella categoria di Sci alpino. Protagonista maschile fu l’ipovedente Gianmaria Dal Maistro, quinto nella Discesa libera (disabili visivi) ma primo nel Supergigante davanti allo slovacco Radomir Dudas e al canadese Chris Williamson. La seconda medaglia per Dal Maistro arrivò tre giorni dopo, il 17 marzo, nello Slalom gigante, dove fa meglio di lui solo Nicolas Berejny. Tra le donne sono Silvia Parente e Daila Dameno a regalare degli ottimi risultati all’Italia. La prima grazie a tre bronzi in Discesa libera, Slalom speciale e Supergigante (disabili visivi) ed 1 oro nello Slalom Gigante. La seconda grazie ad un bronzo nello Slalom Gigante (seduti) e un argento nello Slalom speciale.
REPERTORIO
TORINO 2006
Biathlon
1. Michael Greis GER
2. Ole Einar Bjørndalen NOR
3. Halvard Hanevold NOR
1. Svetlana Ishmouratova RUS
2. Martina Glagow GER
3. Albina Akhatova RUS
1. Sven Fischer GER
2. Halvard Hanevold NOR
3. Frode Andresen NOR
1. Florence Baverel-Robert FRA
2. Anna Carin OLOFSSON SWE
3. Lilia Efremova UKR
1. Kati Wilhelm GER
2. Marina Glagow GER
3. Albina Akhatova RUS
1. Vincent Defrasne FRA
2. Ole Einar Bjørndalen NOR
3. Sven Fischer GER
1. Germania
2. Russia
3. Francia
1. Russia
2. Germania
3. Francia
1. Michael Greis GER
2. Tomasz Sikora POL
3. Ole Einar Bjørndalen NOR
1. Anna Carin Olofsson SWE
2. Kati Wilhelm GER
3. Uschi Disl GER
Bob
1. Andre Lange e Kevin Kuske GER
2. Pierre Lueders e Lascelles Brown CAN
3. Martin Annen e Beat Hefti SUI
1. Sandra Kiriasis e Anja Schneiderheinze GER
2. Shauna Rohbock e Valerie Fleming USA
3. Gerda Weissensteiner e Jennifer Isacco ITA
1. Andre Lange, Rene Hoppe, Kevin Kuske e Martin Putze GER
2. Alexandre Zoubkov, Filip Egorov, Alexej Seliverstov, Alexey Voevoda RUS
3. Martin Annen, Thomas Lamparter, Beat Hefti e Cedric Grand SUI
Combinata nordica
1. Georg Hettich GER
2. Felix Gottwald AUT
3. Magnus-H Moan NOR
1. Michael Gruber, Christoph Bieler, Felix Gottwald e Mario Stecher AUT
2. Bjoern Kircheisen, Georg Hettich, Ronny Ackermann e Jens Gaiser GER
3. Antti Kuisma, Anssi Koivuranta, Jaakko Tallus, Hannu Manninen FIN
1. Felix Gottwald AUT
2. Magnu-H. Moan NOR
3. Georg Hettich GER
Curling
1. Canada
2. Finlandia
3. Stati Uniti
1. Svezia
2. Svizzera
3. Canada
Freesyle
1. Jennifer Heil CAN
2. Kari Traa NOR
3. Sandra Laoura FRA
1. Dale Begg-Smith AUS
2. Mikko Ronkainen FIN
3. Toby Dawson USA
1. Evelyne Leu SUI
2. Nina Li CHN
3. Alisa Camplin AUS
1. Xiaopeng Han CHN
2. Dmitri Dashinski BLR
3. Vladimir Lebedev RUS
Hockey su ghiaccio
1. Svezia
2. Finlandia
3. Repubblica Ceca
1. Canada
2. Svezia
3. Stati Uniti
Pattinaggio di figura
1. Tatiana Totmianina e Maxim Marinin RUS
2. Dan Zhang e Hao Zhang CHN
3. Xue Shen e Hongbo Zhao CHN
1. Evgeni Plushenko RUS
2. Stephane Lambien SUI
3. Jeffrey Buttle CAN
1. Shizuka Arakawa JPN
2. Sasha Cohen USA
3. Irina Slutskaya RUS
1. Tatiana Navka e Roman Kostomarov RUS
2. Tanith Belbin e Benjamin Agosto USA
3. Elena Grushina e Ruslan Goncharov UKR
Pattinaggio di velocità
1. Chad Hedrick USA
2. Sven Kramer NED
3. Enrico Fabris ITA
1. Ireen Wust NED
2. Renate Groenewold NED
3. Cindy Klassen CAN
1. Joey Cheek USA
2. Dmitri Dorofeyev RUS
3. Kang Seok Lee KOR
1. Sveltana Zhurova RUS
2. Manli Wang CHN
3. Hui Ren CHN
1. Germania
2. Canada
3. Russia
1. Italia
2. Canada
3. Olanda
1. Shani Davis USA
2. Joey Cheek USA
3. Erben Wennemars NED
1. Marianne Timmer NED
2. Cindy Klassen CAN
3. Anni Friesinger GER
1. Enrico Fabris ITA
2. Shani Davis USA
3. Chad Hedrick USA
1. Cindy Klassen CAN
2. Kristina Groves CAN
3. Ireen Wust NED
1. Bob De Jong NED
2. Chad Hedrick USA
3. Carl Verheijen NED
1. Clara Hughes CAN
2. Claudia Pechstein GER
3. Cindy Klassen CAN
Salto
1. Lars Bystoel NOR
2. Matti Hautamaeki FIN
3. Roar Ljoekelsoey NOR
1. Thomas Morgenstern AUT
2. Andreas Kofler AUT
3. Lars Bystoel NOR
1. Austria
2. Finlandia
3. Norvegia
Sci alpino
1. Antoine Deneriaz FRA
2. Michael Walkhhofer AUT
3. Bruno Kerner SUI
1. Ted Ligety USA
2. Ivica Kostelic CRO
3. Rainer Schoenfelder AUT
1. Micaela Dorfmeister AUT
2. Martina Schild SUI
3. Anja Paerson SWE
1. Janica Kostelic CRO
2. Mariles Schild AUT
3. Anja Paerson SWE
1. Andre Kjetil Aamodt NOR
2. Hermann Maier AUT
3. Ambrosi Hoffmann SUI
1. Micaela Dorfmeister AUT
2. Janica Kostelic CRO
3. Alexandra Meissnitzer AUT
1. Benjamin Raich AUT
2. Joel Chenal FRA
3. Hermann Maier AUT
1. Anja Paerson SWE
2. Nicole Hosp AUT
3. Marlies Schild AUT
1. Julia Mancuso USA
2. Tanja Poutiainen FIN
3. Anna Ottosson SWE
1. Benjamin Raich AUT
2. Reinfried Herbst AUT
3. Rainer Schoenfelder AUT
Sci di fondo
1. Kristina Smigun EST
2. Katerina Neumannova CZE
3. Evgenia Medvedeva-Abruzova RUS
1. Eugeni Dementiev RUS
2. Frode Estil NOR
3. Pietro Piller Cottrer ITA
1. Anna Dahlberg e Lina Andersson SWE
2. Sara Renner e Beckie Scott CAN
3. Aino Kaisa Saarinen e Virpi Kuitunen FIN
1. Thobias Fredriksson e Bjoern Lind SWE
2. Jens Arne Svartedal e Tor Arne Hetland NOR
3. Ivan Alypov e Vassili Rotchev RUS
1. Kristina Smigun EST
2. Marit Bjorgen NOR
3. Hilde G. Pedersen
1. Andrus Veerpalu EST
2. Lukas Bauer CZE
3. Tobias Angerer GER
1. Natalia Baranova-Masolkina, Larisa Kurkina, Julija Tchepalova e Evgenia Medvedeva-Abruzova RUS
2. Stefanie Boelher, Viola Bauer, Evi Sachenbacher Stehle e Claudia Kuensel GER
3. Arianna Follis, Gabriella Paruzzi, Antonella Confortola e Sabina Valbusa ITA
1. Fulvio Valbusa, Giorgio Di Centa, Pietro Piller Cottrer e Cristian Zorzi ITA
2. Andreas Schluetter, Jens Filbrich, Rene Sommerfeldt e Tobias Angerer GER
3. Mats Larsson, Johan Olsson, Anders Soedergren e Mathias Fredriksson SWE
1. Chandra Crawford CAN
2. Claudia Kuenzel GER
3. Alena Sidko RUS
1. Bjoern Lind SWE
2. Roddy Darragon FRA
3. Thobias Fredriksson SWE
1. Katerina Neumannova CZE
2. Julija Tchepalova RUS
3. Justyna Kowalczyk POL
1. Giorgio Di Centa ITA
2. Eugeni Dementiev RUS
3. Mikhail Botwinov AUT
Short Track
1. Hyun-Soo Ahn KOR
2. Ho-Suk Lee KOR
3. JiaJun Li CHN
1. Meng Wang CHN
2. Evgenia Radanova BUL
3. Anouk Leblanc-Boucher CAN
1. Sun-Yu Jin KOR
2. Eun-Kyung Choi KOR
3. Meng Wang CHN
1. Hyun-Soo Ahn KOR
2. Ho-Suk Lee KOR
3. Apolo Anton Ohno USA
1. Chun-Sa Byun, Eun-Kyung Choi, Da-Hye Jeon, Sun-Yu Jin e Yun-Mi Kang KOR
2. Alanna Kraus, Anouk Leblanc-Boucher, Amanda Overland, Kalyna Roberge e Tania Vicent CAN
3. Marta Capurso, Arianna Fontana, Katia Zini e Mara Zini ITA
1. Apolo Anton Ohno USA
2. Francois Louis Tremblay CAN
3. Hyun-Soo Ahn KOR
1. Sun-Yu Jin KOR
2. Meng Wang CHN
3. Yang (A) Yang CHN
1. Hyun-Soo Ahn, Ho-Suk Lee, Se-Jong Oh, Ho-Jin Seo e Suk-Woo Song KOR
2. Eric Bedard, Jonathan Guilmette, Charles Hamelin, Francois-Louis Tremblay e Mathieu Turcotte CAN
3. Alex Izykowski, J.P. Kepka, Apolo Anton Ohno e Rusty Smith USA
Skelton
1. Maya Pedersen SUI
2. Shelley Rudman GBR
3. Melissa Hollingsworth-Richards CAN
1. Duff Gibson CAN
2. Jeff Pain CAN
3. Gregor Staehli SUI
Slittino
1. Armin Zoeggeler ITA
2. Albert Demtschenko RUS
3. Martin Rubenis LAT
1. Sylke Otto GER
2. Sylke Kraushaar GER
3. Tatjana Huefner GER
1. Andreas Linger e Wolfgang Linger AUT
2. Andre Florschuetz e Torsten Wustlich GER
3. Gerhard Plankensteiner e Oswlad Haselrieder ITA
Snowboard
1. Shaun White USA
2. Daniel Kass USA
3. Markku Koski FIN
1. Hannah Teter USA
2. Gretchen Bleiler USA
3. Kjersti Buaas NOR
1. Seth Wescott USA
2. Radoslav Zidek SVK
3. Paul-Henri Delerue FRA
1. Tanja Frieden SUI
2. Lindsey Jacobellis USA
3. Dominique Maltais CAN
1. Philipp Schoch SUI
2. Simon Schoch SUI
3. Siegfried Grabner AUT
1. Daniela Meuli SUI
2. Amelie Kober GER
3. Rosey Fletcher USA