Assayas, Olivier
Regista e critico cinematografico francese, nato a Parigi il 25 gennaio 1955. Il suo lavoro di regista, indissolubilmente intrecciato con quello di critico, si è sviluppato intorno all'idea di un 'cinema di scrittura', che esalta la processualità del racconto e la complessità psicologica dei personaggi, spesso servendosi di lunghe sequenze all'interno delle quali i movimenti continui della macchina da presa coinvolgono lo spettatore nell'esplorazione dello spazio scenico. Nella ricerca di un'ossessiva vicinanza con il reale si evidenzia un tormentato mimetismo, l'esigenza di catturare la provvisorietà dei rapporti umani, i momenti di sospensione e di passaggio, come l'adolescenza, che A. ha saputo ritrarre con sensibilità vicina a quella di François Truffaut e di André Téchiné.
Figlio di uno sceneggiatore televisivo (il padre scriveva per la serie del commissario Maigret), si è dedicato al cinema dopo essersi diplomato in Belle Arti. Ha esordito come regista nel 1979, con Copyright, il primo di quattro cortometraggi realizzati in cinque anni. Parallelamente ha svolto un'intensa attività di critico per i "Cahiers du cinéma", intrecciando la riflessione sull'opera di Robert Bresson, Andrej Tarkovskij e Ingmar Bergman, con la scoperta del cinema asiatico; nel 1984 recatosi a Taipei, per conoscere la nouvelle vague taiwanese, ha incontrato Hou Hsiao Hsien (cui nel 1997 avrebbe dedicato un toccante documentario, HHH ‒ Portrait de Hou Hsiao Hsien). Dopo aver collaborato alla sceneggiatura di Rendez-vous (1985) e Le lieu du crime (1986; Il luogo del crimine) di Téchiné, ha realizzato il suo primo lungometraggio, Désordre (1986; Désordre ‒ Disordine), nel quale l'irrequietezza di una band giovanile, responsabile di un furto in un negozio di strumenti musicali degenerato in omicidio, rivela un'ampia lacerazione esistenziale. Con L'enfant de l'hiver (1988; Il bambino d'inverno) A. ha messo in scena un altro suo tipico tema: il tempo, le sue scissioni, la fuga impossibile da una prigione senza sbarre, in cui ogni uomo sembra smarrirsi. Motivo ripreso in Paris s'éveille (1991; Contro il destino), dove il fallimentare triangolo erotico che unisce Louise a Clement (Jean-Pierre Leaud) e a Adrien, rispettivamente padre e figlio, sottende l'impossibilità di legare il desiderio a un oggetto. Dopo Una nouvelle vie (1993), in cui è tornato a descrivere la cesura e la vertigine esistenziale che si celano sotto il quotidiano, con L'eau froide (1994) ha confermato la sua capacità di rappresentare l'universo sospeso di un'adolescenza inquieta e sofferente. Fluidi movimenti di macchina, interrotti da intensi primi piani, seguono Gilles e Christine, figli di genitori separati, nella loro collisione con la società degli adulti, fino all'improbabile fuga, decisa durante una notte di festa.
Il riconoscimento internazionale è arrivato con Irma Vep (1996, premiato al festival di Rotterdam), film costruito intorno alla figura di un'attrice di Hong-Kong (Maggie Cheung, che A. sposerà nel 1998 e che qui è chiamata a interpretare sé stessa), giunta a Parigi per recitare in un remake del film Les vampires di Louis Feuillade e coinvolta nel fallimento del progetto. Il classico tema del cinema nel cinema è svolto felicemente, attraverso una ricostruzione ironica delle dinamiche interpersonali, intessuta di riferimenti colti (al periodo del muto e all'avanguardia) e considerazioni critiche più attuali. Dopo Fin août, début septembre (1998), cronaca di un'amicizia interrotta dalla morte, l'intimismo di A. è sembrato attenuarsi nell'acclamato Les destinées sentimentales (2000), film in costume interpretato da Emmanuelle Béart e Isabelle Huppert, che sembra segnare il passaggio di A. dal cinema d'autore a basso costo a quello di budget elevato. Tratto dal romanzo di J. Chardonne e preparato con un maniacale lavoro di documentazione, il film mostra una granatura romanzesca, l'ampiezza di un respiro più libero, con cui narrare i sentimenti e le amarezze della provincia francese.