OLIVO, Oliviero Mario
OLIVO, Oliviero Mario. – Nacque a Trieste il 24 maggio 1896 in una famiglia di origini cadorine, di Suppiane (Venas), da Bernardo Antonio e da Maria Kuk.
Arruolatosi volontario alpino il 6 giugno 1915, ebbe presto modo di distinguersi nelle vicende belliche sulle Dolomiti del Cadore. Catturato nel settembre 1917, fu protagonista di un’ardita evasione dal campo di Nagymegyer (Ungheria) nel giugno 1918, a seguito della quale fu nuovamente fatto prigioniero e inviato in un campo di punizione nella fortezza ungherese di Komárom. Per i meriti dimostrati, ottenne vari riconoscimenti, tra cui la croce al merito di guerra, la medaglia dei volontari di guerra e quella d’argento al valor militare.
Iscritto alla facoltà di medicina e chirurgia dell’Ateneo torinese ed entrato a far parte dell’Istituto di anatomia diretto da Giuseppe Levi, nel 1921 conseguì la laurea con lode, discutendo una tesi di anatomia umana. Nominato assistente presso lo stesso istituto, ruolo in cui rimase fino al 1925, divenne quindi aiuto di anatomia umana, coadiuvando Levi nelle esercitazioni di anatomia microscopica e istologia tra il 1921 e il 1932. Nel biennio 1926-27 fu professore incaricato di biologia generale per gli studenti di medicina e chirurgia, veterinaria e scienze naturali.
Nel corso degli anni Venti, ebbe occasione di frequentare svariati laboratori e istituti di ricerca stranieri: nel 1924 acquisì tecniche di microscopia a Jena nel laboratorio Zeiss diretto da Heinrich Siedentopf; sotto la guida dell’istologo di origine ungherese Tibor Péterfi, si specializzò nella ricerca citologica e nella microdissezione; a Copenhagen, con Albert Fischer, apprese tecniche di coltivazione dei tessuti. Trascorse quindi un lungo soggiorno negli Stati Uniti, dove fu collaboratore del premio Nobel Alexis Carrel, diventando nel biennio 1928-29 assistente del Rockefeller Institute for medical research di New York.
Nel 1932 fu chiamato come professore ordinario alla cattedra di istologia ed embriologia generale presso l’Università di Bologna, e nel 1939, in seguito al trasferimento a Milano di Angelo Cesare Bruni, passò alla cattedra di anatomia umana e normale e alla direzione dell’Istituto anatomico, che tenne fino al 1961.
L’attività scientifica nel corso dell’insegnamento gli procurò rilevanza internazionale per gli studi in ambito anatomico ed embriogenetico. Ebbe come allievo Carlo Rizzoli, che assunse poi la direzione dell’Istituto di istologia, mantenendola fino al 1999. Al nome di questo istituto è legato il notevole rilievo scientifico acquisito in campo biomedico. Nel corso dei decenni, infatti, l’impostazione di ricerca avviata da Olivo avrebbe messo capo a una concezione ‘dinamica’ delle realtà morfologiche, che si concretizzò nell’impiego della tecnica delle colture in vitro ai fini dello studio del differenziamento e dello sviluppo.
A Bologna Olivo rimase fino alla fine della carriera accademica, a coronamento della quale fu nominato professore emerito.
Ne va menzionato anche l’impegno sociale e civile. Fu presidente della Commissione per le epurazioni istituita dall’Università di Bologna. Consigliere comunale di Bologna, tra le file del Partito comunista, nel venticinquennio tra il 1951 e il 1976, ricoprì anche l’ufficio di assessore all’Igiene nel biennio 1969-71.
Tra i riconoscimenti e i premi da lui conseguiti si annoverano quello nazionale generale dell’Accademia dei Lincei nel 1949 (di cui fu socio dal 1960), quello dell’Accademia delle scienze dell’Istituto di Bologna e L’archiginnasio d’oro, conferitogli dalla città nel 1976, che attesta il valore della sua strenua attività di ricercatore e docente, non disgiunta dall’impegno civile.
Neppure va tralasciato di ricordare la sua ardimentosa attività alpinistica. Scalatore per lo più solitario e instancabile, a lui si deve l’apertura di alcune vie sulle Dolomiti delle sue origini, in particolare sull’Antelao (Punta Fanton per la cresta Nordest, 1923, e la direttissima dal ghiacciaio inferiore, 1925) e sulle Marmarole (Cresta degli invalidi, 1924).
Morì a Bologna l’11 novembre 1981.
È sepolto a Cortina d’Ampezzo insieme con la moglie Eletta Porta, da cui ebbe tre figli, Franco, caduto nel 1963 sulla via Miriam della Torre Grande, Paola e Chiara.
Sotto la guida di Levi, Olivo si dedicò allo studio dell’antagonismo tra proliferazione e differenziazione cellulare, tema che si inquadrava nell’ambito delle ricerche sul rapporto tra accrescimento e senescenza, di interesse costante per entrambi gli scienziati. In particolare, negli anni Venti condusse ricerche di citologia descrittiva e sperimentale, occupandosi degli effetti, tossici o di alterazione, sui tessuti (muscolari, nervosi ecc.) da parte di soluzioni elettrolitiche in diverse concentrazioni; di morfologia (su tessuti coltivati in vitro, ritenuto un ottimo mezzo di ricerca, specialmente su elementi miocardici); embriologiche (sui rapporti tra tessuti e funzioni, specialmente durante l’ontogenesi dell’abbozzo cardiaco in embrioni di pollo, per dimostrarne la precoce attività funzionale contrattile); istogenetiche (sull’accrescimento delle cellule e delle fibre nervose, che precede temporalmente quello dell’intero organismo, e sulla possibilità di ottenere in vitro la differenziazione di elementi ancora indifferenziati); sulla crescita delle cellule piramidali della corteccia umana; sui fenomeni di generazione e degenerazione negli organi sensitivi. Fu particolarmente abile nella microdissezione e compì esperimenti volti ad accertare l’esito di stimolazioni meccaniche sullo stato fisico-chimico del protoplasma, giungendo a ricostruire il citoplasma in frammenti cellulari contenenti solo il nucleo. Gli studi embriogenetici a indirizzo morfofunzionale proseguirono a Bologna nella prestigiosa scuola anatomica da lui fondata e diretta fino al 1966. Si trattava di indagini sugli stadi e sui meccanismi di sviluppo di svariati organi di diverse specie animali, sui rapporti fra forma e funzione nelle ossa, sull’insorgenza e sulle modificazioni, sotto diverse condizioni sperimentali, dell’attività elettrica cardiaca embrionale e di frammenti di questo organo coltivati in vitro.
L’interesse di Olivo per la nascente genetica si evince fin dalle lezioni rivolte agli studenti di veterinaria e di scienze biologiche presso l’Ateneo torinese, nelle quali presentava i concetti della teoria mendeliana, articolati intorno al binomio ‘variabilità-continuità’, nel contesto delle recenti scoperte citologiche con applicazione del metodo statistico. Circa l’applicazione dell’eugenetica all’uomo, Olivo si domandava come ridurre, se non eliminare, l’eredità patologica ai fini del miglioramento dei caratteri morfofisiologici, oltre che intellettuali, in considerazione del fatto che, a suo avviso, in genere i criminali e i tarati psichici «per le doti implicite di irresponsabilità e minor prudenza» (L’Eredità, 1932, p. 94) si riproducono più facilmente degli uomini migliori. La sua analisi si concludeva però negativamente, una volta ammessa l’impraticabilità, per ragioni etiche e sociali, della selezione artificiale sugli uomini e dell’eugenetica positiva, peraltro inefficace a fini predittivi.
Opere: Le indicazioni bibliografiche relative alla sua produzione scientifica anteriore al 1932 sono contenute in: Olivo, Oliviero Mario, Curriculum vitae e pubblicazioni scientifiche, Torino 1932. Del periodo torinese fanno parte: L’eredità: nozioni elementari, ibid. 1932, nonché le Lezioni di biologia generale: anno accademico 1932-33, raccolte e pubblicate da E. Porta, ibid. 1933. Tra le opere del periodo bolognese sono da citare: Struttura e attività biologiche delle cellule coltivate in vitro, Varese 1933; La differenziazione istologica in rapporto ai fenomeni della senescenza, Udine 1934; Attività didattica e scientifica dell’Istituto di istologia e fisiologia generale della R. Università di Bologna, quinquennio 1935-40, Bologna 1942; Lezioni di embriologia generale, ibid. 1943, II ed., 1946; con G. Toni, Atlante di anatomia microscopica, Milano 1953; Embriologia generale, Bologna 1965. Di Olivo va altresì ricordata l’importante attività di traduttore di opere scientifiche, tra le quali Embriologia e genetica di Morgan Thomas Hunt (Torino 1938), nonché Il tempo e la vita di Pierre Lecomte du Noüy (ibid. 1939).
Fonti e Bibl.: Bologna, Archio storico dell’ Università, Cenno biografico 1980-84 (ad nomen).