Oltre Facebook
Il 2011 dovrebbe essere l’anno della quotazione in borsa di Facebook e, più in generale, della generazione di social media digitali, cioè i media su Internet che coinvolgono socialmente la loro audience, in cui il media e l’audience coincidono, nata intorno al 2004. Quell’anno, Silicon Valley era in crisi perché creare innovazione lì costava troppo. Costavano troppo gli uffici, gli ingegneri, le tasse e i servizi pubblici. Costava troppo anche la consuetudine di investire 10-15 milioni per provare che un’idea fosse buona. La soluzione proposta era quella di lasciare Silicon Valley e trasferirsi in Colorado, in Nevada, addirittura in Cina, luoghi dove l’amministrazione pubblica era pronta a garantire ciò che la California continuava a negare: l’esenzione fiscale.
Mentre si discutevano le alternative, il futuro di Silicon Valley prendeva silenziosamente forma grazie alla diffusione della connessione veloce: la possibilità di viaggiare attraverso la rete senza tempi di attesa e scaricare documenti, e poi canzoni, foto e inevitabilmente film e programmi televisivi, software per le telefonate, e così via. Nella primavera del 2004 il mondo fece conoscenza con la seconda generazione di Silicon Valley: il Web 2.0, con il qualesi intendeva definire una nuova tipologia di start-up tecnologiche che differivano da quelle del decennio precedente perché costavano poco. Il software che sviluppavano era non proprietario, il contenuto era prodotto dagli utenti, il marketing era ‘virale’, un’ottima espressione per non dire gratis. Lanciare una start-up non richiedeva più ingenti investimenti e i venture capitalists non dovevano rischiare l’osso del collo: erano nati i digital social network.
Craigslist era il capofila di una generazione di start-up in cui la conversazione era il messaggio, in cui la gente si ritrovava per scambiarsi opinioni, contenuti, indirizzi. Internet non è più uno strumento che noi utilizziamo ma un ecosistema a cui apparteniamo. L’audience diventa attiva, parte integrante di Internet.
La missione delle nuove start-up è creare relazioni, connessioni tra un sito e l’altro, tra un documento e l’altro, tra un utilizzatore e l’altro, tra un messaggio e l’altro, tra un format (per esempio, lo scritto) e l’altro (per esempio, il suono), tra una applicazione (per esempio, Yahoo Photos) e l’altra (per esempio, MSN Photos), tra un percorso e l’altro, tra la ricerca compiuta oggi e quella compiuta ieri, tra la mia ricerca e la tua. Ancora più importante, ciò che stavano cercando di creare erano connessioni in grado di cambiare in base all’esperienza maturata. Questo è il momento in cui Facebook, una start-up nata a Boston grazie a due investimenti, uno di 1250 dollari e un altro di 10.000 dollari, è velocemente rilocata in Silicon Valley, dove risiedono quasi tutti i giganti tecnologici: Google, Apple, Yahoo. Mark Zuckerberg, il fondatore e leader della società, prende in affitto 5000 m2 di uffici in University Avenue, la centralissima arteria che taglia Palo Alto in due. Sede di bar e ristoranti, il quartiere diviene presto l’incubatore della storia più celebre dopo quella di Google. Nel 2010 Facebook lascia la sua sede in University Avenue e si sposta di un paio di chilometri, andando a occupare uno spazio dieci volte più grande.
Il 2011 dovrebbe essere quindi l’anno della celebrazione della generazione del 2004, e dunque
di Facebook. Ma non è così.
Perché il rapporto tra mercato finanziario ed economia reale è contro-intuitivo. Quando il primo celebra la liturgia della quotazione, la seconda è già passata oltre.
È come se ci fosse un passaggio di testimone, l’economia reale ‘scarica’ al mercato finanziario la responsabilità di far ricchi investitori e imprenditori e passa oltre, pronta a costruire un’altra generazione di start-up, quella che presumibilmente il mondo verrà a conoscere tra un lustro.
Ecco perché la quotazione di Facebook è, almeno dal punto di vista di Silicon Valley, l’addio a Facebook.
Il sito più visitato (dopo Google)
Fondata a Boston nel febbraio del 2004, Facebook ha oggi sede a Palo Alto, in California. Nata come semplice social network, come luogo virtuale dove ritrovare compagni di scuola o amici, ha poi subito delle sostanziali mutazioni, offrendo ai propri iscritti maggiori funzioni e applicazioni, moltiplicando così le possibilità di interazione tra i vari utenti. Attualmente, dopo Google, è il sito più visitato sulla rete e la sua penetrazione nel mercato ha subito una crescita esponenziale negli ultimi anni: a giugno 2011 Google, sentendo minacciata la propria posizione, ha lanciato sulla rete il suo nuovo social network, Google+ (Google Plus), raccogliendo, seppure tardivamente, la sfida di Facebook e degli altri social network presenti sulla rete.
Reti specializzate
di Gino Roncaglia
Ai social network sono attribuite due funzioni principali: la gestione di relazioni sociali attraverso la costruzione di reti di ‘contatti’ o ‘amici’, e la condivisione di contenuti informativi. Quest’ultima avviene spesso all’interno della propria rete di contatti, e in un contesto che consenta la discussione e l’ulteriore propagazione dei contenuti condivisi. Inizialmente, social network diversi tendevano a privilegiare soprattutto il primo (MySpace, LinkedIn) o soprattutto il secondo aspetto (Flickr, YouTube). Ma prima l’evoluzione di MySpace, poi la rapida affermazione di Facebook hanno portato a comprendere che le due funzionalità possono utilmente integrarsi: la costruzione e gestione di reti di relazioni interpersonali avviene attraverso la condivisione e discussione di contenuti informativi. Da questo punto di vista, Facebook è il network generalista per eccellenza: i contenuti condivisi sono i più diversi (video, immagini, musica, testi, commenti, segnalazioni ecc.), possono riguardare qualunque ambito, possono essere più o meno fortemente connotati dal punto di vista emotivo. L’affermazione travolgente di un social network di questo tipo, nel quale peraltro non esistono al momento strumenti efficaci di ‘tipizzazione’ (marcatura semantica) dei contatti o dei contenuti, lascia però spazio per strumenti più specializzati, legati ad ambiti specifici o a particolari tipologie o modalità di gestione dell’informazione.
Fra i moltissimi esempi, significativi sono i casi di social network legati a sfere di interesse come la lettura (Anobii, Goodreads, LibraryThing ecc.: si parla in questi casi di network di social reading) o la musica (Pandora, Last.fm, ecc.), e quelli legati a comunità professionali (a cominciare da quella accademica e di ricerca, con esempi quali academia.edu). Gli stessi network legati alla condivisione di particolari tipologie di contenuti, come i già ricordati Flickr o YouTube (ma anche, ad esempio, SlideShare per la condivisione di slide e presentazioni, Delicious per la condivisione di bookmark, o i siti per il ‘social publishing’ di documenti, quali Scribd o Issuu), possono oggi essere considerati come social network specializzati o tematici.
Un cenno merita la possibilità di associare funzionalità di social network a siti web ‘tradizionali’ attorno ai quali si raccolga una comunità sufficientemente vasta di utenti: è quanto accade sempre più spesso nel caso dei grandi broadcaster pubblici e privati o dei principali siti informativi.
Il film: The Social Network
Mark Zuckerberg, il ragazzo che sarebbe diventato il più giovane miliardario della storia creando il social network più usato al mondo, nel 2004 era uno studente di Harvard brillante ma con poche doti sociali. Lasciato dalla ragazza, snobbato dai club più elitari e con un complesso d’inferiorità malcelato nei riguardi degli atleti, crea in una notte un software che preleva tutte le foto delle studentesse messe on-line dalle università e le rende disponibili a tutti in rete; lo scopo è votare le più belle. L’applicazione fa il giro dei computer di tutta l’area e Zuckerberg viene multato per aver violato i sistemi di sicurezza. A quel punto però il suo nome è sulla bocca di tutti. Da quel momento la battaglia legale per vedere riconosciuta la paternità di quella che dopo soli pochi mesi era già evidentemente una macchina da soldi non ha tregua. David Fincher, nel raccontare la vicenda sul grande schermo, ha intrecciato dibattimenti, patteggiamenti e fatti reali mostrati in flashback. L’idea è che Mark Zuckerberg, l’uomo che ha dato alla parola ‘amico’ un altro significato, più allargato e lieve, alla fine della sua ascesa economica e sociale si ritrova solo. The Social Network (2010) è il primo film a riportare senza clamore o sottolineature arroganti un dato di fatto della modernità, ovvero che la vita in rete (ciò che si fa, si legge e che accade on-line) per una certa fetta dell’umanità ha la medesima importanza della vita reale. Senza voler criticare quel mondo, Fincher guarda con moltissima empatia il suo protagonista, non gli risparmia stoccate ma sembra concedergli il massimo della benevolenza e della comprensione, anche nei momenti più duri.
Riconoscimenti
Oscar
Premi 3 (migliore sceneggiatura non originale, colonna sonora originale, montaggio)
Nomination 8
Nastri d’Argento
Nomination 1
Golden Globes
Premi 5
Nomination 2
David di Donatello
Premi 0
Nomination 1