‛OMĀN (A. T., 91)
Vasta regione e sultanato dell'Arabia, la cui estensione viene intesa in varî modi. Nel suo senso storico-geografico più lato è tutta la parte sud-orientale dell'Arabia, che si protende verso il golfo di ‛Omān fra l'Oceano Indiano e il Golfo Persico e che a occidente viene limitata da una linea che congiunga l'estremità sud del Golfo Persico con il confine orientale delle regioni di Mahrah e Ẓafār (o Ḍufār), ossia con il Rās Nūs sull'Oceano Indiano, girando lungo il lembo orientale del grande deserto ar-Rub‛ al-Khālī. In senso più ristretto è la zona costiera, con le catene montuose interne, dal Rās al-Ḥadd (estrema punta orientale dell'Arabia) al Rās Musandam (all'inizio del Golfo Persico). In senso più ristretto ancora, verosimilmente primitivo, l'‛Omān proprio è soltanto una delle nove provincie del sultanato, ossia quella che dal centro del versante occidentale del Gebel al-Akhḍar si spinge fino al grande deserto e ha per capoluogo Nazwà o Nizwà. Infine, in quanto sultanato, l'‛Omān comprende qualcosa in più e parecchio in meno dell'‛Omān nel suo senso più lato: comprende in più tutto il territorio di Ẓafār (o Ḍufār) a cominciare da poco a occidente del villaggio di Qadifōt o Kharīfōt (a ovest del Rās Fartak); ma invece ha in meno tutta la lunga zona costiera del Golfo Persico che si chiama Costa dei Pirati (in inglese Trucial ‛Omān, in moderna terminologia araba ‛Omān al-MutaŞāliḥ) a partire da poco a nord del Rās al-Khaimah e procedendo verso occidente, e inoltre ha in meno una striscia di terra che dal Rās al-Khaimah va verso est fino ad abbracciare 80 km. di costa del Golfo di ‛Omān fra Dabā o Dibā inclusa e il Khōr Kalbah incluso, per modo che la provincia più settentrionale del sultanato, Ru'ūs al-Gibāl, rimane staccata dal rimanente dello stato a causa della striscia suddetta che appartiene al sultanato di ash-Shāriqah (dialettalmente ash-Shārgah) della Costa dei Pirati. Le isole dell'Oceano Indiano prospicienti il litorale del sultanato appartengono a quest'ultimo, eccettuato tuttavia il gruppo delle Curia-Muria (Khūryān-Mūryān, da circa un secolo in arabo Giazā'ir Ibn Khalfān), ceduto nel 1854 all'Inghilterra. È poi possedimento del sultanato la zona di Gwādar, situata sulla costa del Belūcistān, con 775 kmq. di superficie e 5000 abitanti.
Lo sviluppo delle coste è calcolato a 1450 km. Esse presentano condizioni differentissime: il tratto fra Rās Musandam e Mascate (Masqaṭ) chiamato al-Bāṭinah, lungo circa 300 km. e largo una cinquantina, è il migliore di tutto l'‛Omān. Dopo Mascate la costa si fa arida; da principio montuosa, diventa nelle vicinanze di Rās al-Ḥadd piatta e quasi assolutamente deserta e con questi caratteri si prolunga sino ai confini sud-occidentali, a eccezione della sezione dello Ẓafār (Ḍufār), che forma un distretto fertile, con numerosi villaggi.
Dal punto di vista morfologico l'‛Omān è una terra essenzialmente alta, che ci riporta alla struttura dello Yemen. Le montagne sono in gran parte composte da masse imponenti di calcari nerastri di varia età, ricoprenti affioramenti arcaici ed enormi ammassi di serpentine. Appartengono al Giurassico e al Cretacico inferiore i calcari formanti l'ossatura della penisola di ‛Omān, terminante con il Rās Musandam, localmente chiamata Ru'ūs al-Gibāl; masse imponenti di calcari formano il Gebel al-Akhḍar, innalzantesi a circa 3000 m. da una cintura di boschi e di pascoli, dai quali prende il nome (montagna verde). Sulle pendici montane si distendono le colture terrazzate, rese proficue dall'irrigazione, mentre ai piedi occidentali, ai margini del gran deserto, si allinea una serie di oasi.
Climaticamente le coste dell'‛Omān si presentano aride e caldissime: a Mascate la temperatura media annua è di circa 27°,7, con massimi assoluti che raggiungono i 46°,6; le piogge sono scarsissime, pari a 100 mm. annui, distribuiti in prevalenza da novembre ad aprile. Le condizioni termiche eccessive obbligano parte della popolazione ad abbandonare durante i mesi estivi la città per altri luoghi dell'interno. Lo stesso sultano risiede in estate per lo più a Sīb.
Le condizioni climatiche si fanno migliori nella zona montuosa interna. Con tutto ciò mancano nell'‛Omān corsi d'acqua perenni; numerose invece nella zona montuosa le sorgenti, talvolta anche abbondanti, che le popolazioni si industriano di raccogliere e canalizzare per gli usi domestici e per irrigare le coltivazioni, che sono, in genere, di palme da datteri.
La popolazione del sultanato, che si può calcolare intorno alle 500.000 persone, è costituita principalmente da Arabi; ma non manca l'elemento negro, soprattutto lungo le coste. Le città principali si hanno nella sezione che guarda il Golfo di ‛Omān. Capitale è Mascate (Masqaṭ), che sorge su un territorio assolutamente arido, il cui porto non è abbastanza grande ma sufficientemente comodo e ben riparato da tutti i venti, salvo da quelli di NNO. e NE. Con la vicina città di al-Maṭrah, che per essere il punto cui fanno capo le strade carovaniere dell'interno ha un bazar più fornito di quello della capitale, essa coma attualmente 12.500 ab. (4300 e 8200 rispettivamente). La popolazione di Mascate è composta in parte notevole da elementi etnici provenienti dalle circostanti contrade e viventi gli uni accanto agli altri senza fondersi (Indiani, Negri, Persiani, ecc.). Gli Arabi formano una distinta ma piccola minoranza. A mezzogiorno di Mascate la città più importante è Ṣūr (in realtà gruppo di villaggi sorti allo sbocco del wādī Fulaiǵ, guardati da due forti), il cui porto è frequentato dai numerosi velieri che hanno relazioni con le coste dell'Africa orientale, con Zanzibar, con il Madagascar, le Indie e le coste del Golfo Persico. Lungo la zona pianeggiante della al-Bāṭinah, la regione più importante del sultanato, abbiamo numerosi centri con bazar discretamente frequentati: Barkah, Khabūrah, che offre un discreto traffico con al-Baḥrein e con i centri dello Shaṭṭ al-‛Arab; più a nord Ṣoḥār, centro murato con un'alta torre (m. 33,5) e una popolazione di 7.500 ab. nel 1927; Shināṣ, piccola cittadina dominata da un fortilizio. Più nell'interno nella zona montuosa Samā'il, composto da una dozzina di villaggi murati, con i loro palmeti, dai quali emergono le torri di guardia, e che si allungano per 17 km.
La popolazione dell'‛Omān può essere divisa, secondo il genere di vita, in nomade, seminomade e sedentaria. Quest'ultima, che è anche la più numerosa, vive in genere nelle città e nei villaggi sorgenti lungo i letti dei fiumi; ciò che permette di trovare quasi sempre acqua sufficiente, scavando più o meno profondamente. L'economia del sultanato poggia essenzialmente sull'agricoltura e l'allevamento; la prima attività si può sviluppare soltanto in grazia dell'irrigazione. Questa è sviluppata nelle zone montuose, dove le sorgenti dànno acqua abbondante, raccolta in canali conduttori sotterranei, provvisti, di tratto in tratto, di pozzi di estrazione e di aerazione, profondi dai 10 ai 15 metri. L'insieme di questi acquedotti costituisce quello che gli indigeni chiamano il feleǵ, che è di proprietà collettiva. Nell'al-Bāṭinah invece l'irrigazione si effettua per mezzo di pozzi (sing. ṭawī), che sfruttano la falda freatica sottostante: ogni ṭawī, con la piantagione che annacqua, costituisce una proprietà indipendente e distinta.
La pianta principale dell'‛Omān è la palma da dattero, che trova ottimo ambiente in tutta la regione, e il cui frutto costituisce ancora oggi il principale articolo di esportazione: più redditizia è la palma delle zone montuose; la qualità più pregiata per la sua conservazione è il dattero fard, il cui imballaggio impiega una numerosa maestranza soprattutto a Mascate. Oltre il dattero, si hanno larghe produzioni di frutta (melagrane, cedri, manghi, banane, susine, fichi, limoni, ecc.). Il cedro e il limone crescono soprattutto nel Gebel al-Akhḍar, dove si incontra anche la vite. In fatto di cereali l'‛Omān produce, ma in piccola quantità, grano, orzo, mais. L'allevamento riguarda soprattutto ovini e caprini; numerosi anche i cammelli e gli asini. Importanza ha la pesca, il cui prodotto non soltanto basta al consumo locale, ma dà luogo (seccato, salato) a una certa esportazione.
Le industrie sono quasi assenti, quando si eccettuino le piccole industrie locali (tessitura del cotone, della seta, della lana ecc.; conceria; lavorazione dei metalli; oreficeria ecc.). Di notevole interesse è la costruzione, con legname proveniente dalle Indie e dalla costa dei Somali, di velieri per uso peschereccio. Il commercio del sultanato si fa principalmente con l'India: mancano nel paese ferrovie. Numerose sono le strade mulattiere. Esiste soltanto una rotabile tra Mascate e la costa di al-Bāṭinah. La capitale è collegata con servizio automobilistico con Sīb. Le comunicazioni marittime internazionali sono assicurate da alcune società, fra cui la British India Steam Navigation Company. Mascate è congiunta mediante cavo sottomarino con Giāsk (Persia).
La lingua della popolazione indigena è l'araba (con i dialetti ‛omānī, shiḥhī, ẓafārī e forse altri), fatta eccezione per quella parte degli Shiḥūḥ che abita Kumzār e l'isola di Lārak (entrambe presso il Rās Musandam), la quale parla un dialetto persiano. La religione è la musulmana, ma, presso la grandissima maggioranza della popolazione e presso i governanti, secondo l'eresia ibāḍita (v.); sono sunniti (ortodossi) secondo la scuola shafi‛ita gli abitanti della costa di Ẓafār ed i più degli Shiḥūh; vi sono tribù sunnite secondo la scuola ḥanbalita; infine appartengono all'eresia sciita imāmita o duodecimana alcuni abitanti di Maṭrạ e di Ṣoḥār, discendenti da Persiani e Belūcī. Il diritto musulmano è applicato nella sua integrità, salvo la mitigazione del diritto penale nelle città costiere (non nell'interno) e salvo qualche infiltrazione di consuetudini locali.
Dopo la rivolta del 1913, avvenuta in nome dello stretto rigorismo ibāḍita che riprovava il principio dinastico, le transazioni con gli Inglesi e l'attenuamento delle pene prescritte dal Corano, il teorico sultanato dell'‛Omān si è scisso in due stati, dei quali soltanto il primo è riconosciuto dalle potenze straniere: 1. il sultanato di ‛Omān o Mascate, al quale appartengono tutte le coste ed il territorio Ru'ūs al-Gibāl e che è vincolato da rapporti di quasi dipendenza col governo indiano; 2. l'imāmato dell'‛Omān , con capitale Nazwà, al quale appartengono tutte le regioni interne, cominciando già con Samā'il. Piccoli tratti di territorio, p. es. al-Bireimī ed al-Makhāḍah confinanti al nord con i sultanati della Costa dei Pirati, sono indipendenti e retti da shaikh locali. Nel sultanato il potere è ereditario nel seno della dinastia degli Āl Sa‛ĭd od Āl Bū Sa‛ĭd; nell'imāmato il sovrano (imām) è eletto dagli ‛úlamā' (dottori di scienze religiose) in unione con il capo della fazione hināwī e con quello della fazione ghāfirī. I poteri del sovrano sono assai limitati dall'obbligo di osservare il diritto canonico musulmano, dal temperamento degli Arabi, dallo spirito fortissimo di tribù, dall'esistenza, infine, delle due fazioni politico-etniche sopra ricordate. Di queste i Hināwī presumono d'essere, nella grandissima maggioranza, d'origine yemenita o qaḥṭānide e di rappresentare lo strato arabo più antico, laddove i Ghāfirī credono di appartenere in massima parte all'altro grande ceppo arabo dei nizāridi od ‛adnānidi, presunto discendente da Ismaele figlio di Abramo (v. arabi, III, p. 824 c).
Storia. - L'isolamento in cui l'‛Omān si trova rispetto al resto della penisola araba, mentre le sue relazioni per via marittima con la costa orientale del Golfo Persico, col Panjab e col Gugerat in India e con l'Africa orientale sono facili e frequenti, ha dato alla sua storia un carattere particolare. A prescindere dalle scarse notizie che se ne hanno per l'età preislamica (alcune località della costa furono già note ai geografi greci dell'età ellenistica e sono indicate da Tolomeo, peraltro con gravi errori rispetto alla longitudine, spinta esageratamente verso oriente), è da notarsi che la penetrazione dell'Islām nell'‛Omān fu più tarda e difficile che altrove, e che in esso trovarono asilo e possibilità di sviluppo forti gruppi di Kharigiti ibāḍiti (v.), i quali al principio del califfato ‛abbāside (c. 750 d. C.) vi si stabilirono fortemente, resistendo a varie spedizioni inviate contro loro dai califfi, e mantennero la loro tradizione dottrinale fino ai nostri giorni. Più grave pericolo venne agli imām (v., cioè sovrani) dell'‛Omān dai Carmati (v.) sciiti, padroni, durante il sec. IX, dell'arcipelago di al-Baḥrein. Assai per tempo gli imām dell'‛Omān (il cui potere effettivo era peraltro fortemente limitato dai capi delle tribù e delle località dell'interno, sì da costituire una specie di stato feudale) cercarono di conquistare la costa persiana del Golfo Persico e di estendere la loro autorità sull'Africa orientale, dove stabilirono colonie e dove, più tardi (circa 1698), fondarono il sultanato dello Zanzibar. Ma un grave colpo alla loro potenza fu dato dall'insediamento dei Portoghesi di Albuquerque, nel 1508, nei principali porti dell'‛Omān (Masqaṭ, Ṣoḥār, Ṣūr, Qaryāt). La dinastia dei Banū Ya‛rub, fondata nel 1034 eg., 1624 d. C. da Nāṣir ibn Murshid, riuscì nel corso del sec. XVII a togliere ai Portoghesi i loro possessi e le isole al-Baḥrein ai Persiani, ma, minacciata dalla riscossa di questi, fu sostituita nel 1154 eg., 1741 d. C. da quella degli Abū Sa‛īd (Āl Bū Sa‛īd), tuttora regnante, il cui fondatore al titolo di imām sostituì quello più modesto di sayyid (signore) e di sultano, poiché, dal punto di vista delle rigorose esigenze ibāḍite, né egli né i suoi successori avevano i requisiti necessarî per essere considerati imām. I nuovi sovrani, sotto i quali fu assicurato il dominio dello Zanzibar, assegnato in seguito (1857) a un ramo collaterale, in qualità di stato vassallo, e passato poi (1873) sotto una specie di protettorato inglese, seppero mantenere l'indipendenza dello stato, e si stabilirono a Bender ‛Abbās sulla costa persiana. Ma l'indipendenza dello stato fu gravemente compromessa al principio del sec. XIX dall'invasione dei Wahhābiti, che sottomise i sultani dell'‛Omān a un vassallaggio dal quale non si liberarono che alla metà del secolo. A ciò fu dovuto in gran parte il buon accoglimento fatto agli Inglesi, per i quali era di grande importanza chè nell'‛Omān non si stabilisse una potenza troppo forte, sì da minacciare le comunicazioni con l'India. L'influenza britannica si affermò mediante ripetuti trattati, che si trasformarono poi in un semiprotettorato (questo non impedì tuttavia la perdita di Bender ‛Abbās, nel 1856). Con la perdita di ogni effettiva autorità sullo Zanzibar l'importanza del sultanato di ‛Omān diminuì grandemente, ed esso venne a passare sotto l'effettiva egemonia inglese; infatti dal 1891 il sultano è legato da patti con il governo dell'India e da questo riceve un forte sussidio. Gl'impegni più importanti sono di non alienare alcuna parte del territorio ad altri che al governo britannico, di dirigere la sua politica in modo conforme a quella britannica e di non accettare alcun aiuto, pecuniario od altro, da potenze straniere. Ad ogni modo l'autorità effettiva del sultano è limitata alla capitale ed alla costa: ché sin dal 1913 una rivolta suscitata dal dotto ibāḍita ‛Abd Allāh ibn Ḥumaid as-Sālimī ha prodotto la scissione dell'‛Omān in due stati, uno costiero (sultanato) e l'altro interno (imāmato), dei quali si è fatto parola più sopra.
Bibl.: Oltre alla trattazione, sempre fondamentale, nel I vol. dell'Arabien di C. Ritter, Berlino 1846, v. S. B. Miles, Journal of an Excursion in Oman, in S. E. Arabia, in The Geographical Journal, maggio 1896; U. Omar, Il sultanato di Oman, Ministero degli affari esteri. Monografie e rapporti coloniali, n. 10, Roma, aprile 1912; P. Cox, Some Excursions in Oman, in The Geographical Journal, settembre 1925; G. I. Eccles, The Sultanate of Mascat and Oman, in Journ. of Central Asian Soc., 1927; G. M. Lees, The Physical Geography of South Eastern Arabia, in The Geographical Journal, maggio 1928; G. P. Badger, History of the Imams and Sayyids of ‛Omân, Londra 1871; C. Huart, Histoire des Arabes, Parigi 1913, II, pp. 257-282; R. Said-Ruete, Said bin Sultan (1791-1856), ruler of Oman and Zanzibar, Londra 1925 (cfr. id., in Journal of the Central Asian Society, XVI, 1929, e XVIII, 1931); E. de Zambaur, Manuel de Généalogie et de Chronologie mus., Hannover 1926, pp. 125-129. - Per le tribù del paese: A Handbook of Arabia, Londra 1916, pp. 237-283, 546-602 (dell'ammiragliato inglese).