SIVORI, Omar Enrique
Omar Sivori è stato un Maradona ante litteram. Cresciuto alla scuola del River Plate, si afferma nella nazionale argentina con Humberto Maschio e Antonio Valentín Angelillo, formando un trio che passerà alla storia come gli 'angeli dalla faccia sporca'. Renato Cesarini lo segnala alla Juventus, Umberto Agnelli lo ingaggia nel 1957, pagandolo 160 milioni. Segni distintivi: un sinistro da artista, il tunnel (la palla fatta passare fra le gambe degli avversari), una foresta di capelli (da cui il soprannome di el cabezón, "il testone"), i calzettoni arrotolati alle caviglie. Numero 10 imprevedibile ed estroso, diventa il pupillo degli Agnelli e contribuisce alla conquista di tre scudetti e tre Coppe Italia. In attacco con lui operano Giampiero Boniperti e John Charles: ne verrà fuori un trio non meno spettacolare degli 'angeli' sudamericani. Sivori però ha un pessimo carattere che lo porta a litigare con gli allenatori, con gli avversari e, soprattutto, con gli arbitri: in Italia accumula ben 33 giornate di squalifica. Come oriundo, prende parte alla sfortunata spedizione italiana ai Mondiali del 1962 in Cile. Nel 1965, rompe con Heriberto Herrera, il tecnico paraguayano che predica il movimiento e non sopporta le prime donne. La Juventus lo cede, così, al Napoli di Lauro. In coppia con José Altafini, Sivori diventa l'idolo dei tifosi partenopei. L'ultima partita della sua carriera coincide con una vittoria sulla Juventus e con l'ennesima espulsione. Sivori resta comunque nell'ambiente del calcio: allena l'Argentina alla vigilia dei Mondiali del 1974 e diventa poi commentatore in programmi televisivi e osservatore per conto della Juventus.