Omicidio o lesioni in caso di sinistro stradale
Secondo la struttura dei delitti contro la vita e l’incolumità individuale, di cui al capo I, titolo XII, libro secondo del codice penale, la violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale integra una circostanza aggravante, nell’ambito delle fattispecie di lesioni personali colpose (art. 590 c.p.) e di omicidio colposo (589 c.p.) Si tratta di fattispecie strutturate come reati di evento, ove le lesioni personali o la morte di una persona costituiscono la conseguenza lesiva, causalmente dipendente dalla condotta colposa. L’accertamento giudiziale richiede, pertanto, secondo l’orientamento giurisprudenziale che viene consolidandosi, oltre alla verifica del nesso di derivazione causale tra la condotta colposa e l’evento naturalistico, l’accertamento del nesso di rischio, che si ottiene parametrando l’accadimento in concreto verificatosi rispetto alla specifica finalità perseguita dalla norma cautelare violata. La presente riflessione, dedicata all’analisi di tali aspetti problematici, non manca di richiamare le ipotesi di riforma normativa, in tema di omicidio stradale, attualmente in discussione.
L’analisi delle fattispecie di omicidio o lesioni, in caso di sinistro stradale, impone di soffermarsi sul comune fondamento dell’imputazione colposa, che, tradizionalmente, si coglie nella obiettiva violazione di una norma di cautela (nel caso, dettata dalla disciplina in tema di circolazione stradale) e nella capacità del soggetto di osservare la predetta regola. In tale ambito ricostruttivo, la colpa trova fondamento in tre elementi: a) la mancanza di volontà rispetto al fatto tipico realizzato; b) l’obiettiva trasgressione di una norma cautelare, volta a prevenire la lesione di beni giuridicamente protetti; c) la attribuibilità di tale inosservanza al soggetto agente, intesa come momento di rimprovero da parte dell’ordinamento per il comportamento tenuto nella situazione data1.
Nell’ambito del delineato statuto del reato colposo, la giurisprudenza ha tradizionalmente valorizzato il dato relativo alla obiettiva contrarietà della condotta rispetto a norme di comportamento contenute nelle regole cautelari volte a prevenire il verificarsi di determinati eventi lesivi, a scapito dei restanti profili di natura soggettiva; e la richiamata interpretazione di natura meramente normativa della colpa, oltre ad essere risultata foriera di indebite sovrapposizioni fra l’ambito oggettivo della causalità e quello soggettivo della colpa, ha determinato una ricostruzione dell’istituto qualificata dalla “impersonalità della colpa”, secondo l’icastica definizione che si rinviene nella dottrina penalistica2.
Deve pure evidenziarsi che il rischio di spersonalizzazione dell’imputazione colposa, laddove si prescinda dall’esaminare il livello di diligenza esigibile da parte del soggetto agente, risulta di speciale rilevanza nell’ambito delle fattispecie causalmente orientate di cui si tratta, nelle quali il legislatore non descrive le modalità di realizzazione dell’evento e le norme precauzionali finiscono per delineare la stessa tipicità del fatto di reato, così da definire l’ambito di rilevanza penale della condotta, una volta che si sia verificato un determinato evento naturalistico. Detta evenienza amplia a dismisura il potere definitorio dell’interprete nella delimitazione delle fattispecie penali e pone problemi di compatibilità della stessa struttura del reato colposo, rispetto al principio costituzionale di tassatività.
In questa cornice, si colloca, e si spiega, il favore riservato dalla giurisprudenza più recente al principio della cd. causalità della colpa, secondo il criterio della reale utilità del “comportamento alternativo lecito” a scongiurare il verificarsi dell’evento lesivo. In tali termini, il giudizio di rimproverabilità attinge tendenzialmente solo quei comportamenti che sarebbero stati idonei a scongiurare il risultato antigiuridico.
Nel procedere all’esame delle fattispecie di omicidio o lesioni colpose, in caso di sinistro stradale, ci si sofferma sugli elementi strutturali, soggettivi ed oggettivi, dei reati di evento di cui si tratta; sui profili circostanziali, relativi all’inosservanza delle specifiche norme sulla disciplina della circolazione stradale, anche da parte di soggetto che versa in stato di ebbrezza alcolica o sotto l’effetto di sostanze stupefacenti o psicotrope; infine, sul relativo statuto sanzionatorio.
2.1 La prevedibilità dell’evento lesivo
La Corte regolatrice, esaminando il tema della ascrivibilità soggettiva della violazione della norma cautelare nell’ambito delle fattispecie colpose, ha chiarito che, in applicazione del principio di colpevolezza, occorre verificare – oltre alla materiale violazione, da parte del soggetto agente, della regola cautelare – anche la prevedibilità ed evitabilità dell’evento dannoso, che la regola cautelare mirava a prevenire, secondo il paradigma della cd. «concretizzazione» del rischio. La dichiarazione di responsabilità penale impone di verificare, cioè, non soltanto se la condotta abbia concorso a determinare l’evento e se la medesima condotta sia stata caratterizzata dalla violazione di una regola cautelare, sia essa generica o specifica, ma anche se l’agente potesse prevedere, con giudizio ex ante, non già lo specifico evento come in concreto verificatosi, in tutte le sue minute articolazioni causali, ma la classe di eventi in cui quello oggetto della contestazione si colloca ed attivarsi per evitarlo3. Con la precisazione che nell’indagine causale, da effettuarsi ex post, vengono in rilievo le basi nomologiche note al momento del giudizio, mentre nell’indagine sulla colpa, che si effettua ex ante, dovendosi valutare il comportamento posto in essere dall’agente, ai fini del giudizio di rimproverabilità personale, vengono in rilievo soltanto le basi nomologiche note all’agente nel momento di realizzazione della condotta.
In tale ambito ricostruttivo, occorre considerare che, nella materia di interesse, anche il principio di affidamento, in base al quale si esclude che costituisca condotta negligente l’aver riposto fiducia nel fatto che gli altri utenti della strada si attengano alle prescrizioni del legislatore, viene declinato in riferimento al giudizio di prevedibilità soggettiva del concreto risultato antigiuridico: il principio di affidamento trova un netto limite applicativo nel caso in cui l’altrui comportamento irresponsabile risulti prevedibile, con valutazione ex ante, posto che le norme sulla circolazione stradale impongono severi doveri di prudenza e diligenza, anche per fronteggiare tali situazioni di pericolo4.
Occorre peraltro rilevare che, nel settore della circolazione stradale, il tema relativo alla prevedibilità dell’evento ha avuto specifiche ricadute rispetto alla stessa qualificazione giuridica del reato di omicidio o lesioni, nell’ambito delle fattispecie ex artt. 575 e 582 c.p., qualificate da dolo eventuale, anziché in quelle ex artt. 589 e 590 c.p., se pure aggravate ai sensi dell’art. 61, n. 3, c.p., proprio a seconda del diverso profilo di rappresentazione dell’evento, riferibile al soggetto agente.Come noto, secondo l’opinione diffusa sino ad anni recenti, il dolo eventuale e la colpa con previsione hanno in comune l’elemento rappresentativo della previsione dell’evento; e si distinguono, invece, per l’elemento della volizione dell’evento, che deve essere presente nel dolo e assente nella colpa, in conformità al disposto dell’art. 43 c.p., ove è espressamente stabilito che, per quanto riguarda il dolo, l’evento deve essere “voluto”, mentre nel delitto colposo deve essere “non” voluto. La giurisprudenza ha sovente ripetuto lo stilema motivazionale secondo il quale il tratto distintivo tra dolo eventuale e la colpa cosciente – che avrebbero in comune l’elemento rappresentativo – è costituito dalla previsione dell’evento: mentre nel dolo eventuale l’agente opera “accettando il rischio” di cagionare un evento accessorio rispetto alla propria condotta, per cui l’evento stesso finisce con l’essere attratto nell’orbita della sua volontà, nel caso della colpa cosciente il soggetto esclude che l’evento astrattamente previsto si verificherà nella situazione concreta, confidando nella presenza di specifiche circostanze impeditive dell’evento, quali la propria abilità, la capacità di adottare contromisure, o altro.
Tale impostazione teorica sta alla base della scelta di contestare i reati di omicidio e lesioni volontarie, nei casi qualificati da un elevato grado di colpa specifica, ove la condotta risulti del tutto sconsiderata o gravemente imprudente, ovvero qualora il conducente versi in stato di ebbrezza o di intossicazione derivante dall’uso di sostanze stupefacenti; ciò in quanto, in dette ipotesi, sulla base della gravità della violazione della disciplina in materia di circolazione stradale, quale espressione di sostanziale disprezzo o di pregiudiziale indifferenza per i beni della vita e dell’incolumità individuale degli altri utenti della strada, si ritiene che l’agente abbia in realtà accettato il rischio di verificazione di eventi lesivi, come conseguenza della propria condotta.
La giurisprudenza di legittimità, pur nell’ambito del paradigma ricostruttivo dell’elemento psicologico, secondo il richiamato criterio della accettazione del rischio, ha peraltro ripetutamente escluso la configurabilità del dolo eventuale, nei casi in cui la sconsiderata condotta di guida dell’imputato, analizzata secondo le circostanze del caso concreto, non consentiva di affermare che l’agente si fosse realmente rappresentato l’eventualità di ledere l’altrui integrità fisica e che, non di meno, avesse proseguito nell’azione.
Diversamente, si è ritenuto configurabile l’omicidio volontario, sorretto da dolo eventuale, nei casi contrassegnati da una particolare finalizzazione della condotta posta in essere dall’automobilista ovvero caratterizzati da uno specifico contesto illecito. Si tratta dei casi in cui la morte della vittima viene cagionata dal conducente di un veicolo in un momento successivo al sinistro, a seguito di ulteriori manovre, poste in essere al fine di allontanarsi repentinamente dal luogo dell’incidente5, ovvero dei casi in cui gli eventi lesivi risultano realizzati in un contesto fattuale di pregressa illiceità, da parte di conducenti la cui spericolata condotta di guida è successiva alla perpetrazione di un diverso reato ovvero funzionale al tentativo di sfuggire alla cattura da parte delle forze dell’ordine6. Nell’alveo di tale orientamento si collocano le decisioni assunte dalla Corte regolatrice nel censire un caso di omicidio a seguito di sinistro stradale, realizzato dal conducente in fuga dalla polizia, sprovvisto di patente, alla guida di un veicolo rubato, che aveva impegnato l’ennesimo incrocio passando con il rosso7. Il caso in commento si segnala per l’applicazione della cd. “formula di Frank”, secondo la quale si è in presenza di dolo eventuale qualora si accerti che l’agente, prevedendo come sicuro il verificarsi dell’evento stesso, avrebbe agito ugualmente, mentre si ha la colpa con previsione qualora nella suddetta ipotesi l’agente si sarebbe astenuto dall’azione8.
I medesimi principi, conducenti alla qualificazione della fattispecie come omicidio volontario, se pure in riferimento all’applicazione di una misura cautelare, sono stati espressi dalla Corte regolatrice nel caso di un incidente mortale plurimo, provocato dal conducente di un “SUV”, che aveva percorso consapevolmente l’autostrada contromano, per diversi chilometri, a fortissima velocità, andando quindi ad impattare frontalmente contro un veicolo che percorreva nel giusto senso di marcia9.
Ciò posto, si osserva che la configurabilità di ipotesi dolose, nell’ambito dei reati contro la persona realizzati in violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale, sembra oggi destinata ad essere confinata in casi del tutto residuali, alla luce dei principi da ultimo affermati dalle S.U. della Suprema Corte nel delineare il confine tra dolo eventuale e colpa con previsione10: si tratta dei casi – espressamente richiamati nella motivazione dalla sentenza in commento, sebbene la vicenda all’esame involgesse un omicidio plurimo verificatosi in ambito antinfortunistico – nei quali il conducente si rappresenta gli effetti collaterali della propria condotta e, non di meno, sceglie di agire a costo di causare l’ulteriore offesa al bene giuridicamente protetto, così accettando la verificazione dell’evento illecito; in dette ipotesi la condotta di guida non solo esprime la volontà di correre rischi estremi, sovente involgenti la stessa incolumità dell’agente, ma risulta caratterizzata dall’essenza di alcuna misura volta a governare tale eventualità.
Si osserva che al pronunciamento in commento hanno fatto seguito decisioni delle sezioni semplici della Suprema Corte, in tema di omicidio stradale, ove i richiamati principi che informano la distinzione concettuale tra dolo eventuale e colpa cosciente, ed i relativi criteri di accertamento in sede giudiziale, hanno trovato puntuale applicazione nei casi di conducenti cd. “Kamikaze” ovvero di condotte qualificate da profili di deliberata illiceità11.
Preme evidenziare, a questo punto, che la delineata ridefinizione dell’ambito di operatività della categoria del dolo eventuale, secondo diritto vivente, in osservanza del principio volontaristico che permea ogni forma di colpevolezza dolosa, non sembra determinare alcun indebito affievolimento della risposta sanzionatoria, rispetto al fenomeno degli omicidi stradali, tenuto conto della cornice edittale (compresa fra il minimo di tre ed il massimo di quindici anni di reclusione), attualmente prevista dall’art. 589, co. 3, nn. 1) e 2) e co. 4, c.p., per il caso di omicidio colposo plurimo, aggravato dalla violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale, commesso da soggetto in grave stato di ebbrezza alcolica o sotto l’effetto di sostanze stupefacenti.
2.2 Nesso causale e nesso di rischio
Si ritiene comunemente che, secondo l’impianto del codice penale, la necessità di accertare la sussistenza del nesso di derivazione causale, di ordine materiale, tra condotta ed evento naturalistico, discenda dall’art. 40, co. 1, c.p., ove è stabilito che nessuno può essere punito per un fatto previsto dalla legge come reato se l’evento da cui dipende l’esistenza del reato non è “conseguenza” della sua azione od omissione. Sul piano dei principi dettati, in materia, dalla Carta fondamentale, il tema relativo all’imputazione causale dell’evento trova la propria radice nel canone della responsabilità penale per fatto “proprio”, inferibile dal combinato disposto del primo e del terzo comma dell’art. 27, Cost12.
L’ordinamento postula, cioè, la concezione condizionalistica della causalità, secondo la quale l’evento si qualifica come “effetto naturale” della condotta umana, penalmente rilevante. La giurisprudenza declina il predetto assunto secondo il paradigma del ragionamento controfattuale, che implica il ricorso ad enunciati universali di natura extrapenale (la cd. legge di copertura) a forma nomologica.
Il passaggio dalla legge di copertura di natura “scientifica” – ove l’aggettivo sostanzia la necessità che si tratti di una spiegazione a valenza universale – a quella “statistica”, ha costituito un punto di criticità del processo di razionalizzazione della spiegazione causale. Le S.U., nei primi anni duemila13, nel dirimere la questione, hanno offerto indicazioni risultate decisive per la ricostruzione costituzionalmente orientata della nozione del nesso causale14, chiarendo il rapporto che deve intercorrere tra il fondamento probabilistico della causalità e la certezza processuale, idonea a fondare un tranquillante verdetto di condanna. Le S.U., che si sono nuovamente soffermate sul tema riguardante l’accertamento giudiziale della causalità omissiva, nel confermare il richiamato nucleo nomofilattico della sentenza Franzese, hanno poi evidenziato che, nella verifica dell’imputazione causale dell’evento, il giudice di merito deve dare corso ad un giudizio predittivo, sia pure riferito al passato, chiedendosi ciò che sarebbe accaduto se l’agente avesse posto in essere la condotta che gli veniva richiesta15.
Tanto chiarito, deve rilevarsi che, nell’ambito delle fattispecie di omicidio o lesioni in caso di sinistro stradale, gli aspetti problematici, emergenti dalla pratica giudiziaria, non riguardano tanto l’accertamento del nesso di derivazione causale materiale, tra condotta ed evento, bensì la ulteriore verifica, che si ritiene demandata al giudice di merito, rispetto al legame causale intercorrente tra “colpa” ed “evento”. Secondo la teorica della “doppia causalità”, nell’ambito del reato colposo, oltre alla causalità materiale, che ha come riferimento l’evento quale effetto della condotta, occorre verificare la sussistenza del cd. “nesso di rischio”, afferente alla relazione tra “colpa” ed evento. L’evento che si è prodotto deve essere non solo l’effetto materiale della condotta, ma esattamente quell’effetto che la norma cautelare violata intendeva prevenire.
Altri sottolinea che, nel reato colposo, oltre all’accertamento relativo alla valenza causale della condotta, occorre verificare la concreta evitabilità dell’evento, secondo l’ipotetica utilità da assegnare al comportamento alternativo lecito (non realizzato dall’agente); si tratta, cioè, di verificare ex post, su base probabilistica ed ipotetica, il grado di attitudine della condotta alternativa lecita a prevenire l’evento. E nei due distinti accertamenti causali, si individua una diversa rilevanza degli indici statistici di riferimento per la legge di copertura: mentre per la sussistenza del nesso causale ex art. 40 c.p. si richiede una spiegazione eziologica in termini di probabilità confinante con la certezza, per quanto concerne l’accertamento relativo alla evitabilità dell’evento si ritiene che il giudizio ammetta valutazioni di tipo meramente probabilistico16. Come è stato osservato, dette ricostruzioni trovano un comune riferimento normativo nel disposto dell’art. 43 c.p., laddove la norma, nel definire l’elemento psicologico del reato colposo, richiede che l’evento si sia verificato “a causa di negligenza, imprudenza o imperizia, ovvero per inosservanza di leggi, regolamenti ordini o discipline”17.
La giurisprudenza ha progressivamente accolto le teorie in esame, in tema di causalità della colpa, e la relativa possibile portata esimente, evidenziando che il giudice deve verificare se sussista uno specifico “legame colposo” tra condotta ed evento, dando luogo ad un ragionamento ipotetico, circa l’utilità del comportamento osservante ad impedire l’evento come in concreto verificatosi. Con specifico riferimento ai casi di omicidio colposo provocato da incidente stradale, la Corte suprema ha ripetutamente indicato la necessità di accertare se l’evento si sarebbe comunque verificato, anche ipotizzando l’osservanza delle regole cautelari che vengono in rilievo nel caso di specie18. Si richiama, in argomento, la recente pronuncia, con la quale è stato disposto l’annullamento senza rinvio della sentenza di condanna per omicidio colposo pronunciata nei confronti del conducente di un mezzo pesante, contro il quale aveva impattato rovinosamente uno scooter, con ferimento mortale del passeggero che si trovava a bordo del mezzo a due ruote. Esclusa la sussistenza dei diversi profili di colpa originariamente contestati all’imputato, e rilevato che risultava accertato il concorso di colpa dello scooterista, la Corte ha evidenziato che, nel caso, al camionista poteva ascriversi unicamente la violazione del divieto di transito dei mezzi pesanti, finalizzato a decongestionare il traffico nel tratto di strada teatro del sinistro; ed ha considerato che l’evento dannoso non risultava prevedibile ed evitabile, rispetto alla finalità cautelare della norma violata, secondo il paradigma della «concretizzazione» del rischio tipico19. Preme evidenziare, in chiusura di argomento, che l’accertamento dell’area di rischio che costituisce obiettivo della norma di cautela violata – nell’ambito della valutazione afferente alla causalità della colpa che si viene esaminando – impone al giudice di merito di dare luogo ad una specifica analisi della cornice normativa che governa la condotta di guida, costituente l’accertato fattore di innesco dell’evento lesivo, sul piano della causalità materiale20.
2.3 Unità e pluralità di reati
La violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale, nell’ambito dei reati di lesioni ed omicidio colposo, si configura come elemento circostanziale, di talché la predetta violazione viene considerata dal giudice nella commisurazione della pena, in riferimento al trattamento sanzionatorio previsto dagli artt. 589 e 590 c.p., salvo il giudizio di bilanciamento con circostanze attenuanti. La giurisprudenza risulta consolidata nel rilevare che si ha concorso di reati, in caso di omicidio colposo qualificato dalla circostanza aggravante della violazione di norme sulla circolazione stradale, anche quando detta violazione dia di per sé luogo ad un illecito contravvenzionale21. Tale costrutto interpretativo appare meritevole di un ripensamento, posto che le circostanze aggravanti di cui si tratta, nell’ambito dei delitti di omicidio colposo e di lesioni colpose – a seguito delle modifiche introdotte dalla l. 24.7.2008, n. 125 – sono strutturate non solo richiamando la generica violazione della disciplina stradale (artt. 589, co. 2 e 590, co. 3, primo periodo) ma anche con specifico riferimento all’azione commessa da soggetto in stato di ebbrezza alcolica ai sensi dell’art. 186 c.d.s. o sotto l’effetto di sostanze stupefacenti (art. 589, co. 3, nn. 1 e 2 c.p. e art. 590, co. 3, secondo periodo, c.p.). Come si vede, l’elemento costitutivo dei reati contravvenzionali di cui agli artt. 186 e 187, c.d.s., integra uno specifico profilo circostanziale dei delitti contro la persona che si vengono esaminando, di talché sembrano sussistere i presupposti per ritenere assorbiti i predetti reati contravvenzionali nei delitti colposi di cui si tratta, integranti una ipotesi di reato complesso, ai sensi dell’art. 84 c.p.
2.4 Le sanzioni accessorie
Qualora da una violazione delle norme sulla circolazione stradale derivino danni alle persone, il giudice irroga con la sentenza di condanna, ovvero di applicazione della pena su richiesta delle parti, le sanzioni amministrative accessorie della sospensione o della revoca della patente, secondo le disposizioni contenute nell’art. 222 c.d.s. La giurisprudenza ha chiarito che, ai sensi del co. 2 bis, dell’art. 222, c.d.s., la diminuzione fino ad un terzo della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida, deve ritenersi limitata al solo caso di patteggiamento per il reato di omicidio colposo commesso in violazione delle norme sulla circolazione stradale22; e che, in via generale, per le sanzioni amministrative accessorie non trova applicazione la riduzione prevista per i riti premiali.
Una consolidata giurisprudenza di legittimità rileva che le sanzioni amministrative accessorie non rientrano nella disponibilità delle parti e che il patto ex art. 444 c.p.p. non può essere condizionato né dalla scelta del tipo di sanzione (sospensione della patente, piuttosto che revoca), né dalla sua durata, nel caso di sanzione temporanea. In argomento, si è chiarito che, nel caso in cui l’accordo sia espressamente condizionato dalla indicazione del tipo o dalla durata di una sanzione amministrativa accessoria obbligatoria per legge, tale clausola deve ritenersi come non apposta23; e che il giudice di merito, anche in sede di patteggiamento, deve fornire espressa motivazione, qualora applichi la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida, discostandosi dal minimo edittale24.
Nel delineare il rapporto intercorrente tra le sanzioni amministrative accessorie previste dagli artt. 186 e 187 c.d.s., in riferimento all’ultimo periodo del co. 2 del successivo art. 222 – ove è stabilito che, qualora la lesione personale grave o gravissima ovvero l’omicidio colposo siano stati commessi da soggetto in stato di ebbrezza alcolica superiore a 1,5 g/l, ovvero da soggetto sotto l’effetto di sostanze stupefacenti, il giudice applica la revoca della patente – la Suprema Corte ha rilevato che le norme ora richiamate delineano distinte ipotesi, dalle quali discende l’applicazione della sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente di guida, che, per espressa indicazione offerta dal legislatore, sono destinate ad operare indipendentemente le une dalle altre. Pertanto, il sistema sanzionatorio, ai fini di interesse, risulta articolato nei termini che seguono: ai sensi dell’art. 186, co. 2 bis, c.d.s., all’accertamento del reato contravvenzionale di guida sotto l’influenza di alcol, aggravato dall’aver provocato un incidente stradale, qualora il tasso alcolemico sia superiore a 1,5 g/l, consegue la revoca della patente di guida; del pari, ai sensi dell’art. 222, co. 2, all’accertamento dei delitti di lesioni colpose gravi o gravissime e di omicidio colposo, commessi con violazione delle norme contenute nel codice della strada, qualora il fatto sia commesso da soggetto in stato di ebbrezza, con tasso alcolemico superiore a 1,5 g/l, ovvero sotto l’effetto di sostanze stupefacenti, consegue la sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente di guida25.
Come sopra si è evidenziato, la violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale integra una circostanza aggravante, nell’ambito dei reati di lesioni ed omicidio colposo; e l’azione commessa da soggetto in stato di ebbrezza alcolica o sotto l’effetto di sostanze stupefacenti, a seguito delle richiamate modifiche introdotte nel 2008, configura una specifica ipotesi circostanziale, ai sensi degli artt. 589, co. 3, nn. 1 e 2 c.p. e 590, co. 3, secondo periodo, c.p.
Le fattispecie contravvenzionali previste dal codice della strada, in tema di guida in stato di ebbrezza o di alterazione psicofisica per uso di sostanze stupefacenti, configurano, a loro volta, come circostanza aggravante il fatto che il conducente provochi un incidente stradale.
Preme poi considerare che il legislatore è intervenuto, con la novella del 2005, sul regime prescrizionale (anche) del delitto di omicidio colposo aggravato dalla violazione delle norme sulla disciplina stradale, prevedendo il raddoppio dei relativi termini.
Alla luce delle disposizioni ora citate, che sono solo alcune di quelle succedutesi, nel passato recente, a fini di regolazione della materia, suscita perplessità la rappresentazione politica della vigente normativa in tema di infortunistica stradale, in base alla quale sussisterebbe la necessità di introdurre nell’ordinamento giuridico italiano l’inedita fattispecie dell’omicidio stradale, allo scopo di reprimere adeguatamente il fenomeno delle condotte di guida indisciplinate e sanzionare le relative conseguenze lesive.
Tanto si afferma, anche in riferimento, da ultimo, al d.d.l. recante «Introduzione del reato di omicidio stradale e del reato di lesioni personali stradali, nonché disposizioni di coordinamento al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e al decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274», che è stato approvato dal Senato il 10.6.2015 e, quinidi, con modificazioni, dalla Camera dei Deputati il 28.10.2015, con atto n. 3169, in discussione al Senato, nel momento in cui si licenziano queste note. A margine del citato disegno di legge, che configura come reati autonomi l’omicidio stradale e le lesioni personali stradali, in riferimento peraltro a determinate violazioni al codice della strada, ci si limita a richiamare la comune previsione, inserita al comma 5, dell’art. 589 bis ed al comma 6, dell’art. 590 bis, c.p., ove è stabilito che «qualora l’evento non sia esclusiva conseguenza dell’azione o dell’omissione del colpevole, la pena è diminuita fino alla metà». Come si vede, a fronte degli elevati limiti edittali, che caratterizzano le autonome figure di reato di omicidio e lesioni stradali, il legislatore ritiene necessario attribuire al giudice di merito un rilevante potere discrezionale, nella commisurazione della pena rispetto al caso concreto, introducendo una circostanza attenuante ad effetto speciale, che, diversamente dalla circostanza comune ex art. 62 n. 5, c.p., può trovare applicazione anche nei casi caratterizzati dal concorso colposo della persona offesa.
1 Per la sintesi delle diverse teorie sulla natura della responsabilità colposa, v. Pagliaro, A., Principi di diritto penale, Milano, 2003, 306 ss.
2 Donini, M., L’elemento soggettivo della colpa. Garanzie e sistematica, in Riv. it. dir. e proc. pen., 2013, 124 ss.
3 Sul ruolo fondante da assegnare alla prevedibilità ed evitabilità dell’evento, giova ancora una volta richiamare i rilievi svolti dalla Corte regolatrice, sul finire del secolo scorso, laddove si è chiarito che la prevedibilità deve avere ad oggetto non il danno in concreto effettivamente verificatosi ma la “potenziale idoneità della condotta a dar vita ad una situazione di danno e non anche alla specifica rappresentazione ex ante dell’evento dannoso, quale si è concretamente verificato in tutta la sua gravità ed estensione” (Cass. pen., 6.12.1990, n. 4793). Sul punto, v. anche Cass. pen., 28.6.2007, n. 39606.
4 Cass. pen., 15.7.2010, n. 32202.
5 Cass.pen.,24.7.2008,n.40878;Cass.pen.,11.7.2011,n.30472.
6 Cass. pen., 30.9.2014, n. 43348
7 Cass. pen., 15.3.2011, n. 10411, con la quale è stata annullata con rinvio la sentenza della Corte territoriale che aveva ricondotto la fattispecie nell’ambito dell’omicidio colposo; e Cass. pen., 27.9.2012, n. 42973, resa a seguito del relativo giudizio di rinvio.
8 In argomento: Viganò, F., Il dolo eventuale nella giurisprudenza recente, in Il libro dell’anno del diritto 2013, Roma, 2013, 118 ss.; Di Fresco, F.P., Incidente mortale causato da una condotta di guida sconsiderata: dolo eventuale o colpa cosciente? La cassazione rispolvera la formula di Frank, in Foro it., 2011, 533; Eusebi, L., La prevenzione dell’evento non voluto. Elementi per una rivisitazione dogmatica dell’illecito colposo e del dolo eventuale, in Studi in onore di Mario Romano, vol. II, 2011, 980.
9 Cass. pen., 30.5.2012, n. 23588. Per l’analisi dell’elemento psicologico nell’ambito dei sinistri caratterizzati da condotta di guida «suicida» o realizzati da conducenti «Kamikaze», espressioni comunemente utilizzate per i casi di circolazione su autostrade o su strade extraurbane nel senso di marcia opposto a quello consentito, vedi Canestrari, S., La distinzione tra dolo eventuale e colpa cosciente nei contesti a rischio di base «consentito», in www.penalecontemporaneo.it, 6.2.2013, 15.
10 Cass. pen., S.U., 24.4.2014, n. 38343.
11 Cass. pen., 11.3.2015 n. 18220, decisione con la quale è stato disposto l’annullamento con rinvio della sentenza di condanna per omicidio volontario, a carico del conducente che, in stato di ebbrezza, viaggiando contromano in autostrada, aveva impattato frontalmente con un veicolo che procedeva nel corretto senso di marcia, demandando al giudice di merito la verifica dell’elemento soggettivo sotteso al comportamento posto in essere dall’imputato. Si richiama anche Cass. pen., 11.2.2015 n. 8561, ove la Suprema Corte ha ritenuto immune da censure la sentenza di condanna per omicidio doloso pronunciata in relazione alla condotta del conducente di autovettura che, deliberatamente, aveva effettuato una manovra di impegno della corsia di sorpasso al fine di ostruire la marcia e di impedire il sorpasso a due motociclisti i quali provenivano da tergo a velocità elevata, provocando così la collisione della sua autovettura con le motociclette, strette tra il veicolo e la barriera spartitraffico.
12 C. cost., 24.3.1988, n. 364.
13 Cass. pen., S.U., 11.9.2002, n. 30328.
14 In argomento,Stella, F., Etica e razionalità del processo penale nella recente sentenza sulla causalità delle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione, in Riv. it. dir. e proc. pen., 2003, 1 ss.
15 Cass. pen., S.U., 24.4.2014, n. 38343.
16 In argomento, Fiandaca, G., Causalità (rapporto di), in Dig. pen., 1988, II, 120.
17 Brusco, C., Il rapporto di causalità, Milano, 2012, 10.
18 Cass. pen., 18.9.2008, n. 40802.
19 Cass. pen., 6.5.2015, n. 24462.
20 Cass. pen., 28.5.2014, n. 27608.
21 Cass. pen., 28.1.2010, n. 3559
22 Cass. pen., 12.1.2012, n. 7382.
23 Cass. pen., 10.1.2014, n. 18538.
24 Cass. pen., 12.3.2013, n. 35839.
25 Cass. pen., 8.1.2015, n. 4640.