omochiralita
omochiralità s. f. – Con riferimento a un insieme di molecole di un composto organico contenente un atomo di carbonio chirale, l’o. – vale a dire il fatto di possedere la medesima chiralità – è la presenza esclusiva (o prevalente) di una sola delle due possibili configurazioni del centro chirale. Un campione strettamente omochirale è detto enantiomericamente puro (anche otticamente puro, per la nota proprietà dei due enantiomeri di ruotare in senso opposto il piano della luce linearmente polarizzata). Poiché le proprietà chimiche generali di due enantiomeri sono identiche, il tipo di prodotto che si forma comunemente in tutte le condizioni normali (in assenza, cioè, di agenti asimmetrici di tipo fisico o chimico) è un racemato, otticamente inattivo, nel quale i due enantiomeri sono presenti nella stessa quantità. Il concetto di o. si può estendere a specie chimiche contenenti più di un centro chirale. La produzione di sostanze in forma enantiomericamente pura è di grande importanza applicativa, soprattutto in campo farmaceutico, perché le proprietà farmacologiche dei due enantiomeri di un principio attivo chirale sono in genere diverse. Il campo di studio che si occupa della sintesi di sostanze otticamente pure (v. ) è diventato uno dei settori di punta della chimica organica moderna. Uno dei grandi problemi aperti della biochimica, connesso anche con la questione dell’origine della vita, è la netta o. delle molecole biologiche che sono alla base del funzionamento degli organismi viventi: con pochissime eccezioni, le proteine sono formate da amminoacidi della serie L (in cui l’atomo di carbonio asimmetrico ha una delle due possibili configurazioni) e gli acidi nucleici contengono zuccheri della serie D (nei quali il centro chirale più lontano dal gruppo carbonilico ha tale configurazione). Per spiegare il fenomeno, di fondamentale importanza per lo sviluppo degli esseri viventi nella forma in cui li conosciamo, sono state proposte varie teorie fin dai primi decenni del 20° secolo. Molte di queste partono dall’idea che la rottura della simmetria sia avvenuta prima della comparsa delle grandi biomolecole, che si sarebbero formate da frammenti semplici (amminoacidi, zuccheri) già enantiomericamente selezionati. Questa selezione sarebbe il frutto di una prima fase nella quale si sarebbe realizzato un modestissimo eccesso enantiomerico e di una seconda fase in cui questo si sarebbe amplificato fino a condurre alla completa omochiralità. L’origine del primo, minuscolo eccesso sarebbe da ricollegarsi (in alternativa a eventi casuali) a una rottura generale della simmetria dell’Universo legata alla non conservazione della parità nelle interazioni deboli (ipotesi di Yamagata) o alla presenza di radiazione circolarmente polarizzata prodotta dalle stelle a neutroni. Punto debole di questa ipotesi è sempre stata la difficoltà di concepire un meccanismo plausibile che avrebbe portato all'amplificazione del piccolo eccesso iniziale. Nel corso del primo decennio del 21° sec., sono state riportate importanti evidenze sperimentali di meccanismi chimico-fisici attraverso i quali un piccolo eccesso enantiomerico può produrre una pronunciata omochiralità. Tra le varie spiegazioni: fenomeni di autocatalisi dell’enantiomero in eccesso, formazione di fasi eutettiche, cristallizzazione enantioselettiva, autoassemblaggio enantioselettivo in specie supramolecolari, ecc. Sebbene si tratti di un settore ancora in fase di sviluppo, la riproducibilità di questi fenomeni in esperimenti di laboratorio ha consolidato l’ipotesi che anche nelle condizioni ambientali prebiotiche, vari processi di amplificazione potrebbero avere enormemente accresciuto un iniziale, modestissimo, eccesso enantiomerico.