Omochiralità
La chiralità è la proprietà posseduta da molecole che esistono in forme speculari non sovrapponibili: un’analogia intuitiva tratta dal mondo macroscopico è offerta dalle nostre mani, destra e sinistra, che non sono sovrapponibili e rappresentano l’una l’immagine speculare dell’altra. Le molecole chirali – di cui il più famoso esempio risale al 1874, quando Louis Pasteur separò le due forme enantiomeriche dei cristalli di tartrato potassico – non sono distinguibili chimicamente ma solo fisicamente, in quanto ruotano a destra e a sinistra (rispettivamente forma destrogira d e levogira l) il piano della luce polarizzata linearmente. Per questo i singoli enantiomeri sono definiti otticamente attivi e la loro purezza viene chiamata purezza ottica. Le molecole chirali preparate in laboratorio si presentano come miscele equimolecolari, dette racemi, delle due forme otticamente attive. Appare, pertanto, sorprendente il fatto che nel mondo naturale si noti regolarmente l’esistenza di una sola delle due. In particolare, gli amminoacidi, che sono i costituenti delle proteine, esistono nella forma levogira, mentre gli zuccheri si trovano nella forma destrogira. Questa preferenza per una delle due forme chirali è chiamata in chimica omochiralità. Si tratta di una proprietà che risulta di estremo interesse sotto diversi profili: per es., è associata alla vita, in quanto l’invecchiamento e la morte portano alla sua graduale perdita (racemizzazione); questo processo costituisce inoltre la base per un metodo di datazione.
Considerando in primo luogo gli aspetti strettamente collegati alla sintesi chimica, si possono individuare vari problemi di interesse sia scientifico sia pratico. Preparare selettivamente un enantiomero richiede l’ausilio di specie otticamente attive capaci di risolvere le forme racemiche che rappresentano il normale prodotto della sintesi chimica, o l’impiego di catalizzatori otticamente attivi in grado di indurre la sintesi preferenziale di un enantiomero. Nel primo caso il metodo tradizionale consiste nell’impiego di una sostanza otticamente pura capace di interagire con i singoli enantiomeri (per es., l’acido tartarico, se si tratta di basi, la stricnina, se si tratta di acidi) per dare sostanze, chiamate diastereoisomeri, che contengono gli elementi asimmetrici sia di ciascuno dei due enantiomeri sia della sostanza otticamente pura aggiunta. Poiché i diastereoisomeri sono specie chimiche distinte, essi sono separabili attraverso la cristallizzazione o altre tecniche. Per ottenere gli enantiomeri puri occorre però un altro passaggio che consiste nel rimettere in libertà la sostanza impiegata per ottenere la risoluzione. Benché il ciclo di reazioni necessario sia efficace, esso si presenta piuttosto complesso in laboratorio e pesante per un processo industriale. Per questo si è fatto ricorso a catalizzatori dotati di attività ottica capaci di reagire selettivamente con uno dei due enantiomeri della miscela racemica. Questo processo, che prende il nome di risoluzione cinetica, è oggi attivamente studiato per la ricerca di catalizzatori adatti a risolvere i singoli substrati in modo efficiente.
L’indirizzo di ricerca più importante riguarda però la sintesi diretta di singoli enantiomeri mediante l’impiego di catalizzatori chirali in grado di indurre asimmetria nei substrati che con essi interagiscono. Si tratta di portare nella sfera di coordinazione dei catalizzatori metallici o nella struttura dei catalizzatori organici quelle informazioni che consentono un’efficace induzione asimmetrica. Tali informazioni vengono trasmesse attraverso la coordinazione a un catalizzatore metallico di opportuni leganti oppure attraverso appropriati composti organici asimmetrici capaci di agire essi stessi come catalizzatori. Un enorme sforzo di ricerca è stato ed è tuttora condotto per adattare il legante al tipo di substrato, in quanto il complesso metallico che opera la sintesi asimmetrica contiene come legante pure il substrato da trasformare; anch’esso esercita azioni steriche ed elettroniche e non è quindi possibile prescindere da quest’ultimo nel progettare un catalizzatore. Si aggiunga che spesso l’enantiomero ottenuto ha un basso grado di purezza ottica e per ottenere il composto puro occorre conseguire l’amplificazione della chiralità. Per realizzarla sono stati recentemente proposti vari metodi, sia di tipo autocatalitico, corrispondenti a processi cineticamente controllati in cui il prodotto di una reazione catalizza la propria replicazione, sia basati su equilibri in fasi diverse, corrispondenti a un controllo termodinamico dell’amplificazione chirale in cui il cambiamento di fase (per es., da solido a soluzione) provoca il cambiamento del rapporto fra enantiomeri. L’osservazione più importante è che due popolazioni di cristalli destrogiri e levogiri non possono coesistere in soluzione, in quanto una delle due scompare inesorabilmente attraverso l’accoppiamento del processo di dissoluzione termodinamicamente controllato con quello cinetico di crescita dei cristalli. Il risultato che si ottiene è un solido otticamente puro da uno racemico.
La ricerca su questi temi si è particolarmente intensificata negli ultimi decenni sotto la pressione dell’industria farmaceutica, cui viene richiesto in tutto il mondo uno standard di purezza dei prodotti molto alto per evitare disastrose conseguenze derivanti dall’utilizzazione di sostanze otticamente non pure. La soluzione dei problemi che vi sono connessi richiede anche un notevole impegno sul piano teorico. Indicazioni estremamente utili provengono dallo studio dei sistemi biologici e dal confronto con i sofisticati sistemi che gli enzimi impiegano per raggiungere un’elevatissima specificità. Questi ultimi operano in serie secondo il principio di una catena di montaggio. Essi possono essere modificati con tecniche chimiche per renderli adatti a catalizzare reazioni di substrati non presenti nei sistemi biochimici o possono essere mimati da sistemi chimici catalitici. Il progresso delle tecniche di indagine, che permettono ora di vedere le molecole nella loro complessa struttura tridimensionale e di monitorare il corso di reazioni molto veloci, consente oggi di ricavare dallo studio delle reazioni enzimatiche informazioni essenziali per la progettazione di sistemi catalitici sempre più efficienti. Gli avanzamenti in quest’ambito si susseguono a breve distanza di tempo con importanti conseguenze pratiche. L’applicazione nel settore farmaceutico, e nel campo dei fine chemicals in genere, richiede comunque anche la soluzione di altri problemi riguardanti l’efficienza catalitica, il recupero dei catalizzatori metallici e la completa eliminazione di questi ultimi, in particolare per l’uso farmaceutico.
Il problema del modo in cui si genera l’omochiralità sulla Terra e nell’Universo richiama sempre di più l’interesse dei chimici. L’omochiralità è strettamente associata alla vita, in quanto il sistema di replicazione del DNA (DeoxyriboNucleic Acid) o di suoi possibili precursori non funziona correttamente se non con specie omochirali; l’invecchiamento e la morte portano alla sua graduale perdita o racemizzazione. Tuttavia, come si è detto, la formazione di prodotti racemici rappresenta il risultato comune a tutte le reazioni chimiche. Bisogna, pertanto, postulare una rottura iniziale di simmetria, successivamente collegata all’amplificazione della chiralità così generata. Su come possa avvenire questa iniziale rottura e su quale ne sia l’origine esiste una molteplicità di pareri. Si è però assodato attraverso esperimenti chimici che anche un lievissimo eccesso di un enantiomero sull’altro può essere amplificato fino alla completa purezza enantiomerica. Stabilire l’origine dell’omochiralità è, pertanto, di grande rilevanza rispetto al problema dell’origine della vita, ma non solo: lo studio dei meccanismi di reazione si avvale spesso della chiralità proprio come spia del meccanismo. Anche da un punto di vista pratico, è molto importante datare il decadimento di materiale organico come quello impiegato negli alimenti, dove la degradazione o l’invecchiamento spesso possono essere accertati attraverso la misura del grado di racemizzazione dei loro componenti otticamente attivi.
Preparazione di sostanze omochirali: risoluzione
Storicamente queste sostanze venivano generate mediante sintesi a partire da un precursore chirale di origine naturale, oppure per risoluzione di una miscela racemica. Quest’ultimo metodo consiste nello sfruttare le proprietà fisiche dei due enantiomeri che costituiscono il racemo per ottenerne la separazione. L’impiego della cristallizzazione consente oggi di ricavare direttamente uno o l’altro enantiomero semplicemente variando la velocità di agitazione durante la fase di cristallizzazione.
Come si è osservato, la separazione chimica degli enantiomeri viene realizzata attraverso la loro reazione con sostanze già otticamente attive, e i diastereoisomeri che ne derivano non sono più chimicamente indistinguibili e possono essere separati in vari modi. Questo processo di risoluzione chirale richiede quantità stechiometriche di reagenti otticamente attivi e conduce solo fino al 50% dell’enantiomero desiderato.
Il metodo alternativo di risoluzione cinetica attraverso l’impiego di un catalizzatore contenente un legante otticamente attivo può essere realizzato, per es., effettuando una reazione con fenolo su un estere metilico racemico, in presenza di un catalizzatore con legante otticamente attivo: un diastereoisomero si forma più facilmente dell’altro sul complesso e reagisce con il fenolo, mettendo in libertà l’etere fenilico enantiomerico, mentre l’altro enantiomero resta sotto forma di estere metilico.
Sintesi catalitiche enantioselettive: autocatalisi
Un notevole progresso è stato conseguito quando si è scoperto che la preparazione di un enantiomero poteva essere realizzata selettivamente attraverso una reazione catalizzata da un complesso organometallico otticamente attivo. La catalisi asimmetrica si basa sulla formazione di due diastereoisomeri attraverso la coordinazione di un substrato suscettibile di essere trasformato in composto chirale e, perciò, denominato prochirale. I due diastereoisomeri così formati vengono fatti reagire in situ con un reagente che li discrimina, formando un solo enantiomero e mettendo in libertà nel contempo il complesso organometallico originario, la cui attività catalitica può continuare ulteriormente. In questo modo un substrato prochirale olefinico S può essere trasformato mediante ossidazione catalitica in un enantiomero del corrispondente composto saturo S*O (fig. 1). La preferenza per la formazione di un enantiomero piuttosto che l’altro è determinata dalla piccola differenza di energia, in genere dell’ordine di 1-2 kcal, dello stato di transizione nel passaggio dai diastereoisomeri ai prodotti.
Il caso più interessante, dal punto di vista sia sintetico sia meccanicistico, riguarda la sintesi asimmetrica degli acidi α-amminopropionici, importante per l’ottenimento diretto della l-DOPA (3,4-diidrossi-l-fenilalanina), farmaco antiParkinson di difficile accessibilità, e per la determinazione del modo di azione del catalizzatore inizialmente contenente un legante rappresentato dalla DIOP (chiralità sul carbonio) e, successivamente, dalla DIPAMP (chiralità sul fosforo) e da vari altri composti (fig. 2). Si ottengono in questo modo eccessi enantiometrici (ee) superiori al 95%.
Lo schema meccanicistico per spiegare l’andamento selettivo della reazione, elaborato da Jack Halpern, rappresenta ancora oggi il punto di riferimento del lavoro sulla catalisi asimmetrica (fig. 3). Il legante otticamente attivo P−P (marcato con *) permette l’entrata nella sfera di coordinazione del rodio (complesso cationico) del substrato (prochirale perché diventa chirale coordinandosi al rodio con una o con l’altra faccia). Si formano così due diastereoisomeri (A e B) la cui percentuale relativa nella miscela di reazione può essere determinata con metodi spettroscopici. L’idrogeno a sua volta reagisce con il rodio attraverso un’addizione ossidativa che porta il metallo dallo stato di ossidazione (I) a (III) e, migrando sul carbonio del doppio legame adiacente al fenile, fissa la stereochimica del substrato che viene poi scisso dal rodio per opera del secondo atomo di idrogeno. È la velocità di reazione dell’idrogeno che favorisce la formazione di un enantiomero piuttosto che l’altro. Nel caso studiato succede addirittura che il diastereoisomero presente in maggior quantità (B) nella miscela di reazione (determinato attraverso la spettroscopia di risonanza magnetica nucleare) non è quello che reagisce più velocemente con l’idrogeno, probabilmente per motivi sterici. Non si tratta chiaramente di una regola generale, in quanto in numerosi altri casi possono verificarsi situazioni nelle quali la cinetica è più favorevole al composto presente in quantità maggiore. È generale invece la constatazione che la scelta fra i due enantiomeri non viene determinata da fattori termodinamici, bensì da fattori cinetici. L’elevata enantioselettività non sarebbe però raggiungibile senza la presenza degli equilibri che consentono al diastereoisomero maggiore (B) di trasformarsi nel minore (A) attraverso la dissociazione del substrato. Le notazioni R e S con cui sono indicati i due enantiomeri nella figura riguardano la configurazione assoluta, che è determinata dalla disposizione spaziale dei gruppi legati al carbonio tetraedrico e non è in relazione con il segno, d o l, dell’attività ottica (anche le notazioni di Fischer d e l, indicate più avanti, hanno rapporto solo con una determinata disposizione spaziale). L’attività antiParkinson appartiene all’enantiomero R.
Una grande varietà di fosfine bidentate (cioè con due gruppi coordinanti vicini, capaci di complessare il metallo) sono state elaborate per vari processi di idrogenazione. Oltre all’enantioselettività si può realizzare la diastereoselettività, ossia la formazione di composti contenenti due o più elementi chirali non racemici. Xyliphos (Solvias), derivato diastereoisomerico del ferrocene caratterizzato dalla presenza della cosiddetta chiralità planare – impedimento alla rotazione dell’anello ciclopentadienilico prodotto dai sostituenti fuori del piano dell’anello (Spl) – e dalla chiralità del carbonio in catena (Rc), è una fosfina usata con successo nella funzione di legante per l’iridio (I) impiegato come catalizzatore per l’idrogenazione di un doppio legame C=N (un passaggio chiave nella preparazione dell’erbicida metolachlor). I diastereoisomeri del metolachlor derivano dall’asimmetria generata dai sostituenti del carbonio vicino all’azoto e dalla rotazione impedita intorno al legame arile-azoto. Risulta interessante osservare come questo processo, realizzato industrialmente, riveli un’efficienza catalitica elevatissima: il turnover number (TON, numero di molecole di prodotto per molecola di catalizzatore) è ∼1.000.000 (fig. 4).
Oltre alle idrogenazioni, la metodologia della catalisi asimmetrica riguarda una grande varietà di reazioni in cui è richiesta la generazione di un centro chirale attraverso la formazione di un nuovo legame, come nel caso del C−O o S−O nelle ossidazioni ed epossidazioni e del C−C, che si forma in gran parte delle reazioni organiche, quali l’addizione nucleofila di reagenti organometallici ad aldeidi, chetoni e immine, le reazioni di condensazione aldolica, le alchilazioni, le reazioni di Diels-Alder, le addizioni 1,3-dipolari, la metatesi delle olefine, la ciclopropanazione e altri tipi di ciclizzazione.
Un altro catalizzatore impiegato industrialmente per la sintesi di derivati dell’acido crisantemico, attraverso l’attacco di un carbene a un doppio legame con formazione dell’anello ciclopropanico, è basato su un chelato del rame con un amminoalcol (processo Sumitomo). Il prodotto trans si ottiene con un ee del 94%, il cis con il 40%. Il rapporto tra i due stereoisomeri è 93:7. Il carbene :CHCO2R1 che si forma dalla decomposizione dell’estere diazoacetico N2CHCO2R1 attacca il complesso del rame, ridotto in situ a rame(I), formando un nuovo complesso, che viene reso rigido dalla presenza degli altri gruppi della catena alchilica legata all’azoto e dal ponte d’idrogeno che si forma tra il carbonile del carbene e l’ossidrile prodotto dalla riduzione del rame. La reazione con il tetrametilbutadiene avviene quindi in una sfera di coordinazione stericamente molto controllata e conduce al ciclopropano selettivamente (fig. 5).
Si sono riportate alcune sintesi asimmetriche realizzate con grande successo anche industrialmente per metterne in evidenza alcune caratteristiche che potranno servire da base per una serie di nuove ricerche. Occorre precisare che non esistono leganti e tanto meno catalizzatori universali per la sintesi asimmetrica. Alcune regole possono comunque essere desunte dagli studi effettuati. Il legante deve contribuire a creare intorno al metallo una situazione sufficientemente rigida perché il substrato sia coordinato in una determinata posizione che gli impedisca di perdere la sua attività ottica nel corso della sintesi asimmetrica. La capacità di indurre l’enantioselettività è, infatti, il risultato della mutua interazione del substrato, del legante, del solvente e del metallo. Sia l’effetto sterico sia quello elettronico del legante devono essere considerati pertanto in rapporto agli effetti prodotti dal substrato. Tuttavia, deve esistere anche la possibilità di equilibri che permettano la conversione di un diastereoisomero nell’altro, come succede nel caso dell’idrogenazione degli acidi acilamminoacrilici vista sopra. L’atomo chirale deve poi trovarsi abbastanza vicino al centro metallico per poter esercitare la sua influenza. Ne deriva la necessità di progettare catalizzatori adatti ai vari tipi di substrati e ai vari tipi di reazione e capaci di influenzare lo stadio che determina la chiralità.
I criteri generalmente seguiti per far fronte alla molteplicità di situazioni che si possono presentare risultano basati essenzialmente sulla modularità e sull’adattabilità. Nel primo caso il legante viene costruito a partire da un pool di molecole asimmetriche disponili in natura e/o con vari blocchi (gruppi funzionali, supporti ecc.), che costituiscono una famiglia e possono essere facilmente permutati come, per es., la classe del Josiphos della Solvias (derivati fosfinici del ferrocene) cui appartiene il catalizzatore della sintesi del metolachlor o le bifosfine Degussa per le idrogenazioni). Altre famiglie di leganti rappresentate dal QUINAP e dal PINAP (enantiomeri generati attraverso l’atropoisomeria, principio ispiratore oggi largamente seguito) sono molto efficaci nelle idroborazioni e nelle cicloaddizioni. Nel secondo caso (che può realizzarsi insieme al primo) vengono adattati gli angoli formati dai vari atomi coordinanti con il metallo o dai vari gruppi che costituiscono i leganti e le distanze relative. Sia i gruppi legati al fosforo delle fosfine, che determinano un cono dalla cui ampiezza dipende il loro ingombro sterico e il conseguente effetto sul complesso catalitico, sia la distanza tra gli atomi di un sistema chelante, che formano con il metallo un angolo la cui ampiezza può favorire atti elementari del processo catalitico come l’addizione ossidativa e l’eliminazione riduttiva, devono essere scelti opportunamente in relazione alle esigenze di ciascun substrato e reagente.
In una materia così soggetta a variabilità i criteri seguiti per la scelta dei leganti più adatti sono largamente empirici; tuttavia si possono individuare alcuni concetti generali di qualche utilità. I leganti che hanno avuto successo nelle prime grandi realizzazioni della catalisi asimmetrica erano bidentati e avevano simmetria C2 (asse di rotazione binario). La ragione di questo tipo di scelta risiedeva essenzialmente nel tentativo di diminuire il numero dei possibili isomeri di coordinazione evitando quindi percorsi di reazione indesiderati. Le bifosfine (DIOP, DIPAMP, DuPhos), le bis-ossazoline (BOX), gli 1,4-glicoli (TADDOL), i binaftili (BINOL, BINAP) e le bis-salicilaldimmine (SALEN) appartengono a questa classe. Successivamente si è ragionato che i due punti di coordinazione dei leganti bidentati esplicavano ruoli diversi in relazione alla loro posizione nella sfera di coordinazione del complesso catalitico, esercitando effetti sterici ed elettronici diversi. L’elaborazione di due siti diversi di coordinazione ha prodotto risultati brillanti come, per es., nel caso dei ferroceni a chiralità planare quale lo Xyliphos, usato per la sintesi del metolachlor. Altri leganti bidentati misti come quelli fosfinici-ossazolinici (PHOX) hanno dato ottimi risultati nella sostituzione allilica. Nel 2000 il pregiudizio che fossero necessari leganti bidentati nella sintesi enantioselettiva è stato superato quando sono stati riportati ottimi risultati nelle idrogenazioni con rodio impiegando fosfoniti, fosfiti e ammidi fosforose come leganti monodentati. Si sono anche fatte ulteriori interessanti osservazioni: l’aggiunta di altri leganti monodentati chirali aumenta l’enantioselettività di un legante monodentato; non solo, ma anche l’aggiunta di un legante non chirale come, per es., la tris-(o-tolil)-fosfina aumenta fortemente l’ee (fino al 99%). A parte i numerosi tentativi ancora in corso per realizzare leganti e catalizzatori su misura, rimangono aperti i problemi, comuni a tutti processi catalitici, del recupero dei catalizzatori (che, tuttavia, può non porsi quando l’efficienza catalitica è elevatissima) e dell’inibizione della catalisi a opera di reagenti, substrati o prodotti.
Un’alternativa alla sintesi enantioselettiva mediante catalizzatori contenenti leganti otticamente attivi consiste nell’uso, quando possibile, di reagenti o substrati otticamente attivi con leganti non chirali. Il solvente stesso può essere portatore di chiralità. Inoltre, la chiralità di una specie può essere trasferita da un solvente all’altro; per es., un catione ammonico quaternario otticamente attivo solubile in acqua può essere trasferito in toluene scambiando il suo controione con l’ossidrile. La sintesi asimmetrica non viene soltanto prodotta da catalizzatori organometallici. Un vasto campo di ricerca si riferisce ai catalizzatori organici, il cui esempio più significativo è offerto dalla prolina. Un derivato di quest’ultima si è rivelato molto efficace per realizzare l’addizione enantioselettiva di aldeidi a maleimmidi con rese intorno all’81%, rapporto fra i due diastereoisomeri (che si formano per la presenza di due atomi di carbonio asimmetrici) pari a 15:1, eccesso enantiomerico fino a oltre il 99%. La prolina otticamente attiva e gli amminoacidi in genere non solo inducono asimmetria ma amplificano la chiralità.
Va ricordato che il compito di realizzare sintesi enantioselettive è svolto in natura dagli enzimi, sia contenenti metalli sia puramente organici. Negli enzimi il centro di reazione è contornato e condizionato da leganti proteici che possono assumere un grande numero di conformazioni e regolare l’accesso allo stesso centro. Essi, pertanto, sono estremamente specifici e hanno anche il vantaggio di lavorare a temperatura e pressione ambiente. Frequentemente al posto degli enzimi si preferisce l’impiego di microrganismi. Questi ultimi sono in grado di produrre quei cofattori che spesso sono utilizzati stechiometricamente per realizzare processi come, per es., quelli di tipo ossidativo, che richiedono una catena di riducenti dell’ossigeno. Alcuni enzimi vengono adattati alla sintesi organica utilizzando substrati e solventi diversi da quelli su cui di solito operano.
Un recente criterio sfrutta metodi di mutagenesi (modificazione del codice genetico) di geni per la produzione di enzimi. Vengono in questo modo create librerie di enzimi risultanti da mutazioni da sottoporre a screening per la valutazione dell’eccesso enantiomerico che essi sono capaci di generare in una reazione catalitica, per es. l’idrolisi di un estere di un acido racemico prodotta dalla lipasi. Il processo di mutagenesi/screening può essere ulteriormente raffinato secondo una sorta di evoluzione direzionata. Certamente, tuttavia, l’approccio più ambizioso consiste nel cercare di creare enzimi artificiali aventi proprietà simili a quelle dei naturali ma con leganti diversi. Esiste nei leganti enzimatici un complesso di proprietà estremamente sofisticate dalle quali gli attuali catalizzatori chimici sono molto lontani. In particolare le proteine allosteriche possiedono due siti in posizioni distinte che possono comunicare tra loro e trasmettere segnali al sito che funge da centro di reazione. Questi leganti così complessi non sono per ora facilmente progettabili, tuttavia alcuni dei catalizzatori elaborati finora sono in grado di rivaleggiare con gli enzimi in termini sia di selettività sia di efficienza catalitiche.
Amplificazione della chiralità e rottura della simmetria
Nel nostro universo predominano forme enantiomeriche e, in assenza di agenti asimmetrici specifici, gli enantiomeri si formano in quantità eguale. Si è quindi portati a domandarsi come possa aver avuto luogo il processo di selezione di un singolo enantiomero. È stato proposto che una iniziale rottura della simmetria, dovuta a cause fisiche, possa aver prodotto un leggero eccesso enantiomerico, ma com’è stato possibile passare da questo agli enantiomeri puri che si trovano in natura? Recentemente sono stati scoperti alcuni processi chimici e fisici che portano all’amplificazione della chiralità. Essi sono basati su un modello teorico proposto da Sir Frederick Charles Frank (1911-1998), che aveva immaginato un modo per produrre autocataliticamente molecole arricchite partendo da una miscela racemica. Secondo Frank, se una molecola agisce da catalizzatore per la sua propria riproduzione e nello stesso tempo inibisce la produzione del suo enantiometro, vi sono le condizioni per il raggiungimento della purezza enantiomerica partendo da una miscela racemica. In questa maniera, se da due enantiomeri di segno opposto si forma un dimero più stabile di quelli che possono formarsi dalla combinazione di enantiomeri dello stesso segno, una reazione che li coinvolga come catalizzatori porterà all’amplificazione della chiralità dell’enantiomero che dovesse inizialmente trovarsi in leggero eccesso sull’altro. In modo particolare, secondo il modello matematico ulteriormente elaborato da Christian Girard e Henri B. Kagan, se un sistema metallico M forma un addotto stabile con R+S, mentre dà addotti labili con R+R o S+S, il risultato sarà che quantità eguali di R e S verranno sequestrate, mentre l’eccesso di R (oppure di S) verrà continuamente amplificato.
Un metodo sperimentale per l’amplificazione autocatalitica della chiralità è stato elaborato dal gruppo di ricerca del chimico Kenso Soai, che ha utilizzato come catalizzatore lo stesso prodotto di alchilazione proveniente dalla reazione di un’aldeide pirimidinica con il diisopropilzinco. Quest’ultimo catalizza così la sua propria formazione. Il catalizzatore nella sua forma dimerica contiene l’alcolato derivato dall’aldeide pirimidinica, prodotto nelle forme RR, SS o RS (fig. 6). La forma R comunque preferisce associarsi con quella S, realizzando un dimero piuttosto stabile, mentre gli altri due non hanno difficoltà a dissociarsi venendo probabilmente stabilizzati dal dialchilzinco. Se ora la reazione con l’aldeide viene effettuata utilizzando come catalizzatore una miscela di dimeri contenente un leggero eccesso di quello SS (oppure RR), questo si dissocerà, probabilmente complessandosi con il dialchilzinco, e la successiva reazione con l’aldeide porterà all’alcolato asimmetrico con amplificazione dell’eccesso enantiomerico a ogni ciclo di reazione.
Un’interpretazione alternativa del fenomeno di amplificazione, più semplice e convincente, è stata offerta da Donna G. Blackmond nei primi anni del 21° sec.: il catalizzatore è costituito dal dimero omochirale SS o RR e non dall’enantiomero. La differenza di reattività tra omo ed eterodimero viene esaltata dal processo autocatalitico. In altre parole, se nell’interpretazione di Soai la catalisi asimmetrica veniva generata dal monomero proveniente dalla dissociazione dell’omodimero in eccesso, la nuova interpretazione attribuisce direttamente agli omodimeri la reattività del monomero. Sono anche da segnalare recenti ricerche su catalizzatori organici: è stata osservata la rottura di simmetria in condizioni essenzialmente achirali nelle reazioni asimmetriche di Mannich e di condensazione aldolica. Si ipotizza un ruolo dei ponti d’idrogeno (fra un enantiomero del prodotto e substrato prochirale) nella formazione di composti con ee dallo 0,3% al 50,8%, provenienti dalla reazione di Mannich tra acetone e un’aldimmina. In base a calcoli teorici (DFT, Density Functional Theory), l’addotto del substrato enamminico con l’enantiomero S del prodotto P è favorito per 1,8 kcal rispetto a quello con l’enantiomero R. L’addotto viene attaccato dall’acetone in forma enolica.
Oltre all’approccio cinetico autocatalitico all’amplificazione chirale, è stato proposto un metodo termodinamico o meglio una serie di metodi basati sul differente comportamento degli enantiomeri puri e dei loro racemati nei riguardi della solubilità e della cristallizzazione. I chimici Martin Klussmann e D.G. Blackmond hanno dimostrato che è possibile ottenere soluzioni di amminoacidi fortemente arricchite in un enantiomero partendo da miscele quasi racemiche agendo sul loro comportamento in fase liquida, precisamente sulla loro composizione eutettica. Infatti, in condizioni di equilibrio isotermico un composto chirale non enantiomericamente puro rivela in acqua o altro solvente una composizione eutettica, indipendente dall’eccesso enantiomerico iniziale. Si consideri un amminoacido allo stato solido con un certo eccesso enantiomerico; quando si stabilisce l’equilibrio tra solido e soluzione in condizioni isotermiche si ha un sistema ternario consistente nella fase in soluzione e in due fasi solide distinte, il racemato, che contiene i due enantiomeri nel rapporto 1:1, e l’enantiomero puro in eccesso. Particolarmente significativo è l’esempio della serina con ee pari all’1%, che si scioglie in acqua con ee del 99%.
Ogni composto chirale ha il suo proprio eutettico. È possibile comunque influenzarne la composizione ricorrendo a un altro solvente. Per es., il gruppo di ricerca di Yoshihito Hayashi ha dimostrato che la prolina ha un eeeut≃58% in etanolo e >99% in cloroformio. Secondo Blackmond, ciò è dovuto all’incorporazione di una molecola di solvente nella struttura cristallina racemica della prolina, la cui solubilità viene modificata dalla formazione di ponti d’idrogeno. La modifica dell’eutettico attraverso l’aggiunta di una molecola capace di alterare la solubilità del solido di partenza offre pertanto un metodo generale per l’amplificazione della chiralità. Così l’aggiunta di acido fumarico alla valina cambia l’ee dell’eutettico dal 47% al 99%. È anche da segnalare che la cristallizzazione di miscele di amminoacidi può essere influenzata da un eccesso di d,l-asparagina. Quest’ultima già da sola passa da 59,7% a 88,9% ee nel corso di una ricristallizzazione dall’acqua, ma in presenza di altri amminoacidi induce la cocristallizzazione di tutti gli altri amminoacidi nella stessa forma enantiomerica che prevale per l’asparagina. La cristallizzazione rappresenta uno dei modi più efficaci per ottenere completa purezza ottica. L’autocatalisi non lineare e il riciclo dei cristalli ottenuti da un sistema contenente un composto intrinsecamente achirale in soluzione satura come il clorato sodico (NaClO3) o il bromato sodico (NaBrO3) in presenza dei rispettivi cristalli chirali d ed l sotto forte agitazione e contemporanea abrasione (realizzata attraverso l’impiego di palline di vetro) conduce a totale rottura della simmetria con formazione di cristalli enantiomericamente puri. Vale la pena di riportare le condizioni sperimentali per la loro estrema semplicità: 4 g di miscela di cristalli d ed l di NaBrO3 vengono prima macinati e successivamente mescolati con 5 ml di acqua sotto buona agitazione con barra magnetica (600 giri/min) in presenza di 6 g di palline di vetro del diametro di 4 mm. Dopo 8 ore, partendo da una miscela di cristalli con eccesso enantiomerico d del 5%, si ottiene il 100% di cristalli d (e viceversa partendo da ee 5% di l); mentre, impiegando il rapporto 1:1 tra cristalli d ed l, si ottiene lo stesso risultato dopo 24 ore senza preferenza per l’uno o l’altro enantiometro. L’agitazione e l’abrasione producono molte particelle cristalline che gradualmente passano in soluzione. D’altra parte la superficie dei microcristalli è continuamente soggetta a soluzione, secondo un processo termodinamicamente controllato nel corso del quale si perde la chiralità, che viene nuovamente riacquistata attraverso la crescita cristallina, cineticamente controllata, sui siti dei cristalli disponibili (con preferenza verso l’enantiomero più abbondante). Il continuo riciclo dei cristalli conduce così alla completa purezza ottica. L’eccesso enantiomerico iniziale, quando esiste, viene amplificato con formazione di cristalli dello stesso segno; se invece il rapporto d/l è pari a 1, può prevalere stocasticamente uno o l’altro enantiomero, sempre con completa purezza ottica. Due popolazioni di cristalli levogiri o destrogiri di NaClO3 o di NaBrO3 non possono quindi coesistere in soluzione: una delle due scompare attraverso un processo autocatalitico che alimenta l’altra. Si può affermare che la purezza chirale finale e totale sembra essere un’inesorabile esigenza nel corso di alcuni processi fisici.
Occorre osservare che, come è stato dimostrato da Klussmann e Blackmond attraverso la regola delle fasi, il sistema rappresentato da una sostanza achirale come NaClO3 o NaBrO3 in soluzione satura in equilibrio con i suoi cristalli enantiomorfi è diverso da quello di due enantiomeri in rapido equilibrio tra loro, in una soluzione satura in cui ciascun enantiomero è in equilibrio con i suoi propri cristalli (conglomerati, miscela meccanica di cristalli dei due enantiomeri, ciascuno contenente molecole omochirali). In questo secondo sistema, occorre realizzare un’efficace comunicazione tra i cristalli conglomerati attraverso la soluzione e la rapida equilibrazione (racemizzazione) delle due specie enantiomeriche. Nel 2008 è stato sperimentalmente provato dal gruppo di ricerca di Wim L. Noorduin che si possono ottenere singoli cristalli chirali a partire da miscele quasi racemiche di un derivato della fenilglicina attraverso la rapida racemizzazione catalizzata da DBU (1,8-diazabicicloundec-7-ene) e la cristallizzazione/ridisssoluzione sotto l’azione macinante esercitata da palline di vetro. Sia nel caso della perdita della chiralità nella dissoluzione dei cristalli in equilibrio con la soluzione satura di un composto chirale, sia nel caso della racemizzazione visto ora, appare necessaria per la completa purezza enantiomerica quella che è stata definita amnesia chirale delle molecole, cioè la perdita della memoria della loro storia nella fase solida.
La sublimazione costituisce un altro mezzo di amplificazione della chiralità. Analogamente a quanto osservato per la fase solido-liquida, si ha formazione di un enantiomero quasi puro anche nel processo di transizione solido-vapore. La serina infatti sublima con amplificazione chirale, forse attraverso la formazione di un ottamero. Altri amminoacidi comunque sublimano con amplificazione chirale ed è probabile che l’origine di questo comportamento risieda nella maggiore interazione intermolecolare nei racemati rispetto agli enantiomeri puri. Ciò corrisponde alla differente solubilità offerta da queste specie, osservata negli esperimenti di cristallizzazione.
Un altro modo di amplificazione della chiralità fa ricorso alla polimerizzazione degli amminoacidi che può essere facilmente indirizzata alla formazione di polimeri omochirali. Infatti il termine amminico dell’amminoacido è molto più suscettibile di epimerizzazione degli altri residui e può facilmente indurre la combinazione omochirale con un altro amminoacido. In presenza di un piccolo eccesso di un enantiomero si ha così un’amplificazione. Quest’ultima è tuttavia limitata se non si procede a una depolimerizzazione con formazione degli amminoacidi monomeri che ritornano in ciclo, secondo un modello elaborato da Raphaël Plasson. Questo consente di ottenere stati non racemici prodotti in sistemi lontani dall’equilibrio.
Un tipo di polimerizzazione di amminoacidi in soluzione acquosa salina per cloruro sodico in presenza di rame(II) mostra una preferenza verso la formazione di omodipeptidi con preponderanza dell’l-l rispetto al d-d nel caso dell’alanina. L’origine di questa preferenza non è ancora chiara, ma è stato ipotizzato un effetto selettivo dello ione rame(II) chirale.
È ancora da ricordare che la chiralità può essere amplificata attraverso il riconoscimento da parte di strutture che possono adottare una forma chirale come i polimeri elicoidali. Una piccola molecola chirale può indurre pertanto un avvolgimento preferenziale di una molecola polimerica e vedere così amplificata la propria chiralità. Il criterio è stato impiegato nella costruzione di vari aggregati sopramolecolari.
Significato per l’omochiralità biologica
Quanto descritto ha conseguenze importanti per la soluzione del problema dell’origine dell’omochiralità in natura. Ricerche recenti hanno dato una risposta alle domande riguardanti il modo attraverso il quale si è passati da un minuscolo eccesso enantiomerico alla purezza ottica completa sia attraverso cinetiche di autocatalisi in sistemi lontani dall’equilibrio sia attraverso sistemi di equilibrio termodinamico. Quale tra i modelli proposti sia stato messo in atto durante l’evoluzione biologica non è ancora stabilito. Ciò che rimane più incerto è il modo in cui si è rotta la simmetria iniziale che comprendeva parti eguali dei due enantiomeri. Si è visto che partendo da cristalli dei due enantiomeri si arriva in determinate condizioni a un enantiomero puro, ma la ragione per cui l’enantiomero levo sia favorito per gli amminoacidi e quello destro per gli zuccheri non è ancora chiara.
Si è postulato che la rottura iniziale della simmetria sia dovuta all’asimmetria intrinseca delle leggi fisiche relative alle interazioni deboli (violazione della parità), oppure a un ambiente asimmetrico, dovuto, per es., alla luce circolarmente polarizzata (osservata negli spazi interstellari), che potrebbe distruggere preferenzialmente un enantiomero, o a radiazioni β, o ai cristalli di quarzo o all’effetto di rotazione della Terra. Si tratta però di effetti troppo modesti per costituire una spiegazione valida. Maggiore probabilità hanno le fluttuazioni statistiche intorno al rapporto esatto tra gli enantiomeri nel racemo. La deviazione standard è pari all’inverso della radice quadrata del numero delle particelle chirali e per quanto piccola potrebbe essere all’origine di una rottura di simmetria, successivamente amplificata attraverso i sistemi già visti. Sotto questo aspetto è di particolare importanza la rottura di simmetria che può verificarsi nel corso della cristallizzazione, cui si è accennato in precedenza. Recentemente Cristóbal Viedma ha proposto l’idea che un processo di crescita-soluzione di cristalli di amminoacidi o di loro polimeri con racemizzazione continua possa portare alla purezza enantiomerica nella fase solida in condizioni prebiotiche. È anche da ricordare che la cristallizzazione enantioselettiva di amminoacidi racemici può indurre la risoluzione spontanea con la stessa enantioselettività di altri amminoacidi presenti, e questo potrebbe giustificare la predominanza di l-amminoacidi sulla Terra. Da menzionare che amminoacidi con eccesso enantiomerico della forma levogira sono stati trovati nella meteorite di Murchison. Un recente risultato di un lavoro sperimentale (Breslow, Levine 2006) ha confermato come la l- fenilalanina con 1% ee passi al 90% ee attraverso due successive evaporazioni della soluzione acquosa, che provocano la precipitazione del racemato (meno solubile dell’enantiomero puro). Si tratta di un evento che potrebbe verificarsi in condizioni prebiotiche. In tali condizioni, comunque, potrebbero verificarsi anche i processi di sublimazione appena visti e altri ancora come la sublimazione dell’acido S-α-triflorometillattico, che all’aria aperta e a temperatura ambiente passa dal 74% ee al 99,5% ee.
In riferimento alla rottura di simmetria attraverso processi di cristallizzazione, Soai ha mostrato come la citosina achirale possa dare luogo a una forma otticamente attiva, ad arrangiamento elicoidale destrogiro o levogiro, per cristallizzazione da metanolo sotto agitazione. La citosina è un costituente essenziale del DNA e dell’RNA (RiboNucleic Acid) ed è ragionevole pensare che abbia avuto origine in condizioni prebiotiche prima dell’emergenza del mondo RNA. Soai ha utilizzato un cristallo chirale per ottenere la reazione di un’aldeide pirimidinica con il diisopropilzinco. Quando quest’ultimo reagisce con l’alcol pirimidinico prodotto nella fase iniziale della reazione si viene a generare, per effetto della struttura elicoidale del cristallo di citosina, un lieve eccesso enantiomerico. Ripetendo cicli successivi di reazione, l’alcol così prodotto presenta un ee di oltre il 99,5% della forma S partendo da un cristallo di citosina levogiro o della forma R partendo da un cristallo destrogiro. Pur tenendo conto che la reazione usata per dimostrare l’amplificazione della chiralità non è di interesse biologico, il risultato è molto significativo per la spiegazione dell’origine dell’omochiralità biologica.
Prospettive di utilizzazione pratica
I metodi elaborati dalla chimica per la sintesi di sostanze omochirali troveranno sempre più ampia applicazione, soprattutto nel campo farmaceutico, dove vi è l’obbligo di mettere in commercio solo enantiomeri puri, in quanto passando da un enantiomero, capace di esercitare una certa azione terapeutica, all’enantiomero di segno opposto si possono riscontrare effetti molto diversi, in qualche caso anche mortali. Esistono comunque altre aree, che si riferiscono all’alimentazione, all’igiene personale e simili in cui ci si può aspettare un obbligo analogo. La moderna sintesi asimmetrica diventa sempre più complessa e contempla anche l’introduzione di diversi atomi asimmetrici nella stessa molecola. L’impiego di catalizzatori consente di ottenere il risultato desiderato, superando così la necessità tipica della sintesi convenzionale di proteggere e di manipolare gruppi funzionali. La sintesi della stricnina di Mori, largamente basata sull’impiego del palladio come catalizzatore, offre un chiaro esempio della potenzialità dei nuovi metodi. Realizzare la sintesi diretta dell’enantiomero desiderato allo stato puro ha poi conseguenze importanti dal punto di vista ambientale, in quanto si evita la necessità di eliminare l’enantiomero non voluto. La ricerca dovrà continuare a definire i migliori leganti e catalizzatori per ogni singolo processo, in fase sia omogenea sia eterogenea.
I recenti sviluppi, che hanno dimostrato la possibilità di trasferire la chiralità di un cristallo a un sito catalitico diverso, offrono un ampio panorama di prospettive che potranno portare a ulteriore semplificazione e miglioramento della sintesi asimmetrica. È facile prevedere che nella sintesi organica ci si avvicinerà sempre più al comportamento altamente specifico degli enzimi. Anche nel campo della chimica dei materiali le sostanze chirali giocheranno un ruolo via via più importante. Sono stati già menzionati esperimenti di amplificazione della chiralità indotta da enantiomeri in polimeri elicoidali. I movimenti connessi con il cambiamento di strutture elicoidali implicano cambiamenti a livello macroscopico che possono essere sfruttati per la costruzione di congegni molecolari come, per es., nel campo dei cristalli liquidi e dei motori molecolari.
Bibliografia
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