Omosessualità
L'omosessualità viene oggi generalmente definita sia come una condizione soggettiva caratterizzata dalla tendenza a rivolgere l'interesse libidico verso persone del proprio stesso sesso, sia come una categoria culturale di identità che ha importanti implicazioni sociali, politiche ed economiche per lo studio comparativo della sessualità e della società. Un numero crescente di ricerche interculturali - principalmente storiche, antropologiche e sociologiche - ha modificato il nostro approccio all'omosessualità, offrendo nuovi spunti teorici e una ricca messe di analisi empiriche del fenomeno nelle diverse società ed epoche storiche.
Storicamente, le origini della categoria 'omosessualità' sono da ricercarsi nelle nozioni ottocentesche di peccato, malattia, degenerazione e inversione morale, cui è sottesa l'immagine di una donna intrappolata in un corpo maschile, o di un corpo maschile con un cervello femminile. Tuttavia lo studio sociologico dell'omosessualità ha aperto la strada a un ripensamento di queste idee, dimostrando come nei rapporti omosessuali siano coinvolti ruoli sociali, atteggiamenti e norme concernenti l'espressione dell'identità sessuale, in particolare nel contesto della vita pubblica. Le ricerche più recenti hanno inoltre messo in luce in che modo l'omosessualità intersechi la dicotomia convenzionale tra genere e sesso.
È emersa sempre più evidente l'esistenza di una sostanziale diversità tra l''omosessualità' nelle società premoderne non occidentali e i modelli di relazioni omosessuali tipici delle società occidentali contemporanee, e ciò ha portato a mettere in discussione l'idea che vi sia una categoria universale di omosessualità comune a tutte le epoche e società, e che sia possibile una descrizione in termini assoluti del comportamento omosessuale sia sul piano storico-culturale, sia sul piano dello sviluppo individuale. Queste nuove analisi, infine, indicano che il riconoscimento di se stessi quali portatori della specifica identità culturale di 'omosessuale' (gay/lesbica) costituisce un fenomeno limitato esclusivamente alle società occidentali dell'ultimo quarto di secolo, in cui il soggetto si presenta come attore autonomo e individuale.
Le ricerche più recenti distinguono all'interno dell'omosessualità varie forme storico-culturali di comportamento e identità sessuale, alle quali corrispondono diversi modelli di relazioni sociali. Il concetto stesso di omosessualità, considerato come concetto specifico, va storicizzato, mettendolo in relazione con una serie di idee che emergono solo a partire dall'età moderna, dapprima nell'Europa occidentale e più tardi nelle società nordamericane. In generale, la contrapposizione eterosessuale/omosessuale è stata considerata essenziale, naturale e normale nel mondo occidentale soltanto a partire dall'età moderna. In effetti, come hanno dimostrato le ricerche storiche e antropologiche, tale dicotomia tipicamente occidentale è probabilmente una conseguenza della transizione alla modernità, sebbene le cause e i motivi non siano ancora del tutto chiari. All'affermarsi di questo modello dualistico possono aver contribuito fattori quali l'istituzionalizzazione dei valori della classe media borghese, la laicizzazione della medicina sociale e lo sviluppo della sanità pubblica, l'emergere di una concezione individualistica delle pulsioni erotiche e dell'identità, la preminenza attribuita alla funzione riproduttiva nell'ambito della famiglia nucleare tipica della società moderna.Il termine 'omosessualità' è un composto derivato dall'aggettivo greco ὁμόϚ ('lo stesso'), e non dal latino homo ('uomo'), e quindi si riferisce alle relazioni sessuali tra uomini o tra donne, in quanto persone dello stesso sesso.
Tuttavia, nell'uso invalso a partire dalla fine del XIX secolo si è affermata una distinzione tra 'omosessualità' come contatto socio-sessuale tra partners maschili e 'lesbismo' come contatto socio-sessuale tra partners femminili, dove la forma maschile è diventata lo stereotipo culturale specifico, soprattutto nell'ultimo secolo. Questa tipologia era stata preceduta da altri termini - in particolare 'sodomita' (maschio) e 'saffica' (femmina) nel XVI secolo, mentre in seguito, alla fine dell'Ottocento, si afferma la nozione di 'bisessualità'. Nel nostro secolo, nelle aree urbane e poi anche in quelle rurali sono emersi nuovi termini: 'gay' (maschio), 'lesbica' (femmina) e, nei paesi di lingua anglosassone, 'queer' (sia maschio che femmina). Sebbene la nozione di 'omosessualità' denoti un ampio spettro di categorie di identità come quelle appena menzionate, essa non va confusa con altri concetti - specialmente quelli sessuologici di 'inversione', 'perversione', 'pedofilia', 'sodomia', 'androginia', 'transessualità', 'travestitismo', 'ermafroditismo' - che ricorrono di frequente nella letteratura sociologica del passato come sinonimi di 'omosessualità', ma che nondimeno designano fenomeni diversi.
Le distinzioni tra le diverse forme di omosessualità si basano su un'altra distinzione derivante dal campo medico-sessuologico e affermatasi negli ultimi anni: quella tra sesso e genere. Secondo la definizione fornita da John Money e Robert Stoller nei loro scritti di psichiatria e di psicologia, 'sesso' indica l'insieme degli elementi biologici (geni, gonadi, organi riproduttivi, ecc.), mentre 'genere' denota un complesso di ruoli, funzioni e identità appresi e strutturati culturalmente ('femminilità' e 'mascolinità'). Questa struttura dualistica è stata oggetto di varie critiche; in particolare, è stato rilevato che essa postula impulsi biologici di natura astorica e asociale, e si basa sulla contrapposizione culturalmente ambigua biologia/cultura, o cultura/natura (v. Vance, 1991). Come ha dimostrato Laqueur (v., 1990) in un excursus storico dall'antichità greca alla fine del XIX secolo, le distinzioni tra 'sesso'/'sessualità' e 'eros'/'corpo' erano in passato piuttosto rare e raramente esplicite, legate a un contesto specifico o a particolari relazioni sociali. Il concetto di 'genere', invece, è un tipico prodotto del XX secolo. Negli scritti di Freud, ad esempio, esso non compare come concetto specifico; alla base della teoria freudiana della personalità e della sessualità vi è l'idea di ruoli o identità sessuali socialmente strutturati, distintivi della femminilità o della mascolinità in quanto tali.
Secondo la teoria della sessualità dell'Ottocento, quindi, nell'omosessualità entravano in gioco sia fattori biologici che fattori socioculturali. Ad esempio, la nozione di 'inversione' implicava l'idea di un rovesciamento dello sviluppo sessuale 'normale' e dei ruoli maschile/femminile: secondo la dottrina del cosiddetto 'ermafroditismo psichico' (sostenuta tra gli altri da K.F. Ulrichs, Havelock Ellis e Sigmund Freud) un individuo di sesso maschile assumerebbe il ruolo della donna nel rapporto sessuale a causa della presenza di un cervello femminile o di altri tratti biologici femminili.Le recenti acquisizioni nel campo della storia sociale e culturale dell'omosessualità hanno contribuito a mutare radicalmente molte delle nostre opinioni.
Nel mondo occidentale l'omosessualità è già attestata nelle società antiche - la Grecia omerica, il tardo Impero romano, il Medioevo e l'ultimo scorcio dell'età premoderna. Secondo alcuni studiosi l'omosessualità quale costruzione ontologica ed epistemologica specifica sarebbe un'invenzione dell'età moderna, le cui origini andrebbero ricercate nella psicologia popolare e nella medicina del XVIII secolo, nello sviluppo della sanità pubblica e successivamente nella sessuologia come scienza dei disturbi della sessualità 'normale'. Foucault (v., 1976-1984), nella sua famosa Storia della sessualità, individua l'origine dell'omosessualità come categoria nella classificazione medica delle conoscenze, nelle tecnologie e nelle forme di manipolazione del potere tipiche dell'epistemologia e dell'economia politica dell'Ottocento europeo: "L'omosessualità è emersa come una delle forme della sessualità quando fu trasformata da pratica della sodomia in una sorta di androginia interiore, in un ermafroditismo. Il sodomita era stato un'aberrazione temporanea, l'omosessuale costituiva ora una specie". La ricerca più recente tuttavia smentisce questa tesi, e colloca la comparsa dell'identità omosessuale nell'età premoderna.
Alcuni studiosi della prima età moderna, come Randolph Trumbach (v., 1994) per l'Inghilterra e Theo Van der Meer (v., 1994) per l'Olanda fanno risalire l'emergere dell'identità del 'sodomita' (da 'sodomia', che significa 'rapporto sessuale innaturale', definita convenzionalmente come comportamento sessuale non riproduttivo) all'inizio del XVIII secolo. Secondo le concezioni dell'epoca, l'attrazione omosessuale era un fenomeno normale: gli uomini potevano amare fanciulli dalla pelle levigata e le donne graziose fanciulle, senza che ciò violasse i codici sessuali del periodo. Sinché non si verificava la penetrazione genitale, i rapporti omosessuali non mettevano in discussione la struttura patriarcale della società. Gli attori erano classificati come 'ermafroditi'; le donne omosessuali, per le quali presto si conierà il termine 'saffiche', venivano esaminate per scoprire la presenza di un clitoride più grande del normale, un segno culturale ma non fisico di ermafroditismo. Nel XVIII secolo dunque emergeva la 'sodomia' quale nuova categoria per indicare le inclinazioni e le pratiche omosessuali in varie società dell'Occidente europeo. Queste ricerche storiografiche indicano che già nelle classificazioni della cultura locale e della psicologia popolare del XVIII secolo è presente quel complesso di idee relative al corpo, al sesso/genere, all'eros e all'interesse libidico verso persone del proprio sesso che contribuiranno a definire la categoria 'omosessualità' con un secolo d'anticipo rispetto all'epoca fissata da Foucault.La categoria dell'omosessualità è dunque un costrutto culturale proprio delle società occidentali, fondato sull'identificazione tipicamente ottocentesca tra sessualità e rapporti eterosessuali riproduttivi 'naturali'; tutti gli altri comportamenti sessuali sarebbero invece 'innaturali' o 'anormali'. Alla base della concezione vittoriana dell'omosessualità (che Foucault ebbe a definire 'segreto di dominio pubblico') vi era una visione del mondo espressa in termini dualistici: maschio/femmina, eterosessuale/omosessuale, e in ultimo natura ('naturale')/cultura ('innaturale', come nella categoria della sodomia).Il tentativo di ricostruire i contesti storici, culturali e sociali dell'omosessualità ha portato a un nuovo modo di pensare la geografia sociale del fenomeno nelle diverse culture del mondo.
Lo studio comparato dimostra che le forme di omosessualità note sin dall'antichità sono collegate alle condizioni storiche e culturali dell'evoluzione e dell'adattamento dell'uomo. Data la difficoltà di comparare le diverse forme di relazioni omosessuali nel tempo e nello spazio, si rivela utile creare un costrutto analitico che non dipenda dalle definizioni e dalle teorie della sessualità occidentali. Tale concetto è quello di 'cultura sessuale', che si riferisce al modello consensuale di principî e norme culturali relativi al comportamento sessuale di un determinato gruppo. Un modello di cultura sessuale è definito da un complesso di norme, valori, credenze e significati concernenti la natura e il fine della sessualità. Si tratta di un sistema morale e affettivo che istituzionalizza ciò che in una comunità di attori è percepito come 'normale, naturale, necessario o approvato'. L'efficacia dei modelli cognitivi e affettivi risiede nel rigore con cui vengono sanzionati e puniti i comportamenti che violano le norme di un gruppo. Una cultura sessuale che funziona efficacemente include ed esclude in virtù di tradizioni consolidate e di norme, comprese quelle relative ai ruoli sessuali, su cui si fonda la coesione del gruppo. Il sesso/genere inoltre media tali norme, nella misura in cui i modelli tradizionali di espressione della mascolinità/femminilità nella società, attraverso ruoli, funzioni, posizioni di status e sistemi di scambio, influenzano i comportamenti e le pratiche sessuali.
Gli antropologi hanno riconosciuto quindi quanto sia importante studiare non solo il contesto culturale in cui si collocano le relazioni omosessuali, ma anche i sistemi simbolici di credenze, regole, norme e ruoli sessuali che formano la 'cultura sessuale' di un popolo, attraverso la quale vengono fissate la classificazione collettiva delle categorie sessuali e le identità simboliche che vi corrispondono. Tali classificazioni, al pari dei dispositivi simbolici e delle pratiche sociali mediante cui vengono istituzionalizzate, dipendono dalla presenza di categorie per l'attribuzione del sesso e per la socializzazione ai ruoli maschile, femminile e androgino normativamente definiti. In questo quadro il percorso della vita sessuale si configura come percorso di sviluppo dall'infanzia alla vecchiaia. In queste pratiche, e nelle classificazioni ontologiche che ne derivano, sono racchiuse determinate concezioni dei sentimenti, dell'eros, del corpo, degli impulsi sessuali, degli stati soggettivi legati al sesso/genere, nonché determinati modi di percepire gli oggetti - come un altro corpo - attraverso cui il desiderio sessuale si esprime e viene soddisfatto. Ogni tradizione, ogni cultura sessuale elabora una teoria locale della natura umana e della natura sessuale, e stabilisce le condizioni per acquisire lo status adulto e le capacità sessuali e riproduttive. Il riferimento a un siffatto sistema globale di valori e di norme consente di fornire un'analisi assai più soddisfacente dell'eros, dei sentimenti e delle pratiche omosessuali nelle diverse società ed epoche storiche.Il grado di tolleranza e di considerazione per le relazioni omosessuali varia notevolmente da cultura a cultura.
Il rapporto tra la cultura sessuale e il sistema dei principî e dei valori culturali è di cruciale importanza per capire le variazioni interculturali del comportamento sessuale. In generale, le società non occidentali si dimostrano più tolleranti verso la diversità dei comportamenti sessuali, la cui legittimità dipende dal contesto e dalla capacità dell'attore di realizzare determinati valori normativi, laddove - sempre in generale - le culture occidentali a partire dall'età moderna tendono a disapprovare e a punire l'omosessualità. I rapporti omosessuali violano numerosi ideali culturali relativi alla natura umana - e nella fattispecie alla sessualità - propri della tradizione occidentale. In molti paesi, ad esempio, uno di tali ideali culturali è rappresentato dal matrimonio monogamo in cui l'attività sessuale è finalizzata alla procreazione, e le deviazioni da questa norma possono essere soggette a sanzioni, per quanto lievi. La socializzazione sessuale in molte culture occidentali è condizionata da concezioni e definizioni della sessualità attinte dal sapere biologico, da idee moralistiche concernenti il 'giusto comportamento' e le terribili conseguenze cui si va incontro violando i tabù sessuali. Spesso questi ideali normativi sono più restrittivi per il genere femminile che non per quello maschile, con forme di egemonia predominanti che ammettono, ad esempio, il 'doppio standard' di monogamia per le donne e di relazioni extraconiugali, anche omosessuali, per gli uomini.
Sono stati proposti molti modelli per spiegare le variazioni storiche e interculturali nelle relazioni omosessuali, ma lo schema seguente, frutto delle ricerche accumulatesi nel corso dei decenni, è senz'altro il più completo e attendibile. Esso identifica cinque forme distintive di struttura relazionale, che comprendono: 1) relazioni strutturate in base all'età; 2) relazioni basate sulla trasformazione di genere; 3) relazioni basate sul ruolo; 4) relazioni segrete; 5) relazioni socialmente legittimate.
I sistemi sociali e culturali in cui le relazioni omosessuali sono strutturate in base al criterio dell'età sono estremamente importanti per lo studio comparato delle forme di omosessualità nell'antichità e nell'epoca moderna. Il modello delle relazioni omosessuali basate sull'appartenenza dei partners a differenti classi/gradi d'età o generazioni è il più antico e il più diffuso nel mondo. L'età del partner più giovane varia nei diversi sistemi culturali, e può andare dall'infanzia alla tarda adolescenza o alla prima età adulta. Tra i Sambia del Territorio dei Papua in Nuova Guinea, ad esempio, le relazioni omosessuali di questo tipo cominciano all'età di sette-dieci anni, con l'iniziazione collettiva di un gruppo di giovani di una classe d'età a una società segreta di uomini, che prescrive e incoraggia queste pratiche per molti anni (v. Herdt, 1984). Come hanno messo in luce autori quali Herdt, Adam, Greenberg e Murray, anche i ruoli possono variare, a seconda della struttura economica e sociale del gruppo, delle sue concezioni relative al potere e alla gerarchia.Storicamente, le relazioni omosessuali strutturate in base all'età si ritrovano in varie culture indoeuropee, probabilmente a partire dall'antichità classica se non ancora prima, come sostengono tra gli altri Jan Bremmer, sir Kennet Dover e Bernard Sergent. In alcune società premoderne, ad esempio, erano ammesse relazioni omosessuali maschili intergenerazionali, che non disonoravano e non 'femminilizzavano' il fanciullo, né violavano il ruolo sessuale maschile dell'adulto, nella misura in cui tra di essi non avveniva un'inversione dei ruoli attivo/passivo. La poesia rinascimentale mutuava dai classici - Orazio in particolare - le espressioni dell'amore omosessuale, a volte idealizzandole. Ne sono un esempio i sonetti di Shakespeare, in cui traspare un'esplicita accettazione dell'amore omosessuale, specialmente per gli avvenenti giovani ammirati a corte (v. Smith, 1991). Altre significative testimonianze dell'esistenza di pratiche di questo tipo provengono dall'Italia medievale, in cui a quanto pare circa un terzo degli uomini era accusato di sodomia.
In alcune aree si possono ritrovare delle sopravvivenze di questo modello intergenerazionale di relazioni omosessuali. Nel continente africano, ad esempio, il caso più noto di relazioni omosessuali uomo/fanciullo è quello dei guerrieri della tribù Azande, studiata da Evans-Pritchard. Per un certo periodo di tempo un giovane e un adulto formavano una coppia stabile, anche in periodo di guerra; il giovane cucinava e sbrigava le faccende per il guerriero più anziano, oltre a fungere da suo partner sessuale. Questa pratica precoloniale probabilmente è da tempo scomparsa, ma una sua sopravvivenza si può ritrovare in Sudafrica tra i minatori immigrati provenienti dalle tribù dell'hinterland, che spesso instaurano relazioni omosessuali con compagni più giovani; questi ultimi, oltre che cucinare e svolgere le faccende domestiche, fungono anche da 'mogli' o da partners sessuali degli uomini più anziani, spesso per periodi di tempo prolungati.Gli studi antropologici più completi e approfonditi su questo modello di relazioni omosessuali si riferiscono all'Oceano Pacifico meridionale e alla Melanesia, in particolare alla Nuova Guinea. L'esistenza di tali pratiche in queste aree era nota al mondo occidentale già dai resoconti degli antropologi dell'Ottocento, che parlavano in proposito di 'sodomia', di 'omosessualità' e più tardi di 'omosessualità ritualizzata' (v. Herdt, 1981). Con l'accrescersi delle conoscenze e con il mutare delle teorie, tuttavia, la consapevolezza delle connotazioni peggiorative insite in queste definizioni, nonché dell'illegittimità di una loro applicazione a società e culture profondamente differenti da quelle occidentali (dalle quali deriva appunto la categoria di identità 'omosessuale'), ha indotto gradualmente gli studiosi ad adottare un'altra formula, quella di 'pratiche di inseminazione del giovane'. Scopo di tali pratiche sociali era quello di favorire la crescita dei giovani maschi e 'renderli uomini', preparandoli ai compiti sociali e riproduttivi: comportamenti sessuali, ruoli sociali e sistemi ontologici erano quindi implicati nello stesso complesso istituzionale.
Nell'area culturale del Pacifico meridionale i riti di inseminazione del giovane erano praticati in epoca precoloniale da circa sessanta società, sparse nelle aree periferiche del Territorio dei Papua in Nuova Guinea e in alcune isole al largo della Melanesia: in particolare tra i Big Nambas, i Sambia, i Baruya, gli East Bay e i Gebusi. Alcuni antropologi della fine del secolo, tra cui sir Alfred Haddon, Paul Wirtz e Jan Baal, e in epoca più recente Gilbert Herdt e Bruce Knauft, hanno avanzato l'ipotesi che all'origine di tali pratiche omosessuali istituzionalizzate vi fossero le ondate migratorie di gruppi di lingua Papua o non austronesiana verificatesi circa 10.000 anni fa. Alcuni elementi linguistici - principalmente liste di vocaboli -, la diffusione di determinate pratiche rituali e i parallelismi strutturali e morfologici dei miti e delle leggende sembrano indicare che in età preistorica gruppi di cacciatori e raccoglitori emigrarono in Melanesia portando con sé un antico rituale basato su pratiche e credenze relative al seme maschile, non dissimile da quelli noti dai resoconti antropologici. In questo modello culturale lo sperma è considerato un elisir di vita, un fattore vitale di crescita e di benessere, nonché il mezzo per la produzione della virilità e delle virtù del guerriero. Lo sperma, quindi, è considerato alla stessa stregua del sangue e del latte, e gli viene attribuito il potere magico di trasformarsi in latte materno, in tessuto fetale, in muscoli e in altri elementi che concorrono allo sviluppo sia fisico che spirituale. Di conseguenza alcune società melanesiane, tra cui i Sambia, credono che solo l'inseminazione produrrà i risultati desiderati, poiché questo fluido non è presente 'naturalmente' nel corpo umano e deve essere scambiato e acquisito attraverso le adeguate relazioni sociali e morali stabilite dal rituale.
Tutte le pratiche melanesiane di inseminazione del giovane a noi note presentano una struttura gerarchica, nel senso che il ruolo sessualmente attivo è riservato al maschio più anziano: questi è sempre il donatore del seme, mentre il giovane è colui che lo riceve. In cambio del dono del seme il maschio adulto riceve il dono del piacere e la conferma sociale di aver raggiunto lo status adulto agli occhi della comunità. La stessa struttura gerarchica che caratterizza le relazioni omosessuali intergenerazionali si ripresenta anche nel matrimonio e nei rapporti eterosessuali. Le possibili eccezioni a questo principio di non reciprocità che impronta i rapporti omosessuali uomo/fanciullo - riportate da Davenport per gli East Bay e da Tobias Schneebaum per la società Asmati - sono state recentemente analizzate da Herdt (v., 1993), il quale ha avanzato l'ipotesi che si tratti di fenomeni legati al mutamento sociale postcoloniale, che peraltro lasciano intatto il principio gerarchico che impronta tutte le relazioni omosessuali tradizionali.
Anche in Melanesia, come nel resto del mondo, i casi di relazioni omosessuali femminili sono piuttosto rari. Herdt (v., 1984) riferisce alcuni resoconti ipotetici e incompleti di relazioni omosessuali femminili istituzionalizzate, il più attendibile dei quali riguarda la famosa società dei Big Nambas delle Nuove Ebridi (l'attuale Vanuatu; v. Deacon, 1934; v. Allen, 1984).Per illustrare il complesso di credenze e di idee che sono alla base dei riti di inseminazione del giovane possiamo far riferimento al caso dei Sambia, una piccola tribù di cacciatori e orticoltori dell'altopiano sudorientale del Territorio dei Papua. I Sambia hanno una società acefala, un sistema di discendenza patrilineare, un modello di residenza patri/virilocale e un'economia basata sulla produzione di igname. La guerra è un fenomeno molto frequente nel loro territorio, e per questa ragione i Sambia configurano il loro culto di iniziazione alle società segrete degli uomini come un meccanismo di riproduzione delle virtù guerriere. Le relazioni eterosessuali sono tradizionalmente improntate all'ostilità, in quanto gli uomini temono la contaminazione del sangue mestruale e lo sperpero del loro seme. I Sambia credono che il corpo maschile non possa raggiungere la maturità (o la virilità) senza interventi rituali. Dopo che i giovani sono stati iniziati (tra i sette e i dieci anni) e ogni traccia 'femminile' è stata rimossa dal loro corpo mediante riti alquanto dolorosi, essi vengono inseminati attraverso rapporti orali affinché possano crescere, diventare forti e riprodursi. I maschi più giovani, dai sette ai quattordici anni, vengono inseminati da uomini più anziani non sposati sino alla cerimonia della pubertà che segnala il loro passaggio al terzo stadio, dopo il quale diventano a loro volta donatori del seme per un nuovo gruppo di iniziati più giovani. In base alle norme prescrittive dei Sambia i ragazzi di quindici anni e più possono inseminare iniziati più giovani per anni, sinché non si sposano e diventano padri. In base al sapere sacro e ai dogmi delle società segrete degli uomini, gli scapoli sono 'sposati' ai maschi più giovani ricevitori di seme - come è simbolizzato nel rito segreto dei flauti, il cui potere è esso stesso opera di spiriti femminili. Con la paternità le relazioni omosessuali con i fanciulli devono cessare, poiché esse comprometterebbero il matrimonio e i doveri degli uomini verso i propri figli. Questo schema di vita viene seguito da quasi tutti gli uomini, ma alcuni non riescono ad attuare la transizione dalle relazioni omosessuali a quelle eterosessuali, e continuano a preferire i giovani maschi (v. Herdt e Stoller, 1990).
Le pratiche di inseminazione del giovane delle varie società melanesiane presentano una serie di elementi comuni, che possiamo enumerare come segue.
1. I riti di iniziazione o di passaggio alla pubertà attraverso cui avviene la formazione di relazioni omosessuali sono di natura collettiva, non individuale.
2. Le pratiche omosessuali sono presiedute e benedette da spiriti ancestrali o da esseri sovrannaturali; di conseguenza l'omosessualità è indissolubilmente legata al sacro, allo sviluppo spirituale della persona e all'aldilà.
3. Le relazioni omosessuali vengono razionalizzate in ruoli sociali, in genere basati sulla classe d'età, che comportano l'ingresso nelle società segrete degli uomini strutturate gerarchicamente, o perlomeno l'accesso a pratiche semisegrete da cui sono escluse le donne e i fanciulli non iniziati; la legittimità di questi ruoli è fissata da una serie di norme che stabiliscono chi può detenere un determinato status o avanzare nella scala delle posizioni di status.
4. Le credenze rituali legittimano e razionalizzano le pratiche di inseminazione assimilando il seme maschile all'elisir virile per eccellenza, da cui dipendono la maturazione sia fisica che sociale e la capacità riproduttiva, ma non operano alcuna distinzione tra l'inseminazione finalizzata alla maturazione psicosociale e quella finalizzata alla riproduzione, attribuendo a esse un eguale rilievo nel ciclo di vita maschile.
5. Le regole della parentela e del matrimonio governano anche la formazione delle relazioni omosessuali uomo/fanciullo: ad esempio, i tabù dell'incesto rispecchiano quelli vigenti nelle relazioni eterosessuali, proibendo i rapporti sessuali con determinate categorie di parenti (padri, fratelli, ecc.). A volte il tabù dell'incesto viene infranto, ma solo tra cugini o parenti lontani (per il caso dei Sambia v. Herdt, 1987).
6. Gli ideali culturali prescrivono che l'inseminatore debba essere un mentore strutturalmente identificato; in genere si tratta del cognato del giovane - designato a volte metaforicamente come 'fratello della madre' - e ciò potrebbe indicare che la sorella del ragazzo sia ceduta in moglie a condizione che il maschio anziano fornisca il dono del seme e della 'crescita' per compensare il gruppo che dà la donna della perdita di risorse riproduttive femminili.
7. Le tecniche erotiche omosessuali nelle società melanesiane sono limitate al rapporto orale (fellatio) e al rapporto anale; più rare sono le pratiche masturbatorie, utilizzate per spalmare il seme sul corpo del giovane. In tutti i casi conosciuti queste pratiche sono mutuamente esclusive, sicché fellatio e sesso anale non ricorrono mai insieme in una stessa società, o nel suo modello tradizionale di relazioni uomo/fanciullo.
La storia culturale di queste pratiche dimostra quanto sia illegittimo considerarle unicamente sotto l'aspetto sessuale, o all'inverso eliminare la componente erotica affermando che esse riguardano unicamente la produzione sociale del potere o del sistema politico-economico a dominanza maschile. L'omosessualità in Melanesia rappresentava una forma tradizionale di economia sociale, ed era un'istituzione altrettanto complessa e variegata quanto l'omosessualità maschile intergenerazionale della Grecia omerica o del Giappone feudale. In queste due culture il corpo, l'onore e lo spirito dei partners erano coinvolti in un complesso rituale, incentrato sulla figura del guerriero, tanto antico e culturalmente pervasivo che appare legittimo istituire un parallelismo tra queste tradizioni.
Una seconda forma di relazioni omosessuali è quella in cui uno dei partners assume il ruolo, l'abbigliamento e gli ornamenti dell'altro sesso. In questo modo il genere 'biologico' dell'attore viene trasformato nel genere 'culturale' dell'altro, dando luogo apparentemente a un sistema bisessuale il quale richiede che le caratteristiche maschio/femmina, maschile/femminile vengano ricreate culturalmente. Questo modello è diffuso nell'area del Pacifico e nelle Americhe, ma forse gli esempi più noti sono la figura del berdache tra gli Indiani del Nordamerica, il fenomeno storico delle donne che adottavano un abbigliamento maschile in alcuni paesi europei tra il XIV e l'inizio del XX secolo, e certe forme di trasformazione di genere dell'area polinesiana. Sebbene le procedure e le modalità di reclutamento nel ruolo varino notevolmente in queste aree culturali, caratteristiche comuni sono la normalità sessuale e la volontà di far proprî il modo di vestire, i gesti, il linguaggio, i compiti e le pratiche sociali dell'altro sesso.
Un complesso di regole o norme speciali viene creato a sostegno della performance sociale; ne sono un esempio l'iniziazione del berdache all'età di dieci anni tra i Mohave, o il controllo magico della fertilità da parte del berdache dei Navaho. Sebbene l'accento sia posto sull'espressione di un desiderio di conformità alla tradizione sociale, più specificamente alla divisione tra i ruoli maschile/femminile, tali ruoli permettono anche l'espressione di desideri sessuali nell'ambito di queste relazioni.
Lo studio comparativo della figura del berdache o 'doppio spirito' ha assunto un posto di rilievo nell'antropologia e nella storia culturale della sessualità. Le recenti ricerche di Walter Williams, Evelyn Blackwood e Will Roscoe dimostrano la pervasività di questo modello di trasformazione di genere e la sua diffusa approvazione o accettazione in più di cento tribù di Indiani d'America. Il resoconto di Devereux (v., 1937) sui Mohave indica una serie di espressioni materiali dell'impersonamento del ruolo estremamente apprezzate, tra cui l'eccitazione sessuale con il partner normativo e la simulazione delle funzioni riproduttive, come ad esempio la comparsa delle mestruazioni. Per quanto il resoconto di Devereux sia la descrizione più completa dell'epoca, esso risulta oggi del tutto insoddisfacente e a volte errato nelle sue interpretazioni, basate sulle testimonianze di Devereux stesso. Per quanto egli dimostri che i Mohave non conoscono la rigida dicotomia maschio/femmina propria della cultura occidentale, che hanno un atteggiamento molto aperto nei confronti della loro vita sessuale, e che solo individui eccezionali possono essere eletti al ruolo di berdache, il quale non è né maschile né femminile, tuttavia si attiene rigidamente a un sistema freudiano di classificazione di questi individui come anormali o invertiti.
Molti studiosi nei decenni passati hanno continuato a interpretare la figura del berdache nell'ottica del dimorfismo sessuale; Harriet Whitehead, ad esempio, cerca una spiegazione di questa figura nel sistema di potere basato sulla gerarchia dei sessi; Walter Williams dal canto suo avanza l'ipotesi che le pulsioni di fondo del berdache siano più o meno le stesse dei gays delle società occidentali contemporanee. Ciò che sorprende è il persistere nelle scienze occidentali, antropologia compresa, di una tendenza a vedere i comportamenti umani attraverso le lenti di un sistema bisessuale. Continuiamo a condividere l'idea, espressa da Clifford Geertz ancora nel 1984, che "ciò che accade tra maschio e femmina è tenebra, un'offesa alla ragione".
Recentemente sono cresciute le resistenze nei confronti del termine 'berdache' coniato in epoca coloniale, e si è messo in evidenza come gli occidentali abbiano ignorato le dimensioni spirituali del terzo sesso. I berdache erano potenti nella sfera spirituale: lo studio dei Mohave, ad esempio, ha messo in luce il costante emergere di un elemento divino nell'ontologia omosessuale. Apprendiamo così che le madri dei berdache durante la gravidanza sognavano questo destino per i nascituri, e tale presagio più di ogni altra cosa potrebbe aver predisposto la famiglia e la comunità ad accettare la natura di berdache del bambino. L'iniziazione del berdache compare nei miti sulla creazione. Come ha osservato Williams nella sua ricerca, l'idea di un fondamento sacrale, di una ispirazione divina del berdache spiega in larga misura la loro accettazione sociale da parte del gruppo. I berdache erano anche fortunati al gioco - un presagio di buone nuove cui i Navaho, secondo W.W. Hill, attribuivano grande importanza - ed erano infine, soprattutto i berdache femmina, dotati di eccezionali poteri sciamanici.
Gli studi comparativi sembrano indicare una notevole affinità tra la categoria dei Mohave e quella, affermatasi nel mondo occidentale alla fine dell'Ottocento, dell'omosessuale come 'invertito', che può essere accostato al berdache per molti aspetti. In primo luogo, i Mohave considerano l'inversione intrinseca alla natura della persona; pur non privilegiando una scelta esistenziale in materia, nondimeno si aspettano che l'individuo manifesti il desiderio di trasformazione sessuale nella tarda infanzia. In secondo luogo, i Mohave attribuiscono alla natura del berdache caratteristiche insolite o aberranti, tra cui la simulazione delle funzioni riproduttive dell'altro sesso. In terzo luogo, accettando la conversione di sesso operata dal berdache e usando i pronomi referenziali adeguati, i Mohave confermano uno stato soggettivo - analogamente a quanto accade oggi a quanti hanno a che fare con la più recente categoria dei transessuali - a prescindere dalla morfologia del soggetto. Infine, i Mohave riconoscono che l'interesse libidico dei berdache è rivolto verso persone del proprio sesso; così facendo essi vanno più in là di noi occidentali nel legittimare culturalmente una 'concordanza' tra i sentimenti e le pulsioni interiori e il ruolo sociale della persona.
Tuttavia accanto a questa legittimazione culturale esisteva tra i Mohave una sorta di condanna morale dei berdache; benché non fossero stigmatizzati, essi erano spesso oggetto di derisione e di disprezzo, e i loro partners si trovavano esposti a una particolare visibilità sociale. Questi elementi contrastanti non sono vere e proprie contraddizioni, ma rispecchiano la complessità psicosociale di un sistema ontologico che è 'gioco della fantasia' con natura e cultura. Anche sotto questo aspetto i Mohave sembrano aver umanizzato la condizione morale dell'omosessuale in misura assai maggiore dei nostri predecessori vittoriani.Il fenomeno dello pseudoermafroditismo maschile dovuto a una carenza ereditaria di 5-alfa riduttasi, un raro disturbo di cui si registrano casi in diverse popolazioni, compresi i Sambia del Territorio dei Papua, è particolarmente utile per illustrare la problematica relativa al ruolo dei fattori sociali e biologici nell'omosessualità. Secondo la scienza medica, si tratta di una patologia riscontrabile nelle popolazioni in cui sono frequenti gli incroci tra consanguinei stretti, che favoriscono la comparsa del tratto autosomico recessivo responsabile dell'incompleto sviluppo dei genitali esterni durante la vita intrauterina. Sebbene geneticamente normali, i maschietti affetti da questa malattia alla nascita hanno genitali maschili indifferenziati o microscopici, e in certi casi vengono erroneamente classificati come femmine. Questa spiegazione è controversa ed è stata messa in discussione.
Si è sostenuto che i medici hanno trascurato l'esistenza di una terza categoria di identità sessuale (riconosciuta peraltro in altre culture: ad esempio dai Sambia, che definiscono questa terza categoria - ermafrodita - 'kwolu-aatmwol', 'trasformarsi in uomo'), nonché la possibilità di una socializzazione ambigua ai ruoli sessuali. Così l'errata attribuzione del sesso dovrebbe essere ricondotta a una trasformazione da femmina in ermafrodita, e non già in maschio, come affermato dai medici.
Una forte impostazione biologistica, che privilegia il ruolo dei fattori biologici nello sviluppo sessuale, continua a dominare il dibattito sull'omosessualità. Il modello dominante della sessualità riproduttiva presuppone che il dimorfismo sessuale sia la condizione normale e naturale per l'uomo. Con il terzo sesso abbiamo a che fare con individui che sono biologicamente intersessuati, come gli ermafroditi, oppure si rendono tali con mezzi artificiali, come la castrazione. Gli esempi più noti in proposito sono gli eunuchi di corte dell'Impero bizantino o dell'Arabia classica, gli hijras indiani, che sono biologicamente ermafroditi alla nascita o si sottopongono a un rito di castrazione nella tarda adolescenza, e i transessuali dell'età contemporanea, che si sottopongono a interventi chirurgici per completare la trasformazione nell'altro sesso. Specialmente nelle società antiche e in quelle basate sul sistema della parentela, una categoria di identità sociale e ontologica differenzia chiaramente questi individui da quelli definiti dai generi normativi e dai sessi biologici. La funzione speciale del genere quale principio organizzatore di queste società indica l'importanza dei fattori sociali, culturali e psicologici, oltre che dei meccanismi biologici, nella spiegazione dei fenomeni di trasformazione del genere.
In molte società l'omosessualità è considerata una condizione necessaria per svolgere un determinato ruolo sociale. Un esempio classico al riguardo è quello degli sciamani presso i Tungusi siberiani, studiati all'inizio del secolo dall'etnografo russo Rasmussen. I Tungusi in genere non incoraggiano l'omosessualità, né esistono strumenti istituzionali attraverso i quali essa può esprimersi. Tuttavia lo sciamano a volte riceve dagli spiriti con cui è in contatto l'ordine di trasformarsi da uomo in donna e di avere una relazione omosessuale con un partner maschile. Pubblicamente gli sciamani arrivano persino a lamentarsi di questo destino, sebbene lo accettino. Il ruolo di sciamano dunque richiede l'instaurazione di relazioni omosessuali, che altrimenti non sono accettate dalla società.Un altro esempio, questa volta riguardante le donne, di diritti legati a un ruolo o a uno status poco diffuso in una cultura proviene dalla Cina. Nel XIX secolo le giovani operaie che vivevano e lavoravano insieme nelle fabbriche di seta del delta del Fiume della Perla, a Canton, formavano tra di loro unioni di natura sia erotica che economica che potevano protrarsi per anni, e di solito non si sposavano. Si tratta di un caso particolarmente interessante in quanto nella Cina della dinastia Ch'ing l'omosessualità era proibita, e il lesbismo particolarmente aborrito come violazione della gerarchia patriarcale della società. Storicamente, il nesso tra industrializzazione, urbanizzazione e rapporti di potere nelle società non occidentali e nei paesi in via di sviluppo solleva la questione degli antecedenti dell'identità omosessuale in altre culture.Il ruolo del teatro e degli artisti è di vitale importanza per comprendere l'emergere di una categoria nazionale dell'omosessualità e il legame tra identità omosessuale e nazionalismo in generale. È stato affermato che la prima forma di una specializzazione di ruolo di questo tipo si può ritrovare nella figura dell'artista nell'Inghilterra del XVIII secolo. Sono ben noti, e meritano uno studio comparato, gli esempi di 'omosessualità nel teatro', in particolare quello di uomini che si travestono da donne e impersonano ruoli femminili sulla scena, sia nell'Inghilterra elisabettiana che in Giappone, nel teatro kabuki.
Ricerche recenti condotte nei paesi occidentali hanno dimostrato che si è verificato un significativo mutamento di paradigma nella transizione dal XIX al XX secolo. Verso la seconda metà dell'Ottocento comincia a manifestarsi nelle società occidentali una nuova attenzione per l'omosessualità come categoria ontologica ed epistemologica connotata in senso negativo ma unificata. L"omosessuale' diventa una categoria di identità esplicita, usata quasi esclusivamente per i maschi, cui si alterna a volte l'espressione 'terzo sesso'; l'omosessuale è costretto in genere alla segretezza e a nascondere la propria sessualità per evitare le sanzioni previste. Quello che ora diviene noto come 'closet homosexual' (v. Sedgwick, 1990) è principalmente il portatore di una colpa segreta, di una malattia, di un crimine, ed è rappresentato simbolicamente nel modo più eloquente nella classica 'cripto-etnografia' di Oscar Wilde, Il ritratto di Dorian Gray. La repressione politica cui erano soggetti gli omosessuali stimolò anche la nascita e la diffusione dei primi movimenti di emancipazione, che prepararono la strada alla riforma della fine del XIX secolo e ai movimenti nazionali delle minoranze sessuali degli ultimi anni.
È noto che la categoria dell'omosessuale fu preceduta, prima nei Paesi Bassi della fine del XVII secolo e poi in Inghilterra, da quella del 'sodomita' nelle sue diverse varianti. I processi ai sodomiti, dapprima segreti, divennero pubblici a partire dal 1811, con l'introduzione del Codice napoleonico. Più di cento uomini vennero giustiziati in questo periodo in Olanda e altrettanti vennero processati e condannati al carcere. Un po' più tardi in Germania fu creata la sodomia come categoria sociale, che includeva in una bizzarra commistione gli atti sessuali tra persone dello stesso sesso e tra ebrei e non ebrei, poiché l'ebreo era equiparato a un animale: tutti i comportamenti sessuali 'innaturali', ossia non riproduttivi, erano quindi messi sullo stesso piano.
L'ideologia dominante dell'Ottocento portò poi all'affermarsi delle due categorie omosessuale/eterosessuale. Il termine 'omosessuale', com'è noto, venne coniato verso il 1869 dal medico tedesco Karl Ulrichs, mentre il concetto di 'eterosessuale' venne definito esplicitamente solo nei primi anni novanta dell'Ottocento, secondo alcuni da Havelock Ellis. Questa distanza temporale può essere spiegata forse dal fatto che l'attenzione si è concentrata in un primo tempo sulle deviazioni dal modello riproduttivo e dimorfico, e in seguito sulla categoria normativa. Si osservi che il concetto di 'omosessuale' era implicitamente riferito solo ai maschi, laddove la categoria dell'eterosessuale si riferiva sia agli uomini che alle donne. Si osservi ancora che era l'occorrenza di atti sessuali non riproduttivi, finalizzati unicamente al piacere, a costituire il tratto distintivo di quella che veniva diagnosticata come 'inversione' e poi, moralisticamente, come 'perversione' (atti sessuali in cui il piacere deriva dalle sofferenze inflitte all'oggetto). L'omosessualità era ritenuta condannabile sul piano morale perché il soggetto sarebbe motivato dalla ricerca del piacere, non da finalità riproduttive, cosa che violava l'ideologia dominante e la gerarchia delle posizioni di status sociale che ne costituiva il fondamento.
Se le teorie ottocentesche della sessualità erano dominate dal modello dualistico maschio/femmina, eterosessuale/omosessuale, il movimento gay e lesbico affermatosi negli ultimi decenni, soprattutto in alcuni paesi occidentali, ha avviato un processo di ridefinizione di queste nozioni. I risultati della ricerca sociologica contemporanea dimostrano che la categoria sociale e psicologica dei gays e delle lesbiche è distinta dal terzo sesso omosessuale e non va confusa con esso; si potrebbe affermare anzi che essa è nata dall'esigenza profondamente sentita nella cultura occidentale degli ultimi anni di mediare il dualismo maschio/femmina, eterosessuale/omosessuale.
Perlomeno sino al secondo dopoguerra, l'idea di una cultura sessuale e una comunità gays/lesbiche era pressoché sconosciuta. L'importanza dell'atto politico di 'uscire allo scoperto' risiedeva nel rifiuto dell'appartenenza segreta alla comunità 'omosessuale', che si teneva nascosta perché il cambiamento di categoria da eterosessuale a omosessuale stigmatizzava e screditava la persona. Senza un supporto istituzionale, le connotazioni culturali negative del cambiamento di categoria dell'identità sessuale riducevano il problema a un cambiamento di categoria nell'autoimmagine individuale. Non esisteva un movimento gay o lesbico né istituzioni sociali che potessero promuovere identificazioni positive con la categoria gay. Negli Stati Uniti, in cui vi era una forte polarizzazione su questi temi, la fine dell'omosessualità venne segnata dall'aspra battaglia condotta per abolirne la classificazione medica come malattia. Dopo che l'American Psychiatric Association nel 1972 stabilì di escludere l'omosessualità dall'elenco delle patologie, furono compiuti notevoli passi avanti in molti campi.
Negli ultimi anni l'attenzione esplicita per la problematica dell'omosessualità ha subito una forte politicizzazione. In generale, il movimento gay/lesbico emerso negli ultimi vent'anni nel mondo occidentale è stato considerato dai sociologi una delle più importanti espressioni del processo di ricategorizzazione dei generi negli Stati Uniti e in altri paesi occidentali. Tra le forze strutturali che si ritiene abbiano contribuito a questo processo vi sono i movimenti per i diritti umani, una maggiore eguaglianza sessuale per le donne, il passaggio da un'economia industriale a un'economia del terziario e le trasformazioni della famiglia. La dichiarazione pubblica della propria omosessualità, l'esercizio pubblico del ruolo e il rifiuto politico di nascondersi e di vivere in segreto la propria sessualità sono i tratti distintivi dei nuovi ruoli gay e lesbico. Altri elementi significativi sono l'importanza attribuita all'eguaglianza tra i partners e il rifiuto di assumere ruoli sessuali canonici (i ruoli maschile e femminile nell'atto sessuale). Le attuali tendenze segnalano dunque l'emergere di un importante fenomeno psicosociale nel mondo contemporaneo: la costruzione di un sistema culturale gay/lesbico cui si accompagna l'affermarsi di un processo di acquisizione di identità, definito come 'processo dell'uscire allo scoperto'.
Le ricerche più recenti sullo sviluppo sociale dei giovani che si autoidentificano come gays e lesbiche hanno dimostrato un abbassamento dell'età in cui ha inizio l'impegno sociale. L'età media in cui il soggetto si autodichiara gay/lesbico si è abbassata di parecchi anni, come dimostrano numerosi studi in proposito (v. Herdt e Boxer, 1993). Questo fenomeno indica non solo che la segretezza legata allo stereotipo dell'omosessualità sta per scomparire, ma anche che le tendenze affermatesi nell'ultimo quarto di secolo nel mondo occidentale facilitano una manifestazione precoce della propria omosessualità. L'idea di diventare una 'madre lesbica' o un 'padre gay' sono indicative di queste tendenze. Il rifiuto di essere classificati come eterosessuali o omosessuali, o di accettare una gamma di comportamenti e di relazioni sessuali basate sul dualismo dei generi ha trovato espressione nella nascita di una nuova categoria, quella del 'queer'. Il termine (che è privo di un esatto corrispettivo nella lingua italiana, ma che può essere reso con 'diverso') esprime un rigetto attivo della stigmatizzazione e dell'odio di cui in passato era oggetto l'omosessualità, e una esplorazione giocosa, liminale, creativa di nuove identità e di nuove forme di relazione tra i sessi nella società. I tentativi di regolamentare la sessualità dell'individuo, e il rifiuto della eterosessualità riproduttiva, di cui è espressione anche l'atteggiamento ambivalente delle donne nei confronti del matrimonio e della maternità, fanno senz'altro parte di questo significativo cambiamento. Comunque, le relazioni complessive tra i sessi e la crescente accettazione dell'omosessualità indicano che nei paesi occidentali sta per aprirsi un nuovo capitolo in tema di sessualità e di classificazione dei generi.
Come avviene anche in altri ambiti dell'analisi sociologica, lo studio interculturale della sessualità deve affrontare l'enigma di una pluralità di entità, oggetti (ruoli, istituzioni) e significati antagonisti, trovandosi costantemente diviso tra processi universali e situazioni particolari. Ad esempio, nell'affrontare il problema delle origini e delle espressioni del berdache in certi gruppi locali, molte teorie si rifanno a nozioni specificamente occidentali quali quelle di 'identità sessuale' e di 'orientamento sessuale', basate su una distinzione convenzionale - ampiamente accettata ma pur sempre ipotetica - tra sesso (fenomeno biologico) e genere (classificazione culturale). Il compito della cultura è quello di creare le particolari condizioni che consentono ad attori e ruoli sociali di formare un sistema di relazioni omosessuali che siano perlomeno altrettanto funzionali per il gruppo quanto sono facoltative per lo sviluppo individuale.
La tradizione e l'autorità, e il suggello del carattere divino nella sfera religiosa, sono com'è ovvio estremamente importanti nel modello di omosessualità intergenerazionale all'interno della tradizione sociale. Di fatto, l'incontro dell'Occidente con le variazioni dei ruoli, dei comportamenti e delle identità sessuali ha dato sempre luogo a interpretazioni negative. Tuttavia i cinque modelli di relazioni omosessuali illustrati in precedenza si configurano come strategie di distinzione e nel contempo di accostamento nella comparazione storica e culturale; essi infatti dividono la topografia culturale di un tratto di base - l'omosessualità - in una pluralità di tipi di ruoli, identità e modalità relazionali, e nello stesso tempo accostano tradizioni di epoche e culture diverse che sembrano rientrare nello stesso 'tipo'.
Il rilievo attribuito alla costruzione sociale della realtà e delle relazioni omosessuali nella storia e nella cultura prefigura quegli schemi interpretativi della contrapposizione tra 'noi' e 'loro' che hanno un ruolo centrale nell'analisi postmoderna del 'diverso'. In molte società e in varie epoche l'omosessualità è stata spesso identificata con l''Altro', con l'alterità. Le relazioni omosessuali in queste società creavano così le proprie condizioni di realtà culturale, che in passato dividevano, ma che ora ricollegano, nuove forme di sessualità e di classificazione dei generi. La definizione di una realtà sociale - l'idea dell'omosessualità nell'immaginario culturale di un popolo - è sempre legata a tradizioni sociali e culturali, dall'antichità all'epoca moderna. L'iniziazione è qui una forma di introduzione allo sviluppo sessuale e alla vita erotica. Molte società approvano le relazioni omosessuali in determinate circostanze, e alcuni gruppi che in passato avevano un atteggiamento restrittivo ora si mostrano più tolleranti. Ciò segnala l'emergere di un nuovo modello culturale, di una nuova identità.
L'idea tipicamente occidentale dell'omosessualità come fenomeno laico o profano, addirittura come antitesi del sacro nella tradizione giudaico-cristiana, non è condivisa da tutte le società. La tradizione rappresenta anche ciò che è dotato di potere - il potere di ostacolare o di favorire nel bambino lo sviluppo di sensibilità, attitudini e inclinazioni del suo sesso, plasmando inevitabilmente l'orientamento verso l'omosessualità in un caso, e l'eterosessualità nell'altro. Si potrebbe obiettare a questo proposito che nel bambino non si tratta tanto del desiderio di una relazione con l'Altro (contatto sociale, affetto, potere, competizione, manipolazione del corpo, ecc.), quanto piuttosto di un desiderio egoistico del piacere e dell'eccitazione sessuale che ne derivano. Ma tale distinzione si rivela speciosa e del tutto falsa rispetto a queste tradizioni. L'omosessualità sarà maggiormente integrata nella tradizione occidentale quando la sua moralità non sarà più messa in questione ed essa non sarà trattata come un caso speciale, bensì accettata come un tipo di forma sociale e ontologica sui generis, al di fuori di queste tradizioni religiose che essa non cerca affatto di cancellare. (V. anche Sessualità).
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