Oneri per la sicurezza aziendale nei lavori pubblici
Anche nell’ipotesi in cui la lex specialis non contenga alcuna previsione al riguardo, nelle gare di appalto per l’affidamento dei lavori, in sede di formulazione dell’offerta economica, va sempre indicato l’ammontare dei cd. oneri di sicurezza interni, non potendosi, in caso di omessa indicazione di detti oneri, farsi luogo al cd. soccorso istruttorio a fini di sanatoria, che si risolverebbe in un’inammissibile integrazione postuma di un elemento essenziale dell’offerta.
Nelle procedure di affidamento di lavori, i partecipanti alla gara devono indicare nell’offerta economica i costi interni per la sicurezza del lavoro (cd. oneri interni o aziendali), pena l’esclusione dell’offerta dalla procedura, anche se la sanzione espulsiva, per tale omissione, non sia stata espressamente prevista dal bando di gara.
Il principio è stato sancito dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con sentenza del 20.3.2015, n. 3, nella quale l’organo nomofilattico della giurisprudenza amministrativa1 ha osservato che, a presidio di diritti fondamentali dei lavoratori affermati nella Carta Costituzionale, deve accedersi ad una lettura delle norme costituzionalmente orientata – unica idonea a ricomporre le antinomie della regolamentazione dell’istituto riscontrate nella prassi e dai giudici – che conduce a ritenere sussistente l’obbligo, a carico di ciascuna delle imprese concorrenti, di specificare i costi interni sostenuti per assicurare la sicurezza del lavoro anche nelle offerte relative agli appalti di lavori.
Gli oneri in parola – denominati “interni”, “aziendali” o da “rischio specifico” – vanno tenuti distinti da quelli qualificati, in contrapposizione, come oneri esterni o “da interferenze”, contemplati dagli articoli 26, co. 3, 3ter e 5, d.lgs. 9.4.2008, n. 81 (Attuazione dell’articolo 1 della legge 3.8.2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro) e 86, co. 3-ter, 87, co. 4, e 131, d.lgs. 12.4.2006, n.163 (d’ora in poi “Codice dei contratti pubblici”), denotativi del possibile rischio nascente dal contatto tra il personale del committente e quello dell’appaltatore, oppure tra il personale di imprese diverse che operano nella stessa sede aziendale con contratti differenti. Diversamente dagli oneri “interni”, quelli “esterni” sono quantificati a monte dalla stazione appaltante, nel D.U.V.R.I (documento unico per la valutazione dei rischi da interferenze, previsto dall’art. 26 del d.lgs. n. 81/2008) e, per gli appalti di lavori, nel PSC (piano di sicurezza e coordinamento, art. 100, d.lgs. n. 81/2008) e non sono soggetti a ribasso, perché ontologicamente diversi dalle prestazioni stricto sensu oggetto di affidamento.
Agli oneri interni o aziendali vanno riferiti, invece, l’art. 26, co. 3, quinto periodo, del d.lgs n. 81/2008 e gli artt. 86, co. 3-bis, e 87, co. 4, secondo periodo, del Codice dei contratti pubblici: si tratta di oneri propri di ciascuna impresa, connessi alla realizzazione dello specifico appalto e contemplati dal DVR, documento di valutazione dei rischi.
1.1 Il contrasto interpretativo
Numerose incertezze nella prassi delle stazioni appaltanti e nelle applicazioni giurisprudenziali si sono registrate con riguardo all’ambito di applicazione del comma 4 dell’art. 87 del Codice dei Contratti pubblici, il quale dispone: «non sono ammesse giustificazioni in relazione agli oneri di sicurezza in conformità all’articolo 131, nonché al piano di sicurezza e coordinamento di cui all’articolo 12, d.lgs n. 14.8.1996, n. 494 e alla relativa stima dei costi conforme all’articolo 7, decreto del Presidente della Repubblica 3 luglio 2003, n. 222. Nella valutazione dell’anomalia la stazione appaltante tiene conto dei costi relativi alla sicurezza, che devono essere specificamente indicati nell’offerta e risultare congrui rispetto all’entità e alle caratteristiche dei servizi o delle forniture».
Il contrasto verificatosi nella giurisprudenza amministrativa si incentrava sul quesito se la disposizione testé richiamata riguardasse soltanto gli appalti di servizi e di forniture, cui fa espresso riferimento l’inciso finale del comma, o dovesse intendersi, invece, come applicabile anche agli appalti di lavori; ciò perché, mentre il primo periodo ribadisce per tutti gli appalti che gli oneri della sicurezza non sono soggetti a ribasso d’asta in relazione al piano di sicurezza e coordinamento, il secondo periodo precisa che l’indicazione relativa ai costi della sicurezza deve essere sorretta da caratteri di specificità e di congruità ai fini della valutazione dell’anomalia dell’offerta. Il riferimento esplicito, in sostanza, agli oneri di sicurezza viene posto con esclusivo riguardo ai settori dei servizi e delle forniture.
Sul punto, si erano registrati due orientamenti principali.
Secondo il primo, poiché la ratio della norma, che impone ai concorrenti di indicare già nell’offerta l’incidenza degli oneri di sicurezza aziendali, risponde a finalità di tutela della sicurezza dei lavoratori e, quindi, a valori sociali e di rilievo costituzionale che assumono rilevanza anche nel settore dei lavori pubblici, l’esistenza dell’obbligo in parola non può essere messa in discussione. Anzi, proprio in quest’ultimo settore il ripetersi di infortuni gravi, dovuto all’utilizzo di personale non sempre qualificato, porterebbe a ritenere che l’obbligo di indicare, sin dall’offerta, detti oneri debba essere ritenuto sussistente e debba essere apprezzato con particolare rigore (Cons. St., III, 3.10.2011, n. 5421; Cons. St., V, 19.7.2013, n. 3929). Questa opzione ermeneutica fa leva, inoltre, sul dato sistematico della collocazione della norma citata, inserita nella parte del Codice dedicata ai «Contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture» (Cons. St., III, 3.10.2011, n. 5421; Cons. St., V, 19.7.2013, n. 3929).
L’altro indirizzo interpretativo, di più recente formazione, pone l’accento, invece, sulla specificità della disciplina dei lavori pubblici rispetto a quella dei servizi e delle forniture, rimarcando la specialità della «disciplina normativa riservata agli appalti di lavori, che appunto si connota per l’analisi preventiva dei costi della sicurezza aziendale, che, a sua volta, si spiega alla luce della maggiore rischiosità insita nella predisposizione di cantieri», giungendo ad affermare che l’obbligo di dichiarare, a pena di esclusione, i costi per la sicurezza interna previsto dall’art. 87, co. 4, d.lgs. n. 163/2006 si applica alle sole procedure di affidamento di forniture e di servizi, mentre per i lavori, al contrario, la quantificazione è rimessa al piano di sicurezza e coordinamento ex art. 100, d.lgs. n. 81/2008, predisposto dalla stazione appaltante ai sensi dell’art. 131 del Codice dei contratti pubblici. In questa prospettiva – si è affermato da parte dei sostenitori di questa opzione ermeneutica – non è possibile trascurare la circostanza secondo la quale è, comunque, obbligatoria la valutazione, ai fini della congruità dell’offerta, del costo del lavoro e della sicurezza in forza del co. 3-bis dell’art. 86 del Codice dei Contratti pubblici, che dispone: «…nella valutazione dell’anomalia delle offerte nelle procedure di affidamento di appalti di lavori pubblici, di servizi e di forniture, gli enti aggiudicatori sono tenuti a valutare che il valore economico sia adeguato e sufficiente rispetto al costo del lavoro e al costo relativo alla sicurezza, il quale deve essere specificamente indicato e risultare congruo rispetto all’entità e alle caratteristiche dei lavori, dei servizi o delle forniture» (Cons. St., V, 23.2.2015, n. 884; Cons. St., V, 7.5.2014, n. 2343; Cons. St., V, 17.6.2014, n. 3056; Cons. St., V, 9.10.2013, n.4964; Cons. St., III, 24.6.2014, n. 3195).
L’Adunanza Plenaria è stata perciò investita della questione dell’estensibilità dell’articolo 87, co. 4, del Codice dei Contratti pubblici anche ai contratti pubblici relativi a lavori.
Più in particolare, il quesito è stato così articolato: se, in ogni caso, la sanzione dell’esclusione debba essere comminata anche laddove l’obbligo di specificazione degli oneri non sia stato prescritto dalla normativa di gara (invero, il quesito, in considerazione della peculiare fattispecie oggetto della controversia nel corso della quale la sez. V del Consiglio di Stato2 ha rimesso la questione al Consiglio di Stato, è stato ulteriormente specificato nel seguente modo: se, ai fini della sua soluzione, possa la circostanza che, nel caso di specie, viene in rilievo un appalto integrato, caratterizzato dall’affidamento congiunto della progettazione esecutiva e dell’esecuzione dei lavori sulla scorta di un progetto definitivo predisposto dalla stazione appaltante).
1.2 La soluzione prospettata
Come anticipato, la risposta dell’Adunanza Plenaria è stata quella di ritenere obbligatoria per i concorrenti, anche nelle procedure di affidamento relative ai contratti pubblici di lavori, l’indicazione, nell’offerta economica, dei costi per la sicurezza, interni o aziendali. In particolare, i giudici di Palazzo Spada hanno ritenuto non condivisibile la tesi della giurisprudenza contraria alla soluzione prescelta, motivata sul rilievo secondo il quale, per gli appalti di lavori, la quantificazione dei detti costi sarebbe rimessa al piano di sicurezza e coordinamento di cui agli artt. 100 del d.lgs. n. 81/2008 e 131 del Codice dei contratti pubblici (PSC), come integrati da quanto disposto dal d.P.R. 5.10.2010, n. 207 (recante il regolamento di attuazione del Codice dei Contratti pubblici), in particolare dagli articoli 24, co. 3, 32 e 39 (Cons. St., V, 17.6.2014, n. 3056; Cons. St., V, 9.10.2013, n. 4964). Tale tesi non sarebbe condivisibile – secondo i Giudici di Palazzo Spada – dal momento che il PSC deve intendersi riferito ai costi di sicurezza quantificati a monte dalla stazione appaltante, specialmente in relazione alle interferenze, e non alla quantificazione dei costi aziendali delle imprese. Infatti, il d.lgs. n. 81/2008, il cui art. 100 individua il contenuto del PSC (con la stima dei costi della sicurezza quali indicati nell’allegato XV), dispone che «il committente o il responsabile dei lavori trasmette il piano di sicurezza e di coordinamento a tutte le imprese invitate a presentare offerte per l’esecuzione dei lavori» e, quanto agli appalti pubblici di lavori, che «in caso di appalto di opera pubblica si considera trasmissione la messa a disposizione del piano a tutti i concorrenti alla gara di appalto»(art. 101, co. 1), essendo stato anche previsto che, durante la progettazione dell’opera «e comunque prima della richiesta di presentazione delle offerte», deve essere redatto il PSC da parte del coordinatore per la progettazione che il committente designa nei cantieri in cui è prevista la presenza di più imprese esecutrici (artt. 91 e 90). Inoltre, l’art. 131 del Codice dei contratti pubblici dispone che, una volta intervenuta l’aggiudicazione, nei trenta giorni successivi e comunque prima della consegna dei lavori, l’appaltatore o il concessionario, è tenuto a redigere e a consegnare alle amministrazioni aggiudicatrici e ai soggetti aggiudicatori, in ogni caso, un piano operativo di sicurezza (POS, di cui al punto 3.2.1. del citato allegato XV), (co. 2, lett. c), in riferimento, perciò, alla specifica organizzazione del cantiere da parte delle imprese esecutrici nel quadro dato dal PSC. L’articolo dispone ancora, nel comma 3, che i piani in esso citati «…formano parte integrante del contratto di appalto o di concessione; i relativi oneri vanno evidenziati nei bandi di gara e non sono soggetti a ribasso d’asta».
Né – a parere dell’Adunanza Plenaria – appaiono risolutive, a conforto della tesi qui esposta e confutata, le ulteriori norme del d.P.R. n. 207/2010 sopra citate: l’art. 24, co. 3, dispone infatti che il progetto definitivo, se posto a base di gara, deve essere corredato dal PSC, sulla cui base si determina il costo per la sicurezza «nel rispetto dell’allegato XV» del d.lgs. n. 81/2008; l’art. 32 include tra le spese generali a carico dell’esecutore le spese di adeguamento del cantiere in osservanza del detto d.lgs. «di cui è indicata la quota di incidenza sul totale delle spese generali, ai fini degli adempimenti previsti dall’articolo 86, comma 3-bis» del Codice; l’art. 39, infine, dispone nel co. 2 che «i contenuti del piano di sicurezza e di coordinamento sono il risultato di scelte progettuali ed organizzative conformi alle misure generali di tutela di cui all’ articolo 15 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, secondo quanto riportato nell’ allegato XV al medesimo decreto in termini di contenuti minimi. In particolare la relazione tecnica, corredata da tavole esplicative di progetto, deve prevedere l’individuazione, l’analisi e la valutazione dei rischi in riferimento all’area e all’organizzazione dello specifico cantiere, alle lavorazioni interferenti ed ai rischi aggiuntivi rispetto a quelli specifici propri dell’attività delle singole imprese esecutrici o dei lavoratori autonomi».
All’opposto, l’Adunanza Plenaria assegna un rilievo decisivo alla circostanza che l’obbligo di procedere alla previa indicazione di tali costi, pur se non dettato expressis verbis dal legislatore, si ricava in modo univoco da un’interpretazione sistematica delle norme regolatrici della materia poste dagli articoli 26, co. 6, del d.lgs. n. 81/2008 e 86, co. 3-bis, e 87, co. 4, del Codice dei contratti pubblici. I primi due, in particolare, osservano i Giudici, recano nel primo periodo il seguente identico testo: «nella predisposizione delle gare di appalto e nella valutazione dell’anomalia delle offerte nelle procedure di affidamento di appalti di lavori pubblici, di servizi e di forniture, gli enti aggiudicatori sono tenuti a valutare che il valore economico sia adeguato e sufficiente rispetto al costo del lavoro e al costo relativo alla sicurezza, il quale deve essere specificamente indicato e risultare congruo rispetto all’entità e alle caratteristiche dei lavori, dei servizi o delle forniture». L’art. 87, co. 4, secondo periodo, dispone – come rammentato in precedenza – che «nella valutazione dell’anomalia la stazione appaltante tiene conto dei costi relativi alla sicurezza, che devono essere specificamente indicati nell’offerta e risultare congrui rispetto all’entità e alle caratteristiche dei servizi o delle forniture».
L’Adunanza ha ritenuto, in sostanza, che, sebbene nelle norme non risulti prescritto in modo espresso l’obbligo dei concorrenti di esporre i costi della sicurezza nelle offerte per lavori (poiché gli artt. 26, co. 6, e 86, co. 3-bis, sembrano prima facie riguardare, per l’indicazione dei costi in tutti i tipi di appalti, soltanto gli enti aggiudicatori mentre l’art. 87, co. 4, del Codice, richiama l’indicazione nelle offerte dei costi per la sicurezza soltanto per gli appalti di servizi e forniture, ai fini della valutazione dell’anomalia), questa lettura, per quanto basata sulla formulazione testuale delle norme, si rivela, però, illogica. Non risulterebbe, infatti, «coerente imporre alle stazioni appaltanti di tenere espresso conto nella determinazione del valore economico di tutti gli appalti dell’insieme dei costi della sicurezza, che devono altresì specificare per assicurarne la congruità, e non imporre ai concorrenti, per i soli appalti di lavori, un identico obbligo di indicazione nelle offerte dei loro costi specifici, il cui calcolo, infine, emergerebbe soltanto in via eventuale, nella non indefettibile fase della valutazione dell’anomalia; così come non si rinviene la ratio di non prescrivere la specificazione dei detti costi per le offerte di lavori, nella cui esecuzione i rischi per la sicurezza sono normalmente i più elevati».
I Giudici di Palazzo Spada rimarcano che, così concepita, saremmo al cospetto di «una normativa che, incidendo negativamente sulla completezza della previsione dei costi per la sicurezza per le attività più rischiose, risulterebbe incoerente con la prioritaria finalità della tutela della sicurezza del lavoro, che ha fondamento costituzionale negli articoli 1, 2 e 4 e, specificamente, negli articoli 32, 35 e 41 della Costituzione, e trascenderebbe «i contrapposti interessi delle stazioni appaltanti e delle imprese partecipanti a procedure di affidamento di contratti pubblici, rispettivamente di aggiudicare questi ultimi alle migliori condizioni consentite dal mercato, da un lato, e di massimizzare l’utile ritraibile dal contratto dall’altro»3 (Cons. St., V, 17.6.2014, n. 3056).
Pertanto, al fine di evitare una soluzione ermeneutica irragionevole e incompatibile con le coordinate costituzionali, è necessario accedere – conclude l’Adunanza Plenaria – «ad una interpretazione degli articoli 26, comma 6, del d.lgs. n. 81 del 2008 e 86, co. 3-bis, del Codice, nel senso che l’obbligo di indicazione specifica dei costi di sicurezza aziendali non possa che essere assolto dal concorrente, unico in grado di valutare gli elementi necessari in base alle caratteristiche della realtà organizzativa e operativa della singola impresa, venendo altrimenti addossato un onere di impossibile assolvimento alla stazione appaltante, stante la sua non conoscenza degli interna corporis dei concorrenti. Si aggiunga che un approccio ermeneutico che non imponesse la specificazione dei costi interni nell’offerta per lavori priverebbe il giudizio di anomalia delle previe indicazioni al riguardo da sottoporre a verifica così inficiando l’attendibilità del giudizio finale».
L’Adunanza Plenaria così ricostruisce, in definitiva, il quadro normativo cui gli operatori del diritto devono far riferimento: a) le stazioni appaltanti, nella predisposizione degli atti di gara per lavori e al fine della valutazione dell’anomalia delle offerte, devono determinare il valore economico degli appalti includendovi l’idonea stima di tutti i costi per la sicurezza con l’indicazione specifica di quelli da interferenze; i concorrenti, a loro volta, devono indicare nell’offerta economica sia i costi di sicurezza per le interferenze (quali predeterminati dalla stazione appaltante) che i costi di sicurezza interni che essi determinano in relazione alla propria organizzazione produttiva e al tipo di offerta formulata;
b) la ratio del puntuale richiamo, nell’art. 87, co. 4, secondo periodo del codice dei contratti pubblici, della specifica indicazione dei costi per la sicurezza per le offerte negli appalti di servizi e forniture appare individuabile, in questo quadro, in relazione alla particolare tipologia delle prestazioni richieste per questi appalti rispetto a quelli per lavori e alla rilevanza di ciò nella fase della valutazione dell’anomalia (cui la norma è espressamente riferita); il contenuto delle prestazioni di servizi e forniture può infatti essere tale da non comportare necessariamente livelli di rischio pari a quelli dei lavori, rilevando l’esigenza sottesa alla norma in esame, pur ferma la tutela della sicurezza del lavoro, di particolarmente correlare alla entità e caratteristiche di tali prestazioni la giustificazione dei relativi, specifici costi in sede di offerta e di verifica dell’anomalia.
Nell’enunciare l’illustrato principio di diritto, l’Adunanza Plenaria ha però omesso di chiarire il regime applicabile alle procedure di gara ancora in itinere, nelle quali la formulazione dell’offerta economica era già avvenuta senza l’indicazione degli oneri di sicurezza interni, non essendo tale adempimento né prescritto dal bando di gara né dal diritto vivente della giurisprudenza amministrativa, risultando, invece, prevalente l’indirizzo contrario all’obbligatorietà di tale indicazione. Circostanza, quest’ultima, di per sé giustificativa dell’affidamento ingenerato nelle imprese concorrenti circa la correttezza del proprio operato in sede di gara.
Si è posta, perciò, in primo luogo una questione di diritto intertemporale, cui – diversamente che in precedenti occasioni (cfr. Cons. St., A.P., 27.6.2013, n. 6; Cons. St., A.P., 7.6.2012, n. 21) nelle quali aveva chiarito la portata del proprio intervento in relazione a vicende pregresse, ma non ancore concluse – nessun riferimento è stato fatto dalla Adunanza Plenaria.
In secondo luogo, si è profilata la possibilità di ricorrere, nella fattispecie appena descritta, al rimedio del cd. soccorso istruttorio, consentendo alla stazione appaltante di richiedere ai concorrenti, che non avessero provveduto a specificare gli oneri di sicurezza, di farlo in un secondo momento. Possibilità resa più concreta dalla recente introduzione, da parte dell’art. 39, co. 1 e 2, del d.l. 24.6.2014, n. 90, convertito, con modificazioni, nella l. 11.8.2014, n. 114, dei co. 2-bis4 e 1-ter5, rispettivamente all’art. 38 e all’art. 46 del Codice dei Contratti pubblici. La novella legislativa testimonia la “svolta sostanzialistica” del legislatore del 2014 in tema di appalti, in forza della quale ogni eventuale carenza documentale inerente gli elementi e le dichiarazioni sostitutive rese dalle imprese concorrenti, in sede di presentazione delle offerte non può mai dar luogo al provvedimento espulsivo, ma solo all’attivazione dei poteri di soccorso istruttorio da parte della stazione appaltante e all’applicazione di una sanzione pecuniaria.
La pronuncia dell’Adunanza Plenaria n. 3/2015 è intervenuta a dirimere un contrasto ingeneratosi tra i giudici amministrativi sulla base di un’antinomia riscontrata in tema di sicurezza del lavoro nella disciplina degli appalti tra la regolamentazione degli appalti di fornitura e servizi e gli appalti di lavori. La soluzione dettata dai Giudici di Palazzo Spada, chiamati ad enunciare il principio di diritto applicabile in materia, si è ispirata ad una lettura costituzionalmente orientata delle norme coinvolte nella questione interpretativa (da individuarsi negli artt. 26, co. 6, d.lgs. 1/2008, 86, co. 3-bis e 87, co. 4, Codice dei Contratti pubblici), sancendo l’esistenza di un duplice obbligo: il primo, in capo alle stazioni appaltanti, le quali, nella predisposizione degli atti di gara per lavori e al fine della valutazione della anomalia delle offerte, devono determinare il valore economico degli appalti includendovi l’idonea stima di tutti i costi per la sicurezza, con la indicazione specifica di quelli da interferenze; il secondo, gravante sulle imprese concorrenti, le quali devono indicare nell’offerta economica sia i costi di sicurezza per le interferenze, già predeterminati dalla stazione appaltante, che i costi di sicurezza interni determinati questi ultimi in base alla propria organizzazione produttiva e al tipo di offerta formulata.
La ratio del richiamo nell’art. 87, co. 4, del Codice dei Contratti pubblici, ai soli costi aziendali relativi agli appalti di servizi e forniture si spiega – ad avviso dell’Adunanza Plenaria – con il fatto che questa tipologia di appalti può comportare un livello di rischio non assimilabile a quello dei lavori, cosicché andava sancita la necessità di correlare la giustificazione, in sede di offerta e di procedimento di verifica dell’anomalia, dei costi di sicurezza interni all’entità e alle caratteristiche di tali prestazioni.
Rinvenendo nell’omessa indicazione dei costi aziendali nella formulazione dell’offerta economica un’ipotesi di «mancato adempimento delle prescrizioni» del Codice dei Contratti Pubblici idoneo a determinare «incertezza assoluta sul contenuto dell’offerta» per difetto di un suo elemento essenziale, i Giudici di Palazzo Spada6, richiamandosi ad una propria precedente pronuncia (Cons. St., A.P., 25.2.2014, n. 9) hanno concluso nel senso che, seppure la lex specialis di gara non lo abbia previsto, la stazione appaltante deve procedere all’esclusione dell’offerta per inosservanza di un precetto a carattere imperativo che impone un determinato adempimento ai partecipanti alla gara. L’omissione in parola sarebbe, infine, non emendabile mediante ricorso al potere di soccorso istruttorio della stazione appaltante, di cui all’art. 46, co. 1-bis del Codice dei Contratti pubblici, non potendosi consentire di integrare successivamente un’offerta dal contenuto inizialmente carente di un suo elemento essenziale.
Già all’indomani della pronuncia dell’Adunanza Plenaria, testé richiamata, si sono registrate opinioni dissonanti nella giurisprudenza amministrativa, nella quale, peraltro, fino alla pronuncia dell’organo nomofilattico, era prevalente l’orientamento opposto a quello sostenuto dai Giudici di Palazzo Spada (Cons. St., V, 23.2.2015, n. 884; Cons. St., V, 7.5.2014, n. 2343; Cons. St., V, 17.6.2014, n. 3056; Cons. St., V, 9.10.2013, n. 4964; Cons. St., III, 24.6.2014, n. 3195).
Con sentenza del 24.3.2015, n. 305, il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, ha dichiarato l’illegittimità dell’esclusione dalle gare per l’affidamento di appalti di lavori pubblici dei concorrenti che non abbiano preventivamente indicato i costi di sicurezza aziendali, ove tale indicazione non sia stata prevista dal bando di gara quale causa di esclusione.
L’opzione ermeneutica espressa dal giudice di appello siciliano si richiama ad un orientamento già formulato in precedenti occasioni, secondo il quale la violazione di adempimenti non espressamente previsti (né specificamente sanzionati con l’esclusione) dal bando di gara, né dalla legge, non sia «legittimamente sanzionabile con l’esclusione, …dovendosi accordare prevalenza, rispetto al meccanismo di eterointegrazione, al principio di affidamento (sulla recente ampia valorizzazione di tale principio, in uno con quello della massima partecipazione, v. Cons. St., ad. plen., 30 luglio 2014 n.16, con riferimento anche alla ratio che sorregge la sopravvenienza normativa di cui all’art. 38 [rectius: art. 39] del d.l. n.90/2014)».
A parere del Consiglio di Giustizia, da un lato, le disposizioni di cui agli artt. 86 e 87 del Codice dei Contratti pubblici riguarderebbero esclusivamente la verifica dell’anomalia delle offerte, e, dall’altro, nel silenzio della legge, risulterebbe incongruente con l’esigenza di tutela dell’affidamento, configurare una fattispecie escludente. I giudici siciliani mettono in dubbio, altresì, sia che l’art. 87 del Codice dei Contratti pubblici possa ritenersi riferibile agli oneri di sicurezza aziendali, apparendo la norma riferita unicamente ai servizi e alle forniture sia che possa trovare applicazione, nella regolamentazione del tema in esame, l’art. 86 del medesimo Codice, non essendo contenuto in esso alcun riferimento all’offerta e alle modalità con la quale essa va o meno formulata.
Sulla medesima lunghezza d’onda del Consiglio di Giustizia per la Regione Siciliana, si è posto anche il giudice di primo grado di quella Regione, il quale, ponendosi in contrasto con quanto affermato dall’Adunanza Plenaria, ha statuito che: «dal complesso degli artt. 86, comma 3-bis, 87, comma 4, del d.lgs. n. 163 del 2006 e dell’art. 26, comma 6, del d.lgs. n. 81 del 2008 si ricava che le imprese partecipanti a procedure concorsuali indette per l’affidamento di appalti pubblici di lavori non sono obbligate, a pena di esclusione dalla gara, a indicare nella loro offerta economica gli oneri per la sicurezza aziendale. All’interpretazione letterale se ne salda una di carattere teleologico, la quale muove dalla circostanza che le disposizioni in esame regolano la verifica dell’anomalia dell’offerta. Ne consegue che è in questa sede che l’obbligo di indicare (e giustificare) i costi per la sicurezza viene in rilievo, mentre risulta eccedente, rispetto al fine di consentire nella stessa sede tale verifica, pretendere che l’impresa provveda ad indicare i costi in questione già nella propria offerta» (TAR Sicilia, Catania, III, 13.5.2015, n. 1283)7.
Il Tar siciliano ha evidenziato, inoltre, che sono le medesime norme ad operare una distinzione tra appalti di lavori da una parte e appalti di servizi e forniture dall’altra e che l’art. 87, co. 4, del Codice dei Contratti pubblici specifica il più generale ed onnicomprensivo co. 3-bis dell’art. 86, imponendo alle imprese – partecipanti a procedure di affidamento della seconda tipologia di contratti – di indicare nell’offerta i costi relativi alla sicurezza. Viceversa, per la prima tipologia di giustificazioni, per contro, il precetto è significativamente diverso, giacché esso «vieta giustificazioni (e dunque ribassi) rispetto agli “oneri relativi alla sicurezza” già stimati dalla stazione appaltante nel piano di sicurezza e coordinamento dalla stessa predisposto ai sensi del richiamato art. 131. Per contro, in nessuna parte di queste tali disposizioni è previsto che per gli appalti di lavori pubblici si debbano indicare nell’offerta i costi per la sicurezza aziendale. E soprattutto, in nessuna parte è prevista la comminatoria di esclusione per l’omessa indicazione degli stessi». Né ad una diversa conclusione potrebbe pervenirsi – a parere del Tar Catania – dalla lettura dell’art. 26, co. 6, d.lgs. n. 81/2008 (secondo cui «nella predisposizione delle gare di appalto e nella valutazione dell’anomalia delle offerte nelle procedure di affidamento di appalti di lavori pubblici, di servizi e di forniture, gli enti aggiudicatori sono tenuti a valutare che il valore economico sia adeguato e sufficiente rispetto al costo del lavoro e al costo relativo alla sicurezza, il quale deve essere specificamente indicato e risultare congruo rispetto all’entità e alle caratteristiche dei lavori, dei servizi o delle forniture»), poiché il precetto in esso contenuto è rivolto ancora una volta agli “enti aggiudicatori”, così come è indubbio che questa norma vada coordinata con gli artt. 86 e 87, le quali contengono disposizioni di maggiore dettaglio8.
In maniera ancora più incisiva il TAR Veneto ha rimarcato che il principio enunciato dalla sentenza dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato 3.3.2015, n. 3 non è applicabile ad una gara d’appalto pregressa e aggiudicata in via definitiva, tenuto presente la prevalenza della tutela dell’affidamento, e anche in considerazione del fatto che il predetto principio (pur in assenza di espressa previsione nella legge di gara) discende in via interpretativa dalla normativa di settore e, quindi, non direttamente dal tenore letterale delle norme medesime, su cui gli operatori economici dovrebbero poter fare legittimo affidamento, non potendosi pretendere che, a fronte di una complessa questione interpretativa, che ha condotto al contrasto giurisprudenziale da ultimo composto dalla citata Adunanza plenaria, i predetti soggetti, discostandosi dalla specifica lex specialis, debbano anticipare le conclusioni a cui la giurisprudenza perverrà, pena l’esclusione dalla procedura (TAR Veneto, I, 4.6.2015, n. 619).
La pronuncia dell’Adunanza Plenaria, oltre ad aver ricevuto – come si è visto – delle smentite in sede giurisprudenziale, ha ingenerato confusione anche nella prassi delle operazioni di gara, essendo state adottate diverse soluzioni da parte delle stazioni appaltanti, una volta riscontrata l’omessa indicazione, ad opera di uno o più concorrenti, degli oneri di sicurezza in sede di formulazione dell’offerta economica9: in alcuni casi, si è proceduto alla semplice richiesta di integrazione dell’offerta economica, perché carente di un elemento costitutivo; in altri casi, all’invito alla regolarizzazione si è associata l’irrogazione della sanzione pecuniaria, prevista dall’art. 38, co. 2-bis, del Codice dei Contratti pubblici; in altri casi ancora, i responsabili del procedimento (R.U.P.) hanno proceduto tout court all’esclusione dei concorrenti.
Le perduranti incertezze hanno reso necessario un nuovo rinvio della questione alla medesima Adunanza Plenaria, investita questa volta dalla Sezione IV del Consiglio di Stato specificamente della questione intertemporale innanzi descritta.
Con ordinanza del 3.6.2015, n.2707, la IV sezione del Consiglio di Stato ha richiesto all’organo nomofilattico di esprimersi anche in ordine alle ricadute del principio di diritto affermato nella sentenza n. 3/2015 sulle procedure nelle quali la formulazione dell’offerta risale ad un’epoca anteriore alla pubblicazione della richiamata pronuncia, con la quale è stato affermato il principio della obbligatorietà, pena l’esclusione dell’impresa concorrente anche in difetto di specifica previsione da parte della lex specialis, dell’indicazione, nell’offerta economica, degli oneri di sicurezza aziendali.
Del resto, come sottolineato nella stessa decisione della Plenaria, nel periodo più recente, l’orientamento della giurisprudenza era stato in senso opposto e, cioè, nel senso che per gli appalti di lavori non fosse necessario indicare già in sede di offerta gli oneri per la sicurezza aziendali.
La IV Sezione ha ritenuto, perciò, opportuno invocare l’intervento dell’Adunanza Plenaria, affinché questa chiarisca il regime cui assoggettare, quanto all’esperibilità del soccorso istruttorio, le vicende antecedenti al proprio arresto giurisprudenziale, formulando allo scopo il seguente quesito: «se, in relazione all’obbligo di indicazione in sede di offerta dei costi per gli oneri di sicurezza aziendale, affermato anche per gli appalti di lavori dalla sentenza n. 3/2015, sia del pari possibile, per le procedure nelle quali la fase di presentazione delle offerte si sia esaurita anteriormente al ridetto pronunciamento, ovviare all’eventuale omissione attraverso il rimedio del cd. soccorso istruttorio, e quindi invitando il concorrente interessato a reintegrare o precisare la dichiarazione carente».
In predenti occasioni, infatti, l’Adunanza Plenaria, allorquando aveva enunciato principi di diritto suscettibili di incidere anche su vicende pregresse, svoltesi in fase di perdurante incertezza interpretativa della normativa di riferimento, aveva ammesso l’esperibilità per tali casi del soccorso istruttorio: ciò è avvenuto, ad esempio, allorché è stata generalizzata la regola della pubblicità della seduta di gara concernente l’apertura dei plichi contenenti le offerte tecniche e la verifica del loro contenuto (cfr. Cons. St., A.P., 27.6. 2013, n. 16), nonché quando, a proposito degli effetti della omessa indicazione per i concorrenti di una gara di appalti della esistenza di condanne penali nei loro confronti passate in giudicato, ex art. 38, comma 1, lett. c), d.lgs. n. 163/2006, nell’affermare la sussistenza di tale obbligo in relazione alla posizione degli amministratori di società interessate da processi di fusione o incorporazione con il concorrente, è stato precisato che tali condizioni dovessero ritenersi operanti per le gare successive all’arresto interpretativo così raggiunto, mentre per le gare precedenti, salvo espresse previsioni delle norme di gara, dovesse negarsi l’ipotesi di espulsione per mera omessa dichiarazione, dovendosi a tal fine dare ingresso al cd. soccorso istruttorio (cfr. Cons. St., A.P., 7.6.2012, n. 21). Con la sentenza n. 9 del 2.11.2015, l’Adunanza Plenaria ha ribadito il proprio orientamento anche con riguardo alle gare per le quali, alla data del 20 marzo 2015 (giorno di pubblicazione della sentenza n. 3/2015), si era già perfezionata la fase procedurale di presentazione delle offerte, evidenziando, da un lato, che nella pronuncia n. 3/2015 (al punto 2.10) aveva già escluso la sanabilità delle offerte incomplete – prive dell’indicazione degli oneri di sicurezza interni – mediante il ricorso all’istituto del soccorso istruttorio, perché si risolverebbe in un’inammissibile integrazione postuma di un elemento essenziale dell’offerta e, dall’altro, che l’esegesi giurisprudenziale, anche nomofilattica, può avere valore esclusivamente dichiarativo. Riguardo a quest’ultimo profilo, l’Adunanza Plenaria ha richiamato i principi elaborati dalla Corte di Cassazione in tema di funzione nomofilattica e di prospective overruling (Cass. nn.15144/2011, 28967/2011, 12704/2012, 19700/2015, 20007/2015).
1 Secondo il ruolo disegnato per tale organo giurisdizionale dall’art. 99, d.lgs. 2.7.2010, n. 104 recante il codice del processo amministrativo: «La sezione cui è assegnato il ricorso, se rileva che il punto di diritto sottoposto al suo esame ha dato luogo o possa dare luogo a contrasti giurisprudenziali, con ordinanza emanata su richiesta delle parti o d’ufficio può rimettere il ricorso all’esame dell’adunanza plenaria. L’adunanza plenaria, qualora ne ravvisi l’opportunità, può restituire gli atti alla sezione (comma 1). Prima della decisione, il presidente del Consiglio di Stato, su richiesta delle parti o d’ufficio, può deferire all’adunanza plenaria qualunque ricorso, per risolvere questioni di massima di particolare importanza ovvero per dirimere contrasti giurisprudenziali (comma 2)».
2 Cons. St., V, ord. 16.1.2015, n. 88.
3 Cons. St., V, 17.6.2014, n. 3056.
4 Art. 38, comma 2-bis, Codice dei contratti pubblici: «La mancanza, l’incompletezza e ogni altra irregolarità essenziale delle dichiarazioni sostitutive di cui al comma 2 obbliga il concorrente che vi ha dato causa al pagamento, in favore della stazione appaltante, della sanzione pecuniaria stabilita dal bando di gara, in misura non inferiore all’uno per mille e non superiore all’uno per cento del valore della gara e comunque non superiore a 50.000 euro, il cui versamento è garantito dalla cauzione provvisoria. In tal caso, la stazione appaltante assegna al concorrente un termine, non superiore a dieci giorni, perché siano rese, integrate o regolarizzate le dichiarazioni necessarie, indicandone il contenuto e i soggetti che le devono rendere. Nei casi di irregolarità non essenziali, ovvero di mancanza o incompletezza di dichiarazioni non indispensabili, la stazione appaltante non ne richiede la regolarizzazione, né applica alcuna sanzione. In caso di inutile decorso del termine di cui al secondo periodo il concorrente è escluso dalla gara. Ogni variazione che intervenga, anche in conseguenza di una pronuncia giurisdizionale, successivamente alla fase di ammissione, regolarizzazione o esclusione delle offerte non rileva ai fini del calcolo di medie nella procedura, né per l’individuazione della soglia di anomalia delle offerte».
5 Art. 46, co. 1-ter, Codice dei Contratti pubblici: «Le disposizioni di cui all’articolo 38, comma 2-bis, si applicano a ogni ipotesi di mancanza, incompletezza o irregolarità’ delle dichiarazioni, anche di soggetti terzi, che devono essere prodotte dai concorrenti in base alla legge, al bando o al disciplinare di gara»
6 Cons. St., A.P., 25.2.2014, n. 9.
7 Altre pronunce di interesse, intervenute successivamente alla sentenza dell’Adunanza Plenaria n. 3/2015, sul tema degli oneri di sicurezza ma non nel settore degli appalti di lavori sono le seguenti: Cons. St., III, 1.4.2015, n. 1723 in materia di appalti di servizi; Cons. St., VI, 9.4.2015, n. 1798 in materia di appalti di forniture e di servizi intellettuali; Cons. St., III. 14.7.2015, n. 3517 in materia di appalti di servizi e forniture.
8 Sul punto, cfr. Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, 29.1.2015, n. 87: «le disposizioni in controversia sono in realtà significativamente ricomprese nell’ambito degli articoli del codice finalizzati a dettare nei confronti delle stazioni appaltanti e quindi con norme d’azione i criteri per l’individuazione delle offerte anomale (art. 86) e per la verifica delle stesse (art. 87). A tale rilievo formale deve aggiungersi sul piano di sostanza che chiaramente nell’ottica valorizzata dal codice la necessità della indicazione dei costi di sicurezza specifici e la loro congruità può essere apprezzata solo ex post, e cioè in sede di valutazione della congruità serietà e sostenibilità dell’offerta nel suo complesso».
9 Russo, M., Oneri specifici di sicurezza: la Plenaria farà chiarezza?, in www.presidia.it, 19.6.2015.