BARTOLINI, Onofrio (Honuphrius Bartolini de Perusio, Onufrius de Perusio)
Appartenente a famiglia di elevata condizione sociale oriunda con tutta probabilità da Montali, il B. nacque a Perugia da Bartolino di Clementolo e da Caterina intorno al 1350; tale data, infatti, appare la più probabile, se si considera che già nel 1377 egli veniva eletto ad una magistratura cittadina, quella dei sei capitani di parte guelfa, per il semestre che aveva inizio dal 10 ottobre. Nulla sappiamo della giovinezza e della formazione del B.; ma è verosimile, Ottavia, che nel ricordato anno 1377 egli avesse già concluso, col dottorato in diritto civile, ovvero in entrambi i diritti, il suo curriculum universitario, e proprio in quello Studio di Perugia, in cui divenne poi professore di diritto civile, dall'anno accademico 1382-83 almeno, quando ebbe la lettura di mattina dell'Infortiatum, con uno stipendio di 40 fiorini. Da quell'anno le notizie dei pagamenti effettuati in suo favore dall'università di Perugia, benché frammentarie, ci permettono di farci un'idea dei progressi compiuti dal B. nella sua carriera di studioso e di docente: nell'anno accademico 1391-92 egli percepiva già 75 fiorini per la lettura "de mane, idest ordinarie", del Digestum Vetus; nel 13991400, 200 fiorini per la lettura, sempre "ordinaria de mane", del Codex e del Digestum Vetus; stipendio che conservò immutato fino al 1406-1407 (è questo l'ultimo pagamento che troviamo ricordato in favore del B. nei ruoli di pagamento, del resto frammentari, dei professori perugini, in data 29 apr. 1407) per la sola lettura ordinaria del Codex.
Nell'autunno del 1399 la fiducia dei colleghi delegò al B., come già nel 1397, il compito di concludere, con la cooperazione di Pietro degli Ubaldi e di Matteo Feliciani, certe convenzioni tra i professori dello Studio ed il Comune (che versava allora in gravi difficoltà finanziarie), circa le fonti di entrata da cui attingere per il pagamento degli stipendi dei docenti.
Nell'anno accademico 1407-1408 il B. fu certamente lettore a Siena, come prova la presentazione da lui fatta in data 4 maggio 1408, ài dottori di quer'università, di un candidato al dottorato. indiritto civile. Si aggiunga che il 3 ag. 1409 il B. (il quale continuò ad essere in ottimi termini con la città natale) acquistò, per il suo insegnamento, la cittadinanza senese.
Non si hanno testimonianze ulteriori dell'attività universitaria del B., ma è da supporre che durasse, a Siena ovvero a Perugia, fino al termine della sua vita, cioè per circa altri sei anni.
Il B. godette di una fama piuttosto estesa, come attestano, fra l'altro, le citazioni di Angelo Gambiglioni (che fu suo allievo), di Francesco Accolti, di Paolo di Castro (che fu suo collega a Siena), di Bartolomeo Socini, di Giovanni da Imola. Consulente ricercato (a favore del quale il Comune perugino, quando se ne serviva per prolungate missioni, proclamava le ferie giudiziarie per le cause in cui egli fosse patrocinatore), i frammenti che ci restano dell'opera sua (apprezzata dal Diplovataccio, cui pervennero anche manoscritti del B.) sono rappresentati esclusivamente da "consilia". Ve ne sono di editi in: a) G. B. Ziletti, Criminalium consiliorum seu responsorum..., Venetiis 1560, I, n. 38, pp. 64 bis-65; II, nn. 21-23, pp. 3540; b) Id., Consiliorum seu responsorum ad causas Mminales..., I, Venetiis 1566, n. 28, cc. 18v-19v, e Venetiis 1588; C) Id., Responsorum quae vulgo consilia vocantur ad causas ultimarum voluntatum, successio? íum, dotium et legitimationum..., I, Venetiis 1581, n. 40, cc. 33v-34v; n. 82, C. 83r, quest'ultiino una semplice "subscriptio" a un consiglio di Paolo di Castro; d) Baldo degli Ubaldi, Consiliorum sive responsorum..., II, Francofurti ad Moenum 1589, n. 421, C. 103r, che è anch'esso una "subscriptio" a un consulto di Baldo.
Consigli manoscritti del B. si trovano poi in: a) Firenze, Bibl. Marucelliana, Ms. C. 393, C. 306 v; b) Perugia,, Bibl. Com. Augusta, ms. 301, C. LXXXVIIIv (è una semplice "subscriptio" a un consiglio di Baldo); ibidem, MS. 2828, nn. 75, 77, cc. 309rv, 310r31ir; C) Pesaro, Bíbl. Oliveriana, cod. 58; d) Ravenna, Bibl. Classense, ms. 485; e) Roma, Bibl. Ap. Vaticana, cod. Vat. lat. 8068, nn. 50, 93 (cfr. Vigneaux, pp. 330, 333); cod. Vat. lat. 8069, cc. 117v, 254V, 258v, 356v; cod. Vat. lat. 10726, CC. 44V, 140r, 314r (si tratta di "subscriptiones" a consigli di Baldo e di Angelo degli Ubaldi e di Bartolomeo da Saliceto); cod. Urb. lat. 1132, CC. 125v, 137rv, 146v. Non può appartenere al B., ma evidentemente a un più tardo omonimo, il consiglio conservato nel ms. 1482 della Biblioteca Oliveriana di Pesaro.
Inoltre un commentario Super I et II Codicis, opera del B., era in possesso, nel '500, secondo un bibliografo dell'epoca, di Antonio Agustin. Da Angelo Gambigliorti apprendiamo poi che a Siena una "repetitio" su B. ebbe per oggetto un assai noto testo giustinianeo in materia testamentaria, il C.6.23.2I,5, mentre Paolo di Castro accenna a un consiglio fatto dal B. insieme ad Antonio da Budrio e Pietro d'Ancarano.
Tipico esempio di giurista medievale italiano pienamente inserito nella realtà della vita pubblica cittadina, il B. fu una figura di primo piano nella politica di Perugia dal 1377 al 1412: proprio in quel difficile periodo che vede la crisi del libero Comune e in cui, attraverso lotte e rivolgimenti ininterrotti, vien meno quella autonomia che esso era riuscito a raggiungere verso la metà del sec. XIV.
Eletto, il 20 sett. 1377, a far parte della magistratura dei capitani di parte guelfa per i sei mesi che incominciavano col 10 ottobre, nel secondo semestre del 1381 il B. fu uno dei giudici "super comuni dividundo"; quindì il 2 genn. 1384, scopertasi in seno al partito popolare la congiura dei figli di Ceccolino Michelotti (i quali si erano messi in contatto con Luigi d'Angiò per dare Perugia all'antipapa Clemente VII), il B. fu eletto fra i cinquanta "sapientes super deliberatione occurrentium circa conservationern status". Più tardi, nello stesso anno, è tra i Cinque sopra la guerra contro Assisi, dotati di "grandissima autorità* (Pellini). La prima missione diplomatica che ci è nota del B. risale al 1385, allorché venne eletto, il 5 aprile, ambasciatore a Firenze insieme con Nicola di Lello Baglioni. Il 10 marzo 1386 fu inviato al conte di Urbino Antonio di Montefeltro come mediatore tra questo e il Comune di Firenze nel conflitto per Gubbio, mentre il 18 maggio dello stesso anno venne incaricato, insieme con Alberto di Nino, di concludere la pace tra Urbino e Firenze. Il 30 genn. 1387 fu compreso nell'imponente ambasceria di 20 cittadini (4 per porta) che venne inviata a Lucca, a Urbano VI, per chiedere garanzie circa l'autonomia cittadina.
Eletto ambasciatore a Firenze insieme con Paoluccio di Nino (20 ag - 1388), il 26 apr. 1389 veniva incaricato di una nuova e più importante missione, quella di trattare con Gian Galeazzo Visconti i termini di una lega che comprendesse, oltre a Perugia, anche Milano, Firenze, Bologna ed altri Comuni minori, e di discutere le modalità dell'azione che gli alleati avrebbero dovuto intraprendere per combattere il flagello delle compagnie di ventura, che desolavano in quel tempo l'Italia centro-settentrionale. Il B. dovette assolvere assai bene a questo suo compito (nel quale era stato coadiuvato da Bartolomeo degli Armanni), se egli cinque mesi più tardì, il 9 di settembre nel palazzo di Pietro Gambacorti a Pisa, poteva sottoscrivere, insieme a Bartolomeo degli Armanni, nella veste di procuratore del Comune di Perugia, l'atto che sanciva la conclusione di una lega triennale (presto però destinata a fallire) fra Milano, Firenze, Bologna, Perugia, Siena, Pistoia, Lucca ed altri minori; con questo atto il B. impegnava tra l'altro il Comune perugino al pagamento dell'ingente somma di 2.369 fiorini, quale parte ad esso spettante degli oneri derivanti dalle transazioni finanziarie fatte dalla Lega con i condottieri inglesi.
Fu proprio in occasione di questa importantissima ambasceria che il Comune di Perugia deliberò, per la prima volta, le "ferie giudiziarie" per tutte le cause trattate dal B., il quale, sempre nello stesso anno 1389, ricoprì la carica di "iudex comunis super comuni dividundo" per il semestre luglio-dicembre, e la medesima carica ricoprì anche dal luglio al dicembre dell'anno successivo, in cui fu pure eletto, per una seconda volta, tra i capitani di parte guelfa per il semestre 10 maggio-31 ottobre.
Il 5 febbr. 1394 troviamo il B. fra i cittadini tenuti a una prestanza al Comune (paga 10 fiorini) e l'anno successivo, il 22 luglio, fra i due avvocati del Comune che erano stati eletti per la causa vertente tra questo ultimo e Angelo degli Ubaldi. Il 14 agosto dello stesso anno, inoltre, il B. venne chiamato a far parte dell'ambasceria che il 5 settembre successivo assisté a Milano, insieme con i rappresentanti di tutti gli stati italiani, alla solenne assunzione del titolo ducale concesso al Conte di Virtù dall'imperatore Venceslao. Per consentirgli di partecipare a tale missione vennero sospesi, a favore del B., gli obblighi derivantigli dalla sua condizione di lettore dello Studio.
Nell'autunno del 1396 (in uno dei momenti più acuti della lotta, apertasi da tempo e sempre più accentuatasi, tra Fìrenze e Milano, per assicurarsi il predominio in Perugia e nell'umbria) il B. andò m un primo tempo a Firenze con Giovanni di Lello (viene eletto ambasciatore il 17 settembre), per compiere dei passi che, a giudicare almeno dalle rimostranze fiorentine ai priori perugini in data 23 novembre, sono senz'altro da ritenersi di copertura delle trattative che appena dopo vengono condotte a Siena per una lega, caldeggiata dal Visconti, di Comuni toscani e di altri potentati in funzione antifiorentina, trattative ispirate anche dallo stesso B. in qualità di uno dei quattro commissari nominati il 5 novembre a Perugia con Biordo Michelotti "super factis ligae". Conclusa la lega, nella primavera successiva il B. andò - secondo il Pelliffi - a Città della Pieve "dove erano per abboccarsi Biordo Michelotti e messer Rolando commissario del Duca di Milano", e lo scopo della missione era quello di ottenere un alleggerimento del contributo perugino alla lega stessa.
Le lezioni universitarie e le occupazioni forensi del B. dovettero essere nel 1398 frequentemente e per lunghi periodi interrotte (ma si continuava da parte del Comune, con esenzioni da obblighi accademici e con ferie giudiziarie, a provvedere a che ciò non gli fosse di pregiudizio), se si consìdera che il 31 gennaio venne spedito a Firenze con Andrea Guidarelli, per sollecitare aiuti finanziari, e, nella primavera, insieme con Paolo di Angelello de' Gregorii (ma le riformanze del Comune ricordano solo quest'ultimo sotto la data del 20 aprile, diversamente dal Pellini che nomina anche il B.) fu inviato a incontrarsi con il fratello del papa, Giovanni Tomacelli, minacciante il territorio perugino alla testa dell'esercito pontificio, nel corso d'uno di quei conflitti che quasi senza interruzione si succedettero negli ultimi anni del sec. XIV fra il papa, che appoggiava i nobili perugini ribelli e fuorusciti, e il Comune; lo scopo dell'incontro era di sviluppare le trattative di quella pace che, impostata già con successo dai mediatori dell'interessata Firenze, il B. andava poi a perfezionare a Roma (elezione ad ambasciatore il 10 giugno) insieme a Matteo Feliciani e a Baldino di Ceccolo di Baldino de' Beccuti, già dall'aprile ambasciatori perugini al papa. Il 17 sett. 1398, infine, il B. è inviato a Pavia al duca di Milano "cum arbitrio et potestate plenissima faciendi, perpetrandi et concludendi omnia et singula quae ad statum, unionem et preservantiam supradictoruni utilia seu necessaria fore cognoverit quovis modo"; "con foglio bianco per sottomettere" la città al duca, come affermano di essere a conoscenza i reggitori fiorentini scrivendo a quelli di Perugia e cercando vanamente di contrastare l'inclinazione ormai inarrestabile di Perugia per Milano. In realtà la missione milanese del B. non aveva ancora per oggetto l'offerta della signoria su Perugia, ma la ratifica dell'aheanza tra i due stati e la richiesta di aiuto per il mantenimento della libertà a Perugia. Ma ormai la fase conclusiva dei negoziati per la dedizione della città umbra a Gian Galeazzo era aperta. Al B. il comune riconosceva la maggiore durata della sua missione "considerato maxime, quod quam plurima et fortifera opera in dicta legatione perfecerit pro republica perusina".
Il 3 gennaio 1399 il B. fu ancora una volta inviato a Roma per cercare di risolvere certe difficoltà sorte nell'applicazione dei fragili patti di pace sanciti solo qualche mese prima; e nello stesso anno, al principio di maggio, egli partecipò ai negoziati con gli ambasciatori fiorentini a Perugia circa il contenuto di una progettata alleanza.
Del prestigio goduto dal B. nella sua città è prova, oltretutto, in quell'anno, la deliberazione favorevole dei priori in merito a una richiesta avanzata dal B. di poter espropriare e demolire degli edifici esistenti presso un suo "fortalitium"nella campagna.
Tra il 19 e il 20 gennaio del 1400 i Perugini decisero "che la città si mettesse sotto la protettione, et governo di Gian Galeazzo Visconti duca di Milano"; il 22 febbraio il Maggiore e Generale Consiglio provvide alla nomina della numerosa ambasceria - nella quale il B. occupava la posizione preminente - che doveva confermare il dominio concesso al duca, e questi ambasciatori il 20 marzo, con atti solenni stipulati a Pavia, consegnarono le chiavi e il sigillo della città, lo scettro e la bandiera con le armi del papa e del Comune, e giurarono fedeltà al nuovo signore. In quello stesso anno il B. fu eletto per sei mesi, a principiare da ottobre, giudice del Comune.
Morto il 3 sett. 1402 Gian Galeazzo Visconti, il B. fece parte dell'ambasceria eletta il 26 dello stesso mese dal luogotenente ducale, dai priori e dagli ufficíali dell'arbitrio, perché recasse alla vedova le condoglianze della città e assicurasse la fedeltà di questa al giovane erede del ducato, Giovanni Maria. Ma i legami tra Perugia e Milano s'allentarono e si acuì per converso la pressione pontificia, che sboccò in una campagna militare contro il territorio perugino condotta nuovamente da Giovanni Tomacelli, fratello del papa. Il 18 ott. 1403 il B. fu tra gli ambasciatori che cavalcarono a Todi per concludere con il Tomacelli la pace del 25 Ott. che segnava il ritorno di Perugia nell'orbita pontificia, senz'altra notevole concessione che quella di non riammettere i fuorusciti. Ratificata il 29 ott. la pace in Perugia, il 9 gennaio dell'anno seguente il B. fu eletto ambasciatore presso il pontefice con Ceccolino Michelotti e Ranieri di Tiviere, e il 15 dello stesso mese partì con essi e il Tomacelli per Roma, rientrando a Perugia Solo il 22 marzo, dopo aver ottenuta la conferma definitiva dei capitoli della pace. Anche in questa occasione si concessero al B. larghi privilegi in relazione alla sua condizione di professore e di avvocato. Nello stesso anno, succeduto a Bonifacio IX Innocenzo VII, il B. fu nuovamente tra gli ambasciatori mandati a Roma il 3 novembre, per ottenere la conferma dei capitoli che regolavano i rapporti tra la S. Sede e Perugia. Una lunga lista di richieste perugine, soprattutto in materia finanziaria e concernenti i ribelli, portava ancora una volta il B. a Roma due anni dopo, insieme con Andrea Guidarelli (eletti ambasciatori il 21 ag. 1406); ma le trattative, interrotte dalla morte di Innocenzo VII, furono riprese, al principio del 1407, da una nuova ambasceria, di cui però non faceva più parte il B.; questi nei mesi successivi (eletto il 24 aprile con Andrea Guidarelli) fu invece incaricato di formulare nuove richieste alla corte pontificia e, nella primavera dell'anno dopo (1408), di condurre nuove trattative, a Lucca, con Gregorio XII, che proteggeva i fuorusciti: poco dopo, il 29 maggio, fu inviato ambasciatore con Ceccolino Michelotti e con Andrea di Berarduccio al re Ladislao, che il 25 aprile aveva preso Roma ed ora guardava a Nord, verso Firenze. L'ambasceria del B. fu decisiva per la dedizione di Perugia a Ladislao e per l'abbandono da parte del sovrano della causa dei fuorusciti, con il maggiore dei quali, Braccio Fortebracci, anzi, entrò subito in conflitto aperto, calmando così le apprensioni dei Perugini, i quali, a detta del Pellini, "offeriscono il dominio della città al re Ladíslao, più tosto ch'esser signoreggiati dai suoi cittadini", "esempio veramente notabile delle fattioni e discordie civili et di quanto ne gli animi de gli huomini possano le passioni". I capitoli furono sanciti a Roma il 19 giugno 1408 con l'intervento di sindaci del Comune perugino, i quali erano personaggi diversi dagli ambasciatori che avevano condotto le trattative.
L'ultima volta che troviamo ricordato l'instancabile diplomatico perugino, l'"excellentissimus legum doctor dominus Honotrius Bartolini civis amatissimus de Perusio", è sotto la data 6 maggio 1412, quando il Comune deliberò una "littera credentie" a re Ladislao per il suo cittadino - "oggimai decrepito", afferma il Pellini, chiamato a Napoli consigliere del re, "in... domini Regis consiliarem".
Il B. dovette morire - non sappiamo dove - prima del 27 apr. 1415, se l'annotazione, fatta a richiesta del figlio Bartolomeo, nella dichiarazione catastale intestata in origine al nonno Bartolino di Clementolo, significa - come èassai verosimile - un'avvenuta successione al padre. Morto comunque egli era sicuramente prima del 27 nov. 1416, data dì un atto che riguarda la madre del B., Caterina, ancora viva (lo è ancora a fine marzo del 1417!). Si conservano testamenti del B. datati 21 febbr. 1400, 12 ag. 1408 e 11 marzo 1412, dai quali si apprende, tra l'altro, ch'egli aveva scelto per propria sepoltura la chiesa di S. Domenico, per la cui fabbrica lasciava ai frati 100 fiorini.
Fratelli del B. furono un Francesco e una Giovanna, ma non quel Cola notaio, dal quale doveva nascere Baldo Novello, che qualcuno anche vuole, infondatamente, figlio di Onofrio. Il B. aveva sposato una Giovannina di Francesco di Nino, ed ebbe almeno otto tra figli e figlie. Di un'altra moglie, una Barzi (Cassandra, secondo il Bini; Andrea e madre dei primi due figli, secondo il Vermiglioli), non si hanno dati sicuri.
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