CAMAIANI, Onofrio (Nofri)
Nacque ad Arezzo il 10 nov. 1517 da antica e nobile famiglia di tradizione guelfa, distintasi nei primi decenni del XVI sec. nella lotta contro il predominio fiorentino.
Il C. maturò in un mutato clima politico, in cui Firenze, ormai vinta ogni velleitaria resistenza, dominava incontrastata. Dottore inutroque iure egli fece le sue prime prove di avvocato a Padova: taluni suoi rapporti epistolari con Pietro Aretino danno qualche notizia su un suo movimentato soggiorno veneto (1542). Privato dalla famiglia di ogni aiuto finanziario il C., coinvolto a Padova in oscure vicende, si autodifese brillantemente nel corso di un processo, ottenendo per sé e un suo giovane amico la completa assoluzione (bando del 7 ag. 1542). Negli anni successivi fu alla corte medicea ove il duca Cosimo I lo stimò per la sua competenza e abilità, facendone un suo "creato" e sostenendolo nelle sue aspirazioni di carriera.
Intorno agli anni 1547-48 fu mandato a Roma in qualità di agente di Cosimo e segretario di legazione dell'ambasciatore mediceo: qui iniziò parallelamente una brillante carriera presso la corte pontificia che gli consentì di favorire e curare più da vicino gl'interessi di Firenze. Nel 1549 divenne primo fra gli abbreviatori del Parco Maggiore e, nel febbraio dell'anno successivo, ebbe dalla cittadinanza aretina l'incarico insieme con G. Ricoveri e F. Albergotti, di rendere omaggio al nuovo papa Giulio III loro concittadino (di Monte San Savino). Durante questo pontificato il C. svolse una notevole attività diplomatica: il 14 luglio 1552 fu inviato dal papa presso Cosimo, don Diego de Mendoza e Ferrante Gonzaga per chiarire ulteriormente i motivi che avevano indotto Giulio III a firmare l'armistizio con il Tournon (29 apr. 1552), ponendo così fine alla guerra contro i Farnese ed i loro alleati francesi, ritenuta finanziariamente insostenibile per lo Stato pontificio e grave minaccia per l'unità del mondo cattolico; il C. avrebbe dovuto inoltre ribadire l'immutata amicizia del pontefice nei riguardi dell'imperatore, rigettando decisamente l'accusa di una condotta arrendevole verso i Farnese. Successivamente, nel marzo 1551, perdurando Siena nel suo atteggiamento filofrancese, assai pericoloso per l'equilibrio degli Stati italiani, il C. fu inviato presso Cosimo I. Portavoce della linea conciliativa, che Giulio III esercitava tra Francia ed Impero nell'intento di stornare il pericolo di scontri diretti che avrebbero causato fratture irreparabili sia politiche sia religiose, il C. ebbe la delicata incombenza di persuadere il duca di Firenze ad accettare la mediazione della S. Sede.
Lo zelo dimostrato dal C. in queste missioni gli procurò un ulteriore progresso nella carriera in Curia: nel 1554 divenne avvocato concistoriale; anche Cosimo I volle premiarlo ascrivendo la famiglia Camaiani alla cittadinanza fiorentina per i suoi segnalati servigi al duca (rescritto del 9 ag. 1555).
Durante il conclave del 1555 il C. partecipò a tutte le sedute in qualità di segretario del cardinal Del Monte e di agente di Cosimo I, cui riferiva con dispacci giornalieri tutti gli intrighi ed i minimi incidenti.
Mantenne posizioni di prestigio anche durante il pontificato di Paolo IV con il quale appianò, senza far ricorso all'ambasciatore ufficiale Serristori, l'annosa divergenza intorno all'arcivescovato di Firenze affidato fin dal 1548 ad Antonio Altoviti, acerrimo antimediceo (il quale, tuttavia, non potrà prendere possesso della diocesi che nel 1567, rimanendo fino ad allora a Roma): il C. s'impegnò a far corrispondere regolarmente alla Camera apostolica le rendite della diocesi in attesa di un vescovo politicamente meno compromesso.
Ottenuta infine Siena in feudo da Filippo II, Cosimo I memore del fedele C. lo richiamò a sé, conferendogli la carica di capitano di giustizia nel suo nuovo possedimento (19 luglio 1557).
Per un triennio il C. fu il responsabile, zelante e durissimo, dell'ordine pubblico della città: i suoi birri eseguirono con scrupolo minuzioso il disarmo della popolazione (27 luglio 1557) e numerose perquisizioni per sventare le ultime resistenze antimedicee. Vennero istruiti processi assai impopolari e nei rapporti del C. a Cosimo si trova anche una dettagliata lista d'indiziati d'eresia: tra gli altri i fratelli Sozzini, Marcantonio Pecci e Niccolò Spannocchi. Tornato a Roma nel 1560 divenne (sempre con l'appoggio mediceo) avvocato fiscale, consigliere dell'Inquisizione e della Consulta e protonotaro apostolico. Da questa posizione di prestigio negli ambienti della corte pontificia il C. seguì da vicino il processo d'eresia contro il Carnesecchi, informando Firenze sull'esatto andamento della causa fino all'avvenuta esecuzione (agosto-settembre 1567), pur preferendo non intervenire positivamente in favore dell'accusato. Nella sua duplice veste di uomo di Curia e uomo di Cosimo I, il C. ebbe il compito di proporre l'elevazione a granduca del signore di Firenze (1569).
Per mesi il C. mosse le fila della diplomazia medicea misurando con attenzione ogni intervento presso l'austero Pio V in modo da suggerire quasi inavvertitamente come questa concessione del titolo non fosse che un paterno riconoscimento della rispettosa devozione di Cosimo, nonché un'ottima soluzione per il problema delle precedenze, in sede di cerimoniale, fra i rappresentanti diplomatici di Firenze e Ferrara. Anche grazie alla ostilità del papa nei confronti della casa d'Este, il C. appoggiato efficacemente dal cardinale Ferdinando de' Medici, dopo brevi, ma abilissime e non sempre limpide trattative (condotte all'insaputa, perimo, dell'ambasciatore medicco Domenico Bonsi), riuscì a persuadere il papa e ad ottenere la bolla (27 ag. 1569) che concedeva a Cosimo I il titolo granducale. Ben presto, però, Pio V, anche per i risentimenti che tale decisione aveva suscitato, si pentì della concessione strappatagli e nel concistoro del 17 maggio 1570 non elevò il.C. - come questi si aspettava - alla porpora cardinalizia.
Il C. morì a Roma il 28 apr. 1574 e venne sepolto nella chiesa di S. Maria sopra Minerva.
Fonti e Bibl.: Bibl. Apost. Vat., cod. Chig. Q 16, ff. 425-427v ("Istruzione data a mons. O. C. mandato da Papa Giulio III al Duca Cosimo I di Firenze, a Don Diego Hurtado de Mendoza e a Ferrante Gonzaga"), ff. 445-447 ("memoriale dato a Mons. O. C. per li SS.ri Duca et Duchessa di Fiorenza il 1º di marzo 1553"); Arch. di Stato di Firenze, Mediceo del Principato, ff. 3264-3274; Legazione di A. Serristori ambasciatore di Cosimo I ... a Carlo V e in Corte di Roma, a cura di G. Canestrini, Firenze 1853, pp. IX, 355, 361, 366, 371, 380, 433; Docc. di S. Carlo Borromeo, a cura di A. Sala, III, Milano 1861, pp. 80 s.; V. Forcella, Iscrizioni delle chiese ... di Roma..., I, Roma 1869, pp. 36, 467; Lettere scritte a Pietro Aretino, a cura di T. Landoni, II, 2, Bologna 1875, pp. 36, 42; Cosimo I de' Medici, Lettere, a cura di G. Spini, Firenze 1940, p. 212; C. Cartari, Advocat. s. Concistorii Syllabum, Almain urbe 1656, p. 147; G. Ciampini, De Abbreviat. de Parco Maiori, Romae 1691, p. XX; S. Ammirato, Istorie Fiorentine, II, 9, Firenze 1827, p. 178; F. Petrucelli della Gattina. Histoire diplomat. des conclaves, II, Paris 1864, pp. 67, 75 s.; L. Grottanelli, Gli ultimi ami della Repubblica Senese, Firenze 1886, pp. 62 s.; A. Pieper, Die päpstlichen Legaten und Nuntien in Deutschland, Frankreich und Spanien, Münster 1897, pp. 46, 50, 125, 133; L. von Pastor, Storia dei papi, VI, Roma 1922, pp. 101, 104; VIII, ibid. 1929, pp. 450 s., 457; G. Spini, Cosimo I e l'indipendenza del principato mediceo, Firenze 1945, pp. 127-144; A. D'Addario, Il problema senese, Firenze 1958, pp. 213, 219; R. Cantagalli, La guerra di Siena, Siena 1962, pp. 99, 370, 506 s.