GIORDANO, Onofrio (Onofrio della Cava)
Non si conosce la data di nascita di questo architetto ingegnere e scultore, probabilmente originario di Cava de' Tirreni, attivo in Dalmazia e in Campania intorno alla metà del XV secolo.
Il luogo di nascita del G. si può dedurre da alcuni documenti nei quali viene menzionato come "Honofrio de Jordano della Cava" (Schülz, p. 186), o "magistris Honofris de Jordano de Civitate Cave" (Hersey, p. 78); l'iscrizione murata sulla "fontana di Onofrio" a Ragusa lo ricorda come "Parthenopeo".
Ignota rimane la formazione artistica e l'attività del G. prima del suo arrivo a Ragusa, l'odierna Dubrovnik, all'inizio del 1436. Il G. giunse in questa città su invito del Consiglio maggiore che gli affidò il compito di sovrintendere a tutte le costruzioni pubbliche, in particolare alla risistemazione dell'impianto idrico cittadino e alla riedificazione del palazzo dei Rettori, gravemente danneggiato da un'esplosione il 10 ag. 1435 (Dudan, p. 171). È probabile che al momento del suo arrivo in Dalmazia egli fosse un artista già affermato nell'ambito napoletano; Filippo Diversi, autore, nel 1440 della Descriptio di Ragusa, riferiva, infatti, che il pugliese Andreozzo de Bubbito, "amministratore dei negozi di Giacomo Cotrugli, gentiluomo raguseo che ebbe già in appalto la Zecca di Napoli", aveva condotto a Ragusa "mastro Onofrio di Giordano di Lacava, valente architetto", per ricostruire gli archivolti del palazzo dei Rettori (Folnesics, p. 187).
Il 26 genn. 1437 l'acquedotto, una costruzione tutta sotterranea lunga circa 8 miglia, risultava già terminato e, il 16 ottobre dello stesso anno, il Consiglio della città autorizzò il G. a iniziare i lavori per la costruzione di una "fontana de scarpello". Il 7 febbr. 1438, "magister Honofrius" sottoscrisse con gli "officiales" responsabili un contratto, impegnandosi a realizzare due fontane monumentali e un abbeveratoio per un compenso di 3000 iperperi, ovvero circa 1000 ducati d'oro (ibid., pp. 187-189). Tale documento contiene anche una descrizione particolareggiata del progetto di costruzione delle fontane poste, ancora oggi, alle due estremità dell'arteria principale del centro cittadino: la grande, tradizionalmente detta "fontana di Onofrio", nei pressi di porta Pille, e la più piccola, o "fontana di La Cava", presso porta Ploce. La qualifica di "ingeniario", con la quale è menzionato nei documenti fa ritenere che il G. fosse soprattutto un maestro di muro, un esperto costruttore che affidava ai collaboratori la parte scultorea dei suoi progetti (Arslan, p. 348).
La "fontana di Onofrio", costruita in pietra d'Istria, ha forma poligonale e poggia su un semplice basamento con riquadri; in origine era composta da due piani con un doppio ordine di archetti su colonnine corinzie, una trabeazione completa e una cupola in mattoni rivestita di marmi e ornata da costoloni con lanterna finale; la parte superiore, distrutta nel 1667 da un terremoto, fu sostituita da una piccola copertura a calotta. Il disegno originale, riportato in un'antica immagine di Ragusa (Dudan, tav. 121), mostra l'aspetto originario del monumento, uno dei primi esempi di struttura a pianta centrale realizzati in Dalmazia nella prima metà del Quattrocento; l'utilizzo di forme e stilemi derivanti dall'architettura classica avvalora l'ipotesi di una sua derivazione da un prototipo romano (Ragghianti, p. 36). A tal proposito Hersey (p. 33) ha individuato due possibili modelli in due mausolei di età romana presenti nel taccuino vaticano di Giuliano da Sangallo: quello, non più esistente, di Capua Vecchia, con doppio ordine a pilastri e trabeazione completa, o quello di Munazio Planco a Gaeta. La "fontana di La Cava" si è invece conservata integra: la vasca ottagonale è composta di riquadri marmorei con efebi scolpiti e, al centro, una colonnina tortile che sorregge la conca superiore decorata con mascheroni; quattro delfini e conchiglie sostengono la pigna dalla quale sgorga lo zampillo. È probabile inoltre che gli elementi scultorei dei pannelli dell'ottagono siano stati eseguiti, su disegno del G., da uno dei suoi collaboratori, lo scultore Pietro da Milano (ibid., pp. 34, 45; Höfler, p. 247).
I lavori delle due fontane furono condotti a termine, probabilmente, intorno al 1440; a partire da questa data, infatti, la presenza del G. nei lavori di ricostruzione del palazzo dei Rettori si fece sempre più assidua (Folnesics, pp. 189-191). Non è facile stabilire cosa resti della sua opera nell'attuale edificio poiché, nel 1462, un'altra esplosione lo distrusse quasi completamente e la nuova riedificazione fu affidata all'architetto fiorentino Michelozzo, sostituito in un secondo tempo da Giorgio di Matteo da Zara (Arslan, p. 348).
È probabile che il G. si fosse attenuto allo schema planimetrico del palazzo precedente, intervenendo sul progetto delle colonne del portico a pianterreno compresi alcuni capitelli messi in opera dopo l'innalzamento del piano d'imposta degli archi (Schmarsow, p. 206). Un documento dell'aprile 1442, in cui gli ufficiali della fabbrica del palazzo chiedono "pro consiglio de maestro Nofrio ingeniario" di essere autorizzati dal Consiglio maggiore "a poder fare due faciate" con colonne del cortile interno, sembra confermare che anche l'odierna disposizione a loggiati di questo spazio sia stata ideata dall'architetto campano (Folnesics, p. 191).
Non si sa se la ricostruzione dell'edificio sia stata completata entro l'ottobre del 1442, secondo quanto stabilito dal contratto (Dudan, p. 177); ma è certo che già alla fine di giugno di questo stesso anno il rettore e il Consiglio minore saldarono al G. il compenso dei lavori. Nel dicembre il G. ricevette ancora un pagamento relativo alla edificazione dell'acquedotto (Folnesics, p. 191).
Del G. non si hanno più notizie fino al 4 nov. 1450, data in cui il Consiglio di Ragusa, tramite un salvacondotto, lo autorizzò a lasciare la città (Fabriczy, p. 188). Il 19 apr. 1451 il G. risulta essere già impegnato a Napoli nella fabbrica del Castel Nuovo.
A questa data risale il contratto sottoscritto dal re Alfonso I d'Aragona, da "Honofrio de Iordano" e da tre "maistri muraturi della Cava". Questi si impegnavano a terminare la fabbrica entro trenta mesi per un compenso di 41.000 ducati. I quattro, che già lavoravano a vario titolo nel Castello al salario di 12 ducati al mese, si sarebbero dovuti occupare delle sole opere in muratura; mentre le parti scultoree spettavano a maestri catalani (Schülz). In particolare, secondo Hersey (p. 33), al G. fu affidata la costruzione della parte inferiore dell'arco di trionfo, la cui struttura muraria, di notevole solidità, si distingue nettamente dalla parte superiore, più tarda, la cui precaria stabilità è stata verificata in sede di restauro.
Che il G. fosse, in quel momento, uno dei personaggi più autorevoli del cantiere è dimostrato dai rapporti con Alfonso I, per conto del quale svolse altri incarichi di fiducia. Un documento conservato nell'Archivo de la Corona de Aragón a Barcellona ricorda come "magistri Honofris de Jordano" fosse accolto tra i cortigiani del re e delegato a effettuare per suo conto alcuni acquisti (Hersey, p. 78).
Il 13 ott. 1451 il G. ricevette un pagamento di 100 ducati per la realizzazione di una fontana al molo e altri 50 per una fontana a Torre del Greco; di entrambe le costruzioni non si ha traccia. È probabile che il termine previsto per la fine dei lavori in Castel Nuovo sia stato rispettato poiché, nel luglio del 1453, il G. e gli altri capomastri ricevettero 2900 ducati a saldo del compenso pattuito. Il buon andamento dei suoi affari è dimostrato dalle rendite che riscuoteva da Cava de' Tirreni e dal fatto che, nel dicembre del 1453, si interessava all'acquisto di un feudo "in pertinenze di San Severino" (Filangieri, pp. 274, 279).
Il 9 luglio 1455 il re Alfonso I ricevette da parte dei Rettori di Ragusa la richiesta di favorire il ritorno di "magistrum Honofrium" in Dalmazia per la realizzazione di nuove fortificazioni rese urgenti dal pericolo di un'invasione turca (Fabriczy, pp. 189 s.); tuttavia, nel settembre del 1455, il G. si trovava ancora a Napoli per riscuotere un pagamento di 200 ducati relativo ancora alla fabbrica del Castello (Filangieri, p. 279). A partire da questa data non si hanno più notizie dell'architetto.
Il G. morì probabilmente a Napoli poco dopo il 1455 (Rolfs, p. 48).
Fonti e Bibl.: H.W. Schülz, Denkmäler der Kunst des Mittelalters in Unteritalien, IV, Dresden 1860, pp. 186 s.; C. Minieri Riccio, Alcuni fatti di Alfonso I, in Arch. stor. per le provincie napoletane, VI (1881), p. 421; G. Gelcich, Dello sviluppo civile di Ragusa…, Ragusa 1884, pp. 63 s.; T.E. Jackson, Dalmatia, the Quarnero and Istria, II, Oxford 1887, p. 332; A. Schmarsow, Nuovi studi intorno a Michelozzo, in Arch. storico dell'arte, VI (1893), pp. 204-206; C. von Fabriczy, O. G. della Cava, in Repertorium für Kunstwissenschaft, XXVIII (1905), pp. 188-190; W. Rolfs, Franz Laurana, I, Berlin 1907, pp. 46-48; H. Folnesics, Studien zur Entwicklungsgeschichte der Architektur und Plastik des XV Jahrhunderts in Dalmatien, in Jahrbuch des Kunsthistorischen Institutes der K.-K. Zentral-Kommission für Denkmalpflege, VIII (1914), pp. 88-106, 187-191; A. Dudan, La Dalmazia nell'arte italiana, I, Milano 1921, pp. 168-177, 196-200; R. Filangieri, Rassegna critica delle fonti per la storia di Castel Nuovo, in Arch. stor. per le provincie napoletane, LXII (1937), pp. 274-279; B.M. Apollonj Ghetti - L. Crema, L'architettura della Dalmazia, Roma 1943, pp. 55, 74; K. Fisković, Naši graditelji i kipari XV i XVI st. u Dubrovniku (I nostri architetti e scultori del XV e XVI secolo a Ragusa), Zagreb 1947, ad vocem; C.L. Ragghianti, Tempio Malatestiano, in Critica d'arte, XII (1965), pp. 36 s.; H. Mc Neal Caplow, Michelozzo at Ragusa: new documents and revaluations, in Journal of the Architectural Historians Society, XXXI (1972), p. 113; G. Hersey, The Aragonese arch at Naples, 1443-1475, New Haven-London 1973, pp. 17 s., 32-35, 45, 65, 78, 81 s.; W. Arslan, L'architettura gotica civile in Dalmazia dal 1420 al 1520…, in Riv. dell'Istituto nazionale di archeologia e storia dell'arte, XXIII-XXIV (1976-77), pp. 322, 347 s.; M. Ferrara - F. Quinterio, Michelozzo di Bartolomeo, Firenze 1984, pp. 398, 400, 424; J. Höfler, Die Kunst Dalmatiens: vom Mittelalter bis zur Renaissance, 800-1520, Graz 1989, pp. 228-233, 245-248; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XIV, pp. 79 s.; Diz. encicl. di architettura e urbanistica, II, p. 478; Enc. univ. dell'arte, VIII, p. 405.