ZUBBOLI, Onofrio Luigi
Nacque a Ravenna nel 1783 da Giovanni e da Geltrude Romei.
Noto principalmente come Luigi, nome di un fratello premorto, mentre quello di battesimo venne utilizzato a varie riprese per trarre in inganno le autorità preposte alla repressione e alla coscrizione. La famiglia era di condizione modesta – Luigi fu costantemente oggetto di illazioni su come avesse accumulato una discreta fortuna partendo dal nulla – e nulla è noto degli anni della giovinezza, anche se dovette portare a termine un ciclo di studi regolare poiché nel 1810 si trasferì a Forlì come impiegato della segreteria generale della prefettura.
Due anni dopo lasciò il pubblico impiego per passare al servizio del banchiere e speculatore Domenico Manzoni, faentino, inquisito per giacobinismo durante il triennio repubblicano, che favorì la crescita di Zubboli sia in campo economico sia in quello cospirativo, da un lato facendolo progredire fino al grado di amministratore nelle proprie imprese, dall’altro iniziandolo, durante il Regno d’Italia, nella loggia massonica Reale Augusta e, contemporaneamente, nella vendita carbonara dell’Amaranto.
Proprio questo secondo sodalizio, tuttavia, con la complicità per lo meno tacita di Luigi Zubboli, fu all’origine dell’omicidio di Manzoni a Forlì la sera del 26 maggio 1817, crimine rimasto impunito per assenza di prove ma probabilmente perpetrato per punire una delazione della vittima per ingraziarsi le restaurate autorità papaline.
Anche dopo la morte del suo mentore, il ravennate proseguì la propria attività di speculatore ottenendo l’appalto per le forniture militari e carcerarie delle quattro Legazioni, destinato a rimanere la sua principale occupazione nei decenni successivi, e che gli conferiva notevoli vantaggi nell’attività cospirativa, permettendogli di circolare tra la Romagna e Bologna senza destare sospetti nelle autorità.
Nei primi anni della Restaurazione, la carboneria delle Legazioni fu impegnata in un vivace dibattito per ottenere sul piano strategico l’annessione alla Toscana o alla Lombardia (le promesse costituzionali fatte dagli Asburgo durante la campagna murattiana facevano considerare l’Austria di gran lunga preferibile al dominio papale) e, su quello tattico, l’unione con ciò che restava della rete delle logge massoniche, ancora forti a Bologna mentre i carbonari prevalevano in Romagna. Membro di entrambe le società, Zubboli si impegnò profondamente in questa direzione, anche se con modalità non sempre limpide, essendo solito spacciarsi a Bologna come capo dei Romagnoli e viceversa, e lasciando costantemente intendere di agire con l’assenso del Grande Oriente massonico di Francia. Questi metodi, oltre alle origini popolari che lo portavano a reclutare tra studenti, militari di basso grado e operai, fecero sì che Zubboli fosse sempre guardato con diffidenza e ostilità dagli aristocratici alla testa del sodalizio felsineo, come il principe Astorre Ercolani, che lo consideravano un parvenu provinciale, ambizioso e rozzo tanto negli affari quanto in politica.
Nella prospettiva di un’unione con la Toscana, ebbe stretti rapporti con Giuseppe Valtancoli, che lui credeva emissario del Grande Oriente di Francia ma era in realtà una spia granducale e, per realizzare l’unione con la massoneria, non esitò a creare dal nulla le proprie logge riformate a Bologna, cosa che gli attirò non pochi sospetti di essere un ciarlatano quando non un confidente delle spie austriache.
Con lo scoppio della rivoluzione costituzionale delle Due Sicilie nel luglio 1820, tuttavia, il mondo carbonico romagnolo entrò in fibrillazione e Zubboli riuscì a riunire intorno a sé gli elementi più decisi all’azione per estendere il moto a tutta la penisola e opporsi al contingente austriaco diretto a Napoli sbarrandogli la strada o tagliandogli le retrovie, e provando a sollevare le vendite per ottenere dal pontefice una costituzione: a tal fine nella primavera del 1821 mandò vari messaggeri a Guglielmo Pepe, ormai riconosciuto come guida effettiva del governo rappresentativo partenopeo ed ai circoli costituzionali piemontesi.
Un tale piano non andò a effetto in primis per i dissensi all’interno della carboneria, ma soprattutto a causa della delazione del giovane conte Camillo Laderchi, studente faentino dell’Università di Pavia che, implicato nel processo Pellico – Maroncelli, svelò alla polizia milanese l’intera rete settaria delle Legazioni: le sue informazioni furono immediatamente comunicate alle autorità papaline. Zubboli, pur pesantemente coinvolto dalle rivelazioni del giovane aristocratico, scampò alla prima ondata di arresti grazie a un’incomprensibile benevolenza del legato cardinale Stanislao Sanseverino (apparsa molto sospetta sia ai compagni di cospirazione sia alle autorità centrali), ma non riuscì a salvarsi dalla seconda, ordinata direttamente dal papa su pressione del duca di Modena dopo la scoperta della vasta rete di corrispondenze cospirative estese a Modena, Parma e Reggio e di cui il ravennate costituiva il centro.
Arrestato per ordine del ministero di Polizia il 1° maggio 1822 e rinchiuso nel Quartiere della Torre, Zubboli negò qualsiasi addebito a proprio carico e chiese continuamente un confronto diretto con i suoi accusatori, che tuttavia gli fu costantemente negato fino alla sua liberazione nel maggio 1823. Incarcerato in base a nuove accuse, fu inquisito nella famosa causa Rivarola del 1825, sorta di propaggine emiliana del processo lombardo contro il gruppo di Pellico e Maroncelli, Zubboli (che nel 1824 aveva tentato l’evasione tramite sostituzione di persona) fu condannato alla pena capitale, commutata però immediatamente in venticinque anni di reclusione.
Le aderenze del fornitore militare e carcerario presso le autorità locali dovevano essere rimaste attive ed efficaci se appena un anno dopo la pesante condanna egli era di nuovo libero e anche pronto a riprendere l’attività cospirativa; gli uomini che a Bologna avevano diffidato di lui e ne avevano osteggiato l’attività, per di più, si dimostrarono molto più propensi a servirsi di lui nel nuovo clima politico e, scoppiata nuovamente la rivoluzione nelle Legazioni nel 1831, Luigi Zubboli fu nominato viceprefetto di Rimini, dove si distinse per l’ardore costituzionale e gli ammonimenti alle locali autorità militari ed ecclesiastiche.
Sposò la forlivese Teresa Bianchi, con la quale ebbe vari figli e, dopo il ritorno dell’ordine, si ristabilì a Forlì nella veste di ricco uomo d’affari, coinvolto in importanti cause e in lucrosi contratti, coadiuvato dalla moglie; in società con uno dei generi ottenne anche l’appalto per l’approvvigionamento di carni per il Comune, e proprio una vertenza riguardante i pagamenti non effettuati durante i moti del 1831 fu all’origine della fine di Zubboli come figura politica. Danneggiato dai disordini scoppiati a Forlì, si dolse in una lettera pubblica delle perdite subite, ma ciò non fece che rendere palese quanto i suoi interessi di imprenditore configgessero con la sua figura di rivoluzionario, che altrove era stato promotore degli stessi moti di cui allora si doleva. Oggetto di una vivace campagna di discredito e di alcuni libelli satirici, decise di pubblicare insieme al genero Lorenzo Gaudenzi, anch’egli antico carbonaro, una sorta di ritrattazione alla lettera precedente, che però a nulla valse nel restituirgli la pubblica fiducia.
La figura di Zubboli tornò al centro delle cronache locali nel 1841, quando fu accusato di essere il mandante di un incendio doloso che aveva distrutto un granaio e mandato in rovina tal Giuseppe Baccarini, suo nipote e debitore che già due volte aveva citato in tribunale. Arrestato e condotto a Rimini, fu infine assolto per insufficienza di prove malgrado il giudice avesse apertamente dichiarato di diffidare di lui fin dalla condanna del 1825. Zubboli pubblicò a sue spese, nel 1847, una difesa pubblica riguardo a tali accuse infamanti.
Morì a Forlì il 27 settembre 1866 e venne sepolto in una fossa comune del cimitero civico.
Sentenza pronunciata da sue Eminenza reverendissima il signor Cardino Agostino Rivarola legato a latere della città e provincia di Ravenna il giorno 31 agosto 1825, s. l., 1825; A. Luzio, Il processo Pellico-Maroncelli secondo gli atti officiali segreti, Milano 1903, ad ind.; P. Uccellini, Memorie di un vecchio carbonaro ravegnano, Roma 1898; N. Trovanelli, Pagine del Risorgimento italiano, la Romagna nei moti del 1820-1821, in Il Cittadino, giornale della domenica, 25 maggio 1902; A. Mambelli, Alcune note intorno a Luigi Zubboli, carbonaro ravennato, in Atti del XXIII Congresso di storia del Risorgimento italiano (Bologna 11 – 14 settembre 1935), Roma 1940; A. Drei, Per una storia della massoneria Faentina, in Id. Appunti di Storia Faentina, Faenza 2005, ad ind.