MINZONI, Onofrio
– Figlio di Antonio e Livia Fenati, entrambi originari di Bagnacavallo (presso Ravenna), nacque il 25 genn. 1734 a Ferrara, dove, dopo aver svolto studi letterari, teologici, filosofici e matematici presso i gesuiti, venne ordinato sacerdote dall’arcivescovo M. Crescenzi nel 1759. Divenuto ben presto un apprezzato predicatore, fu richiesto dal Senato di Venezia e vi si trasferì, attendendo al tempo stesso all’insegnamento della filosofia, nonché all’approfondimento della matematica, come attestano, fra i suoi manoscritti, le risposte a quesiti in materia da lui inviate alle accademie di Londra e Parigi. Al termine dell’incarico presso il Senato, che alimentò la stima del doge Paolo Renier nei sui confronti, il M. lasciò Venezia, dopo aver rifiutato la carica di canonico penitenziere della basilica di S. Marco, preferendo, pare, non stabilirsi fuori Ferrara.
Il M., che dei suoi sermoni intese dare alle stampe soltanto l’esordio ricorrente (in Poesie, Ferrara 1811), predicò anche a Modena, Padova, Verona, Piacenza, Ravenna, Parma, nonché a Roma, presso il S. Collegio cardinalizio, su incarico del pontefice Pio VI. La sua carriera culminò, nel 1783, con un quaresimale dato in Ferrara che gli valse una medaglia d’onore coniata in patria con il suo ritratto e una epigrafe in latino. Successivamente furono pubblicate le Prediche del canonico Onofrio Minzoni (Ferrara 1874), sebbene avesse richiesto la distruzione degli scritti reperiti dopo la sua morte.
Competente teologo, come attesta la stima di prelati quali F.M. Giovanelli, patriarca di Venezia, il M. fu incaricato di collaborare alla Nuova Enciclopedia italiana promossa dall’abate A. Zorzi su basi culturali cattoliche, in opposizione alla celebre Encyclopédie francese. Il M., scelto anche in virtù della sua avversione per il giansenismo, non poté che partecipare all’elaborazione dell’articolo relativo alla grazia, dato il fallimento dell’iniziativa per il decesso dello Zorzi avvenuto subito dopo la pubblicazione del piano dell’opera, il Prodromo della Nuova Enciclopedia italiana (Siena 1779).
Nel 1781, dopo aver predicato durante la quaresima a Bologna nella collegiata di S. Petronio, il M. fu designato canonico penitenziere della cattedrale di Ferrara dall’arcivescovo A. Mattei, mantenendo l’incarico per il resto della vita. A impedirgli di coltivare gli studi letterari e di viaggiare per la predicazione si aggiunsero le nomine a esaminatore sinodale e direttore spirituale dei giovani studiosi della Congregazione dell’Oratorio di S. Crispino, nonché l’attività svolta nell’ambito della conforteria ferrarese, da lui ripristinata per prestare assistenza agli oppositori del dominio napoleonico condannati alla pena capitale.
Assecondando la richiesta dell’editore A. Pepoli, il M., benché sessantenne e interamente dedito agli impegni ecclesiastici, acconsentì alla pubblicazione delle sue Rime e prose (Venezia 1794) composte diversi anni prima, rivelando il talento letterario coltivato fin dalla gioventù. Il positivo riscontro della raccolta, prevalentemente poetica, fu immediato, come attestano le numerose edizioni che nel successivo decennio, a Firenze, Pavia, Pisa, Parma e Ferrara, fecero seguito a quella pepoliana.
Nel 1811, sempre a Ferrara, l’opera fu riedita e ampliata per le cure dello stesso M., che affermava nella prefazione di aver da lungo tempo abbandonato la versificazione e di non essersi mai considerato un poeta di professione. La raccolta comprende sessantatre sonetti, il più noto dei quali è quello Per la morte di Cristo, composto all’età di ventisette anni e molto apprezzato da V. Monti che vi si ispirò per i suoi sonetti Sulla morte di Giuda (1788). Figurano inoltre la canzonetta A Maria tenente sulle braccia il Bambino, lo sciolto In lode di s. Luigi Gonzaga, il capitolo Per nozze, le traduzioni in versi martelliani di due cantici scritturali, nonché le prose poetiche Sugli occhi di Maria e Sopra la Croce.
Benché estimatore della tradizione letteraria italiana, il M. non attribuì ai sonetti un contenuto amoroso, privilegiando i temi religiosi, da buon conoscitore delle Sacre Scritture che riteneva valida fonte di alta poesia. La sua produzione, caratterizzata da un tardo secentismo non privo di elementi di derivazione arcadica, poté godere, sul finire del Settecento, di una notorietà determinata principalmente dall’incondizionata ammirazione del giovane V. Monti. Questi, considerando il M. un maestro, gli indirizzò, fra l’altro, una delle lettere dedicatorie apposte al proprio Saggio di poesie (Livorno 1799), definendolo «un gran poeta» e influendo sulle posizioni di altri recensori. Uno di essi è F. Torti che concluse il suo Prospetto del Parnaso italiano (III, Perugia 1812, pp. 249-253) con un capitolo dedicato al M., dimostrandosene fermo sostenitore, anche a seguito di una lettera del 1793 nella quale Monti lo aveva esortato a non dimenticare i tre poeti danteschi: G. Parini, V. Alfieri e lo stesso Minzoni.
Tuttavia, dall’edizione del 1811, il successo delle Poesie minzoniane subì un progressivo ridimensionamento, fino a giungere alla critica del Novecento, prevalentemente orientata a considerare sopravvalutata la sua produzione. Il primo detrattore fu U. Foscolo che, fiero avversario del Monti, infierì sul sonetto Per la morte di Cristo pur riconoscendo alla prima parte di esso un’evidenza paragonabile a quella dell’arte michelangiolesca (in Annali di scienze e lettere, agosto 1811. L’articolo è confluito in U. Foscolo, Prose e versi, Milano 1822, pp. 211-222).
Con la proclamazione della Repubblica Cisalpina (1797), di cui Ferrara faceva parte, il M., fedele all’autorità pontificia e in linea con le posizioni del card. Mattei, rifiutò di prestare l’imposto giuramento di fedeltà repubblicana. Subì quindi il divieto di predicare, la confisca delle rendite e il confino. Caduta la Repubblica (1799), poté fare ritorno in patria, dove i concittadini gli riservarono un’ottima accoglienza. Convocato a Imola, tappa del suo viaggio alla volta di Roma restituita allo Stato della Chiesa, dal neoeletto pontefice Pio VII di ritorno alla S. Sede (1800) dopo l’esilio francese del papato, il M. ricevette alcuni privilegi, oltre alla conferma di quelli già concessigli dal predecessore Pio VI. Dopo la restaurazione del governo pontificio (1815), fu confermato direttore e capo della conforteria ferrarese. Socio di diverse accademie italiane, fra cui quella dei Concordi a Rovigo, nonché di quelle romane dell’Arcadia, degli Aborigeni e degli Infecondi, il M. poté contare sulla stima e l’amicizia di studiosi e letterati quali A. Muzzarelli, T. Bonati e A. Varano.
Morì a Ferrara il 30 marzo 1817.
Fonti e Bibl.: D. Barbieri, Annotazioni alla onoraria iscrizione del r.mo sig. canonico penitenziere O. M., Venezia 1783; Memorie per servire alla storia letteraria e civile, II (1794), 14, pp. 27-32; A. Peruzzi, Elogio di O. M. … nelle solenni esequie a lui celebrate … il dì 27 di aprile 1817, Ferrara 1817; V. Monti, Lettere inedite o sparse, a cura di A. Bertoldi - G. Mazzatinti, I, Torino-Roma 1893, pp. 30, 99, 211; J.Ch.L. Simon de Sismondi, Della letteratura italiana dal sec. XIV sino al principio del sec. XIX, Milano 1820, II, p. 309; P.A. Paravia, Della vita e delle opere di F. Rezzano e di O. M., s.l. 1822; T. Papotti, Elogio di O. M., Imola 1830; E. De Tipaldo, Biografia degli italiani illustri, I, Venezia 1834, pp. 76-83; G.M. Bozoli, Per le nozze Costabili-Mosti, Ferrara 1838; G. Petrucci, Vita di O. M., in O. Minzoni, Rime e prose, Orvieto 1842, pp. 5-17; N. Tommaseo, Diz. estetico, Firenze 1867, coll. 684, 690; V. Pagano, Critica letteraria intorno alla censura di U. Foscolo sopra il sonetto di O. M., in Il Propugnatore, XX (1887), pp. 319-333; F.F. Pasini-Frassoni, La famiglia di O. M., in Riv. araldica, XXII (1924), p. 452; Il tesoretto della coltura italiana, 1926, n. 67, pp. 57 s.; M. Fubini, Introduzione, in Lirici del Settecento, a cura di B. Maier, Milano-Napoli 1959, pp. XLVII, LII-LIV; B. Croce, La letteratura italiana, a cura di M. Sansone, II, Bari 1964, pp. 455-458; G. Natali, Il Settecento. II, in Storia letteraria d’Italia, IX, Milano 1973, pp. 63 s., 105, 441; G. Savoca, La crisi del classicismo dall’Arcadia lugubre e sentimentale alla retorica ossianesca e sepolcrale, in Letteratura italiana. Storia e testi, VI, 2, Roma-Bari 1974, pp. 243, 245, 254 s.; C. Dionisotti, Intorno ad un sonetto del M., in Filologia e critica, X (1985), pp. 435-444; A. Zorzi, Prodromo della Nuova Enciclopedia italiana, a cura di G. Catoni - A. Ingegno - M. Spallanzani, Siena 1989, p. 41; Enciclopedia Italiana, XXIII, p. 412; Enc. cattolica, VIII, col. 1064.
F. Brancaleoni