onomastica
Il termine onomastica (dal gr. onomastikḗ (tékhnē) «arte del denominare», a sua volta da ónoma «nome») nell’accezione moderna e specialistica designa la scienza che studia i nomi propri nel loro complesso («appartenenza linguistica, etimo e significato, tipologia, insorgenza, diffusione e distribuzione»: De Felice 1987: 147), per l’aspetto sia diacronico sia sincronico, o anche l’insieme dei nomi propri in uso o caratteristici di una lingua e di una determinata società.
Il termine conserva, tuttavia, anche un significato più ristretto con riferimento ai soli nomi propri di persona, come equivalente di antroponimia o antroponomastica (➔ antroponimi). In questo senso onomastica era utilizzato anche da Migliorini (1935), che scrive in proposito: «Il nome di onomastica è stato talora adoperato per indicare lo studio di tutti i nomi proprî, sia personali, sia locali, sia etnici; ma di solito il termine designa soltanto lo studio dei nomi proprî di persona (o antroponimi)». Questo passo è considerato la prima documentazione del termine onomastica nell’accezione di «studio dei nomi di persona» (DELI), mentre come «insieme dei nomi propri di una lingua o di una regione» risulta attestato da Rajna (1888) e poi da Trauzzi (1911). Con riferimento ai nomi propri di luogo, Flechia (1871) faceva uso delle espressioni onomastica topografica e onomastica geografica.
L’onomastica nel significato più ampio e comune comprende settori come la toponomastica (o toponimia, che ha per oggetto lo studio dei nomi di luogo; ➔ toponimi) e l’antroponomastica (o antroponimia, che studia i nomi di persona). Nelle formazioni con -onimia e -onimo è presente il morfo -onimo che vale «nome di» (talvolta onimo è usato come parola a sé nell’odierna terminologia tecnica, nel senso di «nome proprio»). Toponimi e antroponimi sono i due principali gruppi di nomi propri che formano l’onomastica.
Benché si possa definire con precisione l’onomastica, non altrettanto si può fare con l’oggetto della ricerca, ovvero il nome proprio. È difficile stabilire una divisione precisa tra il nome proprio e il nome comune: «Uno stesso nome può venir considerato in momenti, luoghi, e presso gruppi sociali diversi come proprio o comune» (Serianni 1988: 87). Inoltre «il significato generale di un nome proprio non può definirsi al di fuori di un rinvio al codice» (Jakobson 1966: 150), e dunque «la maggior parte delle differenze tra i due tipi di nomi si colloca sul versante dell’enunciazione e dell’uso sociale» (Cardona 1988: 216).
Considerando, per es., una designazione toponomastica come Ponte del Cristo a Venezia, così detto per la presenza di un vecchio crocifisso, Migliorini (1968: 1) si domanda se Ponte del Cristo e Cristo siano nome proprio o nome comune o non rappresentino, piuttosto, una situazione intermedia, ritenendo che dal nome proprio al nome comune si sfumi lentamente. Un’altra caratteristica del nome proprio è la mancanza (o debolezza) del significato, che è una parte (l’altra è il cosiddetto significante) di cui è composto. Un nome proprio di frequente può risultare ‘opaco’, cioè senza significato, essendosi perduta la motivazione semantica che aveva in origine, quando era un nome comune.
L’onomastica si è formata nei secoli con riferimento a diverse lingue: per es., i nomi di persona della tradizione cristiana spesso risalgono all’ebraico e al greco; i nomi di luogo possono risalire a lingue prelatine o a lingue di popoli invasori (come le lingue germaniche e l’arabo). Di conseguenza sfugge il significato se lo si cerca attraverso la lingua dell’uso odierno nel territorio, e ciò sollecita, anche nei parlanti, curiosità riguardo l’origine del nome.
Un nome può dirsi trasparente quando si può identificare un qualche significato associandolo a parole della lingua che si parla. Ma anche in questo secondo caso il parlante associa il nome proprio geografico a un referente geografico così chiamato prima ancora di interpretarlo come se fosse un appellativo; altrettanto accade per il nome di persona. Per es., con Monte Bianco si pensa anzitutto al monte che ha questo nome proprio, con Bruno si richiama una persona con tale nome. Nonostante l’eventuale trasparenza in nomi di recente creazione (come Cervinia, località sorta presso il Cervino), il nome proprio alla fine coincide con ciò che designa, è una denominazione individuante e non un significato generale. Si potrebbe dire che un nome proprio significa in modo diverso da come significano altri segni linguistici per la diversità degli elementi culturali da significare, considerate le differenze dei sistemi onomastici nelle diverse culture.
Un nome proprio può diventare un nome comune per ➔ antonomasia o per ➔ metonimia; il procedimento conta numerosi esempi ed è continuamente produttivo sia in italiano che nei dialetti.
Si chiama deonomastica (➔ deonomastici) lo studio delle forme comuni del lessico che derivano da nomi propri (da nomi personali, cognomi, toponimi; sono compresi anche gli ➔ etnici); la lessicografia onomastica si occupa del lessico che ha quest’origine. Il termine deonomastica risale al 1982 ma è entrato nei vocabolari solo dalla metà degli anni Novanta del Novecento (De Stefani 2004: 66; Schweickard 2008). La terminologia prevalente oggi distingue tra deonimia, per designare l’insieme dei nomi derivati (detti deonimi o deonimici più che deonomastici), e deonomastica, per designare lo studio. I nomi propri a cui risalgono i riflessi deonimici sono generalmente detti eponimi. Un deonimico può avere ulteriori specificazioni: si parla ad es. di deantroponimico se proviene da un nome di persone, di detoponimico quando deriva da un nome di luogo. La deonomastica italiana, avviata da Migliorini (1968), è stata ripresa poi specialmente da Schweickard (1997-).
Tra i derivati da nomi propri, ben conosciuto è il caso di cicerone, che ha alla base il nome del celebre oratore (106-43 a.C.), e significa «oratore da strapazzo, persona verbosa e saccente» e poi «guida turistica», significato, quest’ultimo, attestato in italiano dal 1768, e poi diffuso in tutta l’Europa. Particolarmente produttivo nella tradizione popolare è il personale Martino che, attraverso l’agionimo (san) Martino, ha prodotto numerosi nomi comuni che indicano piante, animali, fenomeni atmosferici e molto altro. Si è avuta così una vasta proliferazione di appellativi, dalle motivazioni spesso complesse e non sempre facilmente individuabili, ma che poggiano sulla grande diffusione del nome Martino in tutta la comunità cristiana. Dal nome Adone, il giovane amato da Venere per la sua straordinaria bellezza, deriva adone «giovane molto bello», attestato in italiano dal 1516 (DELI).
Recenti voci entrate attraverso il cinema (➔ cinema e lingua) per via di designazioni antonomastiche o metaforiche derivano da personaggi: ad es., armata Brancaleone «gruppo di fanfaroni e improvvisatori», Rambo «specie di superman invincibile» (anche al femm.: Ramba), Fantozzi, «impiegatuccio goffo e sfortunato», con i derivati fantozziano e fantozzata «comportamento maldestro e impacciato, spesso con esiti grotteschi opposti a quelli desiderati» (D’Acunti 1994: 853).
Tra i detoponimici (nomi comuni derivati da toponimi) vi sono specialmente nomi di prodotti e cibi tipici di una località o di una regione. Vari nomi di vini dipendono da toponimi: ad es., marsala «vino liquoroso» (di genere oscillante: il marsala / la marsala) caratteristico di Marsala, luogo di produzione e smercio, voce attestata dal 1855 (nella forma marsalla) in italiano e prima ancora in inglese (1806) per il fatto che il vino fu prodotto per la prima volta dall’inglese John Woodhouse nel 1773 (DELI). Frequenti i casi di nomi di formaggi che derivano dalle località ove vengono prodotti: tra questi gorgonzola, formaggio lombardo (da Gorgonzola in provincia di Milano), termine attestato in italiano nel 1884 e prima ancora in inglese (1878); asiago, formaggio a pasta dura prodotto nell’altopiano di Asiago (nel Veneto), parola attestata in italiano dal 1955; taleggio, tipo di formaggio molle e stagionato, voce documentata in italiano dal 1918, da Taleggio (in provincia di Bergamo).
Anche forestierismi possono avere all’origine un nome proprio. Si può menzionare mansarda (documentato in italiano dal 1803) che deriva dal francese mansarde, a sua volta dal nome dell’architetto François Mansart (XVII sec.), che riprese un tipo di costruzione già esistente nel medioevo, specie in Francia. Altro termine molto noto è sandwich «panino imbottito» (in italiano dal 1890: sandwiche), tratta dal nome di John Montague, conte di Sandwich (1720-1792), il cui cuoco inventò questo modo di cibarsi per permettergli di non abbandonare il tavolo da gioco.
Ci sono anche esempi di nomi comuni che derivano da nomi propri. Uno di questi è pinocchio «ragazzo dal naso lungo» e specialmente «chi dice bugie»: deriva dal nome proprio del celebre Pinocchio di Collodi, che a sua volta ha alla base il nome comune toscano pinocchio «pinolo».
Dai nomi propri possono essere tratti anche verbi, aggettivi, ecc.; per es., da Petrarca derivano voci come petrarchesco, petrarchismo, petrarchista, petrarcheggiare, petrarchevole. Dai toponimi si hanno aggettivi etnici come romano e romanesco da Roma (con altri derivati come romanismo, romanità).
Anche alcune locuzioni possono rientrare nella deonomastica: per es., tallone d’Achille «punto debole» di una persona oppure di un’argomentazione, di un progetto e simili, risale alla leggenda secondo la quale l’unica parte vulnerabile di Achille era il tallone in quanto non era stato immerso dalla madre Teti nel fiume Stige, le cui acque donavano l’invulnerabilità.
Le due principali articolazioni dell’onomastica sono la toponomastica e l’antroponimia, con le rispettive suddivisioni (Marcato 2009).
La toponomastica si suddivide in varie categorie, a seconda delle caratteristiche del luogo (oronimo nome di monte, idronimo nome di fiume, ecc.) o dell’origine del toponimo (fitotoponimo quando deriva dal nome di una pianta, antropotoponimo dal nome di persona, ecc.).
L’antroponimia si occupa dei nomi propri o ➔ antroponimi (detti anche nomi di persona o nomi individuali o prenomi), ➔ cognomi, soprannomi, ma anche pseudonimi, allonimi o eteronimi (➔ eteronimo), ipocoristici, ecc. Essa ha una suddivisione in categorie che riprendono l’origine delle forme antroponimiche: si hanno allora il detoponimico (cioè l’antroponimo il cui etimo è un toponimo), il matronimico e il patronimico (entrambi derivati dal nome materno e paterno).
Nell’onomastica rientrano varie altre tipologie di nomi propri, come nomi degli animali, nomi degli esercizi commerciali, dei cinema e teatri, dei prodotti commerciali e in generale tutto quanto venga percepito come nome proprio e si possa ritenere forma onomastica. Per alcune categorie esistono tecnicismi: per es., per i prodotti commerciali si adopera solitamente il termine marchionimo (che allude a marchio), ma anche nome commerciale (➔ nomi commerciali). Anche crematonimo è adoperato per «nome proprio di una cosa», ma talvolta si trova anche ergonimo, e non manca l’impiego di econimo nel senso di «nome relativo all’economia, al commercio». Nel complesso la terminologia tecnica non ha ancora una tradizione consolidata (cfr. De Stefani 2004) e anche le documentazioni e gli studi in merito sono abbastanza recenti in Italia.
Dei teatronimi, nomi propri «di luoghi adibiti alla pubblica esecuzione di intrattenimenti ludici, agonistici e teatrali», in particolare quelli di Roma, a partire dal Cinquecento, si è occupato Raffaelli (2009): tra le classificazioni proposte vi è quella che considera i nomi suddivisi in categorie come i «nomi padronali», che coincidono con il proprietario, i «nomi ambientali» che per lo più derivano dal luogo in cui si trovano, i «nomi decorativi», categoria composita in cui rientrano nomi come Ideal, Impero, Lux, eccetera.
Quanto al nome commerciale, nella sua creazione contano molto i vari aspetti del marketing; è evidente che dal nome di un prodotto può dipendere il suo successo. Basti pensare a Nutella, emblema della crescita dell’industria dolciaria italiana, nome coniato nel 1964 dalla pasticceria Ferrero di Alba (dall’inglese nut «noce», con il suffisso italiano -ella) in sostituzione del precedente supercrema (1949). Il prodotto, originariamente un surrogato del cioccolato, diventò leader mondiale delle creme spalmabili: il suo nome è spesso usato, in Italia e fuori, come nome comune.
Anche altri nomi di prodotti hanno statuto incerto, in posizione intermedia tra il nome proprio e l’appellativo; ne sono un esempio taluni farmaconimi, riferiti a prodotti noti, che nella lingua parlata vengono usati per lo più come appellativi. È il caso di aspirina, nome commerciale dell’acido acetilsalicilico, attestato in italiano dal 1900, dal tedesco Aspirin, coniato nel 1899 e brevettato dall’industria chimica tedesca Bayer (DELI). Altri nomi di prodotti sono diventati appellativi: per es. biro, la penna a sfera, appare nel 1938 e deve il nome al suo inventore, l’ungherese László Bíró, ma dal 1948 è attestato in italiano come «nome commerciale di penna a sfera» (DELI).
L’onomastica letteraria è l’insieme delle forme onomastiche utilizzate da autori, in opere e generi letterari, opere cinematografiche e simili. In quanto disciplina, essa studia il nome proprio nei testi letterari (o cinematografici), si occupa della sua interpretazione, della sua funzione, del suo significato. Gli studi di onomastica letteraria in Italia, sviluppatisi verso il 1980 principalmente ad opera di Bruno Porcelli, contano ormai numerosi contributi dedicati a nomi di persona e di luogo in autori, opere, generi letterari, antichi e moderni (cfr. D’Acunti 1994; Porcelli & Terrusi 2006; per i luoghi letterari è disponibile anche il dizionario di Ferrari 2006). In passato questi studi rientravano in quelli di letteratura; ora hanno acquisito una loro autonomia e ampliato le direzioni di ricerca. Non interessano solo i cosiddetti nomi-parlanti (o nomi-ritratto), che caratterizzano nel fisico o nel comportamento o in altro il personaggio, come il manzoniano Azzeccagarbugli, ma i nomi letterari in genere (i cosiddetti nomi-destino, nomi-ambiente, ecc.).
La scelta dei nomi dei personaggi da parte di un autore è un atto creativo, quando dà luogo a nomi inventati; altre volte si tratta di nomi reali o modificazioni di nomi reali. Più ancora che nel nome personale o nel cognome, la creatività si manifesta nel soprannome, che è spesso un elemento con il quale l’autore aggiunge particolari sul personaggio. Tra gli autori della letteratura italiana più studiati dall’onomastica letteraria sono ➔ Dante, Francesco ➔ Petrarca, Giovanni ➔ Boccaccio, Alessandro ➔ Manzoni e Luigi ➔ Pirandello. In alcuni testi, specie se connessi a un contesto socio-geografico, ricorrono forme dialettali (per es. i Malavoglia di Verga hanno personaggi come mastro Turi Zuppiddu). Attraverso la documentazione relativa all’onomastica letteraria si possono avere testimonianze su forme, varianti e usi locali che altrimenti non sarebbero disponibili.
Dalla letteratura, e poi anche dal fumetto e dal cinema, sono entrati nell’uso vari nomi di personaggi che hanno dato origine a nomi comuni: basti pensare a Perpetua, nome della governante di Don Abbondio, nei Promessi sposi (nel Fermo e Lucia si chiamava Vittoria), poi diventato nome comune nel senso di «domestica di un sacerdote»; Fortunello, «persona particolarmente fortunata», è il nome di un personaggio del «Corriere dei Piccoli», adattamento del fumetto americano «The Happy Hooligan» (D’Acunti 1994: 851).
Nomi della letteratura, del cinema e di altri testi come le canzoni sono dunque diventati celebri e hanno contribuito a creare mode onomastiche, come Ornella, personaggio de La figlia di Iorio di D’Annunzio, o Debora (e varianti), nome biblico rilanciato dalla canzone Deborah (di Fausto Leali) nel 1968, o Lara, che ebbe grande diffusione tra gli anni Sessanta e Settanta a seguito del successo del film Il dottor Zivago (1965), tratto dal romanzo di Boris Pasternak, la cui protagonista porta quel nome. Un altro nome la cui fortuna è legata a un personaggio letterario è Rossella, da Rossella O’Hara (Scarlett nella versione originale) del romanzo Via col vento (tradotto in italiano nel 1939) e dell’omonimo film distribuito in Italia subito dopo la seconda guerra mondiale.
A proposito di nomi di personaggi storici o relativi a opere di origine straniera, si può osservare che fino a qualche anno fa venivano tradotti o italianizzati (è il caso del citato Rossella, ma anche di Emanuele Kant, di Carlo Marx, ecc.), così come spesso venivano italianizzati nomi di luogo e nomi di persona. Oggi, a parte qualche nome di regnante (per es. Elisabetta d’Inghilterra), antroponimi e toponimi mantengono la veste originaria.
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