onorare [partic. pass. anche onrato]
È in rima solo nella III singol. del pres. indicativo; ma in Detto nell'omofono imperativo della II singol. e in Fiore all'infinito. Nelle opere latine, oltre al corrispondente ‛ honorare ' (Ep II 5), il poeta adopera anche honorificare (V 30), certo con intenzione di maggiore solennità, mentre conclude l'appassionata esaltazione del potere imperiale e di Enrico VII: Hic est quem Petrus, Dei vicarius, honorificare nos monet.
Come in altre composizioni coeve (ma in D. il fenomeno si riscontra solo in poesia e al femminile singolare), il participio passato è talvolta sincopato e in alcuni manoscritti con assimilazione o anche con riduzione della doppia; sicché le forme attestate sono: ‛ onrata ', ‛ orrata ' e ‛ orata '. Di esse la prima sembra prevalente e perciò gode il favore degli editori (cfr. Petrocchi, a If II 47, IV 76 e Pg VIII 128).
Insieme con altri derivati da ‛ onore ' (v.), è parola spesso replicata, e non solo in Dante. Con una certa frequenza si nota in dittologia sinonimica con ‛ laudare ', ‛ essaltare ', ‛ magnificare '.
I significati particolari di o. corrispondono in buona parte a quelli registrati per ‛ fare onore ' e, nella flessione passiva, per ‛ avere onore ' (v. ONORE). Equivale pertanto a " ricevere con grande solennità " (If IV 80 Onorate l'altissimo poeta), " venerare " (Pd VIII 7 Dïone onoravano e Cupido), " idoleggiare " (Vn XI 2 Andate [detto agli spiriti visivi] a onorare la donna vostra), " far degne esequie " (Cv IV XXVI 13 per onorare lo corpo di Miseno morto), " altamente elogiare " (Vn XXI 7 chiamando le donne che m'aiutino onorare costei; anche XXVI 8 [due volte], Cv I II 11, III I 5, IV I 7), " trattare col dovuto riguardo " (Cv I VI 5: il servo, non conoscendo bene gli amici del padrone, non li potrebbe onorare né servire; cfr. anche IV XXVI 10), " tenere in alta considerazione ", " rispettare " (detto in Cv III XV 18 per la Filosofia, in quanto creatura divina, identificabile con la Sapienza biblica, e in Rime LIX 3 per Amore, che è, al contrario, colui / che per le gentil donne altrui martira); ed è probabile che quando afferma (Pd XVI 139) che al tempo di Cacciaguida la famiglia degli Amidei era onorata, essa e suoi consorti, voglia dire proprio questo, che " era tenuta in grande rispetto ", quantunque non sia da escludersi un implicito riferimento alle cariche pubbliche, agli honores, che i suoi componenti occupavano, in conseguenza del prestigio goduto. Un'osservazione particolare merita ciascuno profeta è meno onorato ne la sua patria (Cv I IV 11), che traduce Matt. 13, 57 " Non est propheta sine honore nisi in patria sua ": la differenza tra meno onorato e " sine honore " non è certo intenzionale, ma comunque tradurrà la convinzione del poeta di non essere del tutto destituito di onore, anche nelle tristi condizioni dell'esilio, ma solo di essere meno considerato di quanto pensi di meritare. Prestigio e conseguente degna considerazione da parte degli altri si ha anche sul piano soprannaturale: in Vn XLI 5 Beatrice è una donna onorata là suso, cioè assunta a un grado superiore di beatitudine.
Frequente è l'uso più comune di o. per " conferire onore ", " rendere glorioso ". Abbiamo così: la fama che la vostra casa [i Malaspina] onora di Pg VIII 124; il nome [di poeta] che più dura e più onora (XXI 85), e tu ch'onori scïenzïa e arte, detto di Virgilio (If IV 73), perché ha sublimato l'una e l'altra con la sua opera. In corrispondenza il participio passato equivale a " circonfuso, pieno di onore ", " glorioso " (l'onrata nominanza degli spiriti magni del Limbo, in If IV 76; li onorati nomi dei tre dannati fiorentini, in If XVI 59; la gente onrata, ancora dei Malaspina, in Pg VIII 128); ma in onrata impresa di If II 47 si riferisce alla possibilità, non alla realtà, di un onore, e pertanto è da tradursi più esattamente con " onorevole ". È stato giustamente notato che nel citato onrata nominanza di If IV 76 c'è uno scambio tra fini e mezzi: la prima origine del privilegio di cui godono i grandi spiriti del passato è certo nelle loro opere, non tanto nella fama terrena che essi acquistarono. Ma nel dettato dantesco rimane comunque significativa, indice di un obbiettivo fisso della mente, la preminente indicazione del fine conseguito: di una categoria di spiriti eletti il poeta dirà (Pd VI 112-114) che sono giunti alla beatitudine, seppure di grado inferiore, in quanto hanno attivamente operato perché onore e fama li succeda.
In Rime LXXXV 2 la donna gentil che l'altre onora significa " che riflette sulle altre l'onore che le è dovuto ", secondo il diffuso motivo stilnovistico dell'irradiamento dei meriti della donna amata nelle sue compagne (in Cino da Pistoia Vedete, donne 9-10 questa e un'altra accezione di o. si evidenziano a vicenda: " quanto si puote a prova l'onorate, / donne gentil, che tutte voi onora "). Non è stato osservato, ma è pur vero, che un'ultima propaggine di questo motivo poetico si può riscontrare in If II 114: il tuo parlare onesto, dice Beatrice a Virgilio, onora te e quei ch'udito l'hanno: quelli che l'hanno udito, quindi, e non solo coloro che ne hanno tratto giovamento, che ne hanno tolto lo bello stilo: basta aver letto Virgilio per far parte del suo ideale cenacolo e partecipare degli onori dovuti al poeta, come avviene appunto per le donne che si accompagnano alla prediletta.
Nel Fiore (LII 2 La Vecchia... / servi ed onora a tutto tu' podere; XCIX 7 la mia amica [Costretta-Astinenza] convien onorare) equivale a " trattar bene, con grande riguardo "; così pure in Detto 443 (Servi donne ed onora), quantunque qui il senso confini e s'intrecci con quello di " fare la corte ", " cercar di conquistare ".