GRIMALDI, Onorato
Nacque intorno al 1520 in un luogo imprecisato, secondogenito di Renato e di Tomasina Lascaris di Briga, figlia di Pietro e di Bartolomea dei marchesi di Ceva. Il padre era stato sospettato e poi accusato di tradimento. L'episodio, carico di significato se posto in relazione con la vicenda del nipote Annibale, non lasciò invece traccia sulla personalità del Grimaldi. Dopo che il fratello Francesco era deceduto ancora adolescente a Padova, dove studiava, il G. ereditò tutti i beni paterni e il 18 maggio 1543 fu investito dal duca di Savoia Carlo II della baronia di Boglio. Nel riceverla, egli fece solenne omaggio al duca nel convento di S. Francesco di Nizza, in presenza del vescovo Giovanni Battista Provana di Leinì, di Carlo di Mombello conte di Frossasco, del luogotenente del governo di Nizza Andrea di Monforte e di molti altri esponenti delle aristocrazie sabauda e nizzarda.
L'atto, lungi dall'essere esclusivamente formale, suggellava l'impegno di fedeltà assunto nei confronti dei duchi di Savoia dal G., ben intenzionato a discostarsi dalle orme paterne e a servire, con il massimo zelo e tornaconto, la dinastia piemontese. I vantaggi di tale scelta non tardarono a farsi sentire. Tutti i fratelli minori del G. ricevettero incarichi di prestigio: Ludovico intraprese la carriera ecclesiastica come protonotario apostolico, per poi divenire priore di varie parrocchie della Contea di Nizza e vescovo di Vence (1560). Giovanni Francesco ottenne Boves e Peveragno in marchesato, Alessandro fu governatore di Barcellonette, Pietro fu gentiluomo di camera del duca e Giacomo cavaliere di Malta, nonché commendatore di Nizza. Anche le sorelle beneficiarono del favore goduto dal G., riuscendo ad accasarsi con nobili di lignaggio: Anna Maria andò sposa al cugino Pietro Lascaris di Briga; Onorata a Onorato di Castellana, signore d'Alluys, e Claudia al pinerolese Bonifacio Truchietto, consignore di San Martino.
Dopo la morte di Carlo II (1553), il G. entrò subito a far parte della corte di Emanuele Filiberto e si recò personalmente nelle Fiandre, dove il neoduca era al comando delle truppe imperiali, per rinnovare l'omaggio di fedeltà suo e della Contea di Nizza. Questo e altri servizi nel 1560 gli valsero la nomina a governatore e luogotenente generale della città e Contea di Nizza in occasione di un soggiorno di Emanuele Filiberto e della consorte Margherita di Valois. Il 19 ag. 1561 il G. fu proclamato anche colonnello e comandante generale delle armate della Contea, con lo stipendio di 800 scudi camerali d'oro, accumulando in tal modo due cariche solitamente distinte. Con i titoli di "consiliarius et cubicularius […] ac gubernator Niciae et colonellus", il 21 genn. 1562 il G. si proclamò suddito del solo duca di Savoia respingendo così le pretese del re di Francia sull'aristocrazia nizzarda.
Tra i compiti assegnati al nuovo governatore va probabilmente annoverato il controllo della diffusione del culto riformato, in special modo ugonotto, assai vivo nella vicina Provenza. L'ambiguità della politica religiosa di Emanuele Filiberto e la probabile eterodossia della moglie messe in luce da molti studiosi non impedirono, infatti, che anche nella zona si tentasse di adottare i rigidi provvedimenti previsti per le Valli valdesi e portati avanti con implacabile durezza da Giorgio Costa della Trinità.
Nel maggio 1565 Andrea Provana di Leinì, governatore di Villafranca e ammiraglio delle galere ducali, scrisse al duca Emanuele Filiberto per informarlo che nella Contea di Nizza il movimento ugonotto continuava a fare proseliti. Fra i capi indicati erano anche Pietro Grimaldi e Giulia Piccamiglio, rispettivamente fratello e moglie del Grimaldi. Nel 1570 la contessa di Boglio era addirittura ritenuta "capo de la ugonotteria di tutta la Contea di Nizza" (V. Lauro a T. Galli, 26 sett. 1572, in Nunziature di Savoia, p. 414).
Il passaggio al cattolicesimo della Piccamiglio divenne presto una questione diplomatica e, all'inizio del 1571, Emanuele Filiberto si trasferì a Nizza con lo scopo di convincerla a convertirsi, facendosi accompagnare da Girolamo Rusticucci. Grazie anche all'intervento del conte di Tenda, che aveva un forte ascendente sulla Piccamiglio, quest'ultima accettò e, nel mese di maggio, il nunzio in Piemonte Vincenzo Lauro poté comunicare a Gregorio XIII che la signora di Boglio aveva fatto formale conversione al cattolicesimo. La decisione della Piccamiglio ebbe importanti conseguenze: come ricorda Rusticucci, infatti, dopo il suo ritorno al cattolicesimo, "abgiurarono dipoi in quella provincia spontaneamente ben 325 persone" (Rusticucci a Lauro, 8 genn. 1572, in Nunziature di Savoia, p. 371). Si ignora, tuttavia, il ruolo giocato dal G. in tale occasione. Se, infatti, la sua ortodossia non fu mai messa in dubbio, le accuse di eresia finirono con il toccare anche il fratello Ludovico, vescovo di Vence e grande elemosiniere del duca. Solo l'intervento di Emanuele Filiberto in persona, nel 1572, poté convincere il pontefice a liberare Ludovico da "tale imputatione" e a non emanare provvedimenti contro il religioso e la famiglia.
Dalla vicenda della moglie la reputazione del G. uscì rafforzata. Ne è prova la decisione del duca di inaugurare proprio a Nizza, auspice il barone di Boglio governatore, la prima riunione dell'Ordine cavalleresco dei Ss. Maurizio e Lazzaro, appena riorganizzato su modelli europei. La sessione si tenne il 23 genn. 1573 e in quell'occasione il G. e il suo unico figlio maschio Annibale furono promossi al rango di cavalieri.
Nei mesi successivi, il G. fu impegnato a creare le strutture necessarie all'Ordine, che doveva avere la sua sede a Nizza: legata a tale attività è la nomina del G. a "gran hospitaliere" dei Ss. Maurizio e Lazzaro. Negli stessi anni, insieme con il Provana di Leinì, partecipò alle trattative per l'acquisto ducale della Contea di Tenda, appartenente a Renata Lascaris di Savoia, figlia del conte di Tenda Claudio e vedova di Giacomo d'Urfé. Con un contratto stipulato a Torino il 16 nov. 1575, Emanuele Filiberto si aggiudicò il feudo in cambio di 6000 scudi d'oro in contanti e di un vitalizio di 2000 scudi per la nobildonna. Tra i consiglieri e dignitari che avevano contribuito al successo dell'affare, alcuni furono gratificati con il collare dell'Ordine della Ss. Annunziata, che il G. ricevette nel marzo del 1576.
Morto il duca Emanuele Filiberto (1580), il G. continuò a godere della benevolenza del figlio Carlo Emanuele I che, confermatolo nei suoi uffici governativi, il 26 maggio 1581 eresse in comitato la baronia di Boglio e in baronia la signoria di Massoins. Impegnato ad attendere con grande diligenza - come emerge dalla sua corrispondenza - ai cerimoniali di saluto delle imbarcazioni che si affacciavano o sostavano nel porto di Nizza, il G. fu altrettanto abile a smascherare e rintuzzare gli attacchi francesi lungo il confine che, nel corso degli anni Ottanta, si fecero sempre più frequenti raggiungendo la massima intensità durante la guerra per il Marchesato di Saluzzo (1588-1601). La solerzia del G. e di Annibale fu premiata con l'acquisizione dei feudi di Scros, Todone e Cadenette, confiscati a un altro ramo del casato, accusato di fellonia; il 3 marzo 1589 i due Grimaldi ne entrarono in possesso per la somma (non pagata integralmente) di 15.000 scudi.
Al colmo degli onori e della ricchezza, il G. morì nel 1591 (in aprile risulta in fin di vita), lasciando tutto, cariche comprese, in eredità ad Annibale.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Torino, Corte, Lettere di particolari, G, m. 51; Nunziature di Savoia, I, 1560-1573, a cura di F. Fonzi, Roma 1960, pp. 177, 245, 339, 371 s., 379 s., 414 s.; G.B. Ricci, Istoria dell'Ordine equestre de' Ss. Mauritio et Lazaro, col rolo de' cavalieri, e commende ad annum 1573, Torino 1714; J.-B. Toselli, Biographie niçoise ancienne et moderne, Nice 1860, s.v.; A.D. Perrero, Prima carovana de' cavalieri della Sacra Religione e milizia de' Ss. Maurizio e Lazzaro, in Curiosità e ricerche storiche di storia subalpina, IV (1880), pp. 117, 121; G. Claretta, Dell'Ordine Mauriziano nel primo secolo dalla sua ricostituzione e del suo grand'ammiraglio Andrea Provana di Leinì, Torino-Firenze-Roma 1890, pp. 83, 189 s., 292 s.; A. Pascal, La riforma nei domini sabaudi delle Alpi Marittime occidentali, in Boll. storico-bibliografico subalpino, XLIX (1951), pp. 64 s.; P. Gioffredo, Storia delle Alpi marittime, V, Savigliano 1978, pp. 152, 154, 346, 421, 447 s., 550, 558, 583, 585, 654; VI, ibid. 1978, pp. 12, 159; Roma, Biblioteca dell'Istituto dell'Enc. Italiana, A. Manno, Il patriziato subalpino…, vol. GORI-GUT (dattiloscritto), p. 549.