LASCARIS (Lascaris Ventimiglia), Onorato
Fu conte di Tenda (titolo assunto da lui per la prima volta), località dove nacque da Giovanni Antonio e da Francesca Bolleris dei signori di Centallo, probabilmente nel terzo decennio del XV secolo.
Dominante uno dei più importanti valichi alpini tra il Piemonte e la Provenza, Tenda era la capitale di un piccolo Stato feudale sorto alla metà del XIII secolo, quale conseguenza dello smembramento della contea di Ventimiglia tra il Comune di Genova e gli Angioini di Provenza. Nel 1258, infatti, il conte Guglielmo (II) aveva ceduto a Carlo I d'Angiò tutti i suoi diritti sulla contea, in cambio di terre in Provenza; i suoi figli Pietro Balbo e Guglielmo Pietro avevano però rifiutato di riconoscere la validità del trattato e si erano ritirati nell'impervio borgo di Tenda da dove, con l'appoggio di Genova e della fazione ghibellina, sostennero una dura lotta contro gli eserciti del sovrano angioino. Il conte Guglielmo Pietro - che in seguito al trattato di Ninfeo (1261) aveva partecipato al soldo di Genova alla spedizione in Oriente in aiuto di Michele VIII Paleologo per la riconquista di Costantinopoli - ottenne da questo la mano di Eudossia Lascaris, sorella dell'imperatore Giovanni IV, da lui detronizzato. Il legame con una delle case imperiali bizantine diede grande lustro ai signori di Tenda che da allora, assunto il cognome Lascaris, inquartarono l'aquila bizantina nel loro stemma, considerandosi in qualche modo eredi legittimi dell'Impero d'Oriente. I vincoli con i lontani imperatori di Bisanzio non valsero naturalmente a mettere al riparo Tenda dagli attacchi dei vicini e, in particolare, degli Angioini, signori del Piemonte meridionale. A partire dal 1285 i signori di Tenda furono infatti più volte costretti a prestare giuramento di fedeltà ai conti di Provenza senza però ottenere mai il riconoscimento di una loro superiorità feudale. Al contrario, essi si batterono a lungo, alleati ai marchesi di Saluzzo e di Monferrato, per impedire che i loro territori finissero con l'essere assorbiti dallo Stato provenzale. I rapporti tra i Lascaris e gli Angiò mutarono alla fine del XIV secolo, dopo la caduta di Nizza in mano ai Savoia (1388). Di fronte all'assai più concreta minaccia sabauda, i Lascaris (dal 1368 divisi nei rami di Tenda e di Briga) si riavvicinarono infatti ai conti di Provenza, e ne furono ricompensati con cariche di corte e benefici ecclesiastici. Al tempo stesso essi cercarono l'aiuto e la protezione dei Visconti e dei marchesi di Monferrato, di cui si dichiararono più volte aderenti fin dai primi anni del Quattrocento. Di tale orientamento politico erano stati fautori decisi il nonno e il padre del L. che, non a caso, sposò Francesca Bolleris, figlia del signore di Centallo, capo del partito filoangioino e governatore degli ultimi possessi provenzali al di qua delle Alpi.
Il L., adolescente, fece i suoi studi a Montpellier e in seguito trascorse alcuni anni alla corte di Aix-en-Provence, dove contrasse un primo matrimonio, con Margherita - forse vedova di un non altrimenti noto Giorgio Grimaldi, secondo una notizia fornita da Nostradamus (p. 640) e ripresa da F. Petrucci - figlia del napoletano Giovanni Cossa, gran siniscalco di Provenza e uomo di fiducia di re Renato d'Angiò. Nominato successivamente ciambellano e consigliere regio, vicario di Marsiglia e di Arles, grazie al favore del re egli acquistò, intorno al 1453, la terra della Garde, presso Villeneuve nella diocesi di Grasse e, poco dopo, la metà della vicina Châteauneuf. Questi acquisti consolidarono gli interessi che i Lascaris avevano sulle terre alla destra del fiume Varo. Il fratello maggiore del L., Pietro, era stato infatti governatore di Grasse e di Saint-Paul de Vence per conto del re Renato e, a seguito del matrimonio con Caterina, figlia di Giorgio Grimaldi, era divenuto compartecipe delle signorie di Antibes, Cagnes e Mentone. Tali diritti furono a lungo contrastati da Nicolò Grimaldi che infine, nel 1443, aveva fatto uccidere Pietro.
Nominato tutore dei nipoti Onorato e Ludovico, il L. (nel 1440 succeduto al padre nella signoria di Tenda) sfruttò gli appoggi alla corte angioina per subentrare nei possessi del defunto fratello, anche se non poté avere ragione dell'opposizione dei Grimaldi per il possesso di Mentone.
Rimasto vedovo della prima moglie, il L. si risposò (certo prima del 1448) con Margherita, figlia di Galeotto (I) Del Carretto, marchese del Finale, riannodando la tradizionale amicizia tra le due più potenti famiglie ghibelline della Liguria occidentale. Per effetto di questo matrimonio egli si trovò fortemente coinvolto nelle vicende liguri e fu spinto a sostenere, con il suocero, la fazione degli Adorno. Così, non solo nel 1448 egli intervenne nel conflitto che opponeva il marchese del Finale ai dogi Fregoso di Genova, ma negli anni successivi intraprese una decisa politica di espansionismo territoriale verso la costa ligure, cercando di approfittare - inizialmente insieme con i cugini del ramo di Briga - delle difficoltà economiche in cui si trovavano alcuni rami superstiti dei conti di Ventimiglia, signori di varie terre e castelli nell'immediato entroterra di Oneglia e Porto Maurizio. Tra il 1455 e il 1463 il L. acquisì il possesso di numerose quote di signoria su alcuni feudi delle valli del Maro e dell'Arroscia, facendoli occupare militarmente dalle sue truppe, senza troppi riguardi per le ragioni degli altri consignori. Ciò lo mise in contrasto con i Doria di Oneglia, anch'essi interessati a quanto restava dell'antica contea di Ventimiglia, così che per alcuni anni gran parte della Riviera di Ponente fu teatro di violenze e distruzioni.
Non meno turbolente furono le vicende dei possessi oltremontani del L., che aveva ereditato, oltre a Tenda e ai feudi provenzali, anche i castelli di Limone e Vernante nell'alta Val Vermenagna, in parte soggetti alla sovranità sabauda a seguito di vari atti di omaggio feudale prestati, negli anni precedenti, dai Lascaris di Briga. I tentativi dei duchi di Savoia di imporre la loro superiorità anche su Tenda furono però sempre decisamente respinti dal L. che, desideroso di riconfermare i legami con gli Angiò, nell'agosto 1453 si recò a Ventimiglia per prestare il giuramento di fedeltà a re Renato, mentre questi si portava in Lombardia per combattere, a fianco di Francesco Sforza, i Veneziani.
Due anni dopo, facendosi forte della protezione del sovrano provenzale e della Francia non solo rifiutò di prestare l'omaggio richiestogli dal duca Ludovico di Savoia ma, nel 1457, diede tutto il suo aiuto allo zio Ludovico Bolleris di Reillane, ribellatosi alle imposizioni sabaude. In suo nome, infatti, egli assunse il controllo dei castelli di Demonte e Roccasparavara ma probabilmente fu fatto con lui prigioniero a tradimento nel castello di Centallo dalle milizie mercenarie del capitano francese Archambaud d'Abzac, all'epoca al servizio sabaudo. Condotto in catene a Torino fu liberato nell'aprile 1458 in seguito all'intervento di Francesco Sforza; rientrato a Tenda riprese la politica di espansione nell'entroterra ligure, nuovamente contrastato dai Doria e dal figlio di Nicolò Grimaldi, Lamberto, divenuto da poco signore di Monaco, portatagli in dote dalla moglie Claudina, unica erede di Catalano Grimaldi.
La rivalità tra il L. e Lamberto si acuì dopo che questi, impadronitosi con un colpo di mano di Ventimiglia nel 1463, l'anno dopo se ne vide confermare il governo da Francesco Sforza, nel frattempo divenuto signore di Genova. Tale concessione creò grande malcontento nel L. che, da sempre, si considerava un fedele amico del duca di Milano. Per ritorsione, egli dapprima si rifiutò di prestare allo Sforza il dovuto giuramento di fedeltà per quelle terre che, in passato, i Ventimiglia avevano tenuto in feudo dal Comune di Genova; successivamente, acquistato il feudo di Prelà, se ne impossessò, nonostante gli ordini contrari del duca.
Per cercare di contrastare le mire espansionistiche del conte di Tenda si costituì allora una sorta di coalizione tra i guelfi del Ponente ligure, alla quale aderirono Grimaldi e i Doria di Oneglia. Il L. rispose nel febbraio 1466 sostenendo segretamente una prima rivolta di abitanti di Mentone contro Lamberto. La sommossa, però, assunse ben presto un orientamento filosabaudo non certo voluto dal L., giacché i ribelli si appellarono al duca Amedeo IX di Savoia, riconoscendolo loro signore. Lamberto Grimaldi, che si era inutilmente rivolto per aiuti a Milano, riuscì comunque a rientrare in possesso di Mentone dopo pochi mesi, ma il timore che il duca di Savoia finisse con il togliergli il dominio della cittadina lo indusse, nel gennaio 1467, a fargli omaggio della sua parte di signoria, venendone quindi investito a titolo di feudo. Tuttavia questo improvviso voltafaccia lo screditò agli occhi del duca di Milano, tanto che ad avvantaggiarsene fu il conte di Tenda. Il 26 febbr. 1467 il L. stipulò infatti con Galeazzo Maria Sforza un trattato di aderenza per tutti i suoi nuovi acquisti nella Riviera di Ponente. Agendo ora come unico referente sforzesco in quella parte della Liguria, il L. intervenne ancora nelle vicende di Mentone patrocinando una nuova rivolta e, nel marzo 1468, procedette direttamente all'occupazione militare della cittadina. Quindi, con l'aiuto dei Grimaldi di Boglio (pretendenti alla signoria di Monaco), pose l'assedio al vicino castello di Roccabruna, cercando inutilmente di cogliere di sorpresa la rocca monegasca. La sua speranza era di ottenere dal duca Galeazzo Maria l'investitura di Mentone, ma lo Sforza non volle acconsentire e, anzi, decise di assumerne direttamente il controllo. Il L., che nel frattempo era stato ferito in combattimento sotto le mura di Roccabruna, dovette piegarsi e consegnare la cittadina agli inviati del duca (ottobre 1468), ma l'occasione di continuare la sua guerra privata con il signore di Monaco si ripropose di lì a poco.
Nell'estate 1469 egli prese parte alla spedizione militare sforzesca contro L. Grimaldi, che aveva rifiutato di restituire al duca il governo di Ventimiglia, concessogli per soli cinque anni. La sconfitta di Lamberto e dei guelfi fece del L. il più potente signore dell'estremo Ponente ligure, tanto più che dopo la morte di Giovanni Del Carretto, zio della moglie, egli assunse di fatto anche la reggenza del Marchesato del Finale, quale tutore del giovane marchese Galeotto (II). In difesa delle ragioni del pupillo, il L. intervenne nel 1470 nel feudo di Rezzo, conteso a G. Del Carretto da Gaspare di Clavesana; l'anno successivo, inoltre, le sue milizie occuparono il castello di Pornassio, da lui reclamato.
Queste iniziative, assunte del tutto autonomamente, crearono forte resistenza tra i signori vicini, abilmente manovrati da L. Grimaldi, sempre più schierato su posizioni filosabaude. Proprio a Monaco si organizzò dunque una congiura per eliminare il L., congiura che vide coinvolti, oltre a Grimaldi, i Lascaris di Briga e il vescovo di Ginevra Giovanni Ludovico di Savoia, luogotenente generale del Ducato sabaudo, quale tutore del giovane duca Filiberto. Strumenti della congiura furono due collaboratori del vescovo, Pierre de Montchenu e Bartolomeo Lascaris di Briga, i quali riuscirono a corrompere uno dei cortigiani del L., Pietro Parpaglia di Rovigliasco. Questi fece avvelenare il conte, che morì il 6 febbr. 1474 a Tenda, lasciando quale unico erede il figlio Giovanni Antonio, avuto dalla seconda moglie Margherita Del Carretto.
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