MARTUCCI, Onorato.
– Secondo di nove figli, nacque a Roma nel 1774. Il padre, Giuseppe, di condizione benestante, era ministro camerale del territorio di Nettuno e del Patrimonio di S. Pietro.
Alla morte del padre (1791) subì una serie di querele da parte dello zio paterno, che il M. aveva accusato di essersi indebitamente appropriato di una parte dell’eredità paterna. Sottoposto a processo, un «rescritto santissimo» di Pio VI lo condannò all’esilio a vita a Ceuta. Egli cercò di evitare tale pena nascondendosi, ma, arrestato, fu imprigionato nella fortezza di Porto d’Anzio. Riuscito a fuggire, riparò dapprima a Nettuno, quindi a Conca dei Marini e a Napoli. Tornò anche brevemente a Roma, ma la reiterazione del «diabolico rescritto» lo costrinse a rifugiarsi a Civitavecchia e a Livorno, dove iniziò a impratichirsi nel commercio marittimo e a effettuare i suoi primi viaggi in Spagna e poi in Portogallo.
Imbarcatosi, probabilmente nel 1801, sulla nave «Flor de Funschal», partì per il suo «primo viaggio in Cina» che in due anni, dopo aver toccato le coste del Brasile e l’India occidentale (Goa), lo condusse a Macao. Rientrato a Lisbona (1803), raggiunse il Marocco per poi estendere la sua pratica commerciale anche in Portogallo, Germania, Francia, Svizzera, Spagna e Inghilterra. Dopo aver stipulato un contratto quadriennale con le manifatture britanniche di Benjamin Potter di Manchester, spostò i suoi affari da una regione all’altra, facendo scalo presso i principali centri commerciali europei.
La rete dei suoi traffici, alcuni dei quali spesso svolti di contrabbando, si inseriva in un momento particolarmente delicato per la storia economica e politica dell’Europa. Erano questi gli anni in cui – a seguito del blocco continentale decretato da Napoleone il 21 nov. 1806 e successivamente ratificato dal decreto di Milano del 17 dic. 1807 – i porti europei controllati dalla flotta francese erano interdetti al commercio con l’Inghilterra.
In tale contesto, la scelta del M. di stabilirsi a Trieste e di fondarvi una propria casa di commercio non fu casuale. Ma il fallimento di questa dopo pochi mesi lo indusse ad accettare un trasferimento a Malta. Di qui si spostò dapprima in Grecia (Salonicco, Cerigo, Idra, Egina, Pireo, Atene, Corfù e nuovamente Salonicco), poi lungo le coste albanesi e in Turchia; dopo un breve rientro in Italia (tra Otranto, Barletta, Napoli e Roma), proseguì per l’Austria, la Bosnia, l’Albania, e ritornò nuovamente a Malta, per poi trasferirsi a Costantinopoli e quindi a Smirne. Qui nel 1813 John Lee, un importante mercante inglese, gli propose di diventare agente commerciale del viceré d’Egitto Muḥāmmad ‘Alī con l’obiettivo di stabilire un nuovo e diretto commercio tra l’Egitto e le Indie Orientali.
Tale incarico (1816-19) gli permise non solo di ampliare l’ambito dei propri commerci fino alla penisola indiana (Bombay, Calcutta), ma anche di gettare le basi per la sua più lunga permanenza in Cina. Questo «secondo viaggio alla Cina» lo portò da Calcutta (luglio 1818), a Malacca (agosto), a Macao (settembre) e infine a Canton (ottobre), dove, scaduto il contratto con il viceré egiziano e conclusasi la sua attività di agente in India, il M. trascorse i tre anni più significativi della sua vita, raccogliendo una vastissima quantità di informazioni sui principali aspetti storici, politici, culturali, economici, statistici ed etnografici dell’Impero cinese e collezionando ogni genere di «cineseria», antica o moderna, con lo scopo di allestire un vero e proprio museo (il «Museo cinese») da destinare al pubblico romano.
Avendo deciso di rientrare in Italia, il M. ottenne, corrompendo gli ufficiali mandarini delle «quattro dogane», di portare con sé la sua copiosa collezione composta da 326 casse. Raggiunta nuovamente Calcutta, ove si fermò più di un anno, intraprese però un «terzo viaggio alla Cina». Dopo aver costeggiato l’isola Palawan, fece scalo a Macao e raggiunse nuovamente Canton.
Dopo questo viaggio partì per l’Europa (1823). Al rientro a Roma, per un breve periodo espose al pubblico romano il suo Museo cinese.
Tra le poche notizie che si hanno su questo periodo, è quella relativa alla pubblicazione nel Giornale arcadico dal 1827 al 1830 (voll. 38-45) di sedici Note sulla Cina, successivamente riprese dallo stesso M. in un manoscritto, in gran parte inedito, intitolato Viaggi all’Estremo Oriente e alla Cina fatti da Onorato Martucci e da se stesso narrati, oggi conservato a Roma presso la Biblioteca della Società geografica italiana, con annesso un piccolo fascicolo di autore anonimo (Cammino da Pietroburgo fino al Gange).
Benché il titolo lasci supporre una trattazione del tema del viaggio secondo un ordine cronologico, il manoscritto dei Viaggi si divide in due parti: la prima, che occupa circa un terzo del resoconto e che costituisce quasi un testo a sé, si presenta come una romanzesca ricostruzione della vita del viaggiatore; la seconda è invece un accurato resoconto sulla società, le abitudini alimentari, la religione, i costumi e la vita culturale dei Cinesi dell’Ottocento; non mancano considerazioni sui commerci e i mercati orientali, nonché commenti sul sistema legale e amministrativo della Cina. Nonostante lo stile ricercato, la scrittura del M. rivela una formazione da autodidatta. Nel bagaglio delle sue conoscenze confluisce una serie di dati ricavati dalla sua personale esperienza sui luoghi e dalla sua diretta conoscenza di personaggi europei (poeti, viaggiatori, ambasciatori, capitani di bastimento, operatori commerciali) che colpirono la sua curiosità; altro materiale, come le traduzioni di estratti di codici legislativi, di proclami, di circolari e di gazzette governative o di lettere di missionari, è invece di provenienza cinese.
È difficile risalire a una data precisa circa la stesura del manoscritto, anche se alcuni elementi – come la data «Canton, 15 genn. 1823», riportata in fondo al documento, o il fatto che esso trascriva integralmente le Note sulla Cina – inducono a ritenere che il testo fosse stato scritto dopo il secondo soggiorno a Canton con l’intenzione di pubblicarlo nella sua integrità.
Ciò si deduce anche dalla frase «sarà continuato» che compare in calce all’ultimo articolo apparso nel Giornale arcadico del 1830; ma la diciassettesima nota con la quale il M. intendeva completare l’opera non ebbe l’approvazione della redazione del periodico romano e non venne quindi mai pubblicata. Quest’ultima memoria è invece presente nel manoscritto e ne costituisce una parte rilevante.
Gli scritti sulla Cina sono stati pubblicati in Germania, a cura di H. Walravens, Schriften über China, mit einer biobibliographischen Skizze und einem Faksimile eines Auktionskataloges, Hamburg 1984.
Il M. tentò più volte di vendere la sua collezione di cimeli cinesi al governo pontificio. Ma, dopo aver ricevuto per ben tre volte il rifiuto da parte dei papi Leone XII, Pio VIII e Gregorio XVI di accoglierlo nelle sale del Vaticano, la offrì al re di Baviera Luigi I di Wittelsbach, che la acquistò nel 1832.
Le opere d’arte che facevano parte della collezione arricchirono le Vereinigten Sammlungen e sono oggi conservate a Monaco presso lo Staatliches Museum für Völkerkunde. Le casse di libri e di documenti furono invece depositate nella Pinacoteca (Alte Pinakothek), ove rimasero per quasi nove anni senza essere toccate: solo nel maggio del 1851 esse confluirono nella Bayerische Staatsbibliothek di Monaco.
Non avendo altre entrate se non quelle derivanti dalla vendita del Museo e dalle poche proprietà immobiliari rimastegli, il M. contrasse un vitalizio con F.P. Castellani, fondatore dell’omonima casa d’oreficeria, e visse l’ultima parte della sua vita prevalentemente a Roma.
Qui il M. morì il 10 ott. 1843 (non nel 1846, come sostenuto da Ciampi e altri).
Fonti e Bibl.: Roma, Arch. stor. Capitolino, Arch. Urbano, Sez. 31, vol. 65, 1792 (Notaio G.B. Cataldi, 26 marzo 1792); Sez. 36, vol. 109, 1843, p. III (Notaio L. Hilbrat, 12 ott. 1843 dà notizia della morte del M.); Arch. di Stato di Roma, Camerlengato, parte 2ª, Antichità e belle arti, bb. 207, f. 1288; 219, f. 1780; Trenta Notai capitolini, Uff. 21, 1831, p. III: Notaio G. Fratocchi, 28 nov. 1831. Si vedano, inoltre: I. Ciampi, O. M., in Id., Viaggiatori romani men noti, in Nuova Antologia, settembre 1874, pp. 84-92; A. De Gubernatis, Storia dei viaggiatori italiani nelle Indie Orientali, Livorno 1875, p. 77; P. Amat di San Filippo, O. M., in Biografia dei viaggiatori italiani con la bibliogr. delle relazioni di viaggio dai medesimi dettate, Roma 1882, pp. 537-539; G. Reismuller, Zur Geschichte der chinesischen Büchersammlung der Bayerischen Staatsbibliothek, in Ostasiatische Zeitschrift, VIII (1919-20), pp. 330-336; F.J. Meyer, Aus der Geschichte der Asia-Major-Bestände der Bayerische Staatsbibliothek und ihre Bearbeitung, in Orientalisches aus Münchener Bibliotheken und Sammlungen, a cura di H. Franke, Wiesbaden 1957, p. 43; 400 Jahre Sammeln und Reisen der Wittelsbacher: außereuropäische Kulturen (catal.), a cura di O. Zerries - C.C. Müller, München 1981, pp. 23 s.; O. Martucci, Schriften über China, mit einer biobibliographischen Skizze ..., a cura di H. Walravens, cit.; G. Tucci, Italia e Oriente, a cura di F. D’Arelli, Roma 2005, pp. 174 s.; C. Masetti, O. M. e «I Viaggi all’Estremo Oriente ed alla Cina», in Profumi di terre lontane. L’Europa e le «cose nove». Atti del Convegno ..., Portogruaro… 2001, a cura di S. Conti, Genova 2006, pp. 413-429; B.J. Richtsfeld, O. M. (1774-1846) und sein «chinesisches Museum», in Exotische Welten. Aus den völkerkundlichen Sammlungen der Wittelsbacher 1806-1848, a cura di C. Müller, München-Dettelbach 2007.