OPEC
(App. IV, II, p. 669)
L'OPEC (Organization of the Petroleum Exporting Countries) venne fondata nel 1960 a Baghdād al termine della Conferenza promossa allo scopo di stabilire un atteggiamento comune dei paesi produttori di petrolio di fronte alla decisione presa dalle grandi società petrolifere, le cosiddette ''sette sorelle'' (Standard Oil, Texaco, Exxon, Mobil, Gulf, Bp, Shell), di diminuire il prezzo del greggio, sia anche allo scopo di tutelare gli interessi generali e particolari degli stati che ad essa avevano aderito.
L'atto costitutivo dell'OPEC, sottoscritto da Arabia Saudita, Iran, ῾Irāq, Kuwait, Qatar e Venezuela il 14 settembre 1960, entrò in vigore il 1° ottobre dello stesso anno. Successivamente, durante la 2ª Conferenza, tenutasi a Caracas nell'ottobre 1961, venne adottato lo statuto dell'organizzazione che ne stabiliva i meccanismi decisionali e ne precisava i metodi d'azione. Lo statuto, che si poneva a completamento dell'atto costitutivo di Baghdād, ne delineava anche le strutture organizzative prevedendo come organi di vertice la Conferenza e il Consiglio dei governatori, da cui dipendeva il segretariato generale dell'organizzazione. Veniva inoltre definito lo status di membro, distinguendo tra membri fondatori e membri associati. Nel novembre 1962 quest'organismo venne registrato presso il segretariato delle Nazioni Unite, mentre negli anni successivi si accrebbe il numero dei suoi membri con l'ammissione di Algeria, Ecuador, Gabon, Indonesia, Libia, Nigeria, Emirati Arabi Uniti.
Nel 1965 l'organizzazione interna, la disciplina dei suoi componenti, le modalità per il raggiungimento delle finalità vennero perfezionate con l'adozione di un nuovo statuto.
L'azione dell'OPEC, che ha assunto una preminente posizione sul mercato internazionale del petrolio, si può ripartire in tre fasi distinte.
Una prima fase, dalla fondazione al 1973, contraddistinta da una certa moderazione e da un atteggiamento diretto a difendere l'interesse dei paesi produttori minacciato dalla diminuzione del prezzo del greggio operata dalle maggiori compagnie petrolifere.
Una seconda fase, caratterizzata da una spinta offensiva, nella quale l'OPEC, attraverso le Conferenze di Teherān (febbraio 1971), di Tripoli (aprile 1971) e di Ginevra (gennaio 1972), impose alle società petrolifere l'aumento del prezzo del greggio (quadruplicato nel 1973 da 3,01 a 11,65 dollari al barile) e la sua indicizzazione per fronteggiare l'instabilità monetaria connessa all'inflazione mondiale. Negli stessi anni ebbe inizio la graduale partecipazione dei paesi produttori alla concessione di sfruttamento dei pozzi petroliferi sia mediante nazionalizzazione diretta (come nel caso dell'Algeria, dell'῾Irāq e della Libia), sia mediante altre forme di partecipazione statale (come nel caso dell'Arabia Saudita). Nel 1973, dopo il conflitto arabo-israeliano che determinò la svolta verso l'''emancipazione'' politica dei paesi produttori, l'OPEC adottò drastiche misure nei confronti dei paesi importatori di greggio (aumento dei prezzi, embargo verso alcuni stati ritenuti filoisraeliani come gli Stati Uniti e i Paesi Bassi). Per fronteggiare l'azione dell'OPEC i paesi consumatori crearono un organismo internazionale tra stati importatori, l'Agenzia internazionale, nell'ambito dell'OCSE, che si costituì, come l'OPEC, in forma di ''cartello'' e in netta contrapposizione allo spirito di cooperazione sancito dalla ''Carta dell'Avana per l'organizzazione del commercio internazionale'', adottata dalla Conferenza delle Nazioni Unite nel 1948. Le misure restrittive e l'incremento del prezzo del petrolio ebbero conseguenze immediate sui paesi consumatori, provocando sia la diminuzione delle importazioni di greggio sia un incremento delle ricerche per l'individuazione di fonti energetiche alternative e diversificate. La seconda crisi petrolifera del 1979 portò all'aumento vertiginoso del prezzo del greggio (32 dollari al barile), contribuendo a determinare la recessione mondiale caratterizzante gli anni successivi con la conseguente riduzione della domanda e del prezzo del petrolio e dei suoi derivati.
Una terza fase, conclusasi la stagione dell'utilizzazione del petrolio come arma politica (era accaduto nel 1973 dopo la guerra arabo-israeliana del Kippur e nel 1978 con la rivoluzione iraniana), si è, infine, aperta negli anni Ottanta ed è stata caratterizzata dai contrasti sorti in seno all'OPEC sulle quote di produzione e da una graduale diminuzione della sua capacità contrattuale e impositiva sia per il calo della domanda petrolifera (a seguito della riduzione dei consumi), sia per l'intensificazione dello sfruttamento dei giacimenti del Mare del Nord, nonché per i risultati raggiunti nella ricerca di fonti energetiche alternative: il mercato del petrolio ha, così, di nuovo cambiato aspetto, mentre il cartello petrolifero è entrato in crisi.
Attualmente il monopolio esercitato dall'OPEC sul mercato petrolifero si è notevolmente allentato sia per la ormai costante diminuzione della domanda di greggio da parte dei paesi importatori, sia anche per i contrasti di carattere politico che dividono all'interno i suoi membri. Negli ultimi anni sono stati proprio questi a minacciare l'unità e la stabilità dell'OPEC e a rendere meno incisiva la sua azione sulla scena internazionale; basti pensare allo status di belligeranza che ha contrapposto lungamente prima l'Iran e l'῾Irāq, e più recentemente, con la Guerra del Golfo, l'῾Irāq e il Kuwait. Il mercato petrolifero è stato condizionato dalla politica dei paesi consumatori sino all'agosto 1990, quando con l'invasione del Kuwait da parte dell'῾Irāq i prezzi internazionali hanno subito brusche variazioni: la diminuzione dei livelli di produzione causata dal conflitto ῾Irāq-Kuwait è stata colmata dall'Arabia Saudita che, svolgendo un ruolo di primo piano nella guerra come alleata degli Stati Uniti e del mondo occidentale, ha aumentato la sua capacità estrattiva, portando la sua produzione da 5 a 8,4 milioni di barili al giorno. La Guerra del Golfo ha fatto saltare tutti gli accordi all'interno dell'OPEC: il sistema per quote di produzione non è stato più attivato e il prezzo di 21 dollari al barile stabilito dalla Conferenza di Ginevra nel luglio 1990 è stato tralasciato.
Nell'ambito del cartello petrolifero, dal quale nel novembre 1992 è uscito l'Ecuador, l'Arabia Saudita ha acquistato un ruolo sempre più preminente dettando direttive precise: garanzie degli approvvigionamenti ai paesi consumatori; più efficace controllo delle quote di produzione; equilibrio domanda-offerta; stabilità dei prezzi. Malgrado la produzione dell'OPEC sia ancora elevata, il rafforzamento della posizione dell'Arabia Saudita è indice della crisi di questo organismo, almeno nella forma originaria di ''cartello'' petrolifero in grado di stabilire prezzi e livelli di produzione. Agli inizi del 1993 l'OPEC ha deciso di ridurre di un milione di barili al giorno, nel secondo semestre dell'anno, la produzione di greggio di fronte al calo della domanda e per l'oscillante andamento dell'economia mondiale, mentre il prezzo del Brent, cioè il greggio di riferimento, si è attestato al disotto dei 21 dollari al barile. La soluzione del taglio percentuale non ha trovato d'accordo alcuni degli stati membri di questa organizzazione (Kuwait, Algeria, Indonesia), le cui mosse non sempre vengono giudicate positivamente dalle Borse petrolifere.
Bibl.: E. Greppi, OPEC (Organization of the Petroleum Exporting Countries), in Novissimo Digesto Italiano, Appendice, 3, Torino 1981, pp. 466-72; R. P. Mattione, Opec's investments and the international financial system, Washington 1985; J. Evans, Opec: its member States and the world energy market, Londra 1986; A. Benamara, S. Ifeagwu, Opec aid and the challenge of development, ivi 1987; I. Skeet, Opec: twenty-five years of prices and politics, Cambridge 1988; F. I. al-Chalabi, Opec at the crossroads, Oxford 1989. Da vedere anche le pubblicazioni periodiche dell'Annual Statistical Bullettin, organo ufficiale dell'OPEC dal 1964.