QUADRATA, OPERA
. Sistema di costruzione, usato nell'Etruria e nel Lazio nei tempi più antichi. Alla voce muro si accenna alle differenze che esistono fra l'opera quadrata e l'opera poligonale su suolo italico.
In generale, l'opera quadrata si trova nei territorî a fondo tufaceo, tale roccia prestandosi meglio del calcare a essere tagliata in forma di blocchi parallelepipedi, e disposta secondo piani uniformi.
I primi esempî si hanno nell'Etruria, e sembra che i Romani l'apprendessero dagli Etruschi, perché ancora nell'impero essa era detta: etrusco more. Tuttavia nel territorio etrusco non ne abbiamo che scarsi esempî e questi d'incerta data. In Roma sono così costruiti i monumenti più antichi: alcune cisterne coperte a thólos sul Palatino, il basamento del tempio di Giove Capitolino, gli avanzi della Roma Quadrata sul Palatino e quelli della prima cinta di mura serviane, la Regia, il primitivo tempio dei Castori, ecc. Tutti questi monumenti sono fatti con un tufo di grana tenera, detto volgarmente "cappellaccio", che veniva tagliato in conci lunghi cm. 90 (= 3 piedi), larghi cm. 60 (= 2 piedi) e alti cm. 25 ÷ 30.
Verso la metà del sec. IV viene introdotto un tufo più duro, proveniente dalle colline di Veio e di Fidene, che la tecnica più progredita riesce a tagliare in blocchi più grossi, di altezza variabile, dai 45 ai 60 cm., e di lunghezza fino a un metro e mezzo. Sono così costruite le nuove mura di Roma, erette dopo l'incendio gallico, e quasi tutti gli edifici di una certa importanza, fino all'età sillana. Per il rivestimento esterno si usa, a partire dal sec. II a. C., una pietra più dura, detta lapis albanus o peperino, che, insieme con il lapis gabinus, si credeva dagli antichi refrattario al fuoco.
Sotto Augusto si sostituisce alla pietra, nel rivestimento degli edifici, il marmo di Luni (Carrara), mentre il nucleo interno, specialmente nei templi (dei Castori, della Concordia, di Vespasiano, di Antonino e Faustina nel Foro), è fatto ancora con opera quadrata più grossolana, di un tufo preso lungo le ripe dell'Aniene a SO. di Tivoli.
L'opera quadrata andò scomparendo durante l'impero di fronte all'opera laterizia, più agile e più facile, ma fu usata in certi monumenti almeno fino all'età di Settimio Severo, come ad esempio nei castra della legione II Partica in Albano e in alcune tombe sulle vie consolari.
In genere i blocchi sono messi in opera senza malta, o solo con uno strato leggiero di malta fina, per favorire l'allettamento perfetto dei filari; a questo scopo si soleva scolpire nei giunti una fascia piana tutto intorno al blocco, che si chiama con termine greco anathyrosis, mentre lo spazio mediano della fronte, lasciato grezzo, forma il bugnato, caratteristico già delle costruzioni dell'età repubblicana. Era anche uso molto antico quello di disporre i blocchi a filari alterni, uno per testata e uno per lunghezza, in modo da dare un legamento maggiore agli strati fra loro.
La maggiore o minore perfezione di tecnica, la qualità del materiale adoperato e l'unità di misura secondo cui i blocchi sono tagliati, costituiscono i capisaldi per la datazione dei varî esempî di opera quadrata.
Bibl.: E. B. Van Deman, Methods of determining the Date of Roman concrete Monuments, in Journal of the Arch. Institut of America, XVI (1912), fasc. 2 e 3; Tenney Frank, Roman Buildings in the Republic, in Papers and Monographs of the American Academy in Rome, III, 1924.