Abstract
Tra le operazioni straordinarie, caratterizzate da un’ampia eterogeneità, rientrano fattispecie prevalentemente riorganizzative, e, talvolta, anche realizzative.
Le principali operazioni sono: la trasformazione, la fusione, la scissione, il conferimento, lo scambio di partecipazioni. Con la trasformazione si modifica il modello organizzativo della società, mediante la fusione si concentrano in un’unica struttura societaria il patrimonio e le risorse esistenti in altre società; con la scissione, giustificata anche dal mutamento dei rapporti tra soci, si procede alla divisione del patrimonio della società scissa a favore di una o più società beneficiarie; nel caso di conferimento di azienda o rami aziendali la società procede allo scorporo del complesso produttivo partecipando nella società beneficiaria, mentre i soci continuano a essere proprietari della società conferente.
Tutte queste operazioni sono improntate al principio della neutralità fiscale, che consiste nella continuità dei valori fiscalmente riconosciuti, salvo alcune ipotesi realizzative che possono manifestarsi in occasione delle operazioni di trasformazione eterogenea, nelle operazioni di conferimento di partecipazioni di controllo e di collegamento o negli scambi di partecipazioni.
Sebbene l’ordinamento non ne fornisca una definizione precisa (Zizzo, G., Le operazioni straordinarie tra realizzo e neutralità: spunti sistematici, in Riv. dir. trib., 2006, I, 519), è possibile ricondurre alla categoria delle operazioni straordinarie tutte quelle attraverso cui una società modifica il suo patrimonio e/o la propria compagine sociale al fine di liquidare ovvero riorganizzare l’attività d’impresa (Fantozzi, A.-Paparella, F., Le operazioni straordinarie nelle imposte sui redditi, in Lezioni di diritto tributario dell’impresa, Padova, 2014, 322).
Secondo alcuni Autori tale categoria sarebbe da ricondurre agli atti di riorganizzazione (Esposito, R., I conferimenti in natura. Contributo allo studio degli atti di riorganizzazione nel diritto tributario, Roma, 2004, 216; Corasaniti, G., Profili tributari dei conferimenti in natura e degli apporti in società, Padova, 2008, 270); secondo Altri, invece, le stesse dovrebbero essere individuate in base agli effetti che producono sui beni o sui soggetti (Lupi, R., Profili tributari della fusione di società, Padova, 1989, 39).
Secondo altra dottrina (Fantozzi, A.-Paparella, F., Le operazioni straordinarie nelle imposte sui redditi, cit., 328 ss.), le operazioni straordinarie potrebbero dividersi in due categorie generali: le operazioni di disinvestimento e di realizzo in grado di generare plusvalenze latenti (e per questo disciplinate tra le norme “ordinarie” agli articoli 58 ed 86, TUIR) e quelle di riorganizzazione che, caratterizzate dal principio di neutralità, risultano estranee al concetto di realizzo per effetto del principio della continuità dei valori fiscali cui si ispirano (Pedrotti, F., Cessioni di aziende e di partecipazioni sociali nel reddito di impresa ai fini IRES, Milano, 2010).
Con la trasformazione societaria l’esercizio dell’attività di impresa prosegue senza alcuna forma di disinvestimento o conversione dei beni d’azienda in somme liquide (Cicognani, F., Profili tributari delle trasformazioni di società ed enti, Torino, 2011; Ficari, V., Le trasformazioni imprenditoriali e societarie, in Della Valle, E.-Ficari, V.-Marini, G., Il regime fiscale delle operazioni straordinarie, Torino, 2009, 223.).
Tale operazione è disciplinata all’art. 170 TUIR che, dopo aver sancito il principio della neutralità fiscale, distingue tra trasformazione in società con regime omogeneo che non muta il regime fiscale dell’impresa e trasformazione in società con regime disomogeneo che, disciplinata all’art. 170, co. 2, TUIR, comporta una modifica del regime impositivo e, quindi, l’interruzione del periodo di imposta (Tesauro, F., Aspetti fiscali della trasformazione eterogenea, in TributImpresa, 2, 2005, 5 ss.).
Nell’ambito della trasformazione eterogenea, l’articolo 170, co. 3, TUIR disciplina la trasformazione regressiva, che determina il passaggio dall’IRPEF delle società di persone all’IRES delle società di capitali, mentre l’art. 170, co. 4 e 5, TUIR, disciplina la trasformazione cd. regressiva, attraverso la quale un soggetto passivo IRES transita ad un regime IRPEF.
Il principio di neutralità fiscale che caratterizza la trasformazione (omogenea) è sancito al primo comma dell’articolo 170 TUIR, ai sensi del quale, «la trasformazione della società non costituisce realizzo né distribuzione delle plusvalenze e delle minusvalenze dei beni, comprese quelle relative alle rimanenze ed all’avviamento».
I commi successivi disciplinano la trasformazione eterogenea. Il secondo comma prevede un vincolo sulla durata del periodo di imposta: il reddito compreso tra l’inizio dell’esercizio e la data di efficacia della trasformazione è determinato secondo il regime applicabile prima dell’operazione sulla base di apposito conto economico. Ciò significa che se la trasformazione avviene in corso d’anno, il periodo di imposta si divide in due periodi autonomi che saranno oggetto di due dichiarazioni distinte.
Le norme successive disciplinano il regime delle riserve costituite prima della trasformazione assicurando ad esse la conservazione, nella fase post trasformazione, del regime cui erano soggette originariamente.
Ai sensi dell’articolo 170, co. 3, TUIR, le riserve costituite dalle società di persone con utili imputati e tassati in capo ai soci prima della trasformazione eterogenea, sono soggette all’applicazione del regime impositivo originario (i.e. di neutralità) qualora successivamente all’operazione tali riserve siano ricostituire in bilancio con l’indicazione della loro origine.
I successivi quarto e quinto comma disciplinano l’ipotesi opposta a quella prevista dal terzo comma, distinguendo le riserve di capitale da quelle di utili. Mentre le prime conservano la propria natura dopo la trasformazione, con la conseguenza per cui la loro distribuzione non costituisce reddito per i soci ai sensi dell’art. 47, co. 5, TUIR, diversamente, per le seconde viene previsto il mantenimento del regime preesistente fermo restando l’obbligo di ricostituzione delle riserve per la società trasformata le quali, se ricostituite nel bilancio della società trasformata, vengono attribuite pro quota ai soci nel periodo di imposta in cui sono distribuite o utilizzate per scopi diversi dalla copertura delle perdite; viceversa, si considereranno imputate ai soci nel primo periodo di imposta successivo alla trasformazione.
Gli articoli 2500 septies e 2500 octies c.c., disciplinano la trasformazione delle società di capitali in consorzi, società consortili, società cooperative, comunioni di azienda, associazioni non riconosciute, fondazioni e viceversa. Se il legislatore del codice civile ha inteso l’eterogeneità della trasformazione come quell’operazione mediante la quale si assiste alla modifica della natura del soggetto che, da un assetto di tipo lucrativo passa ad una struttura mutualistica, associativa o consortile, il legislatore tributario, con l’art. 171 TUIR, ha adottato un’impostazione differente, aggiungendo una valutazione di carattere fiscale in dipendenza dell’acquisita o perduta natura commerciale dell’ente.
L’art. 171, co. 1, TUIR, riferendosi all’art. 2500 septies c.c., disciplina la trasformazione della società di capitali in ente non commerciale prevedendo che i beni della società trasformata si considerano realizzati in base al valore normale, salvo non confluiscano nell’azienda o nel complesso aziendale dell’ente non commerciale risultane dalla trasformazione.
Pertanto, qualora il regime dei beni non venga interrotto dalla trasformazione, la stessa sarà caratterizzata dalla neutralità; viceversa si configurerà un’ipotesi di realizzo delle plusvalenze e delle minusvalenze latenti conseguente alla determinazione del valore normale ex art. 9 TUIR.
La seconda parte dell’art. 171, co. 1, TUIR si occupa della disciplina delle riserve costituite prima della trasformazione e, adottando la medesima impostazione di cui all’art. 170, co. 4, TUIR, distingue le riserve di capitale da quelle di utili imponendo la loro ricostituzione in bilancio con l’indicazione dell’origine.
Il secondo comma dell’articolo 171 TUIR disciplina la trasformazione dell’ente non commerciale in società di capitali, prevedendo che qualora i beni fossero già sottoposti al regime dell’impresa, il regime per essi resterà neutrale; viceversa, la trasformazione sarà equiparata ad un conferimento con conseguente realizzo di plusvalenze e minusvalenze latenti determinate in base a quanto previsto dall’art. 9 TUIR.
La fusione tra società viene generalmente distinta in due fattispecie: la fusione propria e la fusione per incorporazione. Con la prima si assiste alla nascita di una nuova società nella quale confluiscono le altre e per effetto della quale i soci delle società fuse ricevono, in cambio delle azioni o quote detenute, i titoli della società risultante dalla fusione in base ad un rapporto di cambio determinato nel progetto di fusione (Paparella F., Fusione di società, in Tinelli, G., a cura di, Commentario al Testo Unico delle imposte sui redditi, Padova, 2009, 1496.).
Con la fusione per incorporazione, al contrario, una società, detta incorporata, confluisce nell’incorporante di modo che i soci dell’incorporata ricevono, in cambio dei titoli posseduti, le azioni o quote dell’incorporante.
Anche la fusione è ispirata al principio di neutralità: l’attività delle società fuse prosegue senza alcuna interruzione sulla base dei precedenti valori fiscalmente riconosciuti, come stabilito dall’art. 172, co. 1, TUIR.
In coerenza con il principio di neutralità, il secondo e terzo comma prevedono l’irrilevanza delle differenze di fusione per la società risultante dalla fusione e per i soci delle società incorporate o fuse.
Le differenze di fusione, siano esse positive o negative, possono derivare dall’annullamento delle azioni o delle quote della società incorporata di titolarità dell’incorporante a seguito della fusione (si parlerà di avanzi o disavanzi da annullamento) ovvero dal rapporto di cambio tra le azioni o quote di nuova emissione e quelle delle società incorporate (si parlerà di avanzi o disavanzi da concambio).
Per effetto di questa distinzione, le differenze di fusione risultano sottoposte ad un regime contabile differenziato: nella fusione per incorporazione, le differenze di annullamento si determinano qualora il patrimonio netto dell’incorporata sia di ammontare diverso dal valore fiscalmente riconosciuto della partecipazione di titolarità dell’incorporante con la conseguenza per cui si genererà un disavanzo di fusione qualora il costo di acquisto della partecipazione sia superiore al patrimonio netto della partecipata e nel caso inverso un avanzo di fusione.
Nel caso della fusione per incorporazione potranno risultare delle differenze da concambio qualora non vi sia corrispondenza tra l’aumento di capitale sociale dell’incorporante ed il patrimonio netto delle società incorporate o fuse (Lupi, R., L’avanzo e il disavanzo come componenti reddituali su partecipazioni, in Lupi R.-Stevanato, D., a cura di, La fiscalità delle operazioni straordinarie, Milano, 2002, 418).
In particolare si registrerà un avanzo da concambio qualora vi sia un aumento di capitale inferiore al patrimonio netto dell’incorporata mentre un disavanzo quando l’aumento del capitale sociale dell’incorporante sia superiore al patrimonio netto dell’incorporata.
Il secondo comma dell’articolo 172 TUIR, in coerenza con il principio di neutralità, dispone l’irrilevanza fiscale dell’avanzo e del disavanzo di fusione di modo che, salvo quanto previsto dal comma 10-bis, l’irrilevanza così introdotta non consente la riallocazione dei disavanzi, per cui l’eventuale utilizzo produce una divergenza tra risultato di bilancio e reddito imponibile.
È per questo che il terzo periodo del secondo comma dispone che la riconciliazione con i dati esposti in bilancio debba essere effettuata in sede extracontabile, con un prospetto da allegare alla dichiarazione dei redditi della società incorporante o risultante dalla fusione.
Il terzo comma dell’art. 172 TUIR completa il quadro delle differenze di fusione, disciplinando gli effetti che si vengono a produrre nei confronti dei soci prevedendo che «il cambio delle partecipazioni originarie non costituisce né realizzo né distribuzione di plusvalenze o di minusvalenze né conseguimento di ricavi per i soci della società incorporata o fusa» ad eccezione dei conguagli in denaro, per i quali si applica la disciplina di cui all’art. 47, co. 7, TUIR e salva l’applicazione del regime dell’art. 87 TUIR, se ne sussistono le condizioni.
Un regime a parte è quello che interessa le riserve, il quale è influenzato dall’ammontare del patrimonio netto della società risultante dalla fusione e dalle decisioni sulla misura dell’aumento del capitale sociale.
La fusione, infatti, determina la riunificazione dei patrimoni netti delle società fuse o incorporate con la conseguenza che nelle fusioni con concambio il patrimonio netto successivo alla fusione dovrebbe coincidere con la somma dei patrimoni netti ante fusione delle società coinvolte, mentre nelle fusioni con annullamento tale importo dovrebbe ridursi in misura pari alla partecipazione da annullare.
La società risultante dalla fusione può aumentare il capitale sociale in misura superiore a quello risultante dalla riunificazione delle società fuse o incorporate e per ciò l’art. 172 TUIR dedica una particolare disciplina per tale eventualità.
Analogamente, la fusione comporta la confluenza delle riserve nella prospettiva di conservare i vincoli preesistenti secondo che siano libere ovvero in sospensione di imposta; tuttavia, la ricostituzione delle riserve può essere influenzata dall’aumento del capitale sociale e, per tale ragione, i due profili sono disciplinati congiuntamente.
L’art. 172, co. 4, TUIR disciplina il meccanismo del subentro della società risultante dalla fusione, che riguarda non solo i valori fiscalmente riconosciuti ma si estende anche alle situazioni giuridiche soggettive, agli obblighi ed ai diritti delle società fuse o incorporate, salvo quanto previsto per le riserve in sospensione d’imposta e per il riporto delle perdite.
I commi 5 e 6 dell’art. 172 TUIR disciplinano le riserve in sospensione di imposta distinguendo tra le riserve tassabili in ogni caso e quelle tassabili indipendentemente dall’utilizzo, da quelle tassabili solo in caso di distribuzione.
Il particolare regime di favore riconosciuto alle riserve in sospensione di imposta giustifica il regime di cui al comma quinto dell’art. 172 TUIR, perché la loro irrilevanza fiscale è subordinata all’obbligo di ricostituzione nel bilancio della società risultante dalla fusione ad eccezione di quelle tassabili solo in caso di distribuzione. Di conseguenza, nel caso di mancata ricostituzione esse sono assoggettate ad imposizione indipendentemente dalla causa che ne ha determinato l’estinzione.
La ricostituzione delle riserve non è esente da vincoli: il periodo successivo del quinto comma specifica che essa deve essere effettuata attingendo prioritariamente dall’avanzo e, nel caso di incapienza, utilizzando le altre riserve libere, mentre è controversa la possibilità di vincolare parte del capitale sociale.
Per le riserve assoggettabili a imposizione solo in caso di distribuzione, il quinto comma prevede un regime opposto poiché la loro mancata ricostituzione non determina il venir meno della sospensione o la ripresa a tassazione, ma impone di verificare la loro eventuale imputazione al capitale sociale dell’incorporata o fusa prima della fusione.
Il regime di cui al quinto comma dell’art. 172 TUIR si completa in quello successivo laddove viene disciplinato l’aumento di capitale e l’avanzo di fusione eccedente la ricostituzione delle riserve prevedendo che all’aumento di capitale e all’avanzo da annullamento e da concambio eccedenti la ricostituzione delle riserve in sospensione di imposta si applichi il regime fiscale del capitale e delle riserve libere della società incorporata o fusa che hanno concorso alla sua formazione: pertanto, una volta ricostituite le riserve in sospensione di imposta, l’eventuale esubero dell’aumento di capitale e gli avanzi conserveranno lo stesso regime fiscale delle riserve disponibili in coerenza con il principio di trasmissione delle situazioni fiscali.
Inoltre, il sesto comma dispone che non concorrono alla formazione dell’avanzo da annullamento il capitale e le riserve di capitale nei limiti del valore della partecipazione annullata.
L’art. 172, co. 7, TUIR disciplina, con intento antielusivo, il riporto delle perdite fiscali prodotte dalle società partecipanti alla fusione prevedendo che la società incorporante o risultante dalla fusione possa dedurre dal proprio reddito imponibile le perdite pregresse di tutte le società partecipanti all’operazione in aggiunta alle proprie ma i) nei limiti del rispettivo patrimonio netto; ii) a condizione che sussista un ammontare di ricavi e proventi della gestione caratteristica; iii) nonché di spese per prestazioni di lavoro subordinato e relativi contributi.
In particolare, il patrimonio netto è quello risultante dall’ultimo bilancio della società le cui perdite sono riportabili oppure, se inferiore, dalla situazione patrimoniale di cui all’art. 2501 quater c.c.
Sul punto, il settimo comma detta una serie di limiti per i conferimenti e i versamenti effettuati nei ventiquattro mesi anteriori alla data cui si riferisce la situazione contabile o il bilancio ed il rilievo che assumono i contribuiti erogati a norma di legge dallo Stato o da altri enti pubblici.
Al fine di precludere un doppio beneficio, le fusioni per incorporazione con annullamento sono soggette ad un altro limite, rappresentato dal fatto che le perdite devono essere ridotte dell’ammontare delle svalutazioni delle partecipazioni dedotte negli esercizi precedenti dall’incorporante o da altra società partecipante alla fusione con riferimento alle azioni o quote della società incorporata.
Al fine di determinare le perdite riportabili bisogna, inoltre, considerare l’ammontare dei ricavi e dei proventi dell’attività caratteristica e le spese per prestazioni di lavoro subordinato e relativi contributi che devono essere superiori al quaranta per cento della media degli ultimi due esercizi sulla base del conto economico dell’esercizio precedente a quello di delibera della fusione, salvo per le società neocostituite.
I ricavi e i proventi sono quelli civilistici; le spese per prestazioni di lavoro subordinato sono costituite da tutti i compensi e gli emolumenti comunque denominati o corrisposti.
Al sussistere dei tre requisiti citati, le perdite saranno riportabili integralmente entro i limiti di cui all’art. 84, TUIR. Quanto disposto dal settimo comma si applica anche alle eccedenze degli interessi passivi indeducibili perchè superiori ai limiti previsti dall’art. 96, co. 4, TUIR.
Ai sensi dell’ottavo comma, salvo che l’atto di fusione non disponga diversamente, l’ultimo periodo di imposta della società fusa o incorporata cessa alla data in cui la fusione produce i suoi effetti ai sensi dell’art. 2504 bis, co. 2, c.c.
Di conseguenza, il reddito del periodo compreso tra l’inizio del periodo di imposta e la data di efficacia della fusione dovrà essere determinato secondo il regime di ciascuna società partecipante alla fusione in base ad un apposito conto economico; tuttavia, in deroga a tale regola, il co. 9 consente la retrodatazione degli effetti fiscali a condizione che decorrano da una data anteriore a quella in cui è chiuso l’ultimo esercizio delle società fuse o incorporate ovvero, se più vicina, a quella in cui si è chiuso l’ultimo esercizio dell’incorporante ed alla condizione che l’esercizio della facoltà sia indicata nell’atto di fusione.
In questo modo l’incorporante ha la possibilità di predisporre un unico bilancio ove confluiscono i risultati economici prodotti dalle altre società nella frazione di esercizio di attività autonoma.
Il co. 10-bis, estende alle fusioni aventi ad oggetto complessi aziendali il regime previsto per i conferimenti di azienda di cui all’art 176, co. 2-ter, TUIR, con la conseguenza che la società risultante dalla fusione ha la facoltà di affrancare i maggiori valori fiscali emersi per le immobilizzazioni materiali ed immateriali, incluso l’avviamento a seguito della fusione, esercitando un’opzione nella dichiarazione dei redditi relativa all’esercizio in cui è stata posta in essere l’operazione straordinaria ovvero in quello successivo, a condizione che sia versata un’imposta sostitutiva dell’IRES e dell’IRAP (Fantozzi, A., Riserve e fondi nel bilancio di esercizio, in Rass. trib., 1986, I, 6 ss.).
Mediante la scissione societaria il patrimonio di una società, detta scissa, è diviso per essere attribuito totalmente ovvero parzialmente ad una o più società beneficiarie già esistenti o costituite ad hoc con effetti che interessano i soci della società scissa, i quali ricevono le azioni o le quote emesse dalla società beneficiaria (Lupi, R., Scissione (dir. trib), Enc. giur. Treccani, Roma, 1996; Ragucci, G., La scissione di società nell’imposizione diretta, Milano, 1997).
Il principio di neutralità per la scissione è sancito all’art. 173, co. 1, TUIR, con riferimento alla società scissa, alla società beneficiaria ed ai soci della scissa.
Con riferimento alla società beneficiaria e ai soci della società scissa, il principio di neutralità è disciplinato dai co. 2 e 3 dell’art. 173 TUIR, ai sensi dei quali non si deve tener conto delle eventuali differenze di scissione determinate dal rapporto di cambio oppure dall’annullamento delle azioni o delle quote (Panizzolo, A., Scissione, permuta di quote e tassazione del capital gains, in Riv. dir. trib., 1998, I, 847).
Le differenze di scissione non assumono rilevanza nei confronti della società beneficiaria a prescindere dall’iscrizione in contabilità stante i) l’indeducibilità dell’eventuale disavanzo imputato a conto economico; ii) l’irrilevanza ai fini fiscali dell’utilizzo del disavanzo per rivalutare i beni patrimoniali della scissa o per iscrivere una posta a titolo di avviamento; iii) l’irrilevanza fiscale dell’eventuale avanzo nei confronti della beneficiaria.
Una deroga alla regola del subentro nelle posizioni fiscali della scissa è previsto dal comma 15-bis dell’art. 173 TUIR che ha esteso alle scissioni il regime dell’affrancamento dei maggiori valori iscritti in bilancio previo pagamento di un’imposta sostitutiva IRES e dell’IRAP.
Il comma 3 dell’art. 173 TUIR disciplina il regime delle differenze di scissione con riferimento ai soci prevedendo che «il cambio delle partecipazioni originarie non costituisce realizzo né distribuzione di plusvalenze o minusvalenze né conseguimento di ricavi per i soci della società scissa».
Da ciò consegue che l’eventuale plusvalore latente della partecipazione sostituita si trasferisce su quella ricevuta; tale regime conosce l’eccezione del conguaglio in denaro prevista dall’art. 2506, co. 2, c.c., prevedendo il comma 3 che «l’applicazione, in caso di conguaglio, dell’art. 47, comma 7, e ricorrendone le condizioni degli articoli 58 e 87».
Nel silenzio dell’art. 173 TUIR l’Amministrazione finanziaria (Circ. Ag. Entr., 17.5.2000, n. 98/E) ha ritenuto che il costo fiscale della partecipazione ricevuta dai soci della scissa debba essere suddiviso proporzionalmente alla quota di patrimonio attribuito alla beneficiaria rispetto alla quota di titolarità della scissa.
I commi 6 e 8 dell’art. 173 TUIR disciplinano la ricostituzione dei fondi di accantonamento della società scissa prevedendo che il valore fiscalmente riconosciuto si deve considerare già dedotto dalla stessa società scissa, in caso di scissione parziale ovvero si debba trasferire in capo alle beneficiarie solo in caso di scissione totale con riferimento alle rispettive quote di patrimonio netto.
L’ottavo comma indica i criteri per l’individuazione del valore fiscalmente riconosciuto dei beni acquisiti dalle società beneficiarie con riferimento alla scissione parziale e con riferimento alla scissione non retroattiva in società preesistenti prevedendo che i costi fiscalmente riconosciuti si devono assumere nella misura risultante alla data di efficacia della scissione.
Tale regola, di carattere generale, viene ulteriormente specificata nelle lettere a) e b) del medesimo comma 8, che disciplinano il costo fiscalmente riconosciuto delle rimanenze di merci e di titoli produttivi di ricavi e la determinazione delle quote di ammortamento dei beni materiali ed immateriali e delle spese di cui all’art. 102, co. 6, TUIR.
L’articolo 173, co. 9, TUIR disciplina le riserve in sospensione di imposta imponendone la ricostituzione e prevedendo l’applicazione ad esse del criterio proporzionale della quota di patrimonio netto contabile attribuita alla beneficiaria.
Si prevede, pertanto, un meccanismo di successione della beneficiaria nella posizione della scissa con conseguente riduzione in capo a quest’ultima in caso di scissione parziale ovvero annullamento in caso di scissione totale.
Tale regola è derogata qualora la riserva in sospensione di imposta sia costituita a fronte di specifici elementi patrimoniali poiché l’obbligo di ricostituzione grava solo sulla beneficiaria destinataria del bene su cui insiste il vincolo; se a tale beneficiaria è attribuita una quota di patrimonio netto inferiore alla riserva in sospensione di imposta, il vincolo si trasferisce sulle riserve disponibili della beneficiaria o sul capitale sociale.
Il comma 9 dell’art. 173, TUIR rinvia ai commi 5 e 6 dell’art. 172 TUIR ai fini della ricostituzione delle riserve in sospensione di imposta e dell’utilizzo dell’eventuale disavanzo essendo previsto che ai fini della ricostituzione delle riserve in sospensione di imposta presenti nell’ultimo bilancio della scissa, la beneficiaria dovrà utilizzare in via prioritaria l’avanzo e solo successivamente le altre riserve disponibili ovvero una parte del capitale sociale (Ragucci, G., Disavanzo e fondi in sospensioni d’imposta nelle scissioni di società, in Riv. dir. fin., 1999, I, 110).
Inoltre è previsto che la beneficiaria sarà tenuta alla ricostituzione delle riserve imponibili in caso di distribuzione nel caso in cui l’operazione determini il sorgere di un avanzo ovvero, nel caso di scissione con concambio, qualora il capitale sociale della beneficiaria sia superiore al suo capitale preesistente incrementato della quota della scissa annullata a seguito dell’operazione (Ris. Ag. delle Entrate 3.1.2001, n. 3/E, in Boll. Trib., 2001, 107).
Tale regola viene derogata in caso di avanzo da annullamento.
L’art. 172, co. 6, TUIR introduce una deroga alla regola della proporzionalità nel caso di avanzo da annullamento.
Il comma 10 dell’art. 173 TUIR, in ottica antielusiva, rinvia a quanto previsto dall’art. 172, co. 7, TUIR; a differenza di quest’ultima, tuttavia, la norma richiama le società partecipanti alla scissione con la conseguenza che i vincoli sul riporto delle perdite sono destinate ad operare indistintamente sia con riferimento alla società scissa che per le perdite accumulate dalla società beneficiaria nei periodi di imposta precedenti la scissione (La Rosa, S., Notarelle controcorrente in tema di scissione e norme antielusive, in Rass. trib., 1994, 611.).
Nel caso di scissione totale, il periodo compreso tra l’inizio del periodo di imposta e la data di efficacia della scissione costituisce un autonomo periodo di imposta che richiede un’autonoma dichiarazione dei redditi: gli effetti fiscale potranno, tuttavia, retroagire alla data di ultima iscrizione dell’atto nel registro delle imprese ai sensi dell’art. 173, co. 11, TUIR, ma a condizione che la scissione sia totale, che le società beneficiarie esistessero già a tale data e, infine, che vi sia coincidenza tra la chiusura dell’ultimo periodo di imposta della scissa e quello delle beneficiarie, nonché per la fase successiva a tale periodo.
La maggiore complessità della scissione (rappresentata dalla necessità di scindere le quote della scissa in una pluralità di beneficiarie) giustifica la particolare disciplina che il legislatore dedica al tema degli obblighi tributari sia per il caso di scissione parziale che in caso di scissione totale.
In particolare, il quinto comma prevede che gli obblighi di versamento degli acconti e gli obblighi tributari restino in capo alla società scissa in caso di scissione parziale e che si trasferiscano in capo alla beneficiaria in caso di scissione totale in proporzione alle quote di patrimonio netto.
La complessità della scissione giustifica, altresì, un maggior controllo da parte dell’Amministrazione finanziaria: mentre nel caso di scissione parziale destinataria degli eventuali accertamenti sarà la scissa, nel caso della scissione totale, a causa dell’estinzione della scissa, il comma 13 lascia all’autonomia delle parti l’identificazione di quale debba essere tra le beneficiarie la destinataria delle eventuali attività di accertamento. Sarà quest’ultima (ovvero la scissa nel caso di scissione parziale), a dover indicare i soggetti ed i luoghi in cui sono conservate le scritture contabili e la documentazione societaria.
Inoltre, in caso di scissione totale sarà sempre la società beneficiaria a dover presentare la dichiarazione dei redditi; peraltro, il comma 13, con riferimento alla responsabilità per i debiti tributari sorti anteriormente alla scissione, prevede una responsabilità per le società beneficiarie per le imposte, le sanzioni pecuniarie, gli interessi ed ogni altro debito che le espone altresì alle misure cautelari previste dalla legge; pertanto, ferma restando la responsabilità della scissa o della società beneficiaria designata, anche le società partecipanti alla scissione sono condebitrici solidali a prescindere dai limiti di cui all’art. 2506-quater, c.c.
L’art. 174 TUIR estende le disposizioni di cui agli artt. 172 e 173 anche agli enti diversi dalle società “in quanto applicabili”: sebbene tale norma consenta, in teoria, l’applicazione della disciplina relativa a fusioni e scissioni a tutti i soggetti passivi di cui all’art. 73 TUIR, di fatto tale estensione incontra dei limiti come nel caso di scissione che interessi una società semplice (Di Siena, M., Note sul regime della scissione eterogenea ai fini delle imposte dirette: il caso della scissione cui partecipi una società semplice, in Riv. not., 2013, I, 869).
Il legislatore ha disciplinato i conferimenti di partecipazioni di controllo e di collegamento di cui all’art. 2359 c.c., tra soggetti residenti nell’esercizio di imprese commerciali, nella disposizione di cui all’art. 175, TUIR riservando a tale fattispecie un regime che si avvicina molto alla tassazione delle partecipazioni fondata sul criterio del valore normale di cui all’art. 9 TUIR (Lupi, R., Interrogativi in tema di partecipazioni di controllo e di collegamento, in Lupi, R.-Stevanato, D., a cura di, La fiscalità, cit., 229 ss.).
L’art. 175, co. 1, TUIR, infatti, prevede che, in deroga al criterio del valore normale dei beni e dei crediti conferiti, il valore di realizzo debba essere commisurato a quello «attribuito alle partecipazioni ricevute … nelle scritture contabili del soggetto conferente ovvero, se superiore, quello attribuito alle partecipazioni conferite nelle scritture contabili del soggetto conferitario».
Il secondo comma dell’art. 175 TUIR introduce una norma antielusiva che, in deroga al primo comma, prevede l’applicazione dell’art. 9 TUIR qualora il conferimento favorisca la sostituzione di una partecipazione priva dei requisiti per l’esenzione di cui all’art. 87 TUIR con titoli dotati di detti requisiti ad eccezione di quello relativo la durata del possesso.
L’art. 176 TUIR disciplina i conferimenti di azienda effettuati tra soggetti residenti nel territorio dello Stato nonché tra soggetti che non siano ivi residenti per le aziende situate nel territorio dello Stato (cfr. Circ. Ag. Entrate, 25.92008, n. 57/E, in Fisco, 2008, I, 6692 ss.), prevedendo che essi «non costituiscono realizzo di plusvalenze o minusvalenze» ed estendendo ad essi il regime di neutralità e continuità dei valori fiscalmente riconosciuti come previsto per le trasformazioni, fusioni e scissioni (Paparella, F., Conferimenti (dir. trib.), in Enc. giur. Treccani, Roma, 1995; Corasaniti, G., Profili tributari dei conferimenti in natura e degli apporti in società, Padova; Zizzo, G., Le operazioni, cit., 528; Turchi, A., Conferimenti e apporti nel sistema delle imposte sui redditi,Torino,2008).
La disciplina di cui all’art. 176 TUIR subordina la continuità dei valori fiscali ad una doppia condizione: a) il conferente deve assumere la partecipazione all’ultimo valore fiscalmente riconosciuto dell’azienda conferita; b) la conferitaria deve acquisire gli elementi dell’attivo e passivo dell’azienda agli stessi valori fiscali del conferente «facendo risultare da apposito prospetto di riconciliazione della dichiarazione dei redditi i dati esposti in bilancio e i valori fiscalmente riconosciuti» subentrando al contempo nelle situazioni soggettive del conferente.
Ai sensi dell’art. 176, co. 2-bis, TUIR, nel caso di conferimento dell’unica azienda da parte dell’imprenditore individuale, è previsto che la cessione della partecipazione produce un reddito diverso ex art. 67 TUIR, considerando in ogni caso la partecipazione come partecipazione qualificata ed assumendo quale costo fiscalmente riconosciuto il valore dell’azienda conferita.
Il comma 2-ter dell’art. 176 TUIR riconosce alla società conferitaria, sia essa di capitali o di persone, la facoltà di affrancare, in sede di dichiarazione dei redditi, in tutto o in parte, i maggiori valori attribuiti in bilancio alle immobilizzazioni materiali ed immateriali relativi all’azienda, mediante il pagamento di un’imposta sostitutiva dell’IRPEF, dell’IRES e dell’IRAP con un’aliquota progressiva calcolata secondo i criteri di cui al d.m. 25.7.2008.
Al fine di evitare che con l’introduzione della participation exemption la partecipazione ricevuta dal conferente possa essere utilizzata in modo elusivo, l’art. 176, co. 3, TUIR prevede l’inapplicabilità dell’art. 37 bis, d.P.R., 29.9.1973, n. 600 alla cessione della partecipazione relativamente al beneficio dell’esenzione parziale di cui agli artt. 58, 68, co. 3, e 87 TUIR, consentendo così la trasformazione delle plusvalenze su aziende in plusvalenze su partecipazioni.
L’art. 177 TUIR disciplina al primo comma la permuta di partecipazioni e lo scambio di titoli per effetto del conferimento, estendendo a tali operazioni il regime del realizzo previsto dall’articolo 175, TUIR e individuando, come requisito fondamentale, l’acquisto o l’integrazione di una relazione di controllo della società i cui titoli sono permutati o conferiti ai sensi dell’art. 2359, co. 1, n. 1, c.c. (Zizzo, G., Lo scambio di partecipazioni dalla riforma Visco alla riforma Tremonti, in Riv. dir. trib., 2003, I, 549; Esposito R., Commento all’art. 177, in Tinelli, G., a cura di, Commentario al testo unico delle imposte sui redditi, Padova, 2009, 1552.).
L’art. 177, co. 3, TUIR disciplina la permuta di partecipazioni per effetto della quale le società di capitali o gli enti commerciali acquistano o incrementano una relazione di controllo in altre società di capitali attribuendo ai soci di quest’ultima azioni proprie prevedendo che non origina componenti positivi o negativi del reddito a «condizione che il costo delle azioni date in permuta sia attribuita alle azioni o quote ricevute in cambio».
Il trasferimento del valore fiscalmente riconosciuto da una partecipazione ad un’altra, pertanto, è subordinato alla continuità: l’eventuale conguaglio concorrerà a formare il reddito del percipiente, salva l’applicazione della participation exemption.
La norma non si limita a richiamare l’art. 87 TUIR, ma richiama anche gli artt. 58 e 68, co. 1, TUIR, con la conseguenza di estendere il beneficio anche a soggetti diversi dalle imprese.
Al fine di coordinarsi con la normativa sulla participation exemption, l’ultimo comma dell’art. 177 TUIR richiama l’art. 175, co. 2, TUIR, vale a dire la regola del valore normale, qualora lo scambio di partecipazioni determini la trasformazione di una partecipazione non ammessa al regime di esenzione parziale in un’altra ammessa a godere del beneficio fiscale.
8. Le operazioni straordinarie comunitarie
Il Capo IV del Titolo III del TUIR contiene la disciplina delle operazioni straordinarie poste in essere tra soggetti residenti in Stati membri diversi dall’Unione Europea; si tratta di una disciplina di completamento, in quanto la normativa relativa a tali operazioni trova la propria disciplina generale nella dir. 90/4347CEE del 23.7.1990 (Sartori, N., Le riorganizzazioni transnazionali nelle imposte sui redditi, Torino, 2012; Silvestri, A., Il regime tributario delle operazioni di riorganizzazione transnazionale in ambito Cee, in Riv. dir. fin., 1996).
In particolare, l’art. 178 TUIR contiene un elenco di fattispecie cui si applica la disciplina di cui al Capo IV.
A differenza della normativa interna, è previsto che per le lettere a), b), b-bis) ed e) la misura del conguaglio in denaro non possa superare il 10 per cento del valore nominale della partecipazione ricevuta.
L’art. 179 TUIR disciplina il principio di neutralità che si atteggia in maniera differente a seconda che l’operazione straordinaria interessi soggetti residenti e soggetti non residenti ovvero l’opposto.
Nel primo caso i componenti dell’azienda o del complesso aziendale si considerano realizzati al valore normale a meno che non confluiscano in una stabile organizzazione in Italia del soggetto non residente (art. 179, co. 6, TUIR).
Con riferimento alle fusioni e alle scissioni relative alla stabile organizzazione del soggetto residente viene ugualmente prevista l’applicazione del principio del realizzo al valore normale (art. 179, co. 3, TUIR) così come viene prevista l’applicazione di tale principio per il caso di conferimento della stabile organizzazione situata all’estero da parte del soggetto residente.
Nel secondo caso, invece, i beni entrano a far parte del regime di impresa per la prima volta, salvo che essi non confluiscano in una stabile organizzazione del soggetto non residente.
Per tale fattispecie l’art. 179 TUIR richiama al primo comma, con riferimento alle fusioni ed alle scissioni, gli artt. 172 e 173 TUIR, mentre al secondo comma estende ai conferimenti di azienda il regime di cui all’art. 176 TUIR a condizione che la conferitaria non residente faccia confluire i beni in una stabile organizzazione in Italia.
Il quarto comma prevede l’applicazione del principio di neutralità alle operazioni di fusione, scissione, scambio di partecipazioni mediante permuta o conferimento e concambio di azioni a condizione si verifichi la trasmissione dei valori fiscalmente riconosciuti.
L’art. 180 TUIR disciplina il regime delle riserve in sospensione di imposta iscritte nell’ultimo bilancio della società residente in caso di operazioni straordinarie intracomunitarie imponendo la loro ricostituzione immediata nelle scritture contabili della stabile organizzazione in Italia del soggetto non residente.
Per quanto riguarda le perdite pregresse, l’articolo in commento estende a fusioni e scissioni intracomunitarie la disciplina di cui al già analizzato articolo 172, co. 7, TUIR a condizione che l’intero patrimonio della società residente confluisca nella stabile organizzazione in Italia della società non residente; in caso contrario l’utilizzabilità delle perdite sarà ridotto in proporzione alla quota attribuita alla stabile (Ris. Ag. delle Entrate 30.3.2007, n. 66/E, in Fisco, 2007, 2, 1984 ss.).
D.P.R. 22.12.1986, n. 917 (TUIR).
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