OPICI
. Col nome greco di 'Οπικοί Tucidide, Scilace, Aristotele, Polibio, Strabone, Dionigi d'Alicarnasso, indicano gli abitanti della Campania anteriori alla conquista romana e diversi da Greci ed Etruschi. Accanto a 'Οπικοί Strabone usa anche "Οσκοι, i Latini soltanto Osci. Per lungo tempo la terminologia scientifica moderna ha considerato i due nomi come equivalenti: si va facendo strada ora la tendenza a distinguerli nel senso del tempo, e a chiamare Opici gli abitanti sopra definiti limitatamente al periodo anteriore all'invasione sannitica (metà del sec. V), riservando il nome di Oschi al periodo posteriore, al popolo risultante dalla fusione degli Opici con i Sanniti. L'etimo del nome è sconosciuto.
Sullo stesso piano degli Opici, popolazione di lingua indoeuropea, vanno messi a NO. gli Ausonî e più lontano i Latini; a E. e a S. gli Enotrî e più lontano i Siculi. La limitazione alla Campania è convenzionale: secondo la tradizione si sarebbero trovati anche nel Lazio (Dionigi I, 72), e nel Sannio (Strabone, V, 250) dove sarebbero stati sottomessi dai discendenti dei Sabini, i futuri Sanniti.
Al di fuori di questi dati indiretti, che possono far supporre, ma non dimostrare, una migrazione, la tradizione non dice nulla circa le origini degli Opici. Un'individualità archeologica non l'hanno neppure, perché il gran centro di civiltà, è dalla prima metà del sec. VIII, Cuma (fondata nell'800 circa), colonia greca, e dal sec. VI Capua, etrusca (fondata nel 600 circa). Un'individualità linguistica si può documentare, ma con ragionamenti indiretti, non con l'attribuzione arbitraria di documenti epigrafici, difficilmente databili, alla fase opica, cioè presannitica. In base a questi ragionamenti si possono dare questi esempî di lingua opica: il nome locale literno con la t, derivato da un antico loudho- che in lingua latina sarebbe luberno o liberno, in lingua osco-sannitica louferno; la forma del verbo sostantivo sum uguale alla latina, di fronte alla forma osco-sannitica sim, secondo ha reso verosimile A. Braun; l'accentuazione debole, aliena dal procedimento della sincope, che è comune invece agli Umbro-Sanniti e che dà un aspetto particolare alla lingua dei Sanniti discesi in Campania.
Questa discesa è ricordata solo indirettamente attraverso la conquista di Capua, fissata da Livio (IV, 37) al 421, da Diodoro al 438 (XII, 31).