OPIS (sumerico UḪ(ki); accadico Akshak, Upi; ῏Ωπις)
Antica città mesopotamica. Il luogo della città è unanimemente riconosciuto nelle vicinanze di Seleucia, città fondata da Seleuco I Nicatore sulla riva del Tigri, circa 6o km a N-E di Babilonia: O. sarebbe da porsi sulla riva orientale del fiume. La città era unita dal canale reale nār sharri a Sippar sull'Eufrate, e sembra essere assurta per questo a una certa importanza commerciale, mentre fu priva di un ruolo militare e strategico.
Il nome deriva evidentemente dalla lettura U-pi-i/e/ia dell'ideogramma sumerico con cui la città viene menzionata, a partire dal XIII sec. a. C., su alcuni kudurru, o cippi di confine, come uno da Susa dell'epoca di Nazimaruttash (1319-1294) e uno del periodo di Nabucodonosor I (1146-1123). Il nome Akshak compare in una iscrizione di Nabucodonosor II (605-562 a. C.) sul Nahr el-Kelb ed è stato merito di B. Landsberger aver dimostrato che questa era la più antica lettura dell'ideogramma sumerico. La città è ricordata anche da alcuni autori classici: Erodoto (i, 189), Senofonte (Anab., ii, 4, 25), Arriano e Strabone.
Ben poco si conosce della storia più antica di O.: un suo re, Zuzu, è vinto da Eannatum di Lagash nella seconda metà del III millennio; nelle liste dinastiche antico-babilonesi viene menzionata ad Akshak una dinastia che avrebbe regnato con sei re per circa un secolo intorno al 3000 a. C. La città decade all'epoca di Hammurapi mentre sembra riprendersi in età assira, nonostante subisca la distruzione ad opera di Tiglatpileser I (1112-1074 a. C.); nelle vicinanze di O. Ciro re dei Persiani sgominò nel 539 a. C. l'esercito babilonese. La città era ancora in fiore nel 324 a. C. se vi si fermò Alessandro di ritorno dall'India, ma la fondazione di Seleucia sulla riva opposta del fiume deve averne accelerato l'ormai irrimediabile declino.
Oltre al canale reale, Nabucodonosor II fece costruire una fortificazione che congiungeva la città con Sippar e che dagli autori classici (Strabone) viene chiamata "muro medo" o "muro di Semiramide". Non ne rimane però, nessuna testimonianza archeologica; resta del pari un'ipotesi che il dio lunare Sin abbia avuto qui il suo tempio; sappiamo inoltre che in età neo-babilonese vi si venerava il dio Nergai (v.). Presso Seleucia fu trovata dal Keppel nel 1824 una statua frammentaria di un personaggio seduto, del tipo di quelle di Gudea (v.) di Lagash (età neo-sumerica, fine del III millennio); questa testimonianza, ora perduta, è l'unica che il luogo dell'antica città mesopotamica ci abbia restituito.
Bibl.: O. Schroeder, in M. Ebert, Reallexikon der Vorgeschichte, IX, Berlino 1927, p. 196, s. v.; E. Unger, in E. Ebeling-B. Meissner, Reallexikon der Assyriologie, I, Berlino-Lipsia 1928, pp. 64-5, s. v. Askhak; G. Meier, in Pauly-Wissowa, XVIII, 1939, c. 683-685, s. v., n. 2; A. Ungnad, Zur Lage von Upi-Opis, in Zeitsch. Deutsch. Morgenländischen Gesellschaft, LXVII, 1913, p. 133 ss.; E. Unger-F. H. Weissbach, Ein Fragment der neubabylonischen Inschrift Nebukadnezar's vom Nahr el-Kelb, in Zeitsch. Assyriol., XXIX, 1914-15, pp. 181-4; B. Landsberger, UḪki = Akshak, in Orientalische Literaturzeitung, XIX, 1916, coll. 34-6; M. Streck, Seleucia und Ktesiphon (= Der Alte Orient, XVI, 3-4), Lipsia 1917, pp. 2-5; . Ungnad, Zur Rekonstruktion der altbabylonischen Königlisten, in Zeitsch. Assyriol, XXXIV, 1922, pp. 1-14.