oppinione
Voce documentata in tutte le opere di D., soprattutto nel Convivio; vale a significare un elemento conoscitivo non fondato su prove di certezza assoluta; designa il " parere " o la " dottrina " di qualcuno, ma anche la " stima " che si ha nei riguardi di qualcuno o qualcosa. Infine, designa anche l'atto o la facoltà umana dell'opinare. La forma raddoppiata è normale nell'uso antico e " muove dal latino medievale oppinio quasi obpinio " (Contini).
Il termine (latino opinio, greco δόξα) è legato a una nozione elaborata fin dall'antichità, e denota la conoscenza umana in quanto coglie l'apparenza delle cose, sia quando si pensi che agli uomini non è dato di andare oltre questo tipo di conoscenza (Senofane, Alcmeone di Crotone), sia quando agli uomini si riconosce la possibilità di cogliere il vero: in questo secondo caso o. finisce per essere identificata con il ‛ non-vero ' e assume una connotazione del tutto negativa (Parmenide). L'o. inizialmente rientra nell'ambito della conoscenza sensibile. Con i sofisti però essa designa un procedimento conoscitivo intellettuale, ma imperfetto e instabile. Secondo Platone, l'o. ha origine non per ragionamenti dimostrativi, ma per opera di persuasione, che mette a profitto l'eccitazione delle passioni umane; tutti gli uomini partecipano di essa; ha per oggetto il divenire, che è solo l'immagine dell'immutabile e dell'eterno; essa perciò è essenzialmente instabile. Ma Aristotele ha sistemato i vari elementi elaborati dai suoi predecessori inquadrandoli nella sua dottrina epistemologica. L'o. si distingue dalla scienza (cfr. Anal. post. I 33, 89 a 2 ss.) perché questa ha per oggetto il necessario, quella ha per oggetto il contingente, o l'essere necessario nei suoi aspetti accidentali; inoltre, la scienza si elabora deduttivamente a partire da premesse necessarie, mentre il sillogismo che interessa l'o. (è il sillogismo dialettico) procede da premesse probabili, e ‛ probabile ' è non la verità immutabile, ma ciò che appare ai più o ai migliori in un certo ambito (cfr. Top. I 1, 100b 21-23), ed è il regno dell'opinione. In definitiva, per Aristotele o. è conoscenza intellettuale ma non necessaria, consiste in un giudizio (o in un insieme di giudizi: aspetto soggettivo) che si concreta in un enunciato (o in una serie di enunciati: aspetto oggettivo). Cfr. Régis, L'opinion selon Aristote, pp. 56-113.
Nel Medioevo la dottrina dell'o. si è venuta determinando in rapporto all'insegnamento di Aristotele e ai procedimenti della disputa scolastica che si modellava seguendo la dottrina aristotelica. Secondo i maestri dei secc. XII-XIII, non c'è disputa se non intorno ad affermazioni che ritengono un certo grado di certezza, e permettono l'esercizio della ragione; non si disputa procedendo da ‛ autorità ' che non siano accettate dai disputanti (Tommaso Rat. fidei i prooem.), né intorno a dottrine necessariamente vere o false: la contrapposizione delle tesi nella disputa non costituisce mai una contraddizione vera e propria (Chenu, La théologie au douzième siècle, p. 338). A chi difende una tesi (respondens) muove obiezioni un arguens od opponens; una proposizione si può confirmare rationibus oppure improbare o reprobare (Byrne, Probability and Opinion, p. 150). In campo teologico, dopo un periodo di controversia, si viene determinando una ‛ communis opinio ', in genere accettata, ma dalla quale ci si può discostare (Chenu, op. cit., p. 328): si tratta delle sententiae dei magistri che fanno testo accanto alle auctoritates dei santi (cfr. Bonaventura III Sent. d. 24, a. 2, q. 3c " Et de hac scientia Sanctorum auctoritates dicunt, et communis opinio magistrorum tenet, hoc esse verum... "). In campo filosofico, l'autorità per eccellenza è Aristotele, la cui o. è senz'altro vera quando viene contrapposta a quella di altri filosofi (Byrne, op. cit., pp. 97-110). Ma più generalmente, Tommaso suggerisce, come criterio fondamentale, di accogliere e discutere le o. in base alla certezza e alla verità che esse hanno, indipendentemente dalla persona che le propone (cfr. Exp. Metaph. XII lect. IX n. 2566 " in eligendis opinionibus vel repudiandis, non debet duci homo amore vel odio introducentis opinionem, sed magis ex certitudine veritatis ").
1. Il termine in D. molto spesso occorre in contesti che ricordano la disputa scolastica. Si ha lite... d'oppinioni (Cv II XIV 19) quando manca la certezza assoluta circa l'oggetto di una scienza. D. stesso, nella discussione sulla natura della nobiltà, contrappone la sua o. a quella di chi sostiene altra tesi: IV III 1 ne la prima [parte] si tratta de la nobilitade secondo oppinioni d'altri; ne la seconda si tratta di quella secondo la propria oppinione; ma cfr. oppinioni altrui (§ 4, VII 15, X 1, prima occorrenza), l'oppinione avversa (XIV 14), la loro oppinione (XV 1-3, tre volte). Le o. confutate sono la definizione di nobiltà attribuita a Federico di Svevia (antica ricchezza e belli costumi, III 6) e quella degli altri che hanno lasciato cadere il secondo elemento della definizione per conservare solo il primo (§ 7): III 5 oppinione de lo imperadore... oppinione de la gente volgare, che è d'ogni ragione ignuda; e ancora: oppinione de lo Imperadore (X 1 e 3), oppinione del vulgo (VII 2), populare oppinione (§ 5), oppinione di questi erranti (XIV 3), oppinione de la gente, che è vana, cioè sanza valore (XV 17).
Secondo D., due elementi rafforzano queste due oppinioni (IV III 9): l'autorità dell'imperatore, e la dottrina dello Stagirita, per la quale quello che pare a li più, impossibile è del tutto essere falso (§ 9: quest'ultimo principio è ricavato dalla nozione aristotelica di ‛ probabile ' e formulato da Tomm. Exp. Eth. VII lect. XVII n. 1509, ma cfr. Groppi, D. traduttore, pp. 85-86). Si tratta di due autorità, quella imperiale e la filosofica, che paiono aiutare le proposte oppinioni (VII 1). Ma il principio ricordato garantisce la possibilità stessa della discussione. Questa infatti presuppone che ogni o. abbia qualche elemento di verità, e perciò, che si possa in qualche modo argomentare in suo favore: IV XXI 3 Se ciascuno fosse a difendere la sua oppinione, potrebbe essere che la veritade si vedrebbe essere in tutte (il Busnelli richiama Tomm. Exp. Eth. I lect. XII n. 139 " omnia falsa concordant vero, quantum aliquid retinent de similitudine veritatis ", e Agost. Quaest. Ev. II 40 " Nulla porro falsa doctrina est, quae non aliqua vera intermisceat "); cfr. anche IV IX 1 in riprovando o in approvando l'oppinione de lo Imperadore. Ma la discussione pressuppone anche che un'o. sia più vera delle altre e sia quindi più agevole dimostrarne la fondatezza: II 16 acciò che, fugate le male oppinioni, la veritade poi più liberamente sia ricevuta; IX 17 è da ferire nel petto a le usate oppinioni... acciò che la verace... tegna lo campo de la mente (cfr. VII 3 mala oppinione [due volte], vera oppinione; XXII 4 verace oppinione; e ancora: falsa oppinione [I XI 5, III III 12, IV Le dolci rime 33, ripreso in VII 2]; oppinione... falsificata... falsa oppinione, I 7; falsissima e dannosissima oppinione, XVI 1). L'o. falsa va dunque ‛ riprovata ' (IV VII 4 riprovare le proposte oppinioni; cfr. i già citati IX 1, e X 1; III IX 10; in II XIV 6 [altri, fra cui Democrito e Anassagora] queste oppinioni con ragioni dimostrative riprovaro, il verbo dovrebbe valere " comprovarono ", " rafforzarono ", ma è accezione che resta isolata nell'uso del tempo: v. ANASSAGORA), o ‛ confusa ' (IV XV 1 seguita a confondere la premessa loro oppinione, acciò che di loro false ragioni nulla ruggine rimagna ne la mente).
D. usa anche l'espressione oppinion corrente (Pd XIII 119), che vale " giudizio affrettato ", non sufficientemente ponderato; mentre ‛ ferma o. ' (Cv III VII 12 in ferma oppinione; IV V 20 di ferma sono oppinione, " ritengo con certezza "; cfr. Pg XXVI 122 ferman sua oppinione) designa un giudizio la cui veridicità appare inconfutabile. Nello stesso senso il termine occorre ancora in Cv II IV 8, IV III 8, XXI 10, XXIX 3, Pd XIII 85.
2. Per quanto riguarda le " convinzioni " degli antichi e le " dottrine " dei filosofi, D. respinge le credenze dei pagani (gentili), testimoniate dai poeti (Cv II IV 7), secondo le quali le Intelligenze dei cieli sono Dei e Dee; trova che i filosofi hanno diverse oppinioni sia sulla natura del rivelante (se sia corporeo o incorporeo) nella divinazione dei sogni (VIII 13) sia sulla Galassia (XIV 5; cfr. § 7 questa oppinione pare avere, con Aristotile, Avicenna e Tolomeo, sempre a proposito della Galassia). Ma D. riconosce all'o. di Aristotele, che rappresenta l'autorità per eccellenza nel campo della filosofia, il massimo di verità per quanto attiene alle conoscenze di origine puramente razionale: a proposito del mondo, Platone fu poi d'altra oppinione (III V 6); queste oppinioni [di Pitagora e di Platone] sono riprovate per false da Aristotele, che più a fondo ha penetrato i segreti della natura (V 7; cfr. IX 10, già citato); per quanto riguarda l'origine dell'anima umana, D. afferma che conviene procedere secondo l'oppinione d'Aristotile e de li Peripatetici (IV XXI 3; e anche: tralasciando l'oppinione di Epicuro e di Zenone, venire intendo sommariamente a la verace oppinione d'Aristotile e de li altri Peripatetici, XXIX 4); la dottrina di Aristotele, accettata dal mondo dei filosofi, si può ben chiamare quasi cattolica oppinione (VI 16). O. indica un parere concordemente seguito da persone che professano la medesima disciplina, in Vn XXIX 2 comune oppinione astrologa.
3. Nel senso di " stima " il termine esprime un giudizio, per lo più di ordine morale; così in Cv III I 6 oppinione non buona di colui cui...; IV XXIX 6 la statua... afferma la buona oppinione in quelli che hanno udito la buona fama di colui cui è la statua (un'altra volta, con lo stesso valore, nello stesso paragrafo); I IV 4; Pg VIII 136 cortese oppinione.
Infine, in Pd II 53 S'elli erra / l'oppinïon... d'i mortali, il termine designa in primo luogo la stessa facoltà dell'opinare, e cioè l'intelletto; in Rime XL 7 imagina l'amica oppinione; l'espressione vale " Io, come amico, penso e immagino " (Barbi-Maggini).
Bibl.-L.M. Régis, L'opinion selon Aristote, Parigi-Ottawa 1935; F. Groppi, D. traduttore, Roma 1962²; M.-D. Chenu, La théologie au douzième siècle, Parigi 1966²; E.F. Byrne, Probability and Opinion. A Study in the medieval presuppositions of postmedieval theories of probability, L'Aia 1968.