Optoelettronica
L'o. riguarda l'insieme delle tecniche mediante le quali ottica ed elettronica concorrono alla realizzazione di dispositivi e sistemi di vario tipo, in cui i segnali elettrici sono convertiti in segnali ottici (per es., diodi emettitori di luce, laser, display) o, viceversa, i segnali ottici sono convertiti in segnali elettrici (per es., fotorivelatori, celle fotovoltaiche) o modulati elettricamente. Tra la fine del 20° e l'inizio del 21° sec. la miniaturizzazione nel campo dell'ottica, con l'adozione di tecnologie mutuate dall'elettronica dello stato solido, e lo sviluppo di nuove sorgenti, principalmente basate su laser a semiconduttore, hanno dato un forte impulso alle tecnologie optoelettroniche. È possibile individuare alcuni settori principali in cui l'o. ricopre un ruolo fondamentale: trasmissione, registrazione e visualizzazione dell'informazione, illuminotecnica, sensoristica, conversione di energia luminosa in energia elettrica. Nel seguito, con particolare riferimento a questi settori applicativi, si descriveranno i più recenti sviluppi in termini di dispositivi e sistemi.
Sistemi per la comunicazione dell'informazione
L'impiego della luce nella trasmissione dell'informazione è motivato dalle frequenze elevatissime a cui è possibile modulare la radiazione ottica, superiori di alcuni ordini di grandezza a quelle impiegate nel campo delle microonde; da ciò deriva la realizzazione di sistemi con capacità trasmissive enormemente maggiori. Un sistema di comunicazione in fibra ottica è schematicamente costituito da un trasmettitore (laser a semiconduttore oppure diodo emettitore di luce), un modulatore (elettroassorbitivo a semiconduttore o elettroottico in niobato di litio), un portante ottico (cavo a fibra ottica) e un ricevitore (fotodiodo). La più importante innovazione in questo settore, avvenuta a partire dai primi anni Novanta del 20° sec., è stato lo sviluppo e l'impiego sempre più diffuso di un componente optoelettronico, l'amplificatore in fibra drogata con erbio (EDFA, Erbium Doped Fiber Amplifier). Anche se le fibre ottiche hanno perdite ridottissime (∼0,15 dB/km), l'amplificazione del segnale trasmesso è comunque necessaria nelle reti di trasporto su lunghe distanze o a seguito della ripartizione del segnale nelle reti di distribuzione. L'EDFA ha sostituito nei moderni sistemi i costosi ripetitori, costituiti da un ricevitore che trasforma il segnale ottico in segnale elettrico (utilizzato per pilotare un trasmettitore laser che genera un nuovo segnale ottico da inviare nella tratta di fibra successiva). L'EDFA è costituito da un breve tratto di fibra ottica attiva nella quale sono inglobate piccole quantità di erbio (∼300 ppm) come drogante. Gli ioni trivalenti di questa terra rara costituiscono un mezzo attivo, cioè sono in grado, in opportune condizioni, di amplificare il segnale ottico che si propaga nella fibra mediante il fenomeno dell'emissione stimolata, lo stesso utilizzato negli oscillatori laser. Gli ioni erbio, a seguito dell'assorbimento della radiazione di pompaggio alla lunghezza d'onda di 980 nm proveniente da un laser a semiconduttore a InGaAs, sono promossi sul livello energetico eccitato I13/2 (metastabile) dove permangono per un tempo pari alla loro vita media (∼14 ms) prima di ritornare nello stato fondamentale. Con adeguati valori della potenza di pompaggio (alcune decine di mW) si produce un'inversione di popolazione tra il livello eccitato I13/2 e il livello fondamentale I15/2, con la maggior parte della popolazione elettronica sul livello eccitato. Per una fortunata coincidenza il salto energetico tra questi due livelli è pari all'energia dei fotoni infrarossi a 1,5 μm - la lunghezza d'onda utilizzata nei sistemi di trasmissione in fibra ottica - che compongono il segnale ottico da amplificare; propagandosi nella fibra ottica attiva, essi inducono gli ioni che si trovano sul livello eccitato a ritornare allo stato fondamentale rilasciando, per emissione stimolata, un fotone di uguale energia che si somma a quelli del segnale. L'amplificatore ottico in fibra converte in definitiva la potenza ottica di pompaggio a 980 nm in potenza di segnale a 1,5 μm, e risulta trasparente alla forma di modulazione e alla frequenza di trasmissione dei dati. Essendo esso stesso un componente in fibra, è inoltre integrabile con estrema facilità in una linea ottica di trasmissione.
Importanti sviluppi nei sistemi ottici di comunicazione hanno riguardato anche sorgenti e rivelatori. Nel campo delle sorgenti sono stati introdotti i laser a semiconduttore a retroazione distribuita (DFB, Distributed FeedBack) e a riflettori di Bragg distribuiti (DBR, Distributed Bragg Reflector) a multisezione, accordabili in lunghezza d'onda, e i laser a cavità verticale (VCSEL, Vertical Cavity Surface Emittig Laser). Le strutture di questi dispositivi sono assai complesse; in fig. 1 è illustrato un VCSEL con emissione a 1,5 μm.
I fotorivelatori più avanzati si basano su fotodiodi a semiconduttore p-i-n (dove un sottile strato di semiconduttore non drogato è inserito tra uno strato di semiconduttore n e uno p) e a valanga (APD, Avalanche PhotoDiode, che presenta un fattore di moltiplicazione interno degli elettroni fotogenerati), inseriti in microcavità risonanti di tipo Fabry-Perot. Con questo approccio aumenta notevolmente l'assorbimento della luce nella struttura anche con strati di semiconduttore estremamente sottili (poche decine di nanometri), ottenendo tempi di risposta rapidissimi e bande fino al centinaio di GHz. Ricevitori potenzialmente ancora più veloci si basano su fotorivelatori MSM (Metallo-Semiconduttore-Metallo), in cui un sottile strato di materiale semiconduttore è inserito tra due elettrodi metallici. Il risultato è la presenza di una barriera Schottky di potenziale alle interfacce metallo-semiconduttore, che impedisce il flusso di elettroni dal metallo al semiconduttore. Le coppie elettrone-lacune generate nel semiconduttore a seguito dell'assorbimento dei fotoni sono invece raccolte sui contatti metallici, generando una fotocorrente proporzionale alla potenza ottica incidente. Lo sviluppo di dispositivi di questo tipo con semiconduttori in grado di rivelare le lunghezze d'onda delle comunicazioni ottiche (1,3-1,6 μm), per es. InGaAs, ha richiesto l'introduzione di uno strato aggiuntivo di semiconduttore per aumentare il potenziale di barriera Schottky, altrimenti troppo basso, e la realizzazione di elettrodi interdigitati depositati su un solo lato del semiconduttore. I dispositivi più recenti hanno responsività dell'ordine di 0,6 A/W con bande che superano il centinaio di GHz. La struttura di un moderno fotorivelatore MSM con elettrodi interdigitati anulari è mostrata in fig. 2.
I sistemi optoelettronici per la registrazione e la riproduzione dell'informazione hanno avuto una rapidissima evoluzione, legata soprattutto all'elettronica di consumo e ai personal computer. Essi si basano su un laser a semiconduttore, un'ottica di focalizzazione, un fotodiodo e un supporto di memorizzazione costituito da un disco di resina termoplastica trasparente ricoperto da un sottile strato metallico, sul quale sono memorizzate in forma digitale le informazioni come successioni di pits (buchi, corrispondenti al valore digitale 1) e lands (parti piane, corrispondenti a 0), impressi sul policarbonato lungo una sottilissima traccia a spirale. Quando la radiazione laser focalizzata sul disco è riflessa da un pit, profondo circa un quarto di lunghezza d'onda e aventi dimensioni trasversali dell'ordine del micron, in seguito all'interferenza distruttiva con quella che è riflessa dalla superficie circostante, risulta attenuata rispetto alla riflessione diretta proveniente da un land. Il segnale ottico retroriflesso assume quindi codifica binaria a due livelli d'intensità, ed è trasformato in segnale elettrico da un fotodiodo che acquisisce sequenzialmente l'informazione digitale mentre il disco è posto in rapida rotazione. A partire dal compact disc (CD), concepito per memorizzare e riprodurre solo informazione audio, che con la sua capacità di 74 minuti di ascolto si è imposto come standard sul mercato musicale soppiantando rapidamente il disco in vinile e le cassette a nastro magnetico, l'evoluzione dei sistemi basati su dischi ottici è stata inarrestabile. Nel 1985 è stato introdotto il CD-ROM (CD-Read Only Memory, CD con memoria a sola lettura) dove è possibile immagazzinare fino a 640 megabyte (MB) di dati digitali (o 700 MB nelle ultime versioni) con l'impiego di laser a GaAlAs a 780 nm; agli inizi degli anni Novanta è stato commercializzato il CD-R (CD-Registrabile), immediatamente diventato di fatto lo standard per scambiare e archiviare su computer dati, immagini, musica. Nei supporti ottici registrabili è presente una traccia guida, simile a quella di un normale CD, ma senza la presenza di pits. Sullo stesso lato è depositato un sottile film di colorante organico, e quindi un sottilissimo strato riflettente di lega a base di argento. La scrittura avviene focalizzando sul disco la radiazione emessa da un laser a semiconduttore di potenza più elevata, in grado di annerire localmente lo strato di colorante organico, creando micromacchie opache dalle quali, in fase di lettura (utilizzando lo stesso laser a potenza più bassa), la luce è assorbita; anche in questo caso l'alternanza di lands riflettenti e zone assorbenti genera la codifica binaria dell'informazione. Tra il 1996 e il 1998 è stato introdotto il video disco digitale (DVD, Digital Video Disc, passato poi a significare Digital Versatile Disc, disco digitale versatile). Concepito come supporto ottico ad alta capacità di immagazzinamento per poter registrare interi filmati, il DVD ha avuto in pochi anni un enorme successo commerciale, soppiantando completamente le videocassette a nastro magnetico. Dal punto di vista tecnologico, i sistemi a DVD costituiscono una notevole evoluzione basata su due concetti: l'adozione di un laser a semiconduttore a GaAsP nel rosso per la lettura (e per la scrittura, nel caso di DVD-R) e l'impiego di metodi di codifica più efficienti sul substrato fisico. La lunghezza d'onda più corta della radiazione laser (650 nm) e la maggiore apertura numerica della lente di focalizzazione (0,6 rispetto a 0,45 del CD), consentono di ridurre le dimensioni del fascio laser nel punto di fuoco, con una conseguente diminuzione delle dimensioni del pit e un aumento della densità di dati registrati di un fattore 3,5; le tecniche di codifica avanzate consentono un ulteriore incremento di un fattore 2. Un DVD a singolo strato con registrazione su un unico lato ha una capacità di immagazzinamento di 4,7 gigabyte (GB), circa sette volte superiore a quella di un CD, con le stesse dimensioni fisiche (12 cm di diametro). Esistono inoltre i DVD a doppio strato di incisione, nei quali la capacità sale a 8,5 GB, e quelli registrati su ambedue i lati, con un ulteriore raddoppio di capacità, fino a raggiungere 17 GB. La minima velocità di trasmissione dati da un DVD con un lettore da 1× è pari a 1350 kB/s, nove volte maggiore di quella di un analogo lettore CD (150 kB/s); la velocità di trasmissione di riferimento è 11,08 MB/s (8×), ma i lettori DVD commerciali arrivano a 21,13 MB/s (16×).
La nuova generazione di dischi ottici possiede capacità di immagazzinamento ancora superiore, e si basa su due nuovi standard, in competizione tra loro e con potenzialità molto simili: il disco a raggio blu (BD, Bluray Disc) e l'HD-DVD (High Definition DVD, ad alta definizione). In ambedue i casi la tecnologia utilizzata è quella dei laser a semiconduttore nel blu a GaN. La lunghezza d'onda di 405 nm e ulteriori miglioramenti nella codifica dei dati consentono di raggiungere una capacità di 25 GB (circa quattro ore di video ad alta definizione) nel primo caso e di 15 GB nel secondo per ogni singolo strato di incisione. L'HD-DVD ha il vantaggio di essere compatibile con i precedenti DVD nel rosso, in quanto la lente di focalizzazione del fascio laser di lettura ha uguale apertura numerica (0,6). I nuovi lettori di dischi ottici avranno quindi una doppia sorgente laser (405 nm e 650 nm) con una sola ottica di focalizzazione, e potranno utilizzare indifferentemente DVD e HD-DVD. Il bluray disc utilizza invece un'unica sorgente laser e un sistema ottico di lettura a doppia lente con apertura numerica maggiore (0,85), non più compatibile con i dischi ottici precedentemene in uso. Sono in via di sviluppo HD-DVD e BD a più strati, aventi una capacità da 50 a 100 GB, che sono oramai confrontabili con quelle di un disco magnetico fisso (hard disc) di un computer.
Per i dispostivi optoelettronici di archiviazione dati il futuro si basa sulle memorie olografiche. L'olografia ottica è una tecnica che consente la registrazione completa di una distribuzione di campo ottico (ampiezza e fase) su un mezzo fotosensibile sotto forma di una figura di interferenza. Nelle memorie olografiche l'informazione è codificata in pagine, o matrici bidimensionali di bit. In fase di registrazione, un fascio laser modulato mediante un modulatore spaziale bidimensionale (tipicamente a cristalli liquidi), interferisce nel mezzo olografico con un secondo fascio laser, detto di riferimento, generando una figura di interferenza che contiene l'informazione dell'intera pagina. Con una tecnica di multiplazione angolare, variando l'angolo di inclinazione del fascio di riferimento, è possibile registrare migliaia di ologrammi in un volume ridottissimo. In fase di lettura la memoria olografica è illuminata con lo stesso fascio laser di riferimento e la luce diffratta riproduce sul fotorivelatore a matrice di CCD (Charge Coupled Device, dispositivo a trasferimento di carica) la configurazione di bit corrispondente alla pagina originariamente impressa dal modulatore sul fascio laser di scrittura; al variare dell'angolo di incidenza del fascio di riferimento si possono visualizzare le diverse pagine (fig. 3). Alcuni sistemi prototipali di registrazione olografica sono già disponibili, anche se estremamente costosi; a partire dal 2007 dovrebbero essere commercializzati i primi dischi olografici aventi diametro di 130 mm (simili quindi ai DVD), una capacità di 300 GB e una velocità di lettura di 160 Mbit/s, in grado poi di contenere ben 26 ore di video ad alta risoluzione. La generazione successiva, da 1,6 TB (terabyte), conterrà 128 ore di video, 60 volte il contenuto di un DVD. La potenzialità applicativa delle memorie olografiche è enorme, dall'archiviazione di massa alla sostituzione dei dischi rigidi del computer.
Le camere digitali costituiscono un'ampia categoria di dispositivi per la cattura di immagini, come videocamere e fotocamere, che utilizzano una tecnologia optoelettronica di base simile ma possono differire, in relazione alle diverse funzionalità applicative, per l'elaborazione elettronica del segnale di uscita. Sviluppate agli inizi degli anni Novanta, sono diventate (a partire dal 2000) disponibili a prezzi competitivi, soppiantando in breve tempo la macchina fotografica convenzionale. Il cuore di questi strumenti è un CCD, il componente optoelettronico sulla cui superficie fotosensibile l'obiettivo forma l'immagine della scena. Il CCD è un rivelatore a stato solido basato, nel caso di luce visibile, sulla tecnologia del silicio, e costituito da un insieme di elementi fotosensibili con dimensioni di pochi micron, detti pixel (picture element, elemento di immagine), disposti in una matrice, generalmente bidimensionale. L'immagine catturata dal CCD e visualizzata in tempo reale su un piccolo display incorporato nella fotocamera può essere memorizzata in formato digitale su chip di memoria flash in dotazione alla camera o direttamente scaricata su computer. Tra la fine del 20° e l'inizio del 21° sec. i sensori a CCD hanno avuto una evoluzione tale da consentire risoluzioni spaziali confrontabili con quelle delle pellicole fotografiche, raggiungendo i sedici milioni di pixel (4000×4000). La registrazione di immagini a colori si può ottenere con diverse tecniche. Una delle più comuni consiste nel sovrapporre al rivelatore a CCD una matrice di filtri colorati che separano lo spettro visibile nei tre colori fondamentali (rosso, verde, blu) in modo che ogni pixel sia preposto alla lettura di un solo colore (fig. 4 A). La disposizione a mosaico dei filtri può seguire schemi diversi, e i due colori mancanti per ciascun pixel sono ricostruiti con complessi algoritmi di interpolazione a partire da quelli dei pixel adiacenti. Poiché l'occhio umano è più sensibile al verde rispetto al rosso e al blu, si assegna a circa il 50% degli elementi sensibili un filtro verde, al 25% un filtro rosso e al rimanente 25% un filtro blu. È stato recentemente introdotto un particolare sensore multistrato, detto Foveon®, che possiede una griglia di elementi fotosensibili a tre strati sovrapposti, ciascuno sensibile a uno soltanto dei tre colori primari (fig. 4 B), e consente una risoluzione spaziale superiore (a parità di pixel). Le camere digitali sono dispositivi in rapidissima evoluzione, con prestazioni che hanno raggiunto e superato in molti casi quelle delle macchine fotografiche a pellicola e con una versatilità maggiore.
Nel campo della visualizzazione dell'informazione i dispositivi optoelettronici che hanno avuto il maggiore sviluppo sono gli schermi a cristalli liquidi (LCD, Liquid Crystal Display) e gli schermi al plasma, che stanno gradualmente sostituendo quelli a raggi catodici. Uno schermo LCD è costituito da una matrice bidimensionale di celle elementari a cristalli liquidi con spessore di pochi micron, le quali, sotto l'azione di una tensione applicata, modulano la trasmissione della luce modificandone lo stato di polarizzazione. Gli schermi al plasma sono costituiti da una matrice di minuscole celle contenenti una miscela di gas nobili (neon e xeno) e rivestite da uno strato di fosforo. Applicando tensione alla cella si produce una scarica a bagliore nel plasma ionizzato, la cui radiazione è assorbita dal fosforo, che riemette luce nel visibile. In tab. 1 sono riportati alcuni parametri significativi per effettuare un confronto tra le diverse tecnologie. La tecnologia LCD risulta globalmente vantaggiosa per dimensioni diagonali dello schermo indicativamente inferiori a 40″; quella a plasma offre un'immagine di qualità superiore per schermi di dimensioni maggiori. I dati in tabella sono largamente indicativi, per la rapida evoluzione delle tecnologie LCD e plasma e per la variabilità esistente tra i diversi produttori.
Applicazioni illuminotecniche
In questo settore, lo sviluppo come pure l'introduzione commerciale degli illuminatori a stato solido a luce colorata e a luce bianca riveste particolare interesse, soprattutto per le potenziali ricadute in termini di risparmio energetico. Questi dispositivi si basano sull'impiego di diodi emettitori di luce (LED, Light Emitting Diode) o diodi organici emettitori di luce (OLED, Organic Light Emitting Diode), e sono destinati a sostituire le lampade a filamento e quelle fluorescenti nella maggior parte delle applicazioni. Un LED convenzionale è un dispositivo a semiconduttore che emette radiazione colorata (con una banda spettrale di ∼30 nm) con elevata efficienza ottico-elettrica (fino a ∼60 lm/W). I semiconduttori inizialmente utilizzati (GaAlAs e GaAsP) emettono nel rosso, nel giallo e nell'arancione. Nel 1993 la realizazione di LED a GaN ha consentito l'introduzione di una nuova classe di dispositivi con emissione dal blu-verde al vicino ultravioletto, aprendo la strada alla realizzazione di LED a luce bianca combinando i diversi colori. Gli illuminatori a luce bianca si basano su tre diverse tecnologie: conversione di colore, miscelamento di colori, e, più recentemente, l'impiego di dispositivi omoepitassiali in ZnSe. Nel primo caso, si utilizzano LED a luce blu o ultravioletta, sui quali è depositato un sottile strato di uno o più fosfori o di nanocristalli di cadmio e selenio; la radiazione emessa è parzialmente assorbita da tali materiali che riemettono a lunghezze d'onda più lunghe generando la porzione di spettro complementare per produrre luce bianca. Il secondo approccio consiste nell'impiego diretto di LED di diverso colore (al minimo due, che emettono nel blu e nel giallo, ma migliori risultati si hanno con tre o quattro LED, che emettono nel rosso, nel blu, nel verde e nel giallo). Questa soluzione, che non utilizza convertitori di radiazione come i fosfori, ha efficienza ottico-elettrica superiore rispetto alla prima. Il terzo approccio si basa sull'impiego di speciali LED utilizzanti una omogiunzione di ZnSe che emette luce blu dalla regione attiva, cresciuta epitassialmente su un substrato di ZnSe che emette luce gialla; anche in questo caso l'efficienza è più elevata rispetto alla conversione di colore. Il notevole sviluppo di OLED che emettono in tutte le regioni dello spettro visibile, inoltre, lascia presupporre che emettitori a luce bianca possano essere realizzati anche con combinazioni di questi semiconduttori organici. Poiché la potenza ottica emessa da un singolo LED è relativamente modesta (dell'ordine del lumen), un illuminatore è solitamente formato da un insieme di LED. L'efficienza ottico-elettrica di questi dispositivi, superiore di più di un ordine di grandezza rispetto alle sorgenti a incandescenza convenzionali, l'ottima resa cromatica ottenibile e la vita media superiore a 105 ore, lascia prevedere che, nell'arco di una ventina di anni, queste sorgenti sostituiranno quelle convenzionali nella maggior parte delle applicazioni illuminotecniche; il costo per lumen, ancora molto elevato, ne limita l'uso commerciale se non in particolari applicazioni (come, per es., luci semaforiche, pannelli indicatori, illuminazione a bordo di autoveicoli e imbarcazioni). In tab. 2 sono raffrontate le principali caratteristiche degli illuminatori a stato solido a luce bianca e delle sorgenti convenzionali. Il confronto è effettuato a parità di flusso luminoso emesso per lampada. Si ipotizza un dispositivo a stato solido con caratteristiche ottimizzate di prossima generazione (2010); i costi indicati rappresentano una proiezione.
Applicazioni nel campo dei sensori
L'o. ricopre un ruolo importante anche nella sensoristica. Sensori a fibra ottica utilizzanti laser a semiconduttore o LED sono in grado di misurare, con elevatissima sensibilità e precisione, grandezze quali temperatura, pressione, deformazioni, velocità angolari (giroscopio a laser e a fibra ottica), vibrazioni, campi elettrici e magnetici, concentrazioni di inquinanti liquidi e gassosi. In tutti i casi la misura del parametro fisico si converte, sfruttando le caratteristiche della fibra ottica e differenti effetti (per es., elasto-ottico, magneto-ottico, birifrangenza indotta, effetto Sagnac, effetto Faraday e Pockels), in misura di grandezze ottiche quali intensità, stato di polarizzazione, o fase del campo ottico in uscita della fibra. In fig. 5 è illustrato un sensore a reticolo di Bragg in fibra ottica per misure di allungamenti e temperatura.
Tecnologie per la conversione dell'energia solare in energia elettrica
Queste costituiscono un altro settore di sviluppo dell'optoelettronica. Nuove tecnologie e l'impiego di materiali innovativi hanno portato alla realizzazione di celle fotovoltaiche a giunzione multipla per impieghi spaziali; celle solari basate su eterostrutture quantiche, quali nanotubi di carbonio o nanoparticelle a pozzo quantico disperse in speciali plastiche, in grado di utilizzare anche la parte infrarossa dello spettro; celle solari organiche utilizzanti sottilissimi strati di materiali semiconduttori organici (fullerene, vinilene); celle di Graetzel o fotoelettrochimiche, basate su biossido di titanio fotosensibilizzato con un colorante, che producono energia elettrica mediante un processo simile alla fotosintesi che termina con una reazione redox in un elettrolita solido o liquido. Con molte di queste tecnologie si ottengono efficienze di conversione della radiazione solare dell'ordine del 30%.
bibliografia
J.C. Whitaker, Video display engineering, New York 2000.
S.O. Kasap, Optoelectronics and photonics: principles and practices, Upper Saddle River (NJ) 2001.
A. Žukauskas, M.S. Shur, R. Gaska, Introduction to solid-state lighting, New York 2002.
G.P. Agrawal, Lightwave technology - Components and devices, Hoboken (NJ) 2004.
S. Donati, Electro-optical instrumentation, Upper Saddle River (NJ) 2004.
A. Goetzberger, V.U. Hoffmann, Photovoltaic solar energy generation, Berlin-NewYork 2005.