ORATORIO
. Musica. - Le moderne ricerche storiche hanno messo in luce che l'oratorio musicale non fu, come prima si credeva comunemente, "una continuazione e degenerazione diretta della sacra rappresentazione, ma risultò da un nuovo processo d'evoluzione della laude spirituale avvenuto negli oratori italiani della reazione cattolica". Per tale ragione è superfluo trovare punti di contatto o elementi d' analogia dell'oratorio propriamente detto con antiche forme medievali di preghiera religiosa, quali canzoni di crociati, di pellegrini, ecc., o di rappresentazione drammatica, variamente atteggiata dagli estremi del dramma liturgico a quelli dei misteri e feste sceniche piú o meno dominati da elementi popolari e profani d'ambigua natura. Per rintracciare in tale varietà di forme gli elementi musicali religiosi in comune, è utile la considerazione e il confronto particolare di esse (v. dramma liturgico; lauda; sacra rappresentazione); qui basterà ricordare che l'elemento più importante dell'oratorio sorto agl'inizi del sec. XVII, e cioè il dialogo, si può rintracciare non soltanto nella forma del dramma liturgico, ma anche nella lauda medievale. Per l'origine della lauda e per la sua trasformazione da poesia strofica di carattere liricomistico in poesia "da recitar alternamente da personaggi", e cioè in lauda a dialogo, rimandiamo alla voce relativa.
Accennata la varietà degli elementi che possono valere come antecedenti storici, meglio si comprenderà l'origine propria della forma oratorio ricordando che la parola fu adoperata dapprima a indicare un luogo di preghiera e di raccoglimento dove convenivano uomini d'ogni condizione sociale per esercizi di pietà. Nelle riunioni, che avvenivano per lo più di sera, cominciarono ben presto i fedeli a cantare qualche lauda spirituale, ma, poiché alle laude mancava ancora una coerenza espressiva che fosse spontaneamente sentita da un artista creatore, si trasformarono canti profani, canzonette e madrigali, adattando alle melodie i nuovi testi spirituali. In quest'opera di adattamento ebbero parte singolare a Firenze fra Serafino Razzi, a Roma l'oratoriano padre Giovenale Ancina.
Parte anche maggiore vi ebbero, in Roma, i discepoli di S. Filippo Neri, fra i quali spiccano il già citato p. Giovenale Ancina,, autore d'un Tempio armonico, raccolta di composizioni vocali sacre; il p. Agostino Manni, il migliore autore di laude spirituali e al quale si deve il testo della Rappresentazione di Anima e Corpo; il p. Francesco Soto, cantore spagnolo, che adattò o creò con migliore gusto artistico la musica per i cinque libri delle laudi filippine; il p. Dorisio Isorelli che, provenendo da Firenze, fu uno dei primi a scrivere in Roma secondo il nuovo stile monodico e per tale ragione fu assai importante nella storia musicale dell'oratorio, il p. Francesco Martini, fiammingo, a differenza dei precedenti musicista assai versato nella dottrina del contrappunto, fu per ventun anni direttore musicale nella Vallicella; infine Girolamo Rosini, successore del precedente, cantore mirabile che per lungo tempo illustrò l'oratorio filippino con le qualità pregevoli della sua arte vocale. In questo antico periodo della storia dell'oratorio la lauda spirituale rappresenta il momento musicale di maggiore importanza e il suo studio è reso agevole dalle dieci raccolte che possediamo; libri di Giovanni Animuccia (1563-70; v.), cinque libri (1583-98) pubblicati dal Soto, i due libri del citato Tempio armonico di Giovenale Ancina. Facili melodie di carattere popolare sono affidate alla voce più acuta, mentre le altre voci ne sostengono ritmo e armonia, in una scrittura o accordi già nettamente imperniati sulle tonalità moderne con andamenti liberi dalle regole scolastiche. Presto la lauda spirituale si arricchì e si ampliò, forse per il bisogno d'una maggiore organicità, forse per il desiderio di conferire alla composizione, se non proprio un aspetto che l'avvicinasse a uno spettacolo, almeno una forma in cui i fatti sacri narrati acquistassero rilievo; così l'elemento drammatico s'inserì nella lauda e la trasformò, e non potendo assumere il carattere scenico rappresentativo, data l'austerità del luogo, prese quello narrativo, di racconto biblico o allegorico. Il progresso fu più poetico che musicale; le arie musicali infatti restano nello stesso tipo delle precedenti, appena arricchite da qualche ornamento contrappuntistico. L'elemento decisivo per la creazione dell'oratorio fu propriamente musicale e fu specialmente dovuto al rapido imporsi del nuovo stile monodico accompagnato, che a Firenze, com'è noto, sul finire del sec. XVI trovò modo di effettuarsi organicamente e consapevolmente in un'azione drammatica scenica e rappresentativa. A Roma il primo esempio del genere fu la Rappresentazione di Anima e Corpo di Emilio del Cavaliere, che fu eseguita appunto nell'oratorio della Vallicella nel 1600; è superfluo mettere in rilievo l'importanza e il significato del fatto per l'ulteriore sviluppo della lauda drammatica. L'opera di Emilio del Cavaliere, sebbene d'argomento religioso, era in forma scenica e come tale costituì un'eccezione nell'attività tradizionale dell'oratorio della Vallicella. L'opera rappresentativa di questo periodo di transizione fu invece il Teatro armonico spirituale di Giov. Franc. Anerio, pubblicato nel 1619 per uso dell'oratorio di S. Girolamo della Carità; in esso appaiono già delle composizioni in forma di dialogo che hanno in germe tutti i caratteri dell'oratorio propriamente detto, primo fra tutti la distribuzione dei personaggi in tante parti monodiche; carattere questo che annunzia l'imminente trionfo del nuovo stile, sebbene nell'Anerio i canti a voce sola abbiano importanza minore rispetto alle polifonie. Ma ormai l'individuazione espressiva dei singoli personaggi era avviata e si accentuò ancora quando la parte narrativa impersonale, che legava i dialoghi, non fu lasciata al coro polifonico, ma venne affidata ad un elemento tipico che fu detto "testo" o "istoria". Così la nuova forma dell'oratorio, ampliata nelle dimensioni, individuata nei personaggi, poteva, senz'ausilio scenico-visivo di sorta, rappresentare compiutamente ed efficacemente un episodio biblico. Al palermitano Francesco Balducci, facile ed acclamato autore secentesco di rime "amorose, eroiche, morali, lugubri, sacre, ecc." si debbono due componimenti che rappresentano i primi saggi di oratorio compiuto nei suoi caratteri e sviluppato nella sua forma tipica. Il primo di essi, Il trionfo di Maria Vergine, è ancora sul tipo della visione allegorica; ma il secondo, La fede o Il Sacrificio di Abramo, nella sua ampiezza, nella distribuzione dei personaggi e del coro, e persino nella suddivisione in due parti, rappresenta la forma dell'oratorio nel suo più definito atteggiamento; degli oratorî del Balducci la musica non ci è pervenuta.
Accanto all'oratorio della Vallicella grande importanza ebbe quello del Crocifisso presso la chiesa di S. Marcello, nella quale si radunava l'arciconfraternita dello stesso nome, iniziatasi nel 1522. Questo oratorio si differenzia da quello della Vallicella perché in esso il tipo delle forme musicali primitive anziché la lauda è il mottetto, nella sua forma più comune di composizione polifonica vocale su testo latino; con la costruzione del nuovo oratorio del Crocifisso, tuttora esistente, avvenuta nel 1568, lo sviluppo musicale del mottetto si accentuò, a somiglianza di quello avvenuto per la lauda, con l'introduzione di elementi drammatici e narrativi del dialogo, e infine con la trasformazione dello stile polifonico in monodico e concertante per opera di musicisti quali Luca Marenzio, Emilio del Cavaliere, Paolo Quagliati, Stefano Landi, Virgilio Mazzocchi e altri minori. Fra gli oratorî della Vallicella e del Crocifisso avvenne un reciproco scambio di elementi: il primo influì sul secondo negli elementi più propriamente musicali, il secondo a sua volta impose la tendenza biblica, che nel mottetto naturalmente prevaleva col testo latino. All'oratorio latino diede il maggiore splendore Giacomo Carissimi (v.), per virtù del quale la composizione assume quella limpidezza espressiva e quell'armoniosa sobrietà di struttura che si sogliono dire classiche per significare la perfetta coerenza stilistica che il genio imprime alle sue creazioni, dalle quali i successori traggono poi le norme per fissare con astrazioni più o meno arbitrarie i caratteri del "genere" o della "forma" artistica.
Il perfetto equilibrio di tutti gli elementi espressivi costituisce la caratteristica più evidente dell'oratorio del Carissimi; innanzi tutto è felice la composizione del testo biblico in quadri concisi, bene congegnati, drammaticamente chiari, per opera d'un librettista ignoto o forse dello stesso Carissimi. Inoltre, nella concezione musicale l'importanza del coro è d'una evidenza mirabile; persino quando viene accolto l'elemento descrittivo (la tempesta del Giona, la battaglia dello Iefte, ecc.) il realismo del particolare pittoresco è trasfigurato e trasformato nel colore stesso dell'atmosfera drammatica. La fusione delle parti solistiche nell'insieme del quadro armonioso è talvolta conseguita con un'arte insuperabile, sia che il recitativo, fluido ed espressivo, nell'originalità d'una declamazione intensa accentui la drammaticità dell'episodio, sia che l'aria o l'arioso dia luogo a un'effusione lirica in cui le qualità melodiche del Carissimi eccellono sovrane. Dopo il Carissimi, tanto l'oratorio in volgare quanto quello latino ebbero una rapida decadenza, dovuta a due fattori principali: dapprima il mutarsi delle condizioni di spirito e d'ambiente dalle quali aveva avuto origine quest'espressione artistica, e in seguito il trionfo presso che assoluto del melodramma, che trasforma l'oratorio in melodramma sacro. Il periodo di transizione è tra la fine del sec. XVII e il principio del sec. XVIII; tipico rappresentante ne è Arcangelo Spagna (1632-1731), autore di oratorî, che manifestano chiaramente il nuovo carattere, e di un Discorso dogmatico intorno agli oratori ch'è la fonte diretta a cui si possono attingere le notizie su questo mutamento, ravvisabile oltre che nello spirito generale; nell'abolizione dell'elemento narrativo più tipico della composizione, e cioè del "testo" o "storico", perché questa parte aveva "pochissime arie e molti recitativi". Basta questa motivazione per dimostrare la prevalenza vittoriosa, tirannica anzi, del gusto operistico; questo periodo si suole chiamare della decadenza, in quanto vi scompaiono gli spiriti originarî dell'oratorio, ormai ridotto a un alternarsi di recitativi a versi endecasillabi e settenarî e di ariette a strofe di versi brevi, secondo il gusto settecentesco. Tuttavia non mancò, da parte di Apostolo Zeno, il tentativo di risollevare l'oratorio all'antica austerità religiosa; e più ancora Pietro Metastasio, con migliori qualità poeticodrammatiche, cercò di vivificare le parti dell'oratorio che si erano venute fissando, inerti, in una tradizione sterile e convenzionale. Tranne qualche eccezione, quasi tutti i musicisti italiani della fine del Seicento e di tutto il Settecento si diedero alla composizione dell'oratorio; l'accento di religiosità varia col mutare del temperamento artistico d'ognuno, cosicché nei limiti della sensibilità religiosa del tempo non è difficile rintracciare pagine di grande bellezza negli oratorî di musicisti pur volti al teatro, quando questi si chiamano Alessandro Stradella (S. Giovanni Battista), Alessandro Scarlatti (La conversione della Maddalena, Sedecia, S. Casimiro, La Vergine addolorata), Leonardo Leo (La morte di Abele, S. Elena al Calvario), G.B. Pergolesi (S. Guglielmo d'Aquitania, Il transito di S. Giuseppe), Niccolò Jommelli (La Betulia liberata, La Passione di Gesù Cristo), ecc.
Nelle regioni della Germania meridionale di rito cattolico si rintracciano nel sec. XVII varie forme di composizione religiosa, che, pur non derivando direttamente dall'oratorio italiano (e, com'è naturale, il nome di oratorio non vi è neppure conosciuto), hanno con quello uffici e scopi espressivi non dissimili; a Vienna, invece, sotto l'influenza diretta del teatro musicale veneziano, l'oratorio, coltivato dagli stessi imperatori (da Leopoldo I in specie) assume l'aspetto d'un melodramma sacro da eseguire nei periodi in cui per proibizione rituale i teatri musicali debbono rimanere chiusi.
Nelle regioni germaniche protestanti naturalmente mancarono le necessarie condizioni d'ambiente e di spirito dalle quali nacque l'oratorio filippino. Le forme religiose assunsero l'aspetto di narrazione di fatti biblici con varia disposizione di parti corali e solistiche di carattere lirico (tali, ad es., i cosiddetti Nürnberger Ahte), in cui peraltro l'inserzione del corale protestante, fra i passi devotamente intonati a un tipo di liturgica declamazione musicale, costituisce uno degli elementi cardinali di quello che in seguito sarà la "storia" o "dialogo" evangelico; la narrazione ebbe sempre particolare riferimento ai tre momenti della nascita, della passione e della risurrezione di Gesù Cristo. Tali elementi vennero genialmente fusi e riplasmati nell'opera di H. Schütz: la sua Historia della resurrezione si può indicare come primo annunzio di oratorio tedesco; la Historia della natalità di Gesù Cristo (del 1664) invece mostra la felice fusione compiuta dal musicista degli elementi italiani in una spontanea corrispondenza con lo spirito tedesco; e lo stesso si dica delle Passioni-oratorio e di altre analoghe composizioni religiose dello Schütz. Ma lo sviluppo maggiore dell'oratorio in Germania si ebbe con J.S. Bach e soprattutto con G.F. Händel. La potenza della loro originalità venne a dominare l'oratorio in modo assolutamente tipico, e quindi l'analisi di questa forma è da risolversi interamente nello studio della loro personalità creatrice. J.S. Bach si mantiene nello spirito tradizionale tedesco, specialmente negli oratorî del Natale e di Pasqua, di non ampie dimensioni; il quadro si amplia nella forma della Passione-oratorio di cui ci sono rimasti i mirabili esempî delle Passioni secondo S. Matteo e secondo S. Giovanni. L'oratorio del Händel si presenta sotto aspetti più varî (in esso, del resto, possono essere comprese più di quaranta composizioni); basterà ricordare, soprattutto, come all'inizio esso accolga e trasformi elementi musicali e drammatici direttamente derivati dalle opere teatrali, come fosse pensato per una vera e propria rappresentazione scenica. In seguito l'oratorio händeliano può assumere aspetti riformatori, come nell'Israele in Egitto, in cui il coro è la parte preponderante come conduttore dell'idea drammatica stessa; e l'arte del Händel può giungere ad effetti musicali d'una concretezza che si vorrebbe quasi dire visiva in oratorî come Debora e Belsazar mentre, in altra tendenza espressiva, può nella Festa di Alessandro, in L'Allegro, il Pensieroso ed il Moderato, nel Salomone, imprimere nell'oratorio un carattere allegorico e liberare i cori dal loro compito drammatico per atteggiarli come elementi decorativi di grande e fantastica magnificenza.
Nuovi caratteri acquista l'oratorio tedesco con J. Haydn; dopo il Tobia (1775), nel quale il musicista indulge al tipo tradizionale dell'oratorio italiano di tipo settecentesco, abbiamo i grandi esempî della Creazione e delle Stagioni. Nel primo il carattere stesso dell'argomento comporta una fusione di elementi epici e lirici, di sublimità e di commozione, che il musicista accoglie e interpreta mettendo soprattutto in rilievo il lato pittoresco e descrittivo della natura, non tanto nella parte strumentale quanto nell'espressione vocale, perfettamente adeguata al testo e al suo contenuto; nelle Stagioni, invece, il Haydn s'allontana dallo spirito tradizionale dell'oratorio per sostituire una libera successione di scene piuttosto in forma di cantata, nelle quali ha schietto e spontaneo sfogo l'umore geniale dell'artista, che manifesta la sua religiosità in una varia molteplicità di coloriti, in cui traluce una certa disposizione espressiva non estranea allo spirito del Romanticismo imminente. Mozart e Beethoven non trovano invece nell'oratorio il mezzo più corrispondente al loro genio per esprimere la profonda religiosità della loro anima; la quale splende in opere eterne come il Requiem del primo e la Missa solemnis del secondo, piuttosto che nei saggi minori di oratorî propriamente detti.
Nel periodo romantico, infine, l'oratorio fu coltivato assai abbondantemente, ma se fra i molti mediocri, oggi pressoché dimenticati, si vuol ricordare qualche esempio pregevole bisogna nuovamente rifarsi agli artisti più rappresentativi di questo periodo storico e, caso per caso, commisurare la riuscita dell'opera non tanto in relazione allo spirito del "genere" tradizionale, quanto della religiosità atteggiata secondo le qualità stesse del loro genio. Ad es., mentre F. Mendelssohn-Bartholdy nel Paolo e nell'Elia ci dà saggi pregevoli di rielaborazione di elementi händeliani in cui sono prevalenti la cultura e la riflessione, R. Schumann con il Paradiso e la Peri, seguendo una tendenza che al suo tempo sempre più si affermava, abbandona il testo biblico e favorisce lo sviluppo dell'oratorio profano; in quest'opera, musicalmente assai originale, è notevole l'importanza nuovamente conferita al "testo" nella varietà della forma recitativa, ariosa e corale. Anche Il pellegrinaggio della rosa e le scene per il Faust si avvicinano al tipo dell'oratorio profano; ma nel primo lo Schumann si mantiene nell'ambito modesto di un idillio corale, mentre nel secondo trascura la parte drammatica narrativa per accentuare, conformemente alla sua natura, gli elementi lirici e mistici. L'oratorio trovò nel secolo XIX un geniale cultore in F. Liszt, il quale scrisse La leggenda di S. Elisabetta e il Cristo nel più ardente spirito del misticismo cattolico; per tale intima disposizione i due oratorî acquistano un curattere suggestivo e lirico assai lontano da quello tradizionale, anche a prescindere dallo stile mobile, fantastico, musicalmente ardito e innovatore. Sempre nel secolo XIX la Francia ebbe cultori dell'oratorio principalmente con H. Berlioz, autore di L'infanzia di Cristo e con Ch. Gounod (La Redenzione); il Belgio con César Franck (Ruth, Redenzione [sotto il titolo di Ode-Symphonie], Le Beatitudini). Lorenzo Perosi, tuttora vivente, fra i musicisti di oggi più d'ogni altro ha riportato l'oratorio a un alto grado di valore e d'interesse artistico, in virtù della sua arte ispirata e commossa (Passione di N.S. Gesù Cristo, Il Natale del Redentore, La Resurrezione di Cristo, La Resurrezione di Lazzaro, Transitus animae, ecc.). Sono inoltre da ricordare il belga E. Tinel, l'inglese E. Elgar, l'italiano Licinio Refice, lo svizzero A. Honegger.
Bibl.: D. Alaleona, Studi sulla storia dell'oratorio musicale in Italia, Torino 1908; G. Pasquetti, L'oratorio musicale in Italia, Firenze 1906; A. Schering, Geschichte des Oratoriums, Lipsia 1911.