DELLA TORRE (De Turri), Orazio
Figlio di Raffaele, uomo politico giurista e storico, e Maria Giustiniani, nacque a Genova nel 1620. Fece una parte degli studi a Roma dove nel 1638 pubblicò, dedicandola al card. Guido Bentivoglio, Oratio de S. Spiritus adventu habita in sacello pontificum Quirinali ad sanctiss. D . N. Urbanum VIII (Romae).Tornato a Genova, seguì nel 1638-39 i corsi di diritto che si tenevano presso il Collegio dei dottori; nel. 1639-40 frequentò invece le lezioni nello Studio senese, per riprendere poi dall'autunno del 1640 la frequenza dei corsi a Genova. Il 13 giugno 1643 si laureò e il 20 giugno fu cooptato nel Collegio dei dottori.
Diverse sono le testimonianze relative alla partecipazione del D. alla vita politico-culturale cittadina in questo periodo: nel luglio del 1642 recitò un'orazione commemorativa nel corso dei funerali del card. P. M. Borghese, che, come ricordano i novellari stampati allora a Genova, fu "eloquente e erudita quanto si doveva aspettare dal figlio d'un tal padre". Nel gennaio del 1643 Pietro Giovanni Calenzani, tipografo ed editore genovese, gli dedicò il Tacito abburatato di Anton Giulio Brignole Sale (cui farà implicita e polemica eco il padre nel 1647 indirizzandogli l'Astrolabio di stato). Nel 1644 il D. pubblicò Iustinianaearum Institutionum epitome (Genuae), un sunto piuttosto scolastico delle Istituzioni giustiniance.
Nel 1645 pronunciò l'orazione per l'incoronazione del doge Luca Giustiniani, molto amico del padre, orazione che risulta irreperibile, così come quella che tenne in occasione dell'assunzione al dogato di Giulio. Sauli eletto nel 1656.
Il 18 dic. 1647 fu ascritto alla nobiltà; nel 1653 sposò Ginetta Invrea, da cui ebbe due figli.
Molto stretti in questo periodo erano i rapporti tra padre e figlio: nel 1655, ad esempio, il D. scrisse la dedica a Giacomo Franzoni di Al curioso del vero, opera polemica del padre sul problema del Finale; e ancora nel 1656 il D. risulta essere il principale erede nel testamento rogato dal padre in quell'anno. Succopssivamente i rapporti si guastarono non poco, portando a lunghi strascichi giudiziari con la nuora e con il nipote Raffaele, figlio del fratello Vincenzo.
Nel 1652 il D. iniziò la sua carriera politica con la nomina a straordinario (la ottenne ancora nel 1657); nel 1654 fece parte dell'ufficio di riscatto degli schiavi, nel 1656 fu chiamato a far parte dei "sapientes Reipublicae". Nel 1661 fu imbussolato nel Seminario e sorteggiato governatore nel giugno dell'anno successivo. Finito il biennio di governo tenne corsi di diritto organizzati dal Collegio dei dottori usufruendo del lascito di Ansàldo Grimaldi. Sempre presente alla vita del Collegio, di cui fu anche rettore nel 1654-55, fu però protagonista nel 1670 di un incidente che lo vide sottoposto a censura. Alla fine del 1665 tenne il discorso celebrativo ufficiale per i funerali di Filippo IV.
Nel gennaio del 1672 fu nuovamente sorteggiato governatore (era stato imbussolato per la seconda Volta nel 1666), ma per sua sfortuna di lì a poco si scoprì in città la congiura ordita dal nipote Raffaele. Si astenne perciò dal partecipare alle attività di governo, fino alla fine dei processo; ma - nel dicembre i Collegi gli chiesero Idi dimettersi dalla carica. Il 5 dic. 1672 il D. scrisse una nobile lettera in cui dichiarava di essere disposto a lasciare la carica, ma "per loro comandamento, non per mia incosiderafione". La cosa fu lasciata cadere, ma si creò evidentemente una situazione non facile per il D., che cercò di andarsene onorevolmente dalla Città. Il 27 febbr. 1673 un decreto dei Collegi l'autorizzava a "visitare per suoi interessi il S. Principe Doria". Questi rapporti con il Doria, principe di Melfi, si conclusero con la nomina del D. a governatore generale di Melfi: il 20 maggio 1674 prese possesso della carica; la morte lo colse a Melfi il 23 luglio 1675.
Prima della partenza, il 7 dic. 1673, il D. aveva redatto un curioso contratto di affitto quinquennale della sua bilbioteca, interessante soprattutto perché, allegato ad esso, è stato conservato un sommario indice dei libri (700 volumi circa): è ben rappresentata tutta la cultura giuridica tradizionale, dai classici ai repertori di uso corrente, ma non mancano anche testi meno usuali, come il Mare liberum di Grozio o la Monarchia Hispanica del Campanella, o testi di argomento scientifico di cui si era discusso negli ambienti intellettuali genovesi (vi sono le opere di G. B. Baliani e di O. Grassi).
Della produzione professionale del D. non è rimasto molto, a parte alcuni pareri indirizzati ai supremi sindacatori.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Genova, Archivio segreto 900, 902, 904, 905, 1579, 1586; Ibid., Notai ignoti 224, 226, 229, 230; Ibid., Notaio Marco Antonio Sola, sc.1094, f. 2; Ibid., Senato, Sala Gallo 444; Ibid., Biblioteca, ms. 104 (55, 61, 115); 142, C. 10r; Ibid., Manoscritti 526-528, 664 (33); Archivo general de Simancas, Estado, Genova, leg. 3610 (95, 98, 144, 145); Genova, Bibl. univ., Rari, XIII,17: Novellari del 12 luglio 1642 e 4 febbr. 1645; R. Soprani, Li scrittori della Liguria, Genova 1667, p. 224; L. Volpicella, Ilibri dei cerimoniali della Repubblica di Genova, in Atti d. Soc. lig. di st. patria, XLIX (1921), pp. 272, 281; G. Guelfi Camajani, Il "liber nobilitatis Genuensis" e il governo della Repubblica di Genova fino all'anno 1797, Firenze 1965, p. 520; E. Bensa, Il Collegio dei giurisperiti di Genova, Genova 1897, p. 36; R. Colapietra, L'amabile fierezza di Francesco D'Andrea, Milano 1981, pp. 63, 72; A. F. Ivaldi, Scheda per il catafalco funebre di Filippo IV a Genova (21 dic. 1665), in Boll. dei musei civici genovesi, IV (1982), p. 91.