MALASPINA, Orazio
Nacque primogenito di Morello, marchese di Monti in Val di Magra, e di Lucrezia o Tirinzia Strozzi-Maggi fiorentina; s'ignorano invece la data, collocabile nel secondo quarto del secolo XVI, e il luogo della nascita.
Poco si sa anche della giovinezza, degli studi e dell'inizio della carriera ecclesiastica. Intrattenne stretti contatti con i vescovi della riforma Carlo Borromeo e Stanislao Osio, il quale lo ordinò sacerdote. All'inizio della sua missione diplomatica più importante, la nunziatura alla corte imperiale (1578-81), era protonotario.
La morte a Praga nell'agosto 1578 del nunzio Bartolomeo Porcia, che era succeduto a Giovanni Dolfin solo in primavera, creò non poche difficoltà alla Curia. Evidentemente non erano disponibili persone adatte cui affidare la nunziatura presso l'imperatore Rodolfo II, perché nella persona del M. si nominò un prelato assolutamente privo di esperienza diplomatica. Tuttavia a determinare la scelta potrebbe essere stata la sua conoscenza del contesto territoriale e giuridico riguardante Borgo Val di Taro, un'area del Parmense di pertinenza della famiglia Landi, ma ambita dal duca Ottavio Farnese, su cui sia il papa sia l'imperatore rivendicavano il dominio feudale.
Dotato di istruzioni, facoltà e diverse lettere credenziali, il M. si mise in viaggio per la corte imperiale all'inizio del settembre 1578. Facendo tappa a Firenze e Trento, dove incontrò il cardinale Ludovico Madruzzo, giunse a Innsbruck. Da qui il viaggio proseguì in nave sul Danubio fino a Vienna. Lì visitò gli arciduchi Ernesto e Massimiliano. Il 5 ottobre entrò a Praga e il giorno seguente fu ricevuto da Rodolfo II.
Oltre a rappresentare le pretese della S. Sede su Borgo Val di Taro, il M. ricevette la mansione specifica di acquistare per Giacomo Boncompagni, figlio naturale del papa Gregorio XIII, i domini di Bardi e Compiano dal proprietario, il conte Claudio Landi, appena condannato in contumacia per il tentato omicidio del duca Ottavio Farnese. Il progetto fallì; invece il M. ebbe successo in un altro incarico speciale affidatogli dal papa, ovvero la liberazione di Panfilo Scadinari, figlio di una patrizia bolognese al servizio della moglie di Giacomo Boncompagni, che era stato rinchiuso nella fortezza di Kanjiža con l'accusa di omicidio, in cambio di un risarcimento alla moglie e ai figli della vittima.
L'accento confessionale della nunziatura del M. stava, come per i suoi immediati predecessori Dolfin e Porcia, nel sostegno della riforma cattolica nei territori ereditari asburgici. Alla fine del settembre 1579 il M. si recò a Bamberga per chiedere, invano, dal vescovo la deposizione del suo reggente in Carinzia, Hans Friedrich Hoffmann, uno dei maggiori sostenitori del protestantesimo austriaco. Durante la sua assenza venne rappresentato alla corte imperiale dal suo segretario Camprizio Cornuagli; altro collaboratore di peso, non avendo il M. alcuna formazione canonistica, fu il suo uditore, il lucchese Cesare dell'Arena, che gli era stato mandato a Praga dal cardinale Tolomeo Gallio. Il M. inoltre mostrò particolare cura nelle nomine dei vescovi dell'Impero con candidati cattolici adeguati (a Bamberga, Münster, Olmütz, Praga, Salisburgo) e nella formazione di sacerdoti mediante l'incremento sistematico dei seminari gestiti dai gesuiti. Nello svolgimento delle mansioni politico-confessionali furono importanti i suoi contatti con l'arciduca Ernesto, l'ambasciatore spagnolo Juan de Borja y Aragón, ma soprattutto con la madre dell'imperatore, Maria d'Asburgo, della quale tuttavia, malgrado molteplici sforzi e la concessione di molte grazie impartite dal pontefice come incentivo, il M. non poté impedire il trasferimento in Spagna nell'estate del 1581. Tale allontanamento significò una grave perdita per il partito cattolico alla corte imperiale.
Il M. dovette confrontarsi con due importantissimi temi internazionali: il conflitto nelle Fiandre e la riconciliazione tra l'imperatore e il re di Polonia, Stefano Báthory.
Con la morte del padre nel novembre 1578 il M. era divenuto il signore di Monti. Ancora durante la nunziatura a Praga ebbe dall'imperatore, il 30 febbr. 1580, l'investitura delle proprie terre e nominatamente di Monte Simone, di Borgo Nuovo e Terrarossa, e il particolare privilegio di zecca per coniare monete d'oro, d'argento e di rame, di qualunque valore, con le insegne e nome proprio. "Essendo nato servitore et vasallo" dell'imperatore sentiva l'"obligo et grandissimo desiderio di servire" Rodolfo, ma in caso di conflitto (contrasto per il possesso dell'arcivescovato di Praga, il caso Borgo Val di Taro) predominò la lealtà verso il papa e la S. Sede. Con il permesso della Curia, tuttavia, il M. poté seguire i propri affari alla corte imperiale (questioni feudali, controversie sui confini con la Toscana).
Nella primavera del 1581 il M. venne richiamato da Praga. Nell'istruzione del 1 apr. 1581 il cardinal Gallio comunicava la nomina di Ottavio Santacroce a nuovo nunzio pontificio permanente alla corte imperiale di Rodolfo II. Dopo l'arrivo del successore e un'udienza comune dal sovrano, alla fine del giugno 1581 iniziò il viaggio di ritorno in Italia. Il 3 agosto giunse a Monti. A causa dei caldi mesi estivi il papa lo dispensò dall'immediato resoconto a Roma, che avvenne a settembre.
In ottobre il M. ottenne dal papa Gregorio XIII l'incarico di recarsi alla corte francese come nunzio straordinario per scongiurare un aperto conflitto tra la Francia e la Spagna. Dopo un difficile viaggio, in uno stato di salute compromesso, il M. arrivò a Parigi l'11 dicembre e trovò alloggio all'hôtel de Sens, residenza del nunzio ordinario Giovanni Battista Castelli. Il 28 dicembre vi fu il primo e unico incontro con Enrico III alla presenza del Castelli, seguito da un'udienza presso Caterina de' Medici. Il M. presentò apertamente alle rimostranze del pontefice riguardanti la tolleranza della spedizione del duca di Angiò nelle Fiandre, l'approvazione dell'alleanza tra Enrico di Navarra, il principe d'Orange ed Elisabetta d'Inghilterra, gli sforzi per istigare i Turchi ad attaccare la Spagna, l'appoggio ai ribelli portoghesi. Tutti i punti furono rigettati da Enrico III: l'ultimo faceva riferimento alle rivendicazioni di sua madre sul Portogallo.
Il M. morì il 27 genn. 1582 a Parigi, all'hôtel de Sens, in seguito alla grave malattia contratta durante il viaggio, dopo aver ottenuto l'estrema unzione dal nunzio Castelli e pochi giorni dopo l'arrivo della notizia della nomina, avvenuta l'8 gennaio, a vescovo di Albenga. Alle esequie partecipò anche Caterina de' Medici. Il M. lasciò un figlio illegittimo di nome Rodolfo, verso il quale nulla dispose; eredi furono i cugini paterni.
Fonti e Bibl.: Arch. segreto Vaticano, Archivum Arcis, Armadi I-XVIII, 2231; Armadio XLIV, 24, 25; Fondo Borghese, I 715, III 15a1, 111ab, IV 286; Miscellanea, Armadio II, 54, 130; Segreteria dei brevi, 88; Segreteria di Stato, Francia, 15, Germania, 11, 99; Milano, Biblioteca Ambrosiana, Lettere di s. Carlo Borromeo, F.53 inf., F.60 inf., F.65 inf., F.95 inf., F.143 inf., F.145 inf., F.152 inf., F.155 inf., P.17 inf., P.20 inf.; Der Reichstag zu Regensburg 1576. Der Pacificationstag zu Köln 1579. Der Reichstag zu Regensburg 1582, a cura di J. Hansen, Berlin 1894, ad ind.; I.A. Caligarii nuntii apostolici in Polonia epistolae et acta 1578-1581, a cura di L. Boratyński, Cracoviae 1915, ad ind.; Correspondance du nonce en France Giovanni Battista Castelli, a cura di R. Toupin, Paris 1967, ad ind.; Nuntiatur des Germanico Malaspina. Sendung des Antonio Possevino 1580-1582, a cura di J. Rainer, Wien 1973, ad ind.; E. Branchi, Storia della Lunigiana feudale, II, Pistoia 1898, pp. 468-473; A. Malaspina, Quadro storico ed araldico della casata dei Malaspina dalle origini ai nostri giorni con cenni sullo stemma e sul motto, in Rivista araldica, XLVI (1948), p. 145; A. Koller, Reichsitalien als Thema in den Beziehungen zwischen Kaiser und Papst: Der Fall Borgo Val di Taro, in Das Reich und Italien, a cura di M. Schnettger - M. Verga, Bologna 2006, pp. 323-345; P. Litta, Le famiglie celebri italiane, s.v. Malaspina, tav. XVIII; H. Biaudet, Les nonciatures apostoliques permanentes jusqu'en 1648, pp. 136, 151, 272; Hierarchia catholica, III, p. 102.