POLLAROLO, Orazio
POLLAROLO (Pollaroli, Polaroli), Orazio. – Nacque a Codogno intorno al 1634, ma fu attivo per quasi tutta la vita in territorio bresciano.
Le più dettagliate informazioni biografiche, seppur non prive di inesattezze, provengono da un manoscritto redatto all’inizio del Settecento da Giovanni Gandino, medico di Quinzano d’Oglio che scrisse: «Egl’è da Codogno, terra del distretto di Lodi, città di Milano» (Alveario cronologico, c. 377). Tale notizia trova conferma nel documento di nomina di Pollarolo a organista della cattedrale di Brescia, dove il musico viene detto «milanese» (Termini, 1970, p. 17). Attratto fin dall’infanzia dal suono dell’organo, Pollarolo poté intraprendere gli studi musicali con il sostegno della famiglia di origine. All’età di soli 14 anni era già salariato come organista a Desenzano. Sempre secondo Gandino, il musicista sarebbe poi passato a Ferrara, facendosi notare dal cardinale Fabio Chigi, il futuro papa Alessandro VII. Poiché il prelato ottenne la porpora nel 1652 e salì al soglio pontificio il 7 aprile 1655, l’episodio deve situarsi fra questi estremi cronologici, anche se all’epoca Chigi non era più legato di Ferrara, come erroneamente scrive Gandino, bensì vescovo di Imola.
Tornato a Codogno, il giovane Pollarolo sembrava avviato a una tranquilla vita ecclesiastica, quando invece lasciò esterrefatti i familiari decidendo di sposare una giovane di Vailate, di nome Lucia: «Mal contenti li genitori dalla casa lo scaciarono, ma per essere poi egli degno di compatimento e di fortuna fu da questa [la moglie] qui [a Quinzano] portato alla condotta di quest’organo» (c. 378). Nei primi anni di matrimonio vide la luce il figlio Carlo Francesco, futuro operista, presumibilmente intorno al 1655, forse proprio a Quinzano («qui nato», c. 380). D’altra parte, i documenti dell’archivio storico del Comune indicano che Pollarolo fu ufficialmente salariato come organista solo dal novembre 1661 al dicembre 1665 (Casanova, 1996, p. 3); si può però ipotizzare un soggiorno anteriore in cui il giovane padre di famiglia avrebbe trovato sostegno e ospitalità. Nel paese della Bassa bresciana fu attivo sia come organista sia come virtuoso di clavicembalo.
All’inizio del 1666 Pollarolo si stabilì con la famiglia a Brescia, dove divenne organista della collegiata dei Ss. Nazaro e Celso; lo conferma la notizia della morte, a due anni d’età, di una figlia di nome Claudia, registrata il 30 aprile 1666 in quella parrocchia (Termini, 1970, p. 11). Il 28 giugno 1669 vinse per concorso il posto di organista nel Duomo di Brescia.
Al 1673 risale la prima opera data alle stampe, una raccolta di Sonate da camera a tre dal titolo Correnti, balletti, gighe, allemande, arie etc. (Bologna, Giacomo Monti).
È questa l’unica opera musicale pervenuta di sua comprovata paternità. Nella lettera dedicatoria a Paolo Martinengo, signore d’Urago, Pollarolo allude alle «eterne obbligazioni» contratte nei confronti dell’influente aristocratico. Allo stesso Martinengo, nel settembre 1666, era stato dedicato il «drama ideale» per musica Le glorie d’amore in occasione del passaggio a Brescia «dell’augustissima Imperatrice», Margherita Teresa d’Asburgo, destinata sposa di Leopoldo I. Le musiche per questo dramma, su versi del milanese Vittorio Castiglione, sono perdute e non attribuite, ma Pollarolo potrebbe avervi contribuito.
Concepita come un florilegio di danze in forma bipartita per due violini e basso, l’Opera prima di Pollarolo rivela una scrittura brillante: la Giga quarta è dedicata a «Camillo Alessio violinista celeberrimo». Accanto alle danze specificate sul frontespizio si trovano anche una Borea e una Todesca.
Rimasto vedovo in seguito a un’epidemia di peste in città, Pollarolo prese gli ordini sacerdotali con il plauso del vescovo Marino Giovanni Zorzi e dei canonici della cattedrale. Dal 1675 in avanti i documenti bresciani segnalano la sua assenza dalla città. Gandino scrive che, affidati i propri incarichi musicali bresciani al figlio Carlo Francesco, egli «si portò a Venecia a sonare e far le musiche alle Cittelle e poi doppo anco nella chiesa di S. Marco» (Alveario cronologico, c. 380). Tornato a Brescia per motivi di salute, nel 1682 assunse la carica di maestro di cappella nella Congregazione dell’Oratorio (Crosatti, 2000, p. 113) e l’11 ottobre fu nuovamente a Quinzano, in compagnia di Carlo Francesco, «a fare la musica delle sante reliquie di s. Nazaro e s. Desiderio» (Alveario cronologico, c. 381).
In quel periodo Pollarolo accettò l’invito a raggiungere i «musici suonatori» della corte di Giovanni III Sobieski, re di Polonia, reduce dalla trionfale battaglia di Vienna contro i turchi (settembre 1683). Il musicista partì assieme al suo allievo bresciano Paris Francesco Alghisi (Coronelli, 1702, p. 995; Dalola, 1766, p. 6); a causa del clima troppo rigido, decise ben presto di tornare in patria ma, stremato dai disagi e dalla lunghezza del viaggio, si ammalò gravemente a Vienna, dove la morte lo colse il 20 aprile 1684.
Pollarolo ebbe almeno sei figli, di cui due esercitarono la professione musicale: il già ricordato Carlo Francesco e il minore Paolo, nato nel 1672 (Termini, 1970, p. 154), documentato in libretti bresciani di drammi sacri e scolastici tra il 1706 e il 1717. Da quest’ultimo, a Brescia intorno al 1695, nacque Orazio Pollarolo iuniore, nella letteratura e nei cataloghi spesso confuso con il nonno omonimo. Costui fu organista e maestro di cappella in S. Francesco dal 1724 al 1752; Benedetto Marcello, durante il soggiorno a Brescia (1738-1739), lo apprezzò in qualità di organista della Congregazione dell’Oratorio. Nei Salmi per tutto l’anno a quattro voci con il basso per l’organo e violini se piace (Brescia 1738) si dichiara maestro di cappella dei canonici regolari lateranensi in S. Salvatore. Nella raccolta delle Messe concertate a quattro voci… con violini op. 2 (Brescia 1740; solo il frontespizio e la dedica sono a stampa, il resto è manoscritto) risulta maestro di cappella della cattedrale. Fu attivo altresì come maestro di musica nell’Accademia degli Erranti e alla Casa di Dio nel periodo dal 1742 al 1762. Come operista, accolse l’invito dell’impresario mantovano Sante Burigotti a comporre le musiche per Orlando furioso (1725), ripresa di un dramma di Grazio Braccioli già musicato da Antonio Vivaldi, e per Il Venceslao, dramma di Apostolo Zeno (1728). Un ritratto del «Signor Orazio Pollaroli bresciano» è conservato nel Museo della Musica di Bologna. Orazio Pollarolo iuniore si spense a Brescia nel 1765. Tra i suoi allievi annoverò Ferdinando Bertoni.
Fonti e Bibl.: Quinzano d’Oglio, collezione privata: G. Gandino, Alveario cronologico (inizio del XVIII secolo), cc. 377-381 (in Casanova, 1996); V.M. Coronelli, Biblioteca universale sacro-profana, II, Venezia 1702, p. 995; F. Dalola, Memorie spettanti alla vita del servo di Dio Paris Francesco Alghisi da Brescia, Firenze 1766, p. 6; O. Termini, Carlo Francesco Pollarolo: his life, time, and music with emphasis on the operas, diss., University of Southern California 1970, pp. 11-17, 154; La musica a Brescia nel Settecento, a cura di M.T. Rosa Barezzani, Brescia 1981, pp. 64-69, passim; O. Mischiati, Bibliografia delle opere dei musicisti bresciani pubblicate a stampa dal 1497 al 1740, a cura di E. Meli - M. Sala, II, Firenze 1992, pp. 738-742; T. Casanova, La carriera dell’organista O. Polaroli (c. 1634-1684) da Codogno a Quinzano negli anni 1661-1665, in L’Araldo nuovo di Quinzano, IV (1996), 32, pp. 3 s.; R. Crosatti, Catalogo del fondo musicale dell’Archivio di S. Maria della Pace, Brescia 2000, p. 113; The new Grove dictionary of music and musicians, XX, London-New York 2001, pp. 40 s.; Die Musik in Geschichte und Gegenwart. Personenteil, XIII, Kassel 2005, coll. 731-738; M. Bizzarini, Benedetto Marcello, Palermo 2006, p. 82.