REBUFFAT, Orazio
REBUFFAT, Orazio. – Nacque a Messina il 7 settembre 1862 da Antonio e da Gaetana Pavone.
Nel 1879 si iscrisse all’Università della sua città natale, diplomandosi qualche anno dopo in scienze naturali. Si legò ad Agostino Oglialoro Todaro, all’epoca professore di chimica in quell’Ateneo; quando, nel 1881, questi si trasferì all’Università di Napoli, Rebuffat lo seguì. Nella città partenopea iniziò la carriera universitaria come preparatore nel gabinetto di chimica, ottenendo nel 1885 la laurea in chimica.
Rebuffat si occupò inizialmente dello studio e della sintesi di composti organici, campo di ricerca coltivato da Oglialoro. Nel 1887, però, la nomina a vicedirettore del gabinetto di chimica docimastica nella regia Scuola di applicazione per gli ingegneri dell’Università di Napoli lo spinse a volgere i propri interessi scientifici verso la chimica dei materiali da costruzione. Alla morte improvvisa del direttore del gabinetto, Francesco Mauro, Rebuffat prese il suo posto, ricoprendo l’incarico di chimica docimastica, di cui nel 1896 ottenne anche la libera docenza. In quegli anni partecipò senza esito ad alcuni concorsi per cattedre di chimica in varie università italiane e solo nel 1903 risultò idoneo al concorso a cattedra di chimica docimastica bandito dall’Università di Palermo. Ciò gli consentì di essere chiamato come professore straordinario della disciplina nella regia Scuola superiore politecnica di Napoli, come nel frattempo era stata denominata la regia Scuola di applicazione per gli ingegneri, conseguendo nel 1906 l’ordinariato.
Malgrado queste iniziali difficoltà, Rebuffat riuscì ad affermare le sue competenze e abilità nel campo della chimica applicata ai materiali da costruzione, interessandosi con successo di cementi, pozzolane, materiali refrattari e anche di maioliche e porcellane.
Le sue ricerche sui costituenti del cemento Portland e sul loro ruolo nel determinarne i processi di presa e indurimento si inserirono in un dibattito internazionale aperto dalle ricerche condotte da Henry Le Châtelier, che si avvalse in quegli anni del determinante contributo di Wilhelm Michäelis. Rebuffat scrisse sul tema un lungo articolo (Studi sulla costituzione dei cementi idraulici, in Gazzetta chimica italiana, XXVIIIb (1898), pp. 209-247) che ebbe una discreta risonanza anche internazionale. Si dedicò inoltre allo studio dei cementi a cui veniva aggiunto materiale pozzolanico, che mostravano una maggiore resistenza all’acqua di mare, fenomeno che egli seppe interpretare come dovuto a un processo chimico e non semplicemente causato da un aumento di impermeabilità (Azione dell’acqua di mare sulle malte a pozzolana, ibid., XXXb (1900), pp. 157-164). Con tali studi egli contribuì, insieme ad altri, allo sviluppo di un settore all’epoca solo in fase iniziale e che avrebbe dovuto attendere alcuni decenni prima di raggiungere un più organico sviluppo.
Un altro tema che Rebuffat affrontò, soprattutto nell’ultima fase della sua carriera scientifica, fu lo studio dei materiali refrattari. In particolare studiò il problema della loro variazione di volume all’aumentare della temperatura e mise a punto un metodo per la fabbricazione di refrattari silicei in cui tale fenomeno risultasse sensibilmente ridotto (Trydimite and trydimite bricks, in Transactions of the Ceramic society, XXIII (1925), pp. 14 s.). Per tale metodo ottenne diversi brevetti in Italia e all’estero.
Nell’ambito del suo interesse per i materiali inorganici e il loro uso in ambito civile e industriale, Rebuffat si occupò di maioliche e porcellane, ricollegandosi alla tradizione locale, artigianale e artistica; di esse operò la caratterizzazione chimica e materialistica, studiando le relazioni tra proprietà tecnologiche e stilistiche. Queste ricerche trovavano origine da una sua innata passione per l’arte, che lo portò fin da giovane a frequentare l’ambiente artistico napoletano. Fu collezionista di dipinti, di bronzi, mobili e appunto di maioliche e porcellane antiche. Fu questo suo interesse che lo portò a ricoprire, dal 1905 al 1918, l’incarico di chimica tecnologica nel regio Museo artistico industriale di Napoli, cumulando tale insegnamento con quello nella regia Scuola superiore politecnica. Dal 1912 Rebuffat fu anche direttore del Museo, grazie all’appoggio di Francesco Saverio Nitti, all’epoca ministro per l’Agricoltura, l’Industria e il Commercio, da cui l’istituzione dipendeva. La nomina rifletteva l’idea di un museo che non si limitasse a contenere opere, ma fosse affiancato da laboratori, con lo scopo di formare artigiani qualificati nella produzione di oggetti d’arte.
Analogo progetto Rebuffat perseguì successivamente, allorché lasciò il Museo artistico industriale, per ricoprire la direzione della regia Stazione sperimentale per la ceramica e la vetrificazione, istituita a Napoli nel 1918. In essa egli avrebbe voluto addestrare operai e tecnici allo scopo di rivitalizzare l’industria ceramica italiana, ricollocandola alla pari delle altre consorelle straniere. Anche questa iniziativa fu abbandonata dopo pochi anni. Nel 1924 la Stazione venne fusa con il regio Istituto industriale Alessandro Volta e cessò di fatto di esistere, con la motivazione che nei pochi anni di funzionamento non era comunque riuscita a trovare l’auspicata interazione con la realtà produttiva. Dal 1924 Rebuffat tornò a essere soltanto ordinario presso la regia Scuola politecnica di Napoli, avendo nel frattempo chiesto e ottenuto di trasferire la propria titolarità di insegnamento sul corso di chimica tecnologica inorganica, pur continuando a mantenere la supplenza di chimica docimastica.
Il 29 ottobre 1935 Rebuffat fu collocato a riposo per raggiunti limiti di età. Poche settimane dopo, il 21 dicembre, il rettore dell’Università di Napoli scrisse una lettera riservata al ministro dell’Educazione nazionale in cui, nel comunicare la proposta a lui pervenuta dal corpo accademico di nominare emerito Rebuffat, ricordava come questi non fosse però iscritto al Partito nazionale fascista. Il ministro, all’epoca Cesare Maria De Vecchi, dispose indagini per accertare se vi fossero altri impedimenti di carattere politico. Risultò che Rebuffat aveva fatto parte per circa vent’anni della massoneria, ricoprendo importanti cariche e dimettendosi da essa intorno al 1924. Alla fine il titolo di emerito gli venne comunque conferito con decreto 2 aprile 1936. C’è da dire che, quanto meno verso la fine della propria carriera universitaria, Rebuffat aveva comunque fatto alcuni passi di avvicinamento al regime. Negli stessi mesi a cavallo tra il 1935 e il 1936, nel momento della guerra di Etiopia e della sua condanna da parte di molte nazioni tra cui la Gran Bretagna, egli espresse, sempre al ministro dell’Educazione nazionale, l’intenzione di restituire, in segno di protesta, l’onorificenza di socio onorario della Società ceramica inglese che gli era stata conferita nel 1916 (Roma, Archivio centrale dello Stato, Ministero della Istruzione pubblica, Direzione generale dell’Istruzione superiore, Fascicoli del personale docente, ad nomen).
Morì a Napoli il 5 aprile 1938 lasciando la seconda moglie, Ester Della Croce (sposata nel 1921), e nove figli, sette dei quali avuti dal precedente matrimonio con Francesca Florio (morta nel 1915).
Opere. Nel corso della sua carriera scientifica Rebuffat ha pubblicato poco più di 100 opere. Il loro elenco è in C. Colella - D. Caputo - D. Piscopo, O. R.: l’educatore, il tecnologo, l’intellettuale, in Atti dell’Accademia Pontaniana, n.s., LI (2012), pp. 247-275.
Fonti e Bibl.: G. Malquori, O. R., in La chimica italiana, a cura di G. Scorrano, Padova 2008, pp. 200 s.; E. Alamaro, Il sogno di Orazio, in Mondo ceramica (2012), http://www.micfaenza.org/it/ceramiche-faenza-news/articolo.php?id=2543 (15 giugno 2016).