SPINOLA, Orazio
– Nacque a Genova nel 1564 da Giovanni e Gerolama Doria.
Aveva numerosi fratelli – Ottavia, Carlo, Bianca, Camillo, Leonardo, Vittoria, Giannettino e Artemisia – i cui matrimoni rafforzarono i legami con i Doria, gli Imperiale e i Grimaldi. Il padre apparteneva al ramo degli Spinola di San Luca, quello del celebre condottiero Ambrogio. La madre Gerolama era invece figlia del Giannettino Doria trucidato durante il fallito golpe di Gian Luigi Fieschi del 1547, e sorella di Giovanni Andrea principe di Melfi.
Avviato alla carriera ecclesiastica, si laureò in legge a Padova e a Pavia, per poi trasferirsi a Roma negli anni di pontificato di Sisto V (1585-90) durante i quali i genovesi ebbero un ruolo importante nella Curia romana. Ciononostante la sua carriera ebbe un avvio piuttosto stentato e paradossalmente proprio per la congiuntura favorevole ai genovesi, tre dei quali – Domenico Pinelli, Benedetto Giustiniani e Antonio Sauli – furono elevati al cardinalato da papa Peretti. Soltanto nel 1591, e cioè all’avvento di Gregorio XIV, Spinola ottenne la carica di referendario delle due Segnature. Ma, se aveva sperato in una rapida ascesa, la morte di quel papa e la successiva elezione di Clemente VIII nel 1592 ne frustrarono le ambizioni. Il nuovo pontefice si mostrò maldisposto verso i genovesi, di cui cercò immediatamente di ridimensionare potere e visibilità. Spinola seppe però trarre vantaggio dalla occasione rappresentata dalla devoluzione di Ferrara.
Nel 1597, alla morte di Alfonso II d’Este, estintasi la linea principale di quella dinastia, il duca nominò suo erede il cugino Cesare. La designazione fu immediatamente contestata da Clemente VIII, che si affrettò ad avanzare gli antichi diritti pontifici su Ferrara e ne reclamò pertanto l’annessione. Nella manovra diplomatica che papa Aldobrandini condusse per guadagnare alla sua causa le principali corti europee, e alcuni Stati italiani (tra i quali la Repubblica di Genova), Spinola svolse un ruolo negoziale con il suo paese di nascita. Clemente VIII, d’altra parte, lo valorizzò nominandolo in quello stesso 1597 vicelegato di Bologna, carica che mantenne sino al 1602.
La nomina era tutt’altro che casuale, perché a Bologna Spinola si trovò a coordinare il transito di armi e di munizioni che presto iniziarono ad affluire da Genova e dagli scali liguri, nell’eventualità che potesse verificarsi una guerra. Una visibilità che ne rafforzò le posizioni presso l’oligarchia genovese, speranzosa di servirsi di quell’ecclesiastico in ascesa per guadagnare la benevolenza di Clemente VIII. Del resto, proprio grazie al sostegno offerto a Roma, la Repubblica ottenne dagli Aldobrandini la promessa di sostenerne le ragioni in una vertenza con il duca di Savoia per il possesso del feudo imperiale di Pornassio. Una vicenda che, demandata al Collegio dei dottori di Bologna, chiamò inevitabilmente in causa proprio il vicelegato bolognese Spinola. Questi si adoperò con zelo ed efficacia in favore della Repubblica, le cui autorità in segno di gratitudine si impegnarono a caldeggiarne il nome per l’arcivescovado genovese, rimasto vacante nel 1600.
La designazione fu accolta, e Spinola andò a reggere l’arcidiocesi di Genova, che avrebbe governato sino alla sua morte principalmente per mezzo di vicari. Alla morte di Clemente VIII nel 1605, gli fu affidata la carica di governatore di Borgo, importante per mantenere l’ordine nella città, specialmente durante le sedi vacanti. Dopo la breve parentesi di Leone XI, l’elezione di Paolo V diede un forte impulso alla sua carriera. Inviato a Ferrara, fu dapprima, come a Bologna, vicelegato; ma, con la nomina cardinalizia nel settembre del 1606, divenne legato di quella città alla cui acquisizione da parte dello Stato ecclesiastico aveva contribuito.
Giunse in quella legazione nelle complicate circostanze dell’interdetto su Venezia, trovandosi in prima linea in quella tesa vicenda; anche perché tra i territori ferraresi e quelli della Repubblica veneta correva un confine piuttosto incerto. Paolo V riponeva però grande fiducia nel porporato genovese, con il quale era in rapporti d’amicizia già prima della sua elevazione al papato, e di cui non mancava di esaltare le doti di ligio esecutore delle sue disposizioni. La sua opera di governo a Ferrara rimase tuttavia memorabile per altre ragioni, e particolarmente per aver portato a termine la costruzione di una fortezza messa in cantiere da Clemente VIII e affidata alle cure del celebre architetto Pompeo Targone. In onore del papa che l’aveva favorito, Spinola chiamò Paola una delle nuove porte della città. Papa Borghese mostrò la sua considerazione per il porporato genovese facendo erigere nel 1618 un monumento raffigurante Spinola, che fu posto proprio nella piazza d’armi della fortezza ferrarese: «una statua colossale di marmo [...] opera di certo Giovanni Luca Genovese, la quale poi nel 1796 fu dai francesi decollata, rovesciata e sepolta» (Bertoldi, 1817, p. 59).
Egli non fece in tempo a vedere completato il monumento, perché morì a Genova il 24 giugno 1616. In quell’anno, minato dalla malattia che l’avrebbe portato di lì a poco nella tomba, aveva lasciato il governo di Ferrara per recarsi a Roma, dove aveva preso congedo da Paolo V, prima di ritirarsi nella città natale.
Le esequie furono magnifiche. L’orazione funebre fu pronunciata dal gesuita bolognese Girolamo Gessi; mentre un nipote di Orazio, Giovanni Vincenzo Imperiale, uno dei letterati e poeti più in vista della Genova barocca, compose un encomio poi dato alle stampe. Inoltre, il governo della Repubblica aveva disposto, in via del tutto eccezionale, che la sua salma trovasse posto nella cattedrale genovese di S. Lorenzo, vicino all’urna contenente le ceneri di s. Giovanni Battista.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Genova, Archivio segreto, 1872, 1876, 1977, 2342, 2811, 2813, 2819; Archivio di Stato di Roma, Archivio Giustiniani, 89; Città del Vaticano, Archivio segreto Vaticano, Fondo Borghese, s. III, 21 b; Biblioteca apostolica Vaticana, Urb. lat. 1065 II.
G.V. Imperiale, Funerali nella morte dell’Ill.mo et R.mo Signor Card.le Horatio Spinola arcivescovo di Genova, Genova 1616; G.V. Marchesi Buonaccorsi, Antichità ed eccellenza del Protonotariato apostolico partecipante, Faenza 1751, p. 391; L. Cardella, Memorie storiche de’ cardinali della Santa Romana Chiesa, VI, Roma 1793, pp. 128-130; F.L. Bertoldi, Dei diversi domini a quali è stata soggetta Ferrara e de’ principi che la governarono dalla sua origine sino all’anno MDCCCXVI, Ferrara 1817, pp. 59 s.; G. Spotorno, Storia letteraria della Liguria, IV, Genova 1826, p. 144; G. Moroni, Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica, LXVIII, Venezia 1854, p. 294; P. Accame, Notizie e documenti per servire alla storia delle relazioni di Genova con Bologna, in Atti e memorie della Regia Deputazione di storia patria per le province di Romagna, XV (1897), pp. 285 s.; Legati e governatori dello Stato pontificio, 1550-1809, a cura di Ch. Weber, Roma 1994, p. 930; B. Emich, Potere della parola, parole del potere: Ferrara e Roma verso il 1600, in Dimensioni e problemi della ricerca storica, 2001, n. 2, pp. 79-106; J. Zunckel et al., Romische Mikropolitik unter Papst Paul V. Borghese (1605-1621) zwischen Spanien, Neapel, Mailand und Genua, Tubingen 2004, ad indicem.