TOSCANELLA, Orazio
– Nacque attorno al 1520, da Giovanbattista. Il nome della madre non è noto, come non si conosce il luogo di nascita, né quello di origine della famiglia: forse nel Padovano, come indicherebbero alcuni documenti d’archivio, secondo i quali Toscanella disponeva di proprietà a Castelbaldo e un fratello, Muzio, morì in giovane età al servizio della Serenissima.
In data non precisabile sposò tale Niccolosa Vampa (o Vanza), da cui ebbe numerosi figli. Fu per vari anni maestro di scuola e precettore tra il Padovano e il Polesine: era di stanza a Castelbaldo nel 1554, mentre più tardi, fino al 1566, fu a Lendinara come pubblico precettore. Nel settembre del 1559, in occasione dell’elevazione a doge di Girolamo Priuli, rappresentò la città di Lendinara in qualità di oratore.
Già negli anni Cinquanta intratteneva rapporti con il milieu intellettuale veneto e in particolare veneziano, a partire da Pietro Aretino e Domenico Venier. Verso la fine del decennio prese parte alle attività dell’Accademia della Fratta, che si riuniva a Fratta Polesine sotto la protezione di Giovan Maria Bonardo e Lucrezia Gonzaga, in onore della quale Toscanella pubblicò anni più tardi dei testi poetici. Qui dovette conoscere numerosi letterati legati all’editoria lagunare: Lodovico Dolce, Ludovico Domenichi, Luigi Groto, Tommaso Porcacchi, Girolamo Ruscelli. Risale probabilmente a questi anni l’amicizia con il più giovane Celio Magno: forse per suo tramite, tra il 1557 e il 1561, dovette avere conoscenza diretta o mediata delle attività dell’Accademia Veneziana.
Se si escludono occasionali partecipazioni a iniziative collettive (come Il tempio della divina signora Giovanna d’Aragona, Venezia 1554), la presenza di Toscanella nell’ambito editoriale divenne regolare solo dal 1559, con numerose edizioni stampate dai principali editori veneziani. Già da queste emergono gli interessi di Toscanella per la retorica, la scrittura epistolare, i sussidi per l’insegnamento, come I modi più communi con che ha scritto Cicerone le sue Epistole secondo i generi di quelle (1559). L’interesse per l’epistolografia classica, che era la base per i propri corsi scolastici, continuò negli anni seguenti con i Concetti et forme di Cicerone, di Boccaccio, del Bembo, delle lettere di diversi (1560) e il Modo di studiare le pistole famigliari di M. Tullio Cicerone (1566), con i quali Toscanella mostra una forte vena didattica e propone sussidi alla scrittura epistolare da applicare alla pratica quotidiana. Estrapolando forme e materie da autori antichi e moderni, oltre che da precedenti repertori, Toscanella presenta ai lettori quanto più è utile a chi voglia «commodamente scrivere lettere», rimarcando il carattere largamente formulare accreditato a questa tipologia scrittoria.
Il suo compito di mediatore scolastico e culturale risulta evidente anche nelle successive pubblicazioni, in molti casi volgarizzamenti e prontuari. Nella traduzione della Retorica a Gaio Herennio (1561) e nei Precetti necessarii et altre cose utilissime [...] sopra diverse cose pertinenti alla grammatica, poetica, retorica, historia, topica, loica et ad altre facoltà (1562), l’esposizione è spesso accompagnata da diagrammi in forma di albero, già sperimentati pochi anni prima in ambito universitario da Francesco Robortello. Tale tecnica di visualizzazione del sapere mostra un debito con i testi retorici di Giulio Camillo, detto Delminio. Risalgono a questi anni anche due strumenti per l’apprendimento del latino, usciti entrambi da Vincenzo Valgrisi, il Dictionariolum latinum (1564), riedito più volte, e il Prontuario di voci volgari et latine (1565). La raccolta I motti, le facetie, argutie, burle et altre piacevolezze (1561) segue una moda editoriale già diffusa.
Gli stretti rapporti con il mondo dell’editoria lagunare spinsero Toscanella a spostarsi definitivamente a Venezia nel 1566, dove continuò la propria professione di precettore. Poté contare sulla protezione della famiglia Trevisan (alloggiava nel loro palazzo) e di altre famiglie veneziane, come i Morosini, con i quali intratteneva già dei rapporti, e di cui è riscontro un’inedita Oratione nella morte del clarissimo m. Gabriele Morosino (Paris, Bibliothèque nationale de France, ms. Italien, 993), datato al gennaio del 1566. Probabilmente in questi anni prestò i suoi servizi presso i Bragadin, occupandosi della formazione del giovane Giovan Francesco, figlio di Giovanni.
Nel 1566 iniziò a collaborare con Gabriele Giolito de’ Ferrari a ritmi serrati, ma in maniera non esclusiva. Il programma editoriale, volto alla stampa di traduzioni o adattamenti di classici latini, riprese in qualche misura il programma editoriale dell’ormai defunta Accademia Veneziana. La prima opera stampata fu probabilmente una traduzione di Quintiliano (Institutioni oratorie, 1566), nata su sollecitazione di Domenico Venier e di Celio Magno, con numerosi apparati. Seguirono il Modo di studiare le epistole famigliari di M.T. Cicerone, il Dialogo della partitione oratoria di M.T. Cicerone e le Osservationi sopra l’opere di Virgilio, pubblicate anch’esse nel 1566, le Institutioni grammaticali volgari et latine (1567), una grammatica latina che conobbe numerose ristampe ed ebbe un discreto successo all’estero, e le due parti delle Gioie historiche aggiunte alla prima parte delle vite di Plutarco (1567-1568), che aggiungono al testo dello storico antico cospicui apparati organizzati secondo luoghi topici. In questi anni Toscanella pubblicò anche presso altri editori veneziani, mostrando una netta continuità con i temi toccati nelle giolitine: tra le molte traduzioni, quella del De inventione dialettica di Rodolfo Agricola (1567), uscita presso Giovanni Bariletto, esibisce nella dedica e nei commenti paratestuali una vena antipedantesca e un sostegno del volgare che ben si adatta agli intenti divulgativi dell’Accademia Veneziana; è anzi certo che questa traduzione riprenda un progetto editoriale di quel consesso, che Toscanella recuperò con gli auspici di Celio Magno. Dello stesso anno è anche l’Arte metrica facilissima, edita sempre da Bariletto, manuale di metrica latina redatto in lingua italiana. Una marcata vena didattica traspare nel ricorso alle citate visualizzazioni del sapere tramite ‘ruote’, schemi e diagrammi, che vengono usati con grande copia nell’Armonia di tutti i principali retori, uscita presso Giovanni Varisco (Venezia 1569), sintesi dei precetti retorici antichi e moderni destinata a un pubblico interessato a un uso eminentemente pratico della retorica.
Nei primi anni Settanta, conclusa nel 1568 la collaborazione con Giolito, Toscanella continuò a pubblicare alacremente presso altri editori veneziani. Con un’Essortatione a i cristiani contra il Turco (1572), e con quattro testi poetici editi nella raccolta intitolata Trofeo della vittoria ottenuta dalla Christianissima Lega contra Turchi, curata da Luigi Groto (1572), contribuì alle pubblicazioni antiturchesche uscite a ridosso della battaglia di Lepanto. Tuttavia, a causa di strettezze economiche, che si facevano sempre più pressanti, e di una salute che cominciava a vacillare, Toscanella accentuò in questi stessi anni il dialogo con principi e potenziali mecenati, ora inviando proprie composizioni manoscritte (nell’ottobre del 1573 inviò a Guglielmo Gonzaga una commedia manoscritta, senza ottenere risposta), ora perseguendo una più attenta strategia di dedica dei propri volumi a stampa, a quanto pare senza riscontri.
Nei primi mesi del 1573 cercò di avvicinarsi alla corte dei Medici, forse per approfittare di un effettivo interesse di Cosimo I ad avere informatori nella città lagunare (è stato ipotizzato un contatto da parte di Orazio Urbani, agente mediceo in Laguna). Il legame con la corte fiorentina, lento a instaurarsi, fu tuttavia bloccato dalla morte di Cosimo nell’aprile del 1574.
In questi mesi uscirono presso De’ Franceschi le Bellezze del Furioso (1574), cui Toscanella lavorava già dagli anni Sessanta, con dedica a Francesco Maria II Della Rovere.
Si tratta probabilmente della sua compilazione più rilevante: in questo commento, dall’impianto spesso divagante, sono tre i punti su cui Toscanella insiste: le allegorie, i «luochi communi», censiti e ordinati nella seconda parte dell’opera, e gli artifici. Le Bellezze mostrano peraltro alcune sorprendenti tangenze con le Nuove pitture (1560) di Anton Francesco Doni, stampate sotto titolo di Pitture (1564): la vicinanza dei due testi, tale da sembrare un caso di plagio, è visibile soprattutto in alcuni punti derivati dal Theatro della memoria di Camillo, fonte comune ai due testi.
Tra le altre pubblicazioni di questi anni si ricordano l’Applicamento de i precetti della inventione, dispositione et elocutione (1575), nel quale elaborati diagrammi cercano di visualizzare tutte le possibilità topiche della scrittura epistolare, e i Discorsi cinque (1575), che contengono cinque brevi testi pensati come sussidio allo studio, tra i quali va segnalato il Discorso sul tradurre (pp. 28-35), unico scritto di riflessione metodologica edito da Toscanella.
La peste del 1575-76, che segnò una pausa coatta per le tipografie lagunari, acuì le difficoltà finanziarie di Toscanella, che dovette allontanarsi verso la Terraferma con la famiglia. Obbligato a «stare undici mesi senza guadagnare un soldo, con nove bocche sulle spalle», come scrisse negli Esercitii di Aftonio sofista (1578, p. 7), ebbe il solo sollievo di alcuni donativi da parte della famiglia Foscari.
Rientrato a Venezia, riprese nel giugno del 1576 i contatti con i Medici per tramite di Orazio Urbani e Belisario Vinta. Il nuovo granduca Francesco I gli concesse un viatico annuale di 40 scudi, e accettò anche la dedica di una Historia universale, sulla quale Toscanella lavorava alacremente dal 1573, con la speranza di pubblicarla presto. Toscanella manifestò la propria gratitudine nei confronti del granduca in più occasioni, inviandogli testi poetici e composizioni varie. Nell’estate del 1577 inventò per lui oroscopi e ‘cifre’, ovvero linguaggi cifrati considerati come uno strumento politico. Nell’agosto del 1578 inviò a Firenze un trattato di astrologia, da identificare verosimilmente nel ms. Magliabechiano, VII, 1284, cc. 91r-109v, della Biblioteca nazionale centrale di Firenze, intitolato Franciscus Etruriae duci nomen ab Horatio Tuscanella examinatur.
In questo periodo, se si esclude un’Orazione per l’elezione a doge di Sebastiano Venier (1577), le collaborazioni di Toscanella con il mondo della tipografia rallentarono sensibilmente. Da anni le difficili condizioni di vita avevano seriamente minato la sua salute, con momenti particolarmente difficili durante l’inverno 1577-78.
Morì a Venezia nel marzo o nell’aprile del 1579, come informa una lettera di Gian Battista Recanati a Vinta del 25 aprile di quell’anno.
Fonti e Bibl.: Restano inediti vari materiali: le Exercitationes, Verona, Biblioteca comunale, ms. 2332; alcuni documenti epistolari conservati a Venezia, Biblioteca nazionale Marciana, ms. Lat. XIV, 61 (= 4241); e alcune Memorie storiche, da collegare all’Historia universale, conservate ibid., ms. It. V, 167 (= 5840).
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