ORBACE
. È un tessuto di lana prodotto in Sardegna da tempo immemorabile, e sempre con gli stessi metodi rudimentali, dalle artigiane dell'isola.
L'orbace è usato tuttora da larga parte della popolazione per la confezione dei caratteristici costumi locali e dei "gabbani", specie di cappotti con cappuccio. Di esso anche si servono i pastori sardi per il "saccu", che serve loro sia da mantello sia da coperta ed è composto da due teli, lunghi circa tre o quattro volte la larghezza e cuciti per il lungo l'uno sull'altro.
L'orbace ricorda all'apparenza lo cheviot, sebbene sia un po' più ruvido, e viene prodotto in nero, bigio naturale e a righe diagonali bianche e nere o con semplici disegni. Esso viene tessuto in tutta la Sardegna e in specie nei paesi montani, nei quali si è in generale mantenuta maggiormente l'usanza del costume.
La lana delle pecore sarde, che è grossa e resistente, viene dapprima immersa per alcune ore in acqua riscaldata fino a 50°, in modo da non privarla del tutto dei grassi naturali che contribuiscono a conferire al tessuto una certa impermeabilità dovuta inoltre alla speciale fibra della lana sarda; essa è quindi lavata nelle acque dei torrenti onde asportarne definitivamente le materie estranee. Dopo essere stata asciugata al sole la lana viene poi sfioccata (laminada) e pettinata con pettine a chiodi; si effettua quindi la cernita della lana destinata alla filatura dell'ordito, scegliendo per questo quella più lunga e resistente mentre la rimanente è lasciata per la trama. La filatura viene fatta con la conocchia e col fuso dalle stesse donne dei pastori e mentre il filato dell'ordito ha sempre torsione diritta quello della trama la ha sempre rovescia.
La caratteristica principale dell'orbace, come del resto di quasi tutti i tessuti a mano, è data dalla più o meno marcata irregolarità del filato.
La tessitura è eseguita su rudimentali telai a mano molto stretti, l'altezza comune dell'orbace essendo infatti di 55-65. cm.
Il tessuto, che esce dal telaio molto ruvido e rigido, viene battuto per ventiquattro ore circa a mezzo della "gualchiera", composta da due grossi magli di legno azionati da una ruota idraulica; i due magli cadono alternativamente e pesantemente sul tessuto che è leggermente ma costantemente bagnato (follatura). Per talune qualità di tessuto quest'operazione è poi completata nella casa della tessitrice dove due donne, sedute l'una di fronte all'altra, comprimono e rivoltano con i loro piedi nudi il tessuto inumidito per fargli acquistare un ulteriore grado di morbidezza.
Il tessuto viene lasciato in riposo per alcuni giorni e poi si procede alla tintura. Esso viene dapprima sottoposto alla bollitura in un bagno che gli conferisce un primo colore giallo e la cui materia colorante è dovuta a una pianta chiamata in dialetto "truiscu" (Daphne gnidium). Dopo di ciò viene ancora bollito in un secondo bagno ricavato dalla bollitura della corteccia dell'albero campeggio con l'aggiunta di vetriolo quale mordente, bagno che gli dà il suo definitivo colore nero. Il tessuto viene quindi lavato con acqua corrente, per purgarlo delle materie coloranti non completamente assorbite, asciugato all'ombra e infine arrotolato al telaio, operazione corrispondente alla stiratura. Ora si cominciano a usare i coloranti chimici che dànno risultati migliori perché la tinta, oltre a essere più uniforme e di un nero più carico, presenta una maggiore solidità all'acqua, allo sfregamento e alla luce.
Un tipo comune di orbace (quello della marina italiana, alto cm: 65) è composto di 19 fili di ordito 10 (tit. metr.) e di 15 fili di trama 6; peso g. 500 al mq.; lavorazione a batavia. Un tipo più pesante è composto di 20 fili di ordito 6 (tit. metr.) e di 8 battute di trama 2; peso g. 800 al mq.; lavorazione pure a 4 licci batavia. L'orbace per le sue doti di grande resistenza e durata nonché per la sua quasi totale impermeabilità, è da tempo usato dalle marine inglese e italiana, ed è stato con recente disposizione prescritto dal Partito nazionale fascista per la confezione della giacca invernale dei suoi iscritti.
Se tra i Sardi l'orbace, usato sinora soltanto per i costumi locali, è stato, in seguito alla scomparsa di questi, sostituito a poco a poco da tessuti moderni meno solidi, esso rimane tuttavia il tessuto nazionale da preferirsi per sport e per campagna.
Bibl.: A. La Marmora, Voyage en Sardeigne de 1819 à 1825, voll. 5, Parigi 1837-1857.