ORBITA
. Astronomia. - Si dicono orbite le traiettorie descritte dai corpi celesti, che si muovono intorno a un altro corpo centrale, verso il quale sono attratti secondo la legge di Newton. In particolare si considerano le orbite dei pianeti e delle comete intorno al Sole, quelle dei satelliti intorno al rispettivo pianeta e quelle delle stelle doppie. Per i pianeti, per le comete periodiche e per i satelliti valgono con grande approssimazione le tre leggi di Kepler (v. kepler, XX, p. 168), che servirono al Newton per la deduzione della legge della gravitazione universale. Da questa, reciprocamente, consegue che, se due soli corpi sono in presenza l'uno dell'altro, come si può ritenere avvenga nel caso delle stelle doppie, ciascuno di essi si muove intorno al loro comune centro di massa, seguendo rigorosamente le prime due leggi di Kepler (orbite ellittiche con il fuoco in tale centro e costanza della velocità areolare) e che lo stesso si può dire del moto relativo d'uno di essi rispetto all'altro. Tuttavia l'orbita è un'ellisse solo quando il quadrato della velocità relativa dei due corpi in una qualsiasi loro posizione risulta minore di 2 k2 (m0 + m) : r, essendo k2 la costante della gravitazione universale, m0, m le masse dei due corpi, r la loro distanza nella posizione considerata. Se tale limite è raggiunto, oppure sorpassato, come avviene nel caso delle comete non periodiche, l'orbita è invece una parabola, o rispettivamente un ramo d'iperbole. Dalla legge di Newton scende pure che il rapporto fra il cubo del semiasse maggiore a di un'orbita ellittica e il quadrato del tempo T di rivoluzione è dato dalla relazione
Quindi, se le masse m di più corpi circolanti intorno a uno stesso corpo centrale non sono tra loro eguali, il detto rapporto non è più costante come esigerebbe la terza legge di Kepler, ma lo sarà tanto più approssimativamente quanto più le dette masse sono trascurabili di fronte alla massa m0 del corpo centrale. Similmente non saranno rigorosamente soddisfatte nemmeno le prime due leggi di Kepler, intervenendo su ciascun corpo le azioni di tutte le masse; tuttavia nei moti dei pianeti e delle comete intorno al Sole e nei moti dei satelliti intorno al rispettivo pianeta l'azione del corpo centrale è così preponderante sulle altre, che le traiettorie non differiscono che assai poco da ellissi (o parabole e iperboli per le comete non periodiche) e si suole quindi studiare i moti suddetti successivamente:1. con calcoli di prima approssimazione, nei quali i corpi si considerano in presenza del solo corpo centrale e, generalmente, si ritengono di massa trascurabile; 2. con il calcolo delle perturbazioni, nel quale si studiano le deviazioni delle orbite effettive dalle coniche considerate in prima approssimazione; 3. con calcoli definitivi, nei quali si riprendono e si sviluppano i metodi dei calcoli di prima approssimazione, applicando però alle posizioni osservate o alle quantità calcolate, secondo i casi, le correzioni di perturbazione. Rimandando per queste correzioni ad altra voce (v. perturbazioni), ci limiteremo qui a considerare orbite non perturbate.
Definizioni. - Ogni orbita ha un punto di massima vicinanza al corpo centrale che ne occupa il fuoco; e tale punto si dice perielio per le orbite dei pianeti intorno al Sole, perigeo per l'orbita della Luna e per quella apparente del Sole intorno alla Terra, perigiove e simili per le orbite dei satelliti di Giove e degli altri pianeti, periastro per l'orbita di una stella satellite intorno alla stella principale. Nelle orbite ellittiche questo punto di massima vicinanza è evidentemente quell'estremo dell'asse maggiore che sta, rispetto al centro dell'ellisse, dalla parte del fuoco occupato dal centro di attrazione; in quelle paraboliche e iperboliche esso ne è il vertice. Nelle orbite ellittiche l'altro estremo dell'asse maggiore è il punto di massima lontananza dal centro di attrazione e si dice, secondo i casi, afelio, apogeo, apogiove, apoastro.
Il segmento che dal centro di attrazione va al corpo che si considera si chiama raggio vettore, l'angolo che esso forma con la direzione del perielio si dice anomalia vera, e questa si conta da 0° a 360° nel verso del moto. Raggio vettore r e anomalia vera v sono legati dall'equazione polare della conica riferita al fuoco (v. coniche, n. 19)
nella quale p è il parametro, mentre e denota l'eccentricità.
Calcolo della posizione occupata da un astro sulla sua orbita. - Essa è definita dal raggio vettore e dall'anomalia vera e resta determinata a ogni istante t quando siano dati tre elementi dell'orbita stessa. Un primo elemento fissa una dimensione di questa ed è il semiasse maggiore a nell'ellisse o la distanza perielia q nella parabola o nel ramo d'iperbole. Un secondo elemento ne precisa la forma ed è l'eccentricità e. Il terzo elemento, cinematico, è il tempo t0 del passaggio al perielio o altro analogo elemento che fissa una posizione iniziale dell'astro sull'orbita.
I primi due elementi non hanno carattere esclusivamente geometrico. Infatti, in primo luogo, il semiasse maggiore a di un'orbita ellittica, che si dice anche distanza media dell'astro dal corpo centrale, è legato al periodo T di una rivoluzione dalla (1). Nel caso dei moti planetarî il Gauss, assumendo per unità di massa quella del Sole (m0 = 1), per unità di distanza la distanza media della Terra (o meglio del centro di massa del sistema Terra-Luna) dal Sole, per unità di tempo il giorno solare medio e ponendo quindi per detto sistema Terra-Luna a = 1, T = 365, 2563835 ed m/m0 = 1/354710, ottenne k = o,01720209895. È questa la costante di Gauss, usata anche ora dagli astronomi.
Noto k, se m/m0 si trascura, come nel caso delle comete e degli asteroidi, si ha dalla (1)
la quale determina il rapporto n = 2 π/T, che si dice movimento medio diurno. Per i pianeti maggiori la massa m viene considerata come un ulteriore elemento dinamico dell'orbita, che permette, con la (1), l'esatta determinazione di n.
In secondo luogo i due elementi a ed e o q ed e sono legati al parametro p della conica dalla relazione
(la prima nelle quali vale anche nel caso dell'iperbole, se si assume a eguale al semiasse trasvereo preso negativamente) e il parametro p determina il doppio della velocità areolare c, poiché, supposto m/mo trascurabile, si ha:
Noti i tre elementi suddetti (v. kepler, XX, p. 168), l'equazione di Kepler
determina l'anomalia eccentrica E e le formule del moto ellittico, fra le quali
determinano il raggio vettore r e l'anomalia vera v. L'equazione di Kepler e le formule del moto ellittico valgono anche per il moto sull'iperbole, purché all'asse trasverso a dell'iperbole si dia valore negativo e l'anomalia eccentrica E si assuma immaginaria. Ma i rami di iperbole percorsi da comete sono così prossimi a parabole che i relativi calcoli si riconducono salvo le opportune varianti a scopo correttivo, al caso della parabola. ln questo caso l'anomalia vera si ricava dall'equazione
che si ottiene integrando l'equazione differenziale che esprime la legge delle aree; poi si ha il raggio vettore r dall'equazione polare della parabola riferita al fuoco:
Posizione eliocentrica e geocentrica nello spazio dell'astro che descrive l'orbita. - Nota la posizione dell'astro sull'orbita, per determinare questa posizione nello spazio occorre introdurre altri tre elementi, angolari, due dei quali destinati a fissare nello spazio la posizione del piano del moto e il terzo determinante su detto piano l'orientazione dell'orbita. Per una loro esatta definizione conviene ricorrere alla rappresentazione sferica delle direzioni. Limitandoci alle orbite dei pianeti e delle comete assumiamo il centro del Sole come centro di una sfera di raggio unitario, questa unità potendo del resto essere scelta ad arbitrio (fig. 1). Riferiamo poi le posizioni dell'astro ad assi cartesiani x, y, z, con l'origine nel centro del Sole; le loro direzioni positive saranno rappresentate dai tre punti I, J, K, in cui essi incontrano la superficie sferica, mentre i tre piani coordinati saranno analogamente rappresentati dai tre cerchi massimi IJ, JK, KI. Ordinariamente si assumono assi eclittici, per i quali il cerchio massimo IJ è l'eclittica, il punto K ne è il polo boreale ed il punto I è l'equinozio di primavera; in altre parole il piano xy è il piano dell'orbita terrestre, l'asse x è l'intersezione di questo piano con un piano parallelo all'equatore terrestre condotto per il centro del Sole, e la sua orientazione positiva è quella in cui il Sole è visto dalla Terra intorno al 21 marzo, quando sulla sfera celeste geocentrica esso passa dall'emisfero australe a quello boreale. Possono essere assunti anche assi equatoriali, nel qual caso il piano xy è parallelo al piano equatoriale terrestre, l'asse x ha ancora l'orientazione definita dall'equinozio di primavera e l'asse z è rivolto al polo boreale del mondo. Il piano dell'orbita è rappresentato sulla sfera, avente il centro nel Sole, da un cerchio massimo che incontra quello IJ in due punti opposti ??? e ???, detti nodi; e linea dei nodi si dice la retta diametrale che li congiunge. In particolare si chiama nodo ascendente quello attraversato dal raggio vettore che congiunge il Sole col corpo celeste C quando questo passa dalle regioni australi alle regioni boreali rispetto al piano xy; nodo discendente l'altro. Le direzioni dei raggi vettori: SΠ, diretto al perielio, SC, diretto a una posizione generica dell'astro, sono finalmente rappresentate sulla sfera dai punti P e U del cerchio massimo dell'orbita e l'arco PU misura l'anomalia vera v.
I tre elementi angolari dell'orbita sono allora: 1. l'angolo ϑ fra l'asse x e la linea dei nodi e più precisamente l'arco I ???, contato dall'equinozio di primavera I al nodo ascendente, da 0° a 360° nel verso diretto (cioè nel verso del moto della Terra intorno al Sole); esso è detto longitudine del nodo (o ascensione retta del nodo nel caso di assi equatoriali). 2. L'angolo diedro i fra il piano xy e il piano dell'orbita, o più precisamente l'angolo sferico avente il vertice nel nodo ascendente ??? e contato da 0° a 180° a partire dall'arco ??? J di eclittica (o di equatore), percorso nel senso diretto, fino all'arco ??? P dell'orbita, percorso nel senso del moto; esso si dice inclinazione dell'orbita; se è i 〈 90° il moto si dice diretto, se è i > 90° il moto si dice retrogrado. 3. L'angolo ω tra la linea dei nodi e l'asse maggiore dell'orbita, e più precisamente l'arco ??? P contato sul cerchio massimo dell'orbita da 0° a 360°, nel senso del moto a partire dal nodo ascentlente fino al punto P della direzione perielia; esso si chiama distanza del perielio dal nodo. Per assi eclittici e per i pianeti maggiori si dà ordinariamente come terzo elemento la somma ῶ = ϑ + ω, detta impropriamente longitudine del perielio; essa rappresenta l'arco γ′ P contato da un punto γ′ distante dal nodo ascendente quanto lo è l'equinozio di primavera I; da questo stesso punto γ′ si conta poi la longitudine γ′ U di una qualunque altra posizione C dell'astro.
La somma u = ω + v dà la distanza dell'astro dal nodo, cioè l'arco ??? U; e mediante ϑ, i e u è facile determinare i coseni di direzione del raggio vettore r, cioè i coseni degli archi IU, JU, KU; questi coseni moltiplicati per il raggio vettore r daranno le coordinate cartesiane eliocentriche x, y, z. Precisamente si ha
Se X, Y, Z sono poi le coordinate del Sole in un sistema di assi x′, y′, z′ parallelo al precedente e con l'origine nella Terra (fig. 2), le coordinate cartesiane geocentriche dell'astro x′, y′, z′, o quelle equatoriali corrispondenti: distanza ρ dalla Terra, longitudine celeste o ascensione retta α; latitudine o declinazione β, resteranno determinate dalle relazioni:
Orbite apparenti geocentriche. - Le coordinate angolari α e β definiscono la direzione della visuale che va dalla Terra al pianeta o alla cometa; ossia, in altre parole, la posizione dell'astro sulla sfera celeste geocentrica. Questa posizione, punto d'incontro della predetta visuale con una sfera avente il centro nel centro della Terra, si sposta con velocità variabile lungo una curva, detta orbita apparente geocentrica, molto irregolare e complicata, con cappî e punti di regresso, che per i pianeti e le comete periodiche si ripresentano a ogni opposizione, ma con forme differenti e in posizioni diverse sulla sfera. Per i pianeti maggiori queste orbite apparenti non si allontanano mai troppo dall'eclittica, data la piccola inclinazione su questa dell'orbita reale eliocentrica, e la fascia circostante l'eclittica, entro cui sono contenute, è lo zodiaco.
La complicazione di questi movimenti apparenti, soltanto essi osservabili, impedì, fino all'epoca di Kepler, di dedurre la vera natura delle orbite planetarie e ancor meno la natura delle orbite delle comete. Sulle orbite apparenti il Lambert ha potuto dedurre dalla teoria una legge che si può facilmente verificare rappresentando su un globo celeste questi movimenti: l'orbita apparente rivolge la concavità al Sole (o più precisamente nell'intorno di un suo punto e rispetto al cerchio massimo in questo tangente essa si svolge nell'emisfero in cui sta il Sole) finché la distanza dell'astro dal Sole è minore di quella della Terra dal Sole e rivolge invece la convessità nel caso opposto. L'orbita apparente deve quindi presentare un flesso tutte le volte che il Sole attraversa il cerchio massimo tangente all'orbita apparente e, nei casi di orbite di comete, tutte le volte che una cometa, avvicinandosi al Sole o allontanandosene, giunge a una distanza da esso eguale a quella della Terra. Ne segue pure che le orbite apparenti di Mercurio e di Venere sono rivolte sempre con la loro concavità verso il Sole, quelle dei rimanenti pianeti sempre con la loro convessità.
Calcolo degli elementi di un'orbita dalle osservazioni. - Sia S il Sole e siano T1, T2, T3 le posizioni occupate dalla Terra a tre tempi noti t1, t2, t3 nei quali è stato osservato un pianeta o una cometa (figura 3); queste osservazioni permettono di tracciare le rette orientate indefinite T1 C2, T2 C2, T3 C3, su cui il corpo celeste è situato ai tempi corrispondenti. Ogni piano condotto per S determina una conica passante per i tre punti C1, C2, C3, in cui esso interseca le tre rette, e avente il fuoco in S, e questa conica, considerata come possibile orbita del corpo C, ha una sua propria costante delle aree k √p, determinata dal suo parametro. I due elementi incogniti che definiscono il piano al quale appartengono le tre effettive posizioni C1, C2, C3 del corpo restano determinati dalle due condizioni che i rapporti tra le aree dei settori SC1C2, SC2C3 della conica e gl'intervalli di tempo corrispondenti t2 − t1, t3 − t2 coincidano con il valore della velocità areolare proprio alla conica. Tre osservazioni complete determinano quindi gli elementi dell'orbita.
Considerando la stessa questione dal punto di vista analitico, ricordiamo che le tre coppie α1, β1; α2, β2; α3, β3 delle coordinate angolari dell'astro, osservate ai tempi noti t1, t2 t3, si devono poter dedurre dai sei elementi dell'orbita, se questi fossero noti, attraverso una serie di equazioni che contengono varie altre quantità ausiliarie; ne viene che quando le sei coordinate α, β sono date e sono invece incogniti i sei elementi dell'orbita, il numero complessivo delle equazioni continua a coincidere con il numero complessivo delle incognite, e il sistema è quindi determinato. Ma, sia che si esaminino le condizioni geometrico-meccaniche da soddisfare, sia che si considerino le equazioni da risolvere, e fra queste in particolare la (2) di Kepler e la (3) del caso parabolico, si riconosce facilmente come la soluzione del problema presenti difficoltà, che in via generale si possono ritenere insormontabili. Nel caso di osservazioni molto vicine nel tempo il problema ha occupato costantemente gli astronomi dall'epoca di Newton in poi; però soltanto con Laplace, Gauss e Olbers si ebbero metodi di soluzione comodi e pratici, fondati su sviluppi in serie per le potenze del tempo, arrestati a pochi termini. In causa di questa semplificazione essi conducono soltanto a soluzioni approssimate, ma resta poi facile il perfezionarle.
Il Laplace sviluppa, ad es., in serie di potenze del tempo, contato a partire da un'origine t scelta opportunamente, le coordinate αh, e βh, (h = 1, 2, 3) e, arrestandosi alle seconde potenze, come ad es. nella formula
determina i valori di α, β, e quelli delle loro derivate prime rispetto al tempo α???, β???, e delle loro derivate seconde α???, β???, corrispondenti al tempo prescelto t. Derivando poi due volte rispetto al tempo le equazioni (4), compariranno in queste le predette quantità note, le incognite ρ, ρ???, ρ??? e le derivate seconde, rispetto al tempo, delle coordinate x, y, z eliocentriche dell'astro e delle coordinate geocentriche X, Y, Z del Sole, le quali, cambiate di segno, sono le coordinate eliocentriche della Terra. Queste derivate seconde coincidono con le componenti, secondo i tre assi prescelti, delle forze k2/r2 e k2/R2 che il Sole esercita sull'unità di massa dell'astro distante r dal Sole e sull'unità di massa della Terra distante R; e mentre queste seconde sono perfettamente note, le prime si ottengono moltiplicando k2/r2 per i tre coseni di direzione del raggio vettore dell'astro: x/r, y/r, z/r e cambiando segno. Ne viene che, esprimendo con le stesse (4) x, y, z mediante ρ e quantità note, le tre equazioni ottenute per derivazione diventano lineari nelle tre incognite ρ, ρ???, ρ???, pur contenendo l'incognita r3 a denominatore nei coefficienti e nei termini noti. La soluzione rispetto a ρ dà ad ogni modo una prima relazione fra ρ e r. Una seconda equazione si ha considerando il triangolo STC (Sole, Terra, Corpo celeste) in cui il lato ST e l'angolo in T sono noti (fig. 2). Conosciuto ρ e similmente ρ???, si hanno x, y, z; ú, ÿ, ä, cioè le coordinate e le eomponenti della velocità a un dato istante, le quali determinano completamente il moto e cioè l'orbita.
Nel metodo di Gauss, poiché le tre posizioni incognite eliocentriche dell'astro x1 y1 z1; x2 y2 z2; x3 y3 z3; appartengono a uno stesso piano passante per l'origine, dovranno essere soddisfatte le tre equazioni
dove n1 ed n3 saranno i rapporti delle aree dei triangoli SC2C3, SC1C2 all'area del triangolo SC1 C3 (fig. 3). Per questi rapporti il Gauss utilizza degli sviluppi in serie limitati alle seconde potenze degli intervalli di tempo, nei quali compare la sola incognita r2 (distanza SC2), anche qui a denominatore con l'esponente 3. Ricorrendo alle (4) per ciascun valore t1, t2, t3 del tempo si hanno ancora tre equazioni lineari nelle incognite ρ1, ρ2, ρ3, ma con l'ulteriore incognita r2 nei coefficienti. Risolvendo rispetto a ρ2, si ha una prima equazione fra ρ2 e r2, mentre una seconda equazione tra le stesse incognite si ha, come nel metodo di Laplace, dal triangolo ST2C2. Calcolate ρ2 e r2 si determinano ρ1, ρ3 e quindi x1 y1 z1, x3 y3 z3 e il Gauss dà ulteriormente il modo di dedurre gli elementi dell'orbita dati due suoi punti C1, C3 e l'intervallo di tempo t3 − t1 impiegato dall'astro a passare dal primo al secondo.
Il metodo di Olbers vale nel caso della parabola; esso si serve di sviluppi in serie analoghi a quelli del Gauss e della seguente relazione di Lambert fra la somma r1 + r3 dei raggi vettori di due punti della parabola, la corda s che li unisce e il tempo t3 − t1 impiegato dal corpo a passare dall'uno all'altro dei due punti:
I tre precedenti metodi sono stati modificati ed esposti in varie forme da autori diversi; trattati appositi espongono i procedimenti più convenienti ai differenti casi; indicano le correzioni preliminari da applicare alle osservazioni per tener conto di particolari fenomeni studiati dall'astronomia sferica e altre correzioni che possono essere introdotte solo a calcoli avanzati; dànno i procedimenti per raggiungere una maggiore approssimazione ed infine svolgono come debbano essere effettuati i calcoli definitivi, dopo applicate le correzioni di perturbazione, tenendo conto di tutte le osservazioni disponibili e applicando il metodo dei minimi quadrati.
Bibl.: J. C. Watson, Theoretical Astronomy, Filadelfia 1868; Th. v. Oppolzer, Lehrbuch zur Bahnbestimmung der Kometen und Planeten, I, Lipsia 1870; 2ª ed., ivi 1882; II, ivi 1880; W. Klinkerfues, Theoretische Astronomie, Braunschweig 1912; J. Bauschinger, Die Bahnbestimmung der Himmelskörper, Lipsia 1928; G. Stracke, Bahnbestimmung der Planeten und Kometen, Berlino 1929.