FALIER (Faletro, Faledro), Ordelaffo (Ordelaf)
Figlio, secondo la Cronica di Andrea Dandolo e secondo la Origo civitatum di Vitale, eletto doge nel 1084, nacque probabilmente a Venezia. Non è nota la data precisa della sua nascita, avvenuta intorno agli anni Settanta del sec. XI. Al pari del padre il F. era soprannominato Dedoni o Deodoni, che può essere considerato come distintivo di uno dei rami della grande ed influente famiglia Falier. Va rilevato che nella sua forma contemporanea il nome di battesimo (Ordelaf) costituisce un anagramma del cognome (Faledro).
Il F. fu eletto doge, come successore di Vitale (I) Michiel, probabilmente nella primavera del 1102.
I decenni intorno al 1100 non offrono date sicure in merito ai periodi di governo dei dogi, che si possono calcolare soltanto in base ai riferimenti dei cronisti e sono perciò spesso controverse. Se accettiamo infatti l'ipotesi che il doge Vitale Falier, padre del F., sia morto nel dicembre 1095 e non nel 1096, e che il suo successore Vitale Michiel fu eletto alla fine del 1095 o agli inizi del 1096, ne consegue che il F. dovette divenire doge nel 1110 e non nel 1102. Il nuovo doge, che le fonti qualificano come "iuvenis", si trovò ad affrontare una serie di calamità naturali e conflitti politici. Numerosi ed estesi incendi devastarono varie zone della città, nel gennaio e nell'aprile del 1105 (o del 1106); mentre nel 1117 (e di nuovo, forse nel 1118) essa venne colpita anche da un terremoto. Ma la calamità più grave fu la violenta mareggiata che nel 1110 distrusse Malamocco, il vecchio centro, già gravemente danneggiato negli anni precedenti da inondazioni e tempeste. Infatti nel 1108 il monastero di S. Cipriano, da poco eretto, dovette essere spostato da Malamocco nella più sicura Murano; mentre, nel 1110, l'abate di S. Ilario donò, come nuova sede per il monastero dei Ss. Basso e Leone Confessore di Malamocco, il monastero e l'isola di S. Servolo. Nello stesso anno fu trasferita la chiesa vescovile dei Ss. Felice e Fortunato (e con ciò la sede episcopale) da Malamocco a Chioggia.
A tutto ciò si aggiunsero numerosi conflitti con i vicini della Terraferma. Nel 1101, o nel 1102, Venezia inviò truppe alla marchesa Matilde di Canossa per aiutarla nell'assedio della città di Ferrara. Il vescovo Gotpul di Treviso nel 1107 fece devastare il monastero di S. Ilario ai margini della laguna. La città di Padova si oppose ai lavori approntati dai Veneziani per regolare il flusso del fiume Brenta, così che alla fine si arrivò ad una vera e propria battaglia nel bAsso Brenta, dalla quale Venezia, a quanto sembra, uscì vittoriosa. Anche con la città di Ravenna Venezia ebbe conflitti di diversa natura, mentre solo con Verona essa concluse un trattato commerciale e di alleanza militare.
Nel 1108 i Normanni, sotto la guida di Boemondo figlio di Roberto il Guiscardo, sferrarono un nuovo attacco contro l'Impero bizantino mettendo in grave pericolo la libera navigazione nel basso Adriatico, di Importanza vitale per Venezia. Dietro richiesta dell'imperatore Alessio I Comneno, Venezia, nonostante tutte le difficoltà, inviò una flotta in soccorso a Bisanzio; Boemondo capitolò poco dopo.
Con l'imperatore d'Occidente, EnrIco V, Venezia sembra aver avuto, invece, durante il dogato del F., buoni rapporti, sanciti dal rinnovo del pactum nel 1111. Le clausole, già contenute nei patti precedenti, secondo le quali dovevano essere rispettati i confini tradizionali, potrebbero essere interpretate, alla luce dei conflitti in atto tra Venezia e i vescovi e i Comuni dell'Italia settentrionale, come rifiuto delle pretese avanzate da questi ultimi, tanto più che identiche formule si trovavano anche nei diplomi concessi più o meno nello stesso periodo dall'imperatore per i monasteri di S. Cipriano di Murano e S. Ilario. Nel 1116 l'imperatore si recò a Venezia: l'avvenimento fu celebrato con grande fasto dal doge e da tutta la città; in tale occasione vennero anche concessi i privilegi per i monasteri di S. Giorgio Maggiore e S. Zaccaria.
Nel corso del governo del F. fu avviata la fondazione dell'Arsenale veneziano: al 1104 si fa, infatti, risalire la recinzione con mura della relativa area a testimonianza dell'accresciuta importanza della flotta mercantile e da guerra per la città. Il F. svolse anche un'opera particolarmente importante per la costruzione e la decorazione della basilica di S. Marco. Parte dei più antichi mosaici, cioè le figure dei santi dell'abside, e almeno una delle porte bronzee dell'atrio furono eseguite al suo tempo; risale inoltre al dogato del F. l'acquisto della famosa "pala d'oro", da lui commissionata, a quanto riferisce Andrea Dandolo, nel 1105 a Bisanzio. In tempi recenti è stato anche sostenuto, con buone argomentazioni, che la "pala d'oro" sia stata un dono dello stesso imperatore bizantino all'alleata Venezia. La pala contiene anche un ritratto in smalto del F., rappresentato con un'aureola e con un'iscrizione che reca il suo nome e titolo. Si discute, tuttavia, se il ritratto sia originale e contemporaneo, se sia stato ritoccato e modificato più tardi, o se sia stato eseguito nel 1209, quando il doge Pietro Ziani e Angelo Falier, procuratore di S. Marco e discendente del F., fecero ingrandire e ritoccare la pala.
Nel 1112 per iniziativa del F. fu venduto per 2.000 lire alla famiglia Basilio (Baseggio) un terreno pubblico, che si trovava nei pressi della chiesa di S. Bartolomeo, dove un tempo era situata la Zecca. Con la somma ricavata, come è indicato puntualmente dai documenti, la città pagò i propri debiti dovuti a un privato cittadino e consegnò inoltre al patriarca di Grado il denaro necessario per allestire una legazione a Costantinopoli. Infine, essa stessa allestì una flotta che presumibilmente fu utilizzata per riconquistare la Dalmazia.
La questione dalmata rimaneva infatti, al tempo del governo del F., il principale problema di Venezia. In seguito all'unione personale della Croazia e del Regno di Ungheria, avvenuta nel 1102, il re magiaro Coloman iniziò ad intervenire anche in Dalmazia, sottomettendo le città costiere, da Spalato fino a Zara, e le isole circostanti. Per lungo tempo, a causa delle difficoltà prima ricordate, Venezia non fu in grado di opporsi all'espansione ungherese e dovette subire passivamente la perdita di porti così importanti per il commercio marittimo. Lo stesso F. rinunciò al titolo di dux Chroatiae, dato che esso non risulta in alcun documento originale. Una volta superato il pericolo normanno e concluse le lotte con i Comuni dell'Italia settentrionale la città, forte dell'appoggio fornitole dall'imperatore d'Occidente, ebbe di nuovo la forza per intervenire in Dalmazia.
Dal 1115 Venezia procedette alla riconquista, in varie campagne militari guidate personalmente dal F., dei porti della costa dalmata, riconfermando, anche se per poco tempo, il predominio veneto nel mar Adriatico: dopo la sua morte infatti, il loro possesso sfuggì di nuovo alla Repubblica. Proprio nel corso di una di queste battaglie, combattuta nei pressi della città di Zara, il F. perse la vita. Incerta è la data della morte avvenuta secondo le notizie fornite dall'Origo civitatum dopo un dogato di quindici anni, mentre Marin Sanuto la colloca dopo un governo di quindici anni, sei mesi e tredici giorni, e dunque o nel 1117 o al più tardi nel 1118. La sua salma fu portata in un primo momento a Zara, da lì fu traslata a Venezia, dove fu posta - come quella di suo padre Vitale - nell'atrio di S. Marco. Egli venne sepolto lì forse a motivo delle sue benemerenze per la costruzione e la decorazione della chiesa; della sua tomba non si è, comunque, conservata alcuna traccia. Suo successore fu Domenico Michiel.
Al F. è stato rimproverato dai cronisti di aver eccessivamente favorito, nel corso del suo dogato, i membri della sua famiglia elevati ad alte cariche civili ed ecclesiastiche: una Maria Falier risulta, così, badessa del monastero di S. Zaccaria, mentre altri due membri del casato, Giovanni e Domenico, furono dal F. nominati iudices rispettivamente nel 1107 e 1112. Fra gli ambasciatori veneziani inviati all'imperatore Enrico V nel 1111 figura anche un Vitale Falier, chiamato dallo stesso imperatore consobrinus, cugino quindi, o nipote del F.; Faletro Falier compare infine, durante il governo del F., come abate del grande monastero della Ss. Trinità e di S. Michele di Brondolo.
Al F. sopravvisse, ancora per dieci anni almeno, sua moglie Matelda. Fonti non coeve vogliono che Matelda fosse imparentata con la famiglia d'Este, o appartenesse alla casata di Baldovino, re di Gerusalemme. L'entità della sua dote, che ammontava a 8.000 lire, induce ad attribuire alla moglie del F. una nobile e ricca ascendenza. Ebbe probabilmente due figli: Bonifacio, da identificare forse con Bonifacio Falier, cappellano di S. Marco ed in seguito vescovo di Castello, e Vitale, che avrebbe ricoperto la carica di ambasciatore presso la corte d'Ungheria.
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