Ordinamenti di Giustizia
di Giustizia. Provvedimenti legislativi emanati a Firenze nel gennaio 1293; possono essere considerati come l'espressione giuridica di una politica antimagnatizia che era andata, maturando in quegli anni nel comune.
Nel tardo autunno del 1292 uno spirito nuovo è chiaramente avvertibile nell'ambiente politico fiorentino, la cui base si stava in quei giorni evolvendo in senso più democratico offrendosi la possibilità di arrivare ai gangli vitali del potere a gente nuova e finanche appartenente alle arti minori. Naturalmente non bisogna fraintendere, né arrivare a conclusioni di rigide contrapposizioni sociali: il nuovo ceto dirigente, oltre a qualche elemento della passata oligarchia, è per lo più composto da gente politicamente nuova, nel senso cioè che trattasi di persone che avevano avuto una scarsa partecipazione alla vita politica del decennio precedente (1282-1292), o più avanti ancora: ma dal punto di vista socio-economico non è detto affatto che questi elementi politicamente nuovi appartenessero tutti quanti ad ambienti diversi, se non opposti, a quelli precedenti. Pensieri del genere ci porterebbero a interpretazioni e a conclusioni affrettate, sul tipo di quelle di una recente storiografia intelligente e suggestiva, ma anche non del tutto veritiera e convincente. La società comunale di questo periodo è piena di sfumature, di incertezze e sfugge a rigide classificazioni: per l'ambiente politico fiorentino, d'altronde, la messa a punto dell'Ottokar, che ha alla base profonde ricerche prosopografiche, è chiara e convincente, né ammette interpretazioni diverse.
Il nuovo ceto dirigente, arrivato al potere nel tardo autunno del 1292 e formato da artigiani maggiori e minori con larghe frange di carattere popolare, per il fatto stesso di essere costituito da gente nuova, si rivela subito come movimento che condanna in blocco l'ambiente e la pratica politica del periodo precedente: e come il gruppo dirigente del decennio 1282-1292 era costituito da una ristretta oligarchia (popolo grasso e cosiddetti magnati), così ora, quasi per naturale reazione, il vittorioso movimento politico si appoggia su larghi strati popolari da cui attinge " la sua energia e la sua forza " (Ottokar, p. 268).
Ma, logicamente, non si poteva colpire indiscriminatamente e in blocco tutto il ceto dirigente degli anni passati, anche perché era impossibile farlo per i molteplici legami, palesi e sotterranei, che legavano i nuovi dirigenti col precedente mondo politico cittadino: si colpiscono allora quelle persone (magnati) che la communis opinio considerava come la malvagia incarnazione di un periodo ora condannato in blocco e che agli occhi di tutti erano considerate come l'immagine della violenza, della prepotenza, del disprezzo del vivere civile; si arriva così alla legislazione eccezionale contro i magnati e queste nuove norme ora sono applicate integralmente e con rigore, se non addirittura con parzialità e livore, mentre nei decenni precedenti queste stesse norme, anche se esistenti, non solo non venivano osservate, ma spesso erano palesemente violate perché magnati e ceto di governo erano sostanzialmente la stessa cosa.
La storiografia è unanime nel constatare che i provvedimenti eccezionali approvati nell'inverno-primavera del 1293 (la data, qui e successivamente, è indicata secondo lo stile comune), anche se rivoluzionari nella sostanza e nelle conseguenze, non furono emanati da magistrature di natura eccezionale, nate da movimenti di piazza, bensì da quegli stessi organi politici che negli anni precedenti si erano prestati benissimo al predominio di una ristretta oligarchia. Il discorso, però, se ben considerato ha un interesse limitato: in sostanza si vuol dire che la costituzione cittadina anche con gli avvenimenti rivoluzionari del 1293 rimane sostanzialmente invariata e che gli stessi organi si prestano a fare politiche, specialmente quella interna, diametralmente opposte. Ma sarebbe di fondamentale importanza sapere come fu possibile l'affermazione del nuovo ceto dirigente: la politica era fatta dagli uomini e quello che interessava era l'arrivo delle persone nuove, espressioni di ambienti sociali diversi e di esigenze nuove, mediante le quali si dava allo stato un diverso indirizzo politico, specialmente evidente nella politica interna e naturalmente contrastante con quello precedente.
La lettura delle consulte gherardiane del tardo autunno del 1292 mostra chiaramente l'inizio della svolta: un linguaggio nuovo in persone nuove s'individua con immediatezza e questo ci dice subito che la china è ormai imboccata; la signoria eletta ai primi di dicembre ed entrata in funzione il 15 di quel mese è prevalentemente costituita da elementi favorevoli al nuovo corso: e ove appena si pensi al sistema di elezione nell'ufficio del priorato (cfr. PRIORATO) Si deve concludere che il nuovo ceto dirigente era ormai prevalente nella maggior parte degli organi politici del comune.
I risultati sono immediati perché quasi subito viene affrontato con spirito diverso dal precedente il problema della legislazione eccezionale contro i magnati: si arriva così all'emanazione degli O. di Giustizia.
Semplice l'iter della nuova legge e rapidissima l'approvazione, segni evidenti entrambi di una decisa volontà politica di arrivare rapidamente in porto.
Previa una presumibile discussione nelle consulte, il giorno 10 gennaio 1293 i Consigli opportuni (il che vuol dire che si segue la trafila prevista dagli statuti, quindi per ora non c'è proprio niente di eccezionale) concedono ai priori sedenti in ufficio la balia (leggi potere eccezionale e non contemplato negli statuti) per la preparazione della legge. E il fatto che i Consigli in parola approvino a larga maggioranza la proposta conferma appieno che il nuovo indirizzo politico ha in essi una solida maggioranza.
La signoria a sua volta, organo collegiale e formato di persone di diversa estrazione e di non sicura competenza giuridica, nomina una commissione di specialisti (i giuristi messer Alberto di Donato Ristori, messer Ubertino degli Strozzi e messer Baldo d'Aguglione) demandando loro il compito di preparare il testo della legge. Dopo appena sette giorni di lavoro, il 17 di quello stesso mese, la bozza (minuta) era pronta: in due giorni,17 e 18 gennaio, viene approvata a larga maggioranza dai Consigli (e questa stessa fretta conferma la decisa volontà politica di arrivare in fondo rapidamente) divenendo legge in senso formale del comune: erano così nati gli O. di Giustizia di Firenze.
Occorre ora un chiarimento sul significato e sul contenuto del termine ‛ ordinamenti ' (latino ordinamenta).
Alla fine del Duecento ‛ ordinamento ' (ma più spesso è adoperato il plurale ‛ ordinamenti ') ha diversi significati: il primo e più semplice è quello di disposizione legislativa, oggi si potrebbe dire legge in senso formale, non inserita nel corpo statutario, però, in quanto disposizione legislativa, valevole erga omnes, ma di durata limitata, generalmente un anno o poco più. È il caso della provvisione approvata il 2 ottobre 1286 (cfr. Arch. di Stato di Firenze, Provv. Reg. 1, cc. 27 ss.) contenente diversi provvedimenti, per l'esattezza tre, emanati per regolare la materia dei magnati e che ha sul margine il titolo Ordinamenta de securitate magnatum et alia. Il mancato inserimento nel corpo degli statuti dà al provvedimento un'efficacia limitata nel tempo.
Ben diversa è la volontà politica del legislatore del gennaio del 1293: ora si vuole assicurare la conservazione dei nuovi provvedimenti e quindi si decide " che questi non avrebbero mai dovuto essere aboliti e che non doveva essere mai convocato un Consiglio per mitigarne le norme " (Davidsohn, II II 642); a tale scopo vengono inseriti nel corpo statutario del comune. E per distinguerli dai semplici ‛ ordinamenti ' si aggiunge ai nuovi un attributo particolare quasi che esso bastasse a significarne la speciale natura e a garantirne la validità perpetua: così gli O. fiorentini si dissero di Giustizia, mentre a Bologna e altrove furono chiamati sacrati o sacratissimi.
Come gli O. di Giustizia fiorentini non sono affatto l'opera di un solo uomo, anche se questi, Giano della Bella, vi ebbe certamente larga parte, ma sono il risultato di un periodo rivoluzionario (Ottokar, p. 277), così è vuoto parlare d'influenze e di derivazioni, come è stato fatto più di una volta: ogni frutto, si sa, ha la sua stagione e vuole un clima particolare. C'è da pensare, d'altronde, che se una legge dell'importanza degli O. di Giustizia fiorentini fosse stata merce d'importazione essi non avrebbero attecchito nel modo che si conosce: perciò il frutto era genuino e quelle norme trovavano nell'ambiente sociale della città dell'Arno il loro habitat ideale.
Com'è noto, degli O. di Giustizia del gennaio del 1293 ci è pervenuto solo il volume dell'Archivio di Stato di Firenze contenente la minuta, preparata dalla commissione dei tre giuristi ed edita da Francesco Bonaini (cfr. più oltre CODICI ED EDIZIONI), mentre l'autentico, cioè il codice compilato sulla scorta della minuta e poi approvato dai Consigli opportuni, si può considerare perduto: ma il suo contenuto è ricostruito con certezza dal Salvemini attraverso il confronto del codice originale degli Ordinamenti del 6 luglio 1295 e la bozza bonainiana, per cui oggi si sa con sicurezza quante e quali erano le disposizioni dell'autentico del gennaio 1293.
Nel Magnati e Popolani del Salvemini è contenuta la disamina precisa e particolareggiata dei 22 articoli di questo primo nucleo degli O. di Giustizia, e a esso rimandiamo quanti volessero approfondire la materia: qui ci basti ricordare che le prime quattro rubriche riguardano il diritto costituzionale cittadino (le arti riconosciute come la base della costituzione comunale, elezione dei priori e del gonfaloniere di giustizia, organo istituito proprio ora, e affermazione del principio dell'esercizio effettivo di un'arte [execere artem] per essere ammessi al priorato, principio già fortemente limitativo a quanti, vivendo di rendita, non esercitavano un mestiere), mentre dalla rubrica quinta in poi comincia il diritto penale e che in sostanza altro non è se non una migliore precisazione di analoghe disposizioni precedenti.
La rapida approvazione degli O. di Giustizia del gennaio del 1293 denota, già si è detto poco sopra, la decisa vocazione antimagnatizia del nuovo ceto dirigente: ed è proprio questa nuova volontà di attuazione l'elemento veramente caratterizzante questi anni così diversi, sotto questo aspetto, dal periodo precedente, quando la legislazione contro i grandi era poco e malamente osservata tanto a Firenze che in altri comuni italiani.
Anche nell'applicazione pratica delle nuove disposizioni si nota subito la decisa volontà già vista nell'approvazione della legge nel gennaio 1293 e gli O. di Giustizia, consacrando uno stato di arbitrio rivoluzionario, sono applicati per l'onore ed esaltazione del popolo fiorentino (Ottokar, p. 271).
Nell'aprile del 1293, durante il priorato di Giano (15 febbraio - 15 aprile) si dà agli O. di Giustizia un contenuto politico, aspetto che finora essi non avevano: sotto la suggestione del Della Bella si aggiungono altri cinque provvedimenti, mediante i quali si sancisce l'esclusione dei magnati dagli uffici più importanti del comune; in sostanza s'impedisce loro il godimento dei diritti politici.
Le nuove disposizioni sono quelle di gran lunga più importanti e più gravide di conseguenze dell'intera legge: logica quindi la grande confusione che si è fatta dai contemporanei (anche il Compagni, che pure partecipò attivamente a tutti questi eventi) a oggi nel confondere o nell'identificare l'intero contenuto degli O. di Giustizia con le norme approvate nell'aprile del 1293.
Com'è noto, la vita politica fiorentina in ogni suo momento è stata caratterizzata dal suo continuo divenire (D. stesso, non si dimentichi, ce ne dà un'indubitata testimonianza) per l'irrequietezza, l'instabilità della sua base sociale: la cacciata di Giano del febbraio del 1295 dette il via a quel movimento a conclusione del quale (luglio di quello stesso anno) si affermano nuove forze sociali, mentre quelle autenticamente popolane e che avevano avuto il predominio politico fino allora perdono il potere (" il popolo minuto perdé ogni rigoglio e vigore " [Compagni I 17]): in sostanza si ritorna al predominio di quelle forze economico-sociali che avevano trionfato nei periodi precedenti; ma è un ambiente, questo, roso dal tarlo della divisione, per cui " cricche " e sette oligarchiche acquistano di nuovo un'importanza prevalente nella vita del comune (Ottokar, p. 287). Nell'orizzonte politico fiorentino si stagliano già nettamente i Bianchi e i Neri con tutte le nefaste conseguenze annesse alla violenta spaccatura del ceto dirigente cittadino.
Il nuovo clima politico affermatosi nella tarda primavera del 1295 era un'evidente rivolta contro la situazione rivoluzionaria degli anni 1292-1294, periodo che aveva visto il " tumultuoso predominio di fatto delle masse di piccola gente " (Ottokar, p. 287): e dal giugno di quello stesso anno arrivano al priorato elementi appartenenti, o comunque favorevoli, al popolo grasso-magnati.
Gli O. di Giustizia, considerati, e non a torto, come lo specchio fedele della precedente situazione di predominio delle forze autenticamente popolane, risentono con immediatezza del nuovo stato di cose e vengono attenuati: si arriva così alla legge del luglio 1295 considerata da tutti, anche dai contemporanei, come un temperamento degli O. di Giustizia del 1293 e delle aggiunte successive.
Di questa legge, com'è noto, ci è pervenuto il testo autentico dato alle stampe da più autori (v. oltre, CODICI ED EDIZIONI); perciò non ci soffermeremo qui a lungo nella disamina della medesima, anche perché il Salvemini l'ha già fatta oggetto di uno studio attento e scrupoloso. Ci basti qui osservare che il temperamento, pur lasciando in vigore gli O. di Giustizia, introduce norme e idee che mostrano in essere uno spirito sostanzialmente favorevole ai grandi, che ne vengono così a essere avvantaggiati. Cadono certi rigorismi introdotti e scrupolosamente osservati al tempo di Giano e s'introducono nuove norme che ne alterano non poco la natura, come l'iscrizione a un'arte per essere ammessi al godimento dei diritti politici, la necessità di produrre non più due ma tre testimoni di pubblica fama per provare il delitto di un grande, mentre il maleficio del magnate, per venire punito con le pene previste, doveva essere commesso studiose et meditate, col che, evidentemente, si volle ovviare alle precedenti lamentele dei grandi di cui ci parla il Compagni (" un caval corre, e dà della coda nel viso a uno popolano; o in una calca uno darà di petto sanza malizia a un altro; o più fanciulli di piccola età verrano a quistione; gli uomini gli accuseranno: debbano però costoro per sì piccola cosa essere disfatti? ", Compagni I 12). Il termine " raddolcimento " quindi, con cui qualcuno ha voluto indicare la legge del luglio del 1295, sottolinea benissimo il nuovo spirito che è alla base del provvedimento approvato il giorno 6 di quel mese.
Gli O. di Giustizia e la legislazione contro i magnati rimarranno in vigore anche nel corso del sec. XIV ma, tutto sommato, essi saranno fuori tempo, anacronistici e nella pratica svuotati di ogni contenuto reale, nonostante i mutamenti, correzioni, aggiunte operate dal comune, che cercò anche, ma invano, di ridurli a nuove forme, " l'ultima delle quali sarebbe poi quella che dal 1415 receverono gli statuti di Firenze al terzo libro per opera del Castrense " (Capei, p. 133).
Com'è noto, D. non ha ricordo alcuno degli O. di Giustizia e piuttosto freddo è il ricordo che egli ha di Giano della Bella (v.) in Pd XVI 127-132; e in ciò c'è forse il disdegno nei confronti di un nobile di antica data che aveva allora tralignato preferendo ‛ raunarsi col popolo ': cioè era passato alla Parte popolare.
Codici ed edizioni. - Com'è noto, degli O. di Giustizia del gennaio del 1293 è a noi pervenuta solamente la minuta sulla quale lavorarono i tre giuristi autori della medesima e che il Bonaini, pubblicandola, chiamò più propriamente prima bozza (Gli Ordinamenti di Giustizia del comune e popolo di Firenze compilati nel 1293 e nuovamente pubblicati da Francesco Bonaini... sopra l'abbozzo che si conserva nel medesimo Archivio, in " Archiv. Stor. Ital. " n. 5, t. 1 [1855] 372). Il codice è oggi conservato nell'Archivio di Stato di Firenze.
Si può invece considerare perduto il volume autentico, cioè quello originale approvato dai Consigli opportuni il 18 gennaio e il cui contenuto è però esattamente uguale a quello della bozza, come ha dimostrato con assoluta certezza il Salvemini, esaminando con attenzione il testo degli Ordinamenti del 6 luglio del 1295, che viene messo a confronto col contenuto della minuta e con quello delle aggiunte dell'aprile del 1293 e del 1294.
Nella storia degli O. di Giustizia è importantissimo il codice autentico del 1295 contenente i temperamenti del 6 luglio: è oggi conservato nel fondo magliabechiano della biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, nella quale è pervenuto dalla biblioteca del convento domenicano di Santa Maria Novella, in seguito alle soppressioni religiose del secolo passato. L'opera comprende 62 rubriche, le prime 28 delle quali (la minuziosa e precisa ricostruzione è opera del Salvemini) contengono la redazione del gennaio 1293 e successive aggiunte fino a tutto il 1294, mentre i numeri 29-62 costituiscono il temperamento del 6 luglio 1295; le rubriche 63-67 sono invece le aggiunte del 24 marzo 1297.
Il codice, certo il più importante delle redazioni arrivate sino a noi, è stato pubblicato diverse volte in edizioni che spesso lasciano alquanto a desiderare, specialmente le prime settecentesche, che contengono errori e sviste di ogni sorta.
Già nel 1777 il padre Ildefonso di San Luigi, nel dare alle stampe nel tomo IX delle sue Delizie la Istoria fiorentina di Marchionne di Coppo Stefani, pubblicava (pp. 305-330) a corredo non poche rubriche degli O. di Giustizia ricavate dal codice autentico del 1295, allora conservato nella biblioteca del Convento di S. Maria Novella, e da altro testo del 1343 dell'Archivio delle Riformagioni.
Nel 1790 il Fineschi, domenicano di S. Maria Novella, dava alle stampe l'intero codice autentico del 6 luglio 1295, ma l'edizione è poco sicura essendo infarcita di moltissimi errori (v. Fineschi, Memorie istoriche che possono servire alle vite degli uomini illustri del convento di Santa Maria Novella di Firenze dall'anno 1221 al 1320 arricchite di monumenti e illustrate con note, Firenze 1790, 186-250).
Un secolo dopo, esattamente nel 1892, Isidoro del Lungo prima (in " Bull. " n. 10-11, luglio 1892, 7-24) e Gaetano Salvemini dopo (in " Archiv. Stor. Ital. " s. 5, X [1894]) ripubblicavano il testo degli Ordinamenti temperati, poi riediti da quest'ultimo autore nel 1899 in Appendice (XII, pp. 384-432) alla prima edizione del suo Magnati e Popolani; ora siamo a questo punto perché altre edizioni non ci sono più state.
Nel 1851 P. Emiliani Giudici (Storia dei municipi italiani, Firenze) dava alle stampe una redazione di 118 rubriche in volgare non anteriore al 1324 (la rubrica 92 reca infatti questa data), mentre la redazione del 1343 è solo in parte, e malamente, edita dal padre Ildefonso nel tomo IX delle Delizie degli eruditi toscani (Firenze 1778) e il cui rubricario è stato pubblicato nel 1855 da Francesco Bonaini.
Una redazione degli Ordinamenti, l'ultima in ordine di tempo, si trova nello statuto del popolo e comune di Firenze del 1415 preparato dai giuristi Bartolomeo Volpi e Paolo da Castro: in questa redazione sono riunite le leggi di tempi diversissimi e quindi il primitivo nucleo degli O. è alterato dalle successive modificazioni; perciò è testo non utilizzabile per la fine del '200. Questa lezione è stata pubblicata nell'edizione dello statuto in parola uscita negli anni 1778-1781 (Statuta populi et Communis Florentiae publica auctoritate collecta, castigata et praeposita anno salutis MCCCCXV, Friburgo [ma Firenze] 1778-1781, voll. 3: gli Ordinamenti contenuti nel I volume, alle pp. 407-516).
Bibl. - C. Hegel, Die Ordnungen der Gerechtigkeit, Erlangen 1867: recens. di P. Capei, in " Archiv. Stor. Ital. " s. 3, VII 1 (1868) 132-136; I. Del Lungo, D. Compagni e la sua Cronica, I I, Firenze 1879, 11, 115-116; P. Villari, I primi due secoli della storia di Firenze, III ediz. (s.d.), 342, passim; D. Marzi, La Cancelleria della repubblica fiorentina, Rocca S. Casciano 1910, 28, passim; N. Ottokar, Il comune di Firenze alla fine del Dugento, Firenze 1926, 268-269, 271, 276-277, 287; G. Salvemini, Magnati e popolani in Firenze dal 1280 al 1295, Torino 1960², 188-214, 217-218, 222, 255-264; Davidsohn, Storia, ad indicem.