GIUDIZIARIO, ORDINAMENTO
. L'ordinamento giudiziario, nel suo più largo significato, è formato dall'insieme delle norme, che regolano la costituzione e il funzionamento di tutti gli organi che esercitano l'ufficio giurisdizionale; in senso più tecnico, comprende l'insieme delle norme che regolano la costituzione e il funzionamento degli organi della magistratura ordinaria.
La trattazione di questa voce presuppone la conoscenza di alcuni principî generali, che trovano altrove la loro sede, quali quello della divisione dei poteri (dal punto di vista storico e secondo la revisione cui l'ha sottoposto la critica giuridica moderna: v. poteri, divisione dei), il concetto della giurisdizione e la sua differenziazione dall'attività degli organi della pubblica amministrazione, la distinzione fra gli organi di giurisdizione ordinaria e quelli di giurisdizione speciale (v. giurisdizione). Presuppone egualmente la conoscenza della storia dell'evoluzione degl'istituti giudiziarî, che s'inizia con la prima costituzione dei gruppi politici; giacché l'amministrazione della giustizia fu sempre considerata uno dei principali attributi della sovranità e si è sempre trasformata e adattata, nelle sue forme esteriori, alle predominanti dottrine filosofiche e politiche. È per ciò che si può dire che la storia delle istituzioni giudiziarie è lo specchio fedele della storia civile di un popolo. Questi presupposti teorici, legislativi e storici, rappresentano le basi di tutto l'ordinamento giudiziario, e spiegano l'odierna costituzione di alcuni istituti, i limiti e le modalità delle loro funzioni.
Quando si guardi dall'alto la piramide giudiziaria, si manifesta subito la sua unità organica. Come unica è la fonte da cui emana la giustizia, così unico dovrebbe essere l'organo che l'amministra, anche se costituito con pluralità di sedi e di giudici e questi, alla lor volta, con pluralità di gradi gerarchici, allo scopo di avvicinare la giustizia al popolo e stabilire un controllo sull'attività dei giudici. Nel campo delle concezioni astratte, l'amministrazione della giustizia non dovrebbe funzionare che a mezzo della magistratura ordinaria. Quella speciale, considerata dalla zona superiore dei primi principî dell'ordinamento giudiziario, appare un anacronismo. Storicamente sorta per diffifidenza dei governi, e specie delle monarchie assolute, verso la magistratura ordinaria, che nei parlamenti aveva osato ribellarsi all'applicazione di regie ordinanze, essa ha sopravvissuto per particolari esigenze di dati momenti, che le hanno conferito un'importanza, ora maggiore, ora minore. In Italia, dopo il risorgimento politico, i maggiori uomini che vi avevano partecipato mirarono all'attuazione dell'unità giurisdizionale, e fu promulgata, dopo lunghe discussioni, la legge fondamentale del 20 marzo 1865, all. E, sull'abolizione del contenzioso amministrativo, che all'art. 2 proclama il principio, espressione della più avanzata civiltà di un popolo, che spetta al potere giudiziario di conoscere di "tutte le cause per contravvenzione e tutte le materie nelle quali si faccia questione di un diritto civile o politico, comunque vi possa essere interessata la pubblica amministrazione, e ancorché siano emanati provvedimenti del potere esecutivo e dell'autorità amministrativa". Questa auto-sottomissione del potere esecutivo e dell'autorità amministrativa al controllo dell'autorità giudiziaria è il più schietto e profondo omaggio all'ideale di legalità e di giustizia, al quale lo stato moderno deve ispirare i proprî atti. Al principio generale la legge stessa portò due sole eccezioni, quella dell'art. 6, che esclude dalla competenza giudiziaria "le questioni relative all'estimo catastale e al riparto di quota e tutte le altre sulle imposte dirette, fino a che non abbia avuto luogo la pubblicazione dei ruoli", e quella dell'art. 12, che dichiara conservate "le attribuzioni rispettive della Corte dei conti e del Consiglio di stato, in materia di contabilità e pensione, e quelle contenziose di altri corpi o collegi, derivanti da leggi speciali diverse da quelle fino allora esercitate dai giudici ordinarî del contenzioso amministrativo". Ma erano due eccezioni di carattere provvisorio, che, nel pensiero del legislatore, sarebbero sparite, in buona parte, appena si fosse proceduto alla riforma delle leggi regolatrici della materia, per le quali le giurisdizioni speciali erano conservate. Col tempo, però, il provvisorio diventò definitivo, e l'eccezione diventò più vasta. Un bisogno di creare, nel seno stesso dell'amministrazione, un organo di controllo della legittimità dei suoi atti, indusse alla creazione della IV Sezione del Consiglio di stato (legge 2 giugno 1889, n. 6166) "un corpo deliberante, che il potere esecutivo forma con elementi scelti dal suo seno, come a sindacatore dei suoi atti e per mantenere la sua azione nei limiti della legalità e della giustizia". (Rel. al Re). L'organo, creato per giudicare della lesione di semplici interessi e senza carattere giurisdizionale, acquistò tal natura per virtù della giurisprudenza dell'autorità giudiziaria e della propria, che lo riconobbero giurisdizionale. Cotesta sua natura fu poi affermata con la legge testo unico 17 agosto 1907, n. 638, che istituì la V Sezione, cui venne affidato il giudizio di merito su una serie di controversie espressamente elencate. Tale carattere è stato anche più avvalorato dall'ultima legge sul Consiglio di stato, testo unico 26 giugno 1924, n. 1054, che ha costituito una "giurisdizione esclusiva" dell'alto consesso (art. 29) su una serie di speciali controversie, per le quali conosce anche di tutte le questioni relative a diritti (art. 30); mentre per ogni altra specie di controversia il Consiglio di stato è autorizzato a decidere le questioni incidentali e pregiudiziali relative a diritti, la cui risoluzione sia necessaria per pronunciare sulla questione principale di sua competenza (art. 28). Così la legislazione più recente è tornata per una piccola parte sui propri passi e ha ridato ai tribunali amministrativi la competenza a giudicare di alcuni diritti dei cittadini nei confronti della pubblica amministrazione; forse più che ricostituire, in modeste proporzioni, un contenzioso amministrativo, ha finito per attribuire, per quanto concerne quelle controversie, un carattere giudiziario ai tribunali amministrativi.
Giurisdizioni speciali e giudici specializzati. - Come già si è accennato, menzionando l'art. 12 della legge del 1865, accanto al Consiglio di stato e alla Corte dei conti esistevano fin dalla costituzione del regno, altri organi, che pure amministravano giustizia, quali i Consigli di prefettura, le Giunte provinciali amministrative, le Commissioni per le imposte dirette, i Commissarî ripartitori per i demanî comunali del Mezzogiorno, ecc. La natura di queste istituzioni era sfuggita all'esame critico e alla sistematica del diritto giudiziario, e non sembrava che esse, per la particolarità della loro funzione, contraddicessero alla desiderata unità giurisdizionale. Ma, a mano a mano, le giurisdizioni speciali si sono andate moltiplicando. L'asserito bisogno d'un giudizio più rapido e più economico, l'opportunità di certe conoscenze tecniche nel giudice, ma, soprattutto, il desiderio della burocrazia, in parte legittimo, che i rappresentanti dell'amministrazione partecipassero alla risoluzione di controversie che incidevano sull'attività dell'amministrazione stessa, hanno contribuito a questo incessante pullulare delle giurisdizioni speciali. Il periodo bellico e quello post-bellico hanno enormemente intensificato il fenomeno e le commissioni, le giunte, i collegi arbitrali, ecc., hanno finito col costituire una fitta selva di organismi giurisdizionali, in cui anche i più esperti rischiano di smarrirsi. L'Istituto di studî legislativi (Roma, Provv. gen. dello stato, 1929) ha raccolto in un volume di oltre 1000 pagine le disposizioni relative a dette giurisdizioni speciali, istituite dal 1915 al 1925, raggruppandole con ordine sistematico. Non si può essere sicuri che vi si contengano tutte e che quelle contenute siano tuttora in vigore. L'enormezza del fenomeno imponeva il rimedio, e il legislatore dal 1924 in poi ha dato opera alla loro riduzione, sopprimendone alcune, lasciando che altre si esaurissero con la scomparsa della speciale esigenza per la quale erano state create, o per lo spirare del termine che era stato assegnato alla loro attività. Ma, soprattutto, ha badato di non crearne altre. In quella vece, dato che il fenomeno delle giurisdizioni speciali non era del tutto artificiale e aveva una ragion d'essere nel bisogno di particolare competenza del giudice, il legislatore ha iniziato il moderno sistema giudiziario del giudice specializzato, contrapposto al giudice speciale. Il primo altro non è che il giudice ordinario, singolo o collegiale, assistito da esperti o da assessori, scelti da appositi albi di tecnici, compilati con ogni cura e garanzia. I tecnici costituiscono col giudice togato la magistratura giudicante. Così, alla magistratura ordinaria non soltanto non è più sottratta la materia controversa, ma quella già tolta le è restituita e le enormi complicazioni processuali delle giurisdizioni speciali sono evitate, pur conservandosi l'elemento apprezzabile della tecnicità specifica del giudice. Esempî di tale istituzione sono il Tribunale superiore delle acque pubbliche, istituito col r. decr. legge 9 ottobre 1919, n. 2161 e la Magistratura del lavoro, creata con la legge 3 aprile 1926, n. 563. Giustamente la Corte di cassazione ha riconosciuto che codeste magistrature fanno parte della magistratura ordinaria. Più recentemente, in modo analogo, sono state ordinate le Corti di assise (r. decr. 23 marzo 1931, n. 249). In tal modo va integrandosi la sfera d'attività della magistratura ordinaria, la quale comprende tutto il campo del contenzioso, fatta eccezione per i settori espressamente affidati alle magistrature speciali. Giova notare che la competenza di queste ultime in casi dubbî va intesa restrittivamente, a causa appunto della loro natura. L'unità sostanziale dell'ufficio di giurisdizione, in ogni modo, non si può dire infranta sostanzialmente dall'esistenza dei giudici speciali. Questa perdurante unità ha permesso di sottoporre tutti i giudici speciali, compreso il Consiglio di stato e la Corte dei conti, al controllo delle Sezioni unite della Corte di cassazione, alle quali è affidato il compito di mantenere l'attività di ciascuno di essi nella sfera della propria competenza, cassando le decisioni che siano incorse nel vizio di eccesso di potere o d'incompetenza. Egualmente è affidato alle Sezioni unite della Corte di cassazione il compito di risolvere i conflitti positivi e negativi fra le giurisdizioni ordinarie e quelle speciali (legge 31 marzo 1877, n. 3761, sui conflitti d'attribuzione. Ogni ulteriore notizia al riguardo deve essere ricercata nella voce corte di cassazione.
Ordinamento organico della magistratura. - Si può dire che manca in Italia un ordinamento giudiziario organico e definitivo. La legge 24 dicembre. 1925, n. 2266, diede al governo del re, insieme con altre facoltà, concernenti la riforma dei codici, quella di emendare le leggi sull'ordinamento giudiziario. Il lavoro non è stato ancora compiuto, sebbene siano stati pubblicati diversi provvedimenti in tema d'ordinamento giudiziario, quali la legge 17 aprile 1930, n. 421, recante le norme sul reclutamento e sulla carriera dei magistrati, e il r. decr. legge 23 marzo 1931, già ricordato, sull'ordinamento delle Corti d'assise. Questi due provvedimenti e una serie di altre leggi e regi decreti, riguardanti minute e particolari riforme alle circoscrizioni giudiziarie, alle tabelle contenenti la pianta dei magistrati, alla composizione delle corti e dei tribunali, hanno innovato in molti punti il testo unico ancora vigente dell'ordinamento giudiziario, approvato con r. decr. 30 dicembre 1923, n. 8786.
In Italia, dopo l'unificazione del regno, il r. decr. 6 dicembre 1865 (emesso in virtù dei pieni poteri conferiti al governo del re con la legge 2 aprile 1865) estese provvisoriamente a tutto il regno l'ordinamento giudiziario sardo. Il provvisorio, con qualche modificazione (principale: legge 23 dicembre 1875, n. 2939) durò fino alla riforma zanardelliana, contenuta nella legge 3 giugno 1890 (che, del resto, innovò solo in parte il vecchio ordinamento), alle leggi dell'Orlando del 1907 (che anch'esse vi apportarono parziali riforme), e a quelle recenti sopra ricordate (che, pure innovando, segnano in massima un ritorno al vecchio ordinamento del 1865). I precedenti disegni di legge per la riforma dell'ordinamento giudiziario, dal primo dell'on. Pisanelli (1863) agli ultimi dell'on. Rocco, (1931) furono ottanta. È vivamente sentito il bisogno dell'integrale definitiva sistemazione dell'ordinamento giudiziario del regno. Va ricordato che per l'art. 71 dello statuto non si possono apportare modificazioni all'ordinamento giudiziario se non per legge, principio confermato dall'art. 1 della legge 31 gennaio 1926, n. 100, sulla facoltà del potere esecutivo di emanare norme giuridiche.
Organi dell'amministrazione giudiziaria. - Sulla base del testo unico del 1923 e tenendo conto delle successive modificazioni, le grandi linee dell'ordinamento giudiziario sono le seguenti. La giustizia nelle materie civili e penali è amministrata dai conciliatori, dai pretori, dai tribunali civili e penali, dalle corti d'appello, dalle corti d'assise e dalla Corte di cassazione. Il modo di composizione dei detti organi giudiziarî e il loro funzionamento sono indicati nelle rispettive voci (per la voce conciliatore, v. giudice conciliatore). Qui basti dire che gli ufficiali di conciliazione sono 8200; le preture 990; i tribunali 127, le corti d'appello 18 (con 6 sezioni di corte d'appello), le corti d'assise 84, la Corte di cassazione una. Le circoscrizioni giudiziarie, zone di attività dei singoli organi, sono fissate per legge e non possono essere modificate che in virtù di legge. L'ultimo ordinamento è contenuto nelle tabelle annesse al r. decr. 3 maggio 1923, n. 1165, al quale, tuttavia, sono state apportate notevoli modificazioni con successivi provvedimenti.
Reclutamento dei magistrati. - I magistrati sono nominati dal re, su proposta del ministro per la Giustizia. Per essere nominato magistrato occorre essere cittadino del regno, avere l'età non inferiore a ventun anno e non superiore ai trenta, avere l'esercizio dei diritti civili, buona condotta e possedere gli altri requisiti indicati dalla legge per le varie funzioni e per i diversi uffici. L'ammissione in magistratura oggi ha luogo soltanto mediante concorso. Unica eccezione è la nomina a consigliere d'appello o di cassazione per i professori universitarî e gli avvocati eminenti, che abbiano i requisiti indicati negli articoli dell'Ordinamento giudiziario; disposizioni assai raramente applicate.
Secondo la legge del 1930, duplice è il concorso, perché la carriera all'inizio è sdoppiata. Si può entrare in magistratura o per compiere l'ufficio di pretore o per far parte della magistratura collegiale. Questa separazione, che già esisteva nell'ordinamento giudiziario del 1875 e che fu soppressa nel 1890 con la riforma Zanardelli, è stata ristabilita per la forza delle cose, avendo l'esperienza dimostrato che occorrono nei giudici delle preture e in quelli dei collegi cultura, attitudini e psicologia diversi, e che l'unificazione fin dall'inizio delle carriere è di grave pregiudizio al buon reclutamento, giacché i migliori elementi sono distolti dall'entrare in magistratura dal periodo obbligatorio del pretorato. Ciò non toglie che, a un certo punto della carriera, i giudici delle preture possano far passaggio in quella dei magistrati collegiali, se dimostrino con serî esperimenti di averne i requisiti. Così si ricostituisce l'unità della carriera. Al duplice reclutamento corrispondono due diversi esami di ammissione; più rigoroso e teorico quello per la magistratura collegiale, più semplice e pratico quello per i giudici per le preture; corrisponde un duplice trattamento: i magistrati delle preture godono vantaggi economici più immediati, compiendo più breve tirocinio e assumendo più prontamente le funzioni e le responsabilità del magistrato; quelli collegiali, devono compiere un tirocinio gratuito di notevole durata, salvo che siano destinati alle funzioni di vicepretori nei grandi centri.
I vincitori di entrambi i concorsi sono nominati uditori. Gli uditori di pretura, dopo sei mesi di tirocinio, possono essere nominati vicepretori e destinati, con giurisdizione piena, a coadiuvare il pretore nell'esercizio delle sue funzioni. Dopo diciotto mesi almeno di effettivo servizio in tale qualità, possono conseguire la nomina a pretore aggiunto, quando superino con buon esito la prova di un esame teorico-pratico. I pretori aggiunti, alla lor volta, dopo non meno di tre anni di grado, possono essere nominati pretori. Dopo diciassette anni di servizio, infine, i pretori possono essere nominati per anzianità primi pretori. Qui si arresta la loro carriera. (I primi pretori nell'ordinamento delle carriere statali fanno parte del 5° grado, vale a dire sono equiparati a consigliere di corte d'appello). Ma i pretori che aspirano a cambiar carriera, possono, dopo diciassette anni di grado, partecipare allo scrutinio per le promozioni in corte d'appello e per essi è riservata una quota annua di posti disponibili. Nominati consiglieri d'appello, possono, poi, proseguire la carriera come ogni altro magistrato collegiale.
Gli uditori di tribunale, che abbiano compiuto il periodo di tirocinio possono conseguire la nomina a giudice aggiunto quando superino con buon esito una prova di esame, prescritta dagli articoli 109 e 110 del r. decr. 30 dicembre 1923. Essi sono promossi giudici e sostituti procuratori del re per turno di anzianità.
Sistema delle promozioni. - Per l'ulteriore carriera si presenta il problema del sistema delle promozioni. Dal 1865 a oggi si sono esperimentati e proposti i più diversi: quello della promozione per semplice anzianità, per anzianità congiunta al merito, per scrutinio, per concorso (a prescindere dal metodo generale dei ruoli aperti). Alla prova, nessuno è parso soddisfacente. Ognuno presenta pregi e difetti. Oggi sono in vigore contemporaneamente il sistema degli scrutinî e quello dei concorsi, i quali, contemperandosi e integrandosi, eliminano la maggior parte degl'inconvenienti lamentati e permettono di profittare dei rispettivi vantaggi.
Allo scrutinio per turno di anzianità sono ammessi i giudici e i sostituti procuratori del re che abbiano almeno 17 anni di servizio effettivo. Tale scrutinio può essere anticipato per i detti magistrati che si siano particolarmente distinti e che siano dichiarati meritevoli di tal beneficio dal Consiglio giudiziario presso la rispettiva Corte d'appello. Essi debbono avere per lo meno sedici anni di servizio effettivo. Allo stesso scrutinio possono partecipare anche i pretori dopo diciassette anni di servizio e i primi pretori, che aspirino al cambiamento di carriera. Accanto allo scrutinio si svolge il sistema dei concorsi, per esame e per titoli. Vi sono ammessi i giudici, i sostituti procuratori del re, e i pretori con nove anni almeno di servizio complessivo. I giudici e i sostituii devono, inoltre, avere almeno tre anni effettivi di grado e i pretori quattro anni.
Egualmente, per il passaggio dalla Corte d'appello alla Corte di cassazione vi ha il duplice sistema dello scrutinio e del concorso. Sono ammessi allo scrutinio i magistrati di corte d'appello e parificati promossi al grado attuale in seguito al concorso o quelli che nello scrutinio per la promozione abbiano conseguito una classificazione non inferiore a quella di promovibile per merito. I vincitori del concorso e i promovibili per merito distinto debbono avere almeno quattro anni di grado e sei i promovibili per merito. Al concorso, invece, possono prendere parte i consiglieri di Corte d'appello e i magistrati di grado parificato, i quali siano stati promossi al grado attuale in seguito a concorso e quelli che nello scrutinio per la promozione abbiano conseguito la classificazione di promovibile per merito distinto e abbiano, in entrambi i casi, almeno due anni effettivi di grado. Mediante il concorso si assegna un quinto dei posti disponibili; mediante lo scrutinio gli altri quattro quinti.
Gli scrutinî per le promozioni in Corte d'appello sono compiuti dalla 2ª sezione del Consiglio superiore della magistratura; quelli per la promozione in Cassazione, dalla 1ª. I concorsi per titoli sono giudicati da apposite commissioni nominate ogni anno dal ministro.
Il titolo (non il grado) e le funzioni di primo presidente e di procuratore generale di Corte d'appello, di presidente di sezione e di avvocato generale della Corte di cassazione sono conferiti, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, a magistrati aventi grado di consigliere di Corte di cassazione o parificato, scelti fra coloro che, per precedenti di carriera, per le classificazioni ottenute nelle promozioni, per il modo col quale hanno esercitato il loro ufficio, risultino distinti per cultura e dottrina e forniti di particolari attitudini a funzioni direttive, purché, in ogni caso, abbiano conseguito il grado attuale almeno da tre anni. Il primo presidente e il procuratore generale della Corte di cassazione del regno sono nominati, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, fra i magistrati con titolo e funzione di primo presidente di Corte d'appello o parificato.
Pubblico Ministero. - Il Pubblico Ministero, secondo l'art. 77 dell'Ordinamento giudiziario, è il rappresentante del potere esecutivo presso l'autorità giudiziaria ed è posto sotto la direzione del Ministero della giustizia. Per comprendere il significato di tale definizione bisogna por mente alle funzioni del Pubblico Ministero, quali sono definite dall'art. 82 dello stesso Ordinamento, vale a dire che egli veglia all'osservanza delle leggi, alla pronta e regolare amministrazione della giustizia, alla tutela dei diritti dello stato, dei corpi morali e delle persone, che non abbiano la piena capacità giuridica, provocando a quest'uopo, nei casi di urgenza, quei provvedimenti conservatorî che siano necessarî; promuove la repressione dei reati; fa eseguire i giudicati in conformità dell'art. 89; ha azione diretta per fare eseguire e osservare le leggi d'ordine pubblico e che interessano i diritti dello stato, sempre che tale azione non sia attribuita ad altri pubblici ufficiali. Questo programma di attività è, per altro, alquanto pleonastico. Oggi il Pubblico Ministero in materia civile ha l'obbligo di concludere nei tribunali e nelle Corti d'appello solo nelle cause matrimoniali e nei casi in cui, a termine di legge, procede per via d'azione, e nei quali il suo intervento sia chiesto da leggi speciali. È tenuto ad assistere alle udienze civili unicamente quando si tratti di cause nelle quali deve concludere. Solo in Corte di cassazione interviene e conclude in tutte le udienze civili e penali. In materia penale, poi, il Pubblico Ministero provvede per via d'azione. Il nuovo codice di procedura penale ha dato anzi al Pubblico Ministero il monopolio dell'azione penale. Ora, è appunto questa sua particolare funzione in materia penale che ha fatto ritenere da una parte, avere egli compito e responsabilità così vasti come quelli sopra accennati; dall'altra, essere egli un rappresentante del potere esecutivo in seno alla magistratura, che non può riconoscerlo parte integrante di sé stessa. Le nuove leggi di procedura penale hanno cercato anche qui di accentuare il suo carattere di funzionario alla dipendenza del ministro. Egli, però, resta sempre un magistrato. Soppresse le distinzioni, che si osservavano negli antichi ordinamenti giudiziarî, oggi i funzionarî del Pubblico Ministero sono reclutati come i magistrati giudicanti, fanno parte del ruolo generale di questi, compiono l'eguale carriera, e non si distinguono da essi se non per la funzione. Quali rappresentanti del potere esecutivo non godono - è vero - della garanzia di inamovibilità, che tutela i magistrati giudicanti, come or ora si dirà. Nonostante ciò, essi non si possono considerare organi ausiliarî dell'amministrazione della giustizia, come si è ritenuto, perché essi sono i collaboratori originarî e immediati dei giudici nell'ordinamento unitario dell'amministrazione della giustizia, e questa, in gran parte, non potrebbe svolgersi senza il loro concorso.
L'inamovibilità dei magistrati. - L'art. 69 dello statuto del regno dispone: "I giudici nominati dal re, a eccezione di quelli di mandamento, sono inamovibili dopo tre anni di esercizio". L'inamovibilità è la massima delle garanzie dell'ordine giudiziario, assicurando essa l'indipendenza della magistratura nell'esercizio delle sue funzioni dagli altri poteri dello stato, e attribuendole un carattere di sovranità. Ma l'inamovibilità, anche quando i magistrati la conseguono, non va intesa in modo assoluto. L'art. 170 dell'Ordinamento giudiziario precisa che i magistrati inamovibili non possono essere privati della loro carica e del loro stipendio, né senza il loro consenso, posti in disponibilità, in aspettativa o a riposo, oppure tramutati in altra sede, tranne che nei casi previsti dalla legge e secondo le forme dalla medesima prescritte. Così la legge ha posto dei limiti alla inamovibilità. Il primo si ha nei casi di riduzione di numero dei membri d'una corte o d'un tribunale, nei quali casi i meno anziani restano in disponibilità in attesa di vacanze di posti. Più importante è l'altro limite, riguardante casi d'incompatibilità, anche indipendente da loro colpa, dei magistrati nelle sedi che occupano, in modo da non poter amministrare la giustizia nelle condizioni richieste dal prestigio dell'ordine giudiziario; essi allora possono essere tramutati, anche senza il loro consenso, ad altra sede, sentito il parere del Consiglio superiore della magistratura. Altro limite, infine, e del pari notevole, si ha nei casi di magistrati che, per infermità o debolezza di mente, giudicata permanente, o di accertata inettitudine o per altre cause, non possano adempiere convenientemente ed efficacemente i doveri del proprio ufficio; in tali casi i magistrati sono dispensati dall'impiego con decreto reale, previa declaratoria conforme della Corte suprema disciplinare. Se l'infermità o debolezza di mente ha carattere temporaneo, il magistrato può essere collocato in aspettativa con le stesse forme. La dispensa dal servizio d'un magistrato inamovibile può essere, inoltre, ordinata, come misura disciplinare, nei casi di colpa grave, o per effetto d'una duplice dichiarazione d'impromovibilità, conseguita in due successivi scrutinî. Per i magistrati amovibili e per i funzionarî del Pubblico Ministero, la dispensa è ordinata, con decreto reale, su proposta del ministro della Giustizia, sentito il parere della Corte suprema disciplinare. Essi possono essere tramutati dall'una all'altra sede secondo i criterî discrezionali del ministro e gli stessi procuratori generali di Corte d'appello possono essere collocati a disposizione del ministro, quando ciò sia richiesto da bisogni del servizio, previa deliberazione del Consiglio dei ministri.
Trattamento economico. - I funzionarî dell'ordine giudiziario sono tutti inquadrati nell'ordinamento gerarchico dell'amministrazione dello stato, approvato col r. decr. 11 novembre 1923, n. 2395.
Gli uditori di tribunale e delle preture sono assegnati al grado XI. Nei primi diciotto mesi, il tirocinio presso i collegi e gli uffici del Pubblico Ministero è gratuito. Per il restante periodo è corrisposta un'indennità mensile. Gli uditori vice-pretori sono assegnati al X grado; i pretori e i giudici aggiunti al IX; i giudici e sostituti procuratori del re di terza classe e i pretori di terza classe, all'VIII; i giudici e sostituti procuratori del re di seconda classe e i pretori di seconda classe, al VII; i giudici e sostituti procuratori del re di prima classe e i pretori di prima classe, al VI; i consiglieri e sostituti procuratori generali di Corte d'appello e i primi pretori, al V; i consiglieri e sostituti procuratori generali di Corte di cassazione, al III; il procuratore generale di Corte di cassazione, al II; il primo presidente di Corte di cassazione, al I. Egli è il solo funzionario iscritto al primo grado. Si trova pertanto collocato al sommo della gerarchia statale; la qual cosa sta a significare la supremazia della funzione giudiziaria su quelle che esplicano gli altri organi dell'attività statale.
Personale della magistratura giudiziaria. - Il numero dei magistrati per le due carriere è il seguente: magistrati delle preture: primi pretori, 80; pretori delle tre classi e pretori aggiunti, 1227; uditori vice pretori e uditori, 75; per la carriera dei tribunali e delle corti: uditori di tribunale, 275; giudici e sostituti procuratori del re delle tre classi e giudici aggiunti, 1644; consiglieri e sostituti procuratori generali di Corte d'appello, 1008; consiglieri e sostituti procuratori generali di Corte di cassazione (dei quali 47 con funzioni di primo presidente di Corte d'appello e parificato), 271; procuratore generale di Corte di cassazione, 1; primo presidente di Corte di cassazione, 1. In tutto, 4232 (esclusi gli uditori); cifra ch'è press'a poco quella del personale della magistratura esistente nel 1865, mentre da allora a oggi il numero degli affari giudiziarî è decuplicato. Da ciò l'insufficienza numerica dei magistrati da gran tempo lamentata.
Consiglio superiore della magistratura. - Il concetto di autogoverno della magistratura è soltanto parzialmente riconosciuto nell'ordinamento giudiziario. La maggiore sua espressione è rappresentata dal Consiglio superiore della magistratura, il cui compito principale è quello di procedere allo scrutinio dei magistrati per le promozioni da giudice a consigliere d'appello e gradi parificati e da consigliere d'appello e gradi parificati a consigliere di Cassazione e gradi parificati. Sebbene la classificazione data dal Consiglio possa non essere osservata dal ministro, tuttavia, in pratica, i ministri della Giustizia l'hanno sempre considerata come decisiva e non se ne sono mai discostati. In tal modo, le promozioni dei magistrali fino al grado di consigliere di Corte di cassazione dipendono dagli stessi corpi giudiziarî.
Il Consiglio superiore dà inoltre pareri per il passaggio dei magistrati dalle funzioni giudicanti a quelle del Pubblico Ministero e viceversa, per il tramutamento d'ufficio dei magistrati inamovibili, ed emette altri provvedimenti deferitigli dalla legge o per i quali il ministro richieda il parere.
Esso è composto dal primo presidente della Corte di cassazione che ne ha la presidenza; dal procuratore generale presso la stessa Corte; da otto membri effettivi, tra cui due funzionarî del Pubblico Ministero e da sei membri supplenti residenti in Roma, tutti di grado non inferiore a quello di consigliere di Corte di cassazione, nominati con decreto reale, su proposta del ministro della Giustizia, sentito il Consiglio dei ministri.
Il Consiglio superiore si suddivide in due sezioni, ciascuna delle quali è composta di 5 membri. La prima sezione si occupa degli scrutinî per le promozioni in Cassazione; la seconda di quelli per le promozioni in Corte d'appello. Contro le deliberazioni di ciascuna sezione è ammesso ricorso alle sezioni unite.
Disciplina della magistratura e Corte suprema disciplinare. - L'altra manifestazione del concetto di auto-governo è nel sistema disciplinare della magistratura, affidato agli stessi organi giudiziarî. I magistrati che mancano ai loro doveri o tengono in ufficio o fuori una condotta tale che li renda immeritevoli della fiducia e considerazione di cui devono godere, o che comprometta il prestigio dell'ordine giudiziario, sono soggetti a provvedimenti disciplinari. Questi sono: ammonimento, censura, perdita dell'anzianità, perdita del diritto di promozione, rimozione, destituzione. La giurisdizione disciplinare sugli uditori, i giudici aggiunti e i giudici compete al Consiglio disciplinare, costituito presso la Corte d'appello del distretto in cui il magistrato esercitava il suo ufficio quando commise il fatto per il quale si debba procedere. La giurisdizione disciplinare sui magistrati di grado superiore compete alla Suprema corte disciplinare. Questa, inoltre, può avocare a sé un procedimento disciplinare di competenza d'un consiglio giudiziario, quando gravi motivi lo richiedano. Essa è composta di 6 magistrati e di 6 senatori del regno. Questi ultimi sono nominati con decreto reale e non possono essere scelti fra i membri del senato che esercitano l'avvocatura o che facciano o abbiano fatto parte dell'ordine giudiziario. I membri dell'ordine giudiziario sono il primo presidente della Corte di cassazione e 5 magistrati di grado non inferiore a consigliere di Corte di cassazione, nominati anch'essi con decreto reale. L'azione disciplinare è promossa dal Pubblico Ministero per ordine del ministro della Giustizia. L'ordinamento giudiziario stabilisce particolari norme per l'istruttoria e il giudizio. Le stesse non si applicano tutte ai funzionarî del Pubblico Ministero, per i quali il ministro ha più diretta e immediata azione disciplinare. Può chiamarli innanzi a sé perché rispondano dei fatti ad essi imputati, sospenderli dall'ufficio e dallo stipendio durante il procedimento disciplinare, ecc.
Organi ausiliarî dell'amministrazione della giustizia. - Sono considerati tali le cancellerie, le segreterie giudiziarie, gli ufficiali giudiziarî e, sotto certi aspetti, gli avvocati e i procuratori.
Bibl.: L. Mortara, Istituzioni di ordinamento giudiziario, Firenze 1906; id., Intorno ai problemi dell'ordinamento giudiziario, in Giurispr. it., IV (1917), p. 59; G. Barboni, L'ordinamento giudiziario nel diritto positivo italiano, Firenze 1912; M. Pettini, Dell'ordinamento giudiziario italiano in materia civile, Milano 1912; E. Piola-Caselli, La magistratura: studio sull'ordinamento giudiziario nella storia, nelle leggi straniere, nella legge italiana e nei progetti di riforma, Torino 1907; M. D'Amelio, Il giudice specializzato, in Rassegna penale, 1929, p. 391; P. d'Anchise, La funzione giudiziaria, Napoli 1925; V. Manzini, La scelta dei magistrati, in Riv. di dir. pen., 1929, p. 616.