Vedi ORDONA dell'anno: 1963 - 1973 - 1996
ORDONA (v. vol. v, p. 725 ss.)
Dall'anno 1962 il Centro Belga per la Ricerca Archeologica nell'Italia Centrale e Meridionale ha intrapreso scavi nel luogo dell'antica Herdonia, oggi O. (Puglie). Benché i risultati ottenuti interessino in primo luogo la città romana, i dati relativi all'abitato daunio non sono senza importanza. L'interesse di O. come centro indigeno è stato confermato dagli scavi recenti.
1. L'abitato indigeno. - Si stende sulle alture che fiancheggiano il Tavoliere àpulo, delimitate verso N dal fiume Carapelle; la sua estensione è molto vasta, senza che sia possibile attualmente precisarne i limiti esatti e determinare se questo agglomerato era protetto da un aggere, come è il caso per altri centri dauni, per esempio Arpi o Salapia. Occupato a partire dall'Età del Bronzo, il luogo presenta la particolarità di un abitato sparso, composto di piccoli gruppi di abitazioni, intramezzate a tombe; questo è uno dei caratteri della città indigena, la cui tradizione si ritrova in tutta la Daunia. Le abitazioni hanno in generale la pianta rettangolare: sono costruite di legno - le tracce dei pali sono nettamente visibili nella roccia - oppure di ciottoli di fiume e di mattoni crudi.
Quanto alla necropoli, conosciuta fin dall'inizio di questo secolo, ha restituito un numero imponente di tombe, i cui corredi funerarî permettono di seguire l'evoluzione stilistica della ceramica indigena daunia, dall'VIII sec. a. C. fino agli inizî del III sec. a. C.
Tutte le tombe conosciute finora sono ad inumazione; se ne possono distinguere tre tipi. Il tipo più comune è quello della tomba a fossa, a cavità quadrata o rettangolare tagliata nella roccia e ricoperta da una lastra; gli interstizi sono talvolta accuratamente otturati con ciottoli; in qualche caso, la copertura è costituita da una tegola o da un frammento di grande vaso. Le tombe scavate nell'argilla sono fatte di muretti costruiti di ciottoli o di mattoni crudi. Nella fossa il defunto è deposto in posizione rannicchiata. La concentrazione delle tombe e l'assenza di rioccupazioni lasciano supporre che la presenza di sepolture era segnata in superficie con qualche mezzo, o una stele, o un vaso; alcuni frammenti di stele vagamente antropomorfe sono stati scoperti ad O.; sono identiche a quelle trovate da S. Ferri nella regione di Siponto-Manfredonia.
Un secondo tipo di tombe è quello a grotticella; un bellissimo esempio di questo tipo è stato scoperto sotto la basilica della città romana: una stretta scala dava accesso a due camere, l'una in asse con l'ingresso, l'altra a sinistra; la porta era otturata da una lastra di pietra e da un muretto di mattoni crudi; in ciascuna camera erano tagliate nella roccia due banchine sulle quali erano distesi i defunti.
Del terzo tipo di tomba, quella a tumulo, non è stato scavato alcun esempio in modo sistematico; alcuni esempi sono stati ritrovati al margine orientale dell'abitato indigeno.
In tutte queste tombe il corredo funerario è disposto intorno al defunto; si tratta quasi esclusivamente di materiale ceramico; alcune tombe maschili contengono talvolta armi - lance, pugnali, elmi, cinturoni di bronzo -, ed in alcune tombe femminili i gioielli sono ben rappresentati: diademi d'argento, collane, amuleti, braccialetti. Le statuette di terracotta sono estremamente rare. La ceramica è di gran lunga la meglio rappresentata: si è potuto constatare a questo proposito che, contrariamente alle necropoli vicine di Ascoli Satriano o di Arpi, questa di O. presenta un aspetto culturale molto locale, quasi folcloristico: la ceramica con decorazione geometrica bicroma o policroma domina largamente e prova il carattere tradizionale di queste popolazioni: per secoli gli stessi tipi di vasi riappaiono, ornati di motivi decorativi identici; la decorazione è lineare, non figurativa; il volume dei vasi, e soprattutto il proffio delle anse, denotano una predilezione per forme stilizzate talvolta vagamente antropomorfe. Soltanto nelle tombe tarde, del IV e degli inizî del III sec. a. C., appare la ceramica a vernice nera, la ceramica di Gnathia e la ceramica barocca e policroma di Canosa.
2. La città romana. - Nella vasta distesa dell'abitato indigeno fu tagliato, a seguito delle difficoltà politiche nell'Italia meridionale durante il IV sec. a. C., un territorio più ristretto, ma d'un più grande valore strategico. Il nuovo territorio, questa volta circondato da un aggere, copre tre colline situate su uno dei promontorî nord-occidentali dell'altopiano àpulo. Questo territorio, di una superficie di circa 20 ettari, circondato da una cinta lunga m 1980, presenta la forma di una losanga allungata, larga m 300 e lunga m 730; nei valloni che separano le tre colline s'impiantano le porte della città; l'esame di una di queste, la porta NE, ha permesso di seguire lo sviluppo storico e costruttivo delle fortificazioni della città romana. Si possono distinguere in questo sviluppo otto fasi successive.
Periodo I: la cinta primitiva, consistente in un aggere di terra, largo circa m 6,50, è probabilmente protetta nel punto delle porte da torri quadrate lignee; in più punti questo aggere si sovrappone a tombe indigene, di cui le più recenti datano alla fine del IV sec. a. C.
Periodo II: questa cinta primitiva è ben presto rimpiazzata da una costruzione più solida dall'identico tracciato. Il nuovo aggere è composto di un paramento esterno, di un'alzata di terra e di un muro di controscarpa; la muraglia frontale ha uno spessore da m 2,60 a m 3,70; si appoggia su una fondazione di grossi ciottoli di fiume ed è costruita per il resto in mattoni crudi, misuranti cm 26-28 per cm 28-30 e spessi cm 8; l'alzata di terra può raggiungere uno spessore di m 12,80; il muretto di controscarpa ha la stessa tecnica di costruzione del paramento esterno. Le porte presentano una pianta molto semplice: con l'angolo del paramento esterno è creato un passaggio, largo da m 5 a m 6, e lungo da m 13 a m 15.
Periodo III: questa fase consiste in un rinforzo del sistema esistente: il passaggio della porta NE riceve un paramento di pietra da taglio ed è protetto da una torre quadrata di m 6,50 × 6,20.
Periodo IV: un rinforzamento generale dell'aggere esistente sembra indicare difficoltà politiche nella regione: dovunque l'alzata di terra è resa più alta e più larga con ghiaia e sabbia; bastioni di pietra e di mattoni crudi si elevano vicino alla porta NE e probabilmente anche vicino agli altri accessi della città.
Si può ammettere che le quattro fasi descritte si siano succedute ad un ritmo molto rapido; il materiale archeologico è infatti praticamente identico in tutte e abbraccia la seconda metà del III sec. a. C.; tutte queste costruzioni e questi restauri riflettono la situazione instabile nell'Italia meridionale dovuta alle guerre puniche. Dopo il IV periodo la città sembra abbandonata; forse questo arresto è da mettere in rapporto con la presa della città da parte di Annibale nel 210 e con la deportazione della popolazione verso Metaponto.
Periodo V: questa fase rappresenta una totale ricostruzione della cinta: dovunque sopra e contro la muraglia esistente è addossata una solida muratura, il cui paramento in opus incertum è fatto di ciottoli di fiume; tipologicamente questa cinta è identica alla precedente, composta di un paramento esterno, di un'alzata di terra e di un muro di controscarpa. Il muro esterno ha uno spessore da cm 107 a cm 113; è rinforzato da torri circolari o quadrate, impiantate vicino alle porte NE e SO, come pure vicino alla punta settentrionale. La tecnica della costruzione come il materiale archeologico datano questa cinta alla fine del II sec. a. C. o piuttosto all'inizio del I sec. a. C.
Periodo VI: la porta SO è trasformata e fiancheggiata da due torri quadrate in opus reticulatum; si data nella seconda metà del I sec. a. C.
Periodo VII: la stabilizzazione della situazione politica nell'Impero rende superflue molte cinte urbane; quella di O. è smantellata, soprattutto là dove rischia di compromettere lo sviluppo edilizio urbano; nel settore NO una nuova porta si apre a cavallo della via principale, mentre una grande terrazza ad esedra viene a sovrapporsi all'alzata di terra della cinta, e più tardi un anfiteatro è impiantato nel fossato della città. I cambiamenti più importanti avvengono durante questo periodo nel centro della città. L'apertura della Via Traiana vi provoca sconvolgimenti notevoli. Questa fase comprende il periodo che va dall'inizio dell'èra nostra fino agli inizî del II sec. d. C.
Periodo VIII: nel basso Impero e nell'alto Medioevo la città viene gradualmente abbandonata: al centro della città molti edifici sono trasformati in cappelle, intorno alle quali si seppelliscono i morti; la collina settentrionale sembra la sola abitata in quest'epoca: piccole abitazioni si allineano lungo un cammino che collega la zona centrale alla punta settentrionale, dove si eleva un piccolo fortino di circa m 80 × 80, circondato da un'alzata di terra e da un fossato, a protezione di una bella basilica cristiana a tre navate e absidiole.
È difficile precisare la cronologia di quest'epoca; notiamo che nel V sec. d. C. O. è sede episcopale e che la serie monetale scoperta nel luogo presenta un'interruzione tra il VI e il X secolo.
Nel Medioevo il luogo della città antica sembra aver servito soprattutto come necropoli; la moneta più recente è del XVII secolo.
Questo esame stratigrafico, benché eseguito in funzione della cinta urbana, ha permesso di cogliere i momenti più importanti della storia di O.: la fine del IV o gli inizî del III sec. a. C. con la creazione della città fortificata; gli inizî del I sec. a. C. con la costruzione di una cinta in muratura; il I sec. d. C. con la trasformazione di una piccola città indigena in un centro stradale, provvisto di un impianto urbanistico regolare e di edifici monumentali. Il complesso di questi ultimi costituisce incontestabilmente l'aspetto più spettacolare degli scavi belgi di Ordona. Tutti questi monumenti sono situati intorno al Foro della città impiantato all'angolo della Via Traiana, asse principale della città; questo impianto monumentale comincia già nel II sec. con la costruzione di un tempio di pianta italica (tempio B); è seguito dalla grande terrazza ad esedra, poi da una basilica di pianta vitruviana, che data probabilmente agli inizî della nostra èra. L'insieme viene pianificato verso la fine del I sec. con la creazione di una vasta spianata estendentesi dinanzi ad un tempio (tempio A), delimitata da un criptoportico e circondata da un colonnato e da tabernae. Il resto della città non sembra che abbia subito trasformazioni importanti; la rete stradale urbana si riduce ad alcune viuzze a ghiaia, il cui tracciato è condizionato più dal rilievo del terreno che da considerazioni urbanistiche.
Bibl.: J. Mertens, Recherches archéologiques à Ordona, in Rend. Accad. Lincei, XIX, 1964, pp. 110-116; id., Ordona. Rapporto provvisorio della campagna del 1962-1963, in Not. Scavi, XVI, 1962, pp. 311-339; id., Ordona I. Rapport provisoire sur les travaux de la mission belge en 1962-1963 et 1963-1964 (Etudes de philologie, d'archéologie et d'histoire anciennes publiées par l'Institut Historique belge de Rome, t. VIII), Bruxelles-Roma 1965; Ordona II. Rapport provisoire sur les travaux de la mission belge en 1964-1965 et 1965-1966, ibid., t. IX. Bruxelles-Roma 1967; id., Le chantier belge d'Ordona, in Comptes rendus de l'Acad. Inscriptions, 1967, pp. 233-251; id., Belgische Opgravingen in Apulië. Het onderzoek in het antieke Herdonia, in Mededelingen Kon. Vlaamse Akademie van België, Lett., Jg. XXX, 1968; Herdonia, chantier arch. belge en Italie, Bruxelles 1969.