ORECCHINO (gr. ἐνώτιον; lat. inauris; fr. boucle d'oreille; sp. pendiente; ted. Ohrring, Ohrschmuck; ingl. ear-ring)
L'uso di ornamenti agli orecchi risale alle prime età dei metalli (v. sotto), al pari di quello di ogni altro vistoso ornamento della persona (anelli, armille, collane, diademi). Come per altri di questi, così anche per l'orecchino è supponibile un'origine di carattere superstizioso, apotropaico. L'orecchino è in principio di rame e di bronzo, successivamente d'oro, d'elettro, d'argento. Il modello più antico e più semplice risulta di una nuda verghetta metallica ritorta in cerchio. Per conferire maggiore vistosità all'oggetto, si aggiungono però ben presto altri ornamenti. Dal II strato di Troia (2400-1900 a. C.) si recuperarono orecchini d'oro di una forma già assai evoluta: un uncinetto sottile per infilare, assicurato a una placca metallica lavorata, da cui pendono lunghe catenelle terminanti in pendagli triangolari. D'un tipo affine, per quanto più lussuoso, appaiono gli orecchini d'oro sia di Rameśśêśe II (1300-1233), sia di Rameśśêśe XI (1130-1100), con catenelle assicurate a uno scudetto. In Egitto infatti, come nel mondo orientale in genere, gli orecchini sono un ornamento anche maschile, e probabilmente un attributo di dignità.
Anche un idoletto bronzeo paleoetrusco del R. Museo di Firenze si adorna di orecchini a semplice cerchio, con altri cerchi infilati. Quanto più, attraverso l'età arcaica, ci si avvicina all'età classica greca, tanto più ricchi e svariati si fanno i gioielli destinati a ornamento delle orecchie. Sono d'un periodo ancora arcaico gli orecchini greci ad anelli, cui aderiscono minuscoli grappoli disposti a raggiera. A partire dal sec. V a. C. è frequente nel mondo greco l'orecchino a rosetta o a disco, riccamente lavorato. Al disco si suole aggiungere un pendaglio in forma di piramidetta, o di cono rovescio, tra catenelle. Progressivamente le catenelle si moltiplicano, e il pendaglio principale prende forma di anforetta, o si muta in pietra preziosa. Dai primi del sec. IV, e con sempre maggiore frequenza, gli orecchini greci si arricchiscono di elementi figurati, consistenti ora in due minuscoli amorini appesi a catenelle, ora in complessi e ancor più minuscoli intrecci figurati, come su esemplari di necropoli della Russia meridionale. Più frequente però è il tipo dell'orecchino, da cui pende una sola figura di genietto alato maschile o femminile o di divinità. Spesseggiano in età ellenistica gli orecchini adorni di pietre colorate. La ricchezza del gioiello varia naturalmente in ragione del gusto, ma anche in ragione della ricchezza del cliente. Un tipo greco di orecchino abbastanza comune dal sec. V all'età ellenistica è il cerchietto ritorto, terminato da una protome o testa ferina, per lo più leonina, raramente da testa umana, eseguita a sbalzo, a pieno tondo.
Altri tipi d'orecchini sono caratteristici del mondo etrusco. Per il periodo orientalizzante (sec. VII-VI) sono comuni in Etruria gli orecchini d'oro, cosiddetti "a baule" di larga lamina d'oro ritorta. Vengono quindi gli orecchini a disco o a rosetta, da cui pendono grossi grani a grappolo. La moda greca degli orecchini lussuosi appare imitata provincialmente nei monumentali orecchini aurei di Todi (IV sec. a. C.), al Museo di Villa Giulia a Roma.
In età romana il fasto anche negli ornamenti della persona tende piuttosto ad aumentare. Ma tale ricchezza si concentra nell'incastonamento di pietre preziose, venute allora in gran moda, mentre le forme mantengono generalmente una certa semplicità.
I modelli classici degli orecchini continuarono ad essere usati nei primi secoli dell'era cristiana e più tardi, presso i barbari. Furono preferiti gli orecchini a pendenti assai semplici, formati da paste vitree, o da lapislazzuli e smeraldi infilati in filo d'oro; si usarono anche orecchini a cestello in lamina d'oro di forma lunata, graffita con elementi geometrici o con pavoni affrontati, orecchini a forma di disco o di poliedro con minuta decorazione di filigrana granulare e di piccoli castoni con gemme. Gli orecchini scoperti nelle necropoli barbariche presentano tipi abbastanza uniformi (Roma, Museo Nazionale Romano; Torino, Museo di antichità; Firenze, Museo archeologico); di forma lunata se ne sono trovati anche in qualche necropoli bizantina (a Racineci - una diecina di km. da Niscemi - in Sicilia di tipo eguale a quello del Museo di Budapest e del Museo di Palermo). I Bizantini elaborarono altri tipi ornati da smalti in alveoli. Quantunque non se ne siano conservati che pochi esempî medievali (tra gli altri l'orecchino del secolo XII-XIII del Museo Nazionale di Palermo, probabile lavoro locale), le rappresentazioni figurate ne ricordano di singolare ricchezza, come quelli del busto muliebre del duomo di Ravello (1278). Gli orecchini divennero gioiello preferito nel Rinascimento; ebbero allora forme assai varie, ma il valore della materia fu sempre subordinato al valore dell'arte. Grosse perle irregolari, incluse in fregi smaltati, davano orecchini in forma di uccelli, fiori, strani animali; altre volte esili fregi d'oro composero lievi trame intorno a un piccolo rilievo a smalto, altre volte gemme di vario colore erano poste in varia composizione nei lunghi penduli (vedi tesoro a Palazzo Pitti e Museo Nazionale a Firenze, ecc.). I modelli italiani furono imitati in tutta Europa. In Germania gli orecchini ebbero, come quelli italiani, fregi e statuette smaltate, ma i motivi architettonici sono spesso troppo rigidi e non adatti alla fragilità della materia e allo scopo (es. nel Victoria and Albert Museum). I disegni dati dal fiammingo Collaert, o dal Holbein e da altri maestri, si diffusero in Inghilterra dove furono imitati i tipi consueti. Gli orecchini francesi ebbero varie e stravaganti forme, - anche a doppia croce smaltata, come quelli citati nell'inventario di Maria di Scozia (1561) - e furono usati, sull'esempio di Enrico III, anche dagli uomini; quest'uso, nato nella Spagna, si estese anche nell'Inghilterra presso i cortigiani di Elisabetta. Verso la fine del sec. XVI e per tutto il XVII molti orecchini furono ornati con diamanti, chiusi in alveoli assai fondi, oppure con gemme di vario colore: rubini, smeraldi, topazî, ecc., veri o falsi. L'orientamento del gusto era verso la policromia e il fasto. In Sicilia dove l'industria corallifera era sviluppatissima, gli orafi eseguirono orecchini con piccoli coralli incisi o modellati, racchiusi in fregi d'oro e di corallo, assai pittoreschi (es. nel museo di Trapani). Nella Spagna gli oreccchini, come gli altri gioielli, furono assai grevi per il sovrapporsi di pietre preziose, senza ritmo alcuno. Nel sec. XVIII l'orecchino riacquista grazia di forma e di colore. A Venezia ne furono composti con piccole perle rotonde tenute da un filo d'oro e a forma di fiocchi e pendenti con delicati sviluppi lineari in accordo con la preziosa materia. Si usarono, forse nelle città marinare, orecchini con fregi di lamina d'oro smaltata a foggia di navicelle con gonfie vele, graziosi nel vivido colore dello smalto. Altri orecchini, sempre assai lunghi, furono fatti con sottili fregi d'oro senza smalto, graziosamente intrecciati con pietre preziose assai piccole: in altri i fregi d'oro furono ricoperti da smalto opaco a vividi colori, preferibilmente azzurri e bianchi, e la forma fu assai varia: a fiore, a galletto, a pavone, a mughetti, a campanule. Negli Abruzzi, in Sardegna, in Sicilia si hanno svariati tipi di orecchini assai originali e molto ornamentali.
In Francia furono largamente usate le girandoles de diamants e gli orecchini seguirono, come è naturale, tutte le varietà della moda e furono continuamente mutevoli sotto i regni di Luigi XIV, Luigi XV, Luigi XVI. Durante l'impero, si diffuse la moda dei cammei classici nei gioielli e anche negli orecchini. In Italia per opera del Castellani si ebbero imitazioni perfette di orecchini greci, romani, etruschi. Nel sec. XIX l'eclettismo decorativo imperò anche nel disegno degli orecchini; in quelli più rari si diede il massimo valore alle pietre preziose e ai diamanti (o alle loro imitazioni) mettendone in evidenza la grossezza e la purezza. L'orecchino divenne così un prodotto d'industria e tale è ancora. L'arte contemporanea va cercando nuove forme anche per questo gioiello.
Bibl.: Per l'antichità, v.: K. Hadaczek, Der Ohrschmuck der Griechen und Etrusker, Vienna 1904; F. H. Marshall, Catalogue of the Jewellery... British Museum, Londra 1911; A. De Ridder, Catalogue sommaire des bijoux antiques. Musée National du Louvre, Parigi 1924. - Per l'arte medievale e moderna: A. Venturi, Storia dell'arte italiana, I, Milano 1901; P. Toesca, Storia dell'arte italiana, I: Il Medioevo, Torino 1927; E. Fontenay, Les bijoux anciens et modernes, Parigi 1887; G. Meusnier, Die französische Juvelierkunst im Jahre 1900, Stoccarda 1901; H. Clifford Smith, The Jewellery, Londra s. a. (con bibl.); O. M. Dalton, Catalogue of early christ. antiquit. of the Brit. Museum, ivi 1901; P. Orsi, Byzantina Siciliae, in Byz. Zeitschr., XIX (1910), pp. 63-90; G. Arata, Arte rustica sarda, in Dedalo, I (1920-21), pp. 698-722; M. Accascina, L'ordinamento delle oreficerie del Museo Nazionale di Palermo, in Boll. d'arte, n. s.; IX (1928-30), pp. 225-241; id., Il tesoro del duomo di Enna, in Dedalo, XI (1930-31), pp. 151-170.
Etnologia. - Esistono, tra i primitivi, tre tipi d'ornamento per le orecchie. Il primo è il pendaglio attaccato al lobulo, il quale può presentare dimensioni svariatissime, dalla semplice buccola sino ai larghi pendagli scendenti a toccare le spalle o magari fino alla cintola (Africa orientale.) Il secondo tipo, costituito da un cilindro o da un disco infilato dentro il lobulo dell'orecchio, porta il nome di botoque (d'onde anche quello dei Botocudo; v.). Anche questo può essere di qualunque materiale e grandezza, sino a raggiungere le dimensioni della palma della mano. Nelle varietà maggiori, la perforazione del lobulo viene praticata gradualmente, per mesi o anni, ottenendo l'aumento della distensione di esso con l'introduzione di dischi sempre più grandi. Quando il botoque viene tolto, il lobulo pende come una corda ripiegata: risultato, tuttavia, che può essere prodotto anche da talune forme molto pesanti di pendagli. Esistono inoltre varietà di ornamenti composti di botoque e pendaglio. Il terzo tipo è l'ornamento del padiglione, un filo d'argento, per es., o una serie di buccole o di bastoncini posti sull'orlo dell'orecchio: ornamento che può, naturalmente, essere associato a uno degli altri due.
La perforazione del lobulo dell'orecchio ha, presso molti primitivi, una grande importanza rituale o cerimoniale. Tra i Daiaki di Borneo si compie sulle bambine tra feste che durano parecchi giorni, insieme con la circoncisione dei ragazzi e al primo taglio dei capelli di ambo i sessi; cerimonie rituali analoghe segnano tra gli Shan (Indocina) la perforazione del lobulo delle fanciulle e il primo tatuaggio dei ragazzi. Il fatto che in qualche luogo essa venga posta sullo stesso piano della circoncisione, che introduce l'individuo alla vita sessuale e cioè a uno dei più importanti momenti della vita dell'uomo, dimostra che la decorazione dell'orecchio non ha avuto, almeno in origine, uno scopo puramente estetico.
Per quanto riguarda la distribuzione dei tre tipi di ornamento, si può rilevare quanto segue. Nell'Africa, il botoque è portato specialmente dalle popolazioni negre del centro del continente (tolti però i Pigmei, che fanno scarso uso di ornamenti d'ogni genere). Le genti dell'Africa settentrionale invece, e di quella orientale (Nilotici, Etiopici) portano in generale l'orecchino a pendaglio e talvolta anche buccole al padiglione (Arabi): ma sono proprio alcune delle tribù miste, negro-etiopiche, della zona orientale che distendono di più, con grossi e pesanti pendagli, l'orecchio. Anche nel sud del continente prevale il pendaglio.
In Oceania, gli Australiani non praticano affatto l'ornamentazione dell'orecchio. Nella Papuasia si hanno invece le perforazioni e distensioni massime, sia col botoque sia col pendaglio, che pare più diffuso. Nella Polinesia prevale l'orecchino di proporzioni non esagerate.
L'America è forse il continente dove il botoque è più diffuso. Esso infatti non è soltanto caratteristico dei Gès del Brasile sud-orientale, ma era anche l'ornamento principale della zona messico-andina, dove costituiva un distintivo sociale ed era, per es., portato dai sovrani Inca. I botoques delle Ande erano dischi che raggiungevano fino a 10 cm. di diametro e potevano essere decorati, sulla faccia esterna, con incrostazioni di madreperla, turchesi, ecc. Nell'America si nota poi una notevole diffusione della decorazione del padiglione (tribù delle praterie e del sud-est nell'America Settentrionale, Colombia, ecc.).
Il botoque si trova pure fra i gruppi primitivi dell'Indonesia (Negritos, Senoi e altri). L'Asia anteriore e l'India dànno, per contro, una grande varietà, ricchezza e sviluppo del pendaglio, mentre l'Asia centrale e settentrionale, nonché l'Europa, usano orecchini a pendaglio sempre più piccoli. In complesso, i veri primitivi non paiono avere alcuna decorazione per l'orecchio e il massimo sviluppo di questa si ha, con il botoque, i pendagli, o le ornamentazioni al padiglione, nelle popolazioni a cultura intermedia, mentre le popolazioni di civiltà superiore dell'Asia e dell'Europa hanno soltanto orecchini di piccole dimensioni.
V. tavv. LXXVII e LXXVIII.