BARATIERI, Oreste
Generale italiano, garibaldino dei Mille, deputato, scrittore, nato a Condino (Trento) il 13 novembre del 1841, morto a Vipiteno (già Sterzing) nell'agosto del 1901. A venti anni, capitano dell'esercito volontario di Garibaldi, si distinse nel combattimento sotto Capua (ottobre 1860). Nel 1872 passò con il grado di capitano nell'esercito regolare italiano.
Colonnello dei bersaglieri, fu una prima volta in Eritrea nel 1887-88 e una seconda volta nel 1890. Fu nominato nel 1891 comandante delle truppe d'Africa e nel febbraio del 1892 governatore della Colonia. In tale qualità il B. riformò tutti i rami dell'amministrazione coloniale. Dal governo ottenne il diritto di assumere in guerra il comando in capo delle truppe coloniali concentrando così tutti i poteri nelle sue mani. Ottenne altresì per la colonia un bilancio autonomo. Istituì una milizia mobile e organizzò bande irregolari; riformò l'ordinamento giudiziario; favorì il commercio, accrebbe il gettito dei tributi; iniziò la colonizzazione agricola su terreni demaniali; costruì strade, completando - fra l'altro - il triangolo delle comunicazioni Saati-Asmara-Keren.
Nel luglio 1893 fu promosso maggior generale. Per l'impresa di Cassala ch'egli occupò di viva forza un anno dopo, ebbe la commenda dell'ordine militare di Savoia.
Iniziatesi alla fine dello stesso anno (1894) le ostilità dei Tigrini, il B. sbarrò a ras Mangascià l'accesso alla regione dell'Acchelè Guzai sconfiggendo a Coatit (13-14 gennaio 1895) il nemico quattro volte superiore, che poi inseguì e sbaragliò a Senafè (15 gennaio 1895). Per questa azione fu promosso tenente generale per merito di guerra. Per non dar tregua al vinto ras il B. si preparò a una campagna offensiva. Il 25 marzo 1895 occupava Adigrat e di lì eseguiva una scorreria fino ad Adua, recandosi anche ad Axum, città santa dei Tigrini, per cattivarsi quelle popolazioni con pubblico ossequio alle loro credenze religiose. Questi successi ottenuti con pochi mezzi alimentarono nel B. la speranza di debellare in modo definitivo Mangascià, quantunque il governo di Roma, impegnato nella battaglia delle elezioni generali con un programma di economie, non potesse inviare rinforzi che in misura insignificante. Riusciti favorevoli i comizî, il B. si recò in Italia (agosto 1895) dove fu accolto ovunque con entusiasmo e riuscì a ottenere un aumento di assegni e un altro lieve incremento dell'esercito coloniale. Rientrato in Eritrea il 26 settembre 1895, ordinò la mobilitazione generale e completò l'occupazione del Tigrè, mentre Mangascià si ritirava in fretta sempre più a sud. A questo punto la guerra si allargava con l'entrata in campo del negus d'Abissinia. Il B. si era illuso di poter evitare il pericolo mediante un'azione politica intesa a tener deste le gelosie fra i ras. Ma le proteste di amicizia di ras Maconnen furono ben presto smascherate dal proditorio attacco contro il Toselli ad Amba Alagi (7 dicembre 1895). Il B. concentrò allora sotto il suo diretto comando tutte le forze coloniali ad Adigrat, mentre il Crispi otteneva dal Parlamento un assegno straordinario di venti milioni non solo per vendicare Amba Alagi, ma anche per finire prontamente la guerra. Quando il negus Menelik ebbe occupato Makallè e si fu spostato, con occulta manovra, nella conca di Gundapta, il B. lo seguì col piccolo esercito coloniale; ma il tradimento delle bande irregolari, che defezionarono con gran parte delle salmerie, la povertà del paese e un'epidemia fra i quadrupedi, compromisero in modo grave i rifornimenti. In queste critiche condizioni il B. pensò alla ritirata, ma per renderla più sicura (dopo un convegno dei generali presenti, i quali tutti si mostrarono propensi per i più virili propositi) progettò ed attuò un'avanzata a scopo di intimidazione verso la conca di Adua, dove era raccolto nella quasi totalità l'esercito del negus.
Per un complesso di circostanze varie, la progettata dimostrazione offensiva si mutò in nostro effettivo attacco - purtroppo slegato - contro il campo scioano. Dinanzi all'inatteso inizio della battaglia (v. adua) il B. non seppe prontamente richiamare le truppe che s'erano spinte troppo innanzi, e anzi aggravò la critica situazione determinatasi all'inizio, ordinando alla brigata Dabormida di avanzare a rinforzo dell'Albertone. Né, durante lo svolgersi dell'azione, gli riuscì di evitare la sconfitta; ed ebbe infine, a battaglia perduta, e mentre egli stesso rientrava a Massaua precedendo gli avanzi dell'esercito battuto, il torto di disconoscere l'alto valore dei combattenti; ma fece poi ammenda di tale giudizio.
Caduto il Crispi e succedutogli il Rudinì, un malsano desiderio di soddisfare l'opinione pubblica indusse il governo a denunciare il B. al tribunale militare dell'Asmara, sotto l'imputazione di "omissioni, negligenze e abbandono di comando in guerra"; dalle quali imputazioni veniva assolto per inesistenza di reato. Collocato a riposo, si ritirò ad Arco (Trentino) presso una sorella, dedicandosi interamente allo studio e alle opere di pietà.
Il collegio di Breno lo aveva eletto deputato al parlamento per sei legislature consecutive.
Il B. scrisse su argomenti varî di carattere militare. Strategia: Da Weissenburg a Metz, Cagliari 1870. Tattica: Evoluzioni delle truppe a piedi in Austria e in Prussia, Roma 1873. Organica: I sottufficiali in Prussia, Roma 1873; La situazione militare della Svezia (1872). Colonie: Itinerario da Keren a Kassala; La regione fra l'Anseba e il Barca, Roma 1892. Storia: La guerra civile nella Spagna (1837-74), Firenze 1875; La leggenda dei Fabi, saggio di critica militare (Roma 1886). La sua opera principale è peraltro Memorie d'Africa (1892-96), Torino 1897.