PICCIONI, Oreste
PICCIONI, Oreste. – Nacque a Siena il 24 ottobre 1915, da Ubaldo Piccioni e Calliope Burali, secondo figlio dopo la sorella Anna (n. 1914).
Il padre perse la vita combattendo nella guerra del 1915-18. Oreste trascorse la prima giovinezza con la sorella e la madre, sarta da uomo, a Grosseto, città d’origine dei genitori, compiendo gli studi superiori al liceo Carducci-Ricasoli.
Conseguita la maturità classica, nel 1934 si iscrisse alla facoltà di fisica dell’Università di Pisa e fu ammesso a frequentare i prestigiosi corsi della Scuola normale superiore. Al termine del primo anno di studi, decise di lasciare la cittadina toscana per completare la propria formazione all’Università di Roma, attirato dalla pionieristica attività di ricerca in campo nucleare del gruppo di giovani fisici dell’istituto di via Panisperna, guidati da Enrico Fermi.
Appena tre anni dopo, nel 1937, morì sua madre Calliope. Si laureò con lode il 4 luglio del 1938, con la tesi in elettronica Alimentatore a tensione stabilizzata, portata a termine sotto la supervisione di Fermi. Il 16 luglio fu nominato assistente incaricato alla cattedra di fisica superiore nell’Istituto di fisica romano, trasferito nel frattempo da via Panisperna alla nuova città universitaria, nel quartiere di S. Lorenzo. Divenne assistente di ruolo il 1° giugno 1939.
La carriera scientifica di Oreste Piccioni ebbe inizio sotto i gravi auspici delle leggi razziali, promulgate dal governo fascista nell’ottobre del 1938, e dell’imminenza della seconda guerra mondiale. La campagna antisemita unita alla scarsità di mezzi della ricerca italiana spinse molti suoi colleghi a emigrare; tra questi anche Fermi, suo maestro e guida, che lasciò definitivamente l’Italia agli inizi di dicembre.
Le prime pubblicazioni scientifiche di Piccioni furono frutto di collaborazioni con Gilberto Bernardini, Bernardo Nestore Cacciapuoti, Bruno Ferretti e Giancarlo Wick e comparvero su La ricerca scientifica negli anni 1939, 1940 e 1941. Si tratta di lavori riguardanti le componenti dei raggi cosmici e in particolare il mesotrone, una particella carica altamente penetrante di natura allora ignota. Identificata per la prima volta nel 1937 da Carl Anderson e Seth Neddermeyer, la nuova particella risultava avere carica unitaria e una massa di valore intermedio, compreso tra la massa dell’elettrone e quella del protone (da qui il prefisso ‘meso’). Il mesotrone sembrò allora corrispondere alla particella teorica prevista da Hideki Yukawa nel 1935, mediatrice della forza nucleare e responsabile del decadimento beta, quindi in grado di decadere – in un tempo dell’ordine di un milionesimo di secondo – in un elettrone più un neutrino.
Tra la fine degli anni Trenta e l’inizio degli anni Quaranta le misure di raggi cosmici e delle proprietà dei mesotroni erano effettuate da Bernardini e gli altri sul Monte Cervino. L’interesse di Piccioni si acuì nel 1941, a seguito di un esperimento di Franco Rasetti dedicato alla misura della vita media (τ) del mesotrone, il tempo necessario alla particella in stato di quiete per decadere in un elettrone più l’ipotetico neutrino. I risultati di Rasetti diedero il via al sodalizio scientifico di Oreste Piccioni e Marcello Conversi, allievo di Bruno Ferretti, stimolandoli a realizzare un proprio esperimento per fornire la dimostrazione definitiva del decadimento del muone e una misura diretta ed esatta di τ. Progettarono a questo scopo un pionieristico sistema elettronico a coincidenza ritardata veloce, in grado di misurare con precisione tempi dell’ordine del milionesimo di secondo.
La messa a punto dell’apparato sperimentale impegnò Piccioni e Conversi durante gli anni della seconda guerra mondiale, a partire dalla fine del 1941. Piccioni divideva il suo tempo tra il laboratorio di fisica e l’Istituto militare superiore delle trasmissioni, dove prestava servizio come sottotenente di complemento nell’arma del genio.
Il sistema di registrazione elettronica delle coincidenze veloci era quasi ultimato quando la mattina del 19 luglio 1943 l’aviazione alleata bombardò lo scalo ferroviario di S. Lorenzo, colpendo anche numerosi edifici universitari. L’Istituto di fisica fu risparmiato, ma nel timore di altri bombardamenti Conversi e Piccioni, con l’aiuto del direttore dell’Istituto Edoardo Amaldi, trasferirono alla fine di luglio l’intero apparato di rivelazione al liceo Virgilio, sito in via Giulia in prossimità del Vaticano, al sicuro dalle incursioni aeree.
Il nuovo laboratorio venne allestito in un’aula seminterrata, ma l’attività fu nuovamente interrotta l’8 settembre dall’Armistizio e dalla conseguente occupazione di Roma da parte delle truppe tedesche. Piccioni tentò di attraversare la linea del fronte per raggiungere l’esercito anglo-americano a Sud, ma fu catturato dai Tedeschi assieme ad altri ufficiali disertori e rinchiuso in una prigione a Frosinone. Fu liberato dieci giorni dopo grazie alla diplomazia e al denaro del padre di un altro prigioniero. Rientrato a Roma clandestinamente, trovò rifugio a casa di Marcello Conversi, con il quale riprese a lavorare all’esperimento al liceo Virgilio. Amaldi riuscì a procurargli una licenza di guida con falso nome e un salario provvisorio, in sostituzione dello stipendio militare ormai sospeso.
Alla fine del 1943 l’apparato fu finalmente pronto per le prime misure. Due serie di sei contatori Geiger-Müller disposti su due file orizzontali, con interposto uno spesso strato di piombo, servivano a rivelare l’arrivo dei mesotroni sull’assorbitore sottostante, costituito da una lastra di ferro spessa 5 cm. Qui, rallentato fino a fermarsi, un mesotrone decadeva dopo un tempo breve in un elettrone, che a sua volta veniva rivelato da contatori Geiger-Müller posti a valle. L’introduzione innovativa delle coincidenze in serie, al posto delle coincidenze in parallelo, consentiva di misurare vite medie molto più brevi che in precedenza (O. Piccioni, Un nuovo circuito di registrazione a coincidenze, in Il nuovo cimento, 1943, vol. 1, p. 56).
Già agli inizi del 1944 le misure ottenute permisero a Piccioni e Conversi di dimostrare che i mesotroni frenati nell’assorbitore si disintegravano secondo una curva di decadimento esponenziale. Inoltre trovarono per τ un valore di 2.3 ± 0,17 microsecondi, fornendo la prima misura accurata ottenuta in Europa (M. Conversi - O. Piccioni, Misura diretta della vita media dei mesoni frenati, ibid., 1944, vol. 2, p. 40). A causa della guerra, i due fisici non erano al corrente che misure analoghe erano state già eseguite all’Università americana di Cornell da Bruno Rossi e Norris Nereson nel 1942, ma in condizioni assai meno difficili.
La misura della vita media del mesotrone fu il primo di quattro esperimenti dedicati da Piccioni e Conversi alla nuova misteriosa particella. Il secondo e il terzo servirono a verificare le previsioni teoriche di Tomonaga e Araki (1940), basate sull’ipotesi che il mesotrone fosse la particella di Yukawa: soltanto i mesotroni di carica elettrica positiva, arrestandosi in un materiale qualsiasi, decadono con vita media pari a circa 2.2 microsecondi, mentre i mesotroni negativi vengono catturati, in un tempo molto inferiore, dai nuclei dell’assorbitore. Poiché era noto che i mesotroni cosmici positivi sono circa il 55% dei mesotroni che arrivano al livello del mare, il secondo esperimento, realizzato anch’esso al liceo Virgilio, mirò a verificare che solo tale percentuale di mesotroni subisse decadimento fermandosi nell’assorbitore (M. Conversi - O. Piccioni, Sulla disintegrazione dei mesoni lenti, in Il nuovo cimento, 1944, vol. 2, p. 71). Il terzo esperimento consentì di distinguere tra particelle negative e positive, grazie all’introduzione di lenti magnetiche, e confermò ancora una volta le previsioni di Tomonaga e Araki (M. Conversi - E. Pancini - O. Piccioni, On the decay process of positive and negative mesons, in Physical Review, 1945, vol. 68, p. 232).
Alla liberazione di Roma, in giugno, Piccioni e Conversi poterono finalmente rientrare all’Istituto di fisica con la loro attrezzatura. L’anno successivo, durante la fase finale del terzo esperimento, ai due si unì anche Ettore Pancini, rientrato poco dopo la Liberazione dell’Italia settentrionale (25 aprile 1945), dove aveva preso parte alla Resistenza.
Lo scopo del quarto esperimento, ultimato dai tre fisici nel 1946, era osservare gli eventuali fotoni emessi dai mesotroni negativi assorbiti dai nuclei, secondo un’ipotesi suggerita dai teorici Wick e Ferretti. Al posto della lastra di ferro, all’interno dell’apparato del terzo esperimento fu sostituito un assorbitore di grafite, che risultasse trasparente ai fotoni. Il risultato del tutto inaspettato fu che all’interno della grafite i mesotroni negativi non subivano cattura nucleare, ma erano soggetti a decadimento spontaneo, come i mesotroni positivi, contravvenendo alle previsioni teoriche di Tomonaga e Araki (M. Conversi - E. Pancini - O. Piccioni, On the disintegration of negative mesons, ibid., 1947, vol. 71, p. 209).
Il lavoro di Conversi, Pancini e Piccioni mostrò irrevocabilmente che il mesotrone non era la particella di Yukawa, ma un oggetto nuovo e inatteso, che venne chiamato muone (simbolo μ). Nel giugno del 1947 Bruno Pontecorvo suggerì che esso avesse momento angolare 1/2, come l’elettrone, e che fosse soggetto, come il suo fratello più leggero, alla teoria dell’interazione di Fermi del decadimento beta. La simmetria elettrone-muone era il primo passo verso il riconoscimento di universalità dell’interazione debole e verso la nascita della famiglia dei leptoni.
L’esperimento Conversi-Pancini-Piccioni valse ai tre fisici molteplici candidature al Nobel.
Nel marzo del 1945 Piccioni sposò Mirella Monti, anche lei di Grosseto e tredici anni più giovane. Il primo figlio, Roberto, nacque l’anno successivo nel mese di maggio. Durante l’estate Piccioni si trasferì con la famiglia a Cambridge, per lavorare un anno al Massachusetts institute of technology con Bruno Rossi, chiedendo un’aspettativa all’Università di Roma. La permanenza temporanea negli Stati Uniti si trasformò in un soggiorno definitivo, che negli anni successivi portò Piccioni a lavorare al Brookhaven national laboratory, dove partecipò al programma Cosmotrone, e da lì in numerosi centri di ricerca americani. Tra questi, la stazione di raggi cosmici dell’Università di Denver, in Colorado, dove nacque il suo secondo figlio Richard nel 1951.
Numerosi furono i suoi contributi di fisico sperimentale. Nel 1953 ideò un sistema di estrazione del fascio di protoni per il Cosmotrone, usato poi in diversi acceleratori del mondo (il ‘magnete Piccioni’; O. Piccioni et al., External proton beam of the cosmotron, in Review of scientific instruments, 1955, vol. 26, p. 232).
Tra dicembre 1954 e gennaio 1955 fu ospite del Lawrence radiation laboratory di Berkeley, dove contribuì con molteplici idee alla progettazione dell’esperimento per la rivelazione dell’antiprotone. La scoperta, avvenuta alla fine del 1955, valse il premio Nobel nel 1959 a Emilio Segrè e a Owen Chamberlain, che nel loro discorso ufficiale ringraziarono Piccioni per i suggerimenti forniti. Nel 1972 Piccioni intentò un’azione legale contro entrambi, sulla base del fatto di aver loro proposto nel 1954 il disegno fondamentale dell’apparato di rivelazione, nella certezza di realizzare l’esperimento insieme, ma di fatto venendone successivamente escluso. L’azione legale suscitò l’attenzione dei giornali, ma non ebbe seguito perché venne presentata troppo tempo dopo l’accaduto.
Alla fine del 1955 Piccioni cominciò a collaborare con Bruce Cork, Glen Lambertson e William Wenzel alla realizzazione di un esperimento per la rivelazione degli antineutroni, che utilizzava i fasci di antiprotoni prodotti nel Bevatrone di Berkeley per generare antineutroni, mediante un processo di scambio di carica antiprotone-antineutrone all’interno di uno scintillatore. L’impresa fu coronata dal successo l’anno successivo (O. Piccioni et al., Antineutrons produced from antiprotons in charge exchange collisions, in Physical Review, 1956, vol. 104, p. 1193).
Nel 1955 Piccioni pubblicò con Abraham Pais un articolo che suggeriva un metodo per verificare sperimentalmente l’ipotesi teorica avanzata da Pais e Murray Gell-Mann l’anno precedente sulla natura del mesone neutro K0, secondo cui esso è una combinazione quantistica di due diversi stati di particella, aventi diversa massa e diversa vita media (O. Piccioni, A. Pais, Note on the decay and absorption of the θ0, ibid., 1955, vol. 100, p. 1487). Negli anni successivi Piccioni mise a punto l’esperimento – noto come rigenerazione dei mesoni K0 – al Bevatrone di Berkeley, in collaborazione con un gruppo di ricercatori di quell’Università. Il raffinato sistema di rivelazione e misura mostrò che i mesoni K a lunga vita media, generati da un acceleratore, possono trasformarsi (‘rigenerarsi’) lungo il cammino in mesoni K a breve vita media (O. Piccioni et al., Regeneration and mass difference of neutral K mesons, in Physical Review letters, 1960, vol. 4, p. 539), passando quindi da uno stato di particella all’altro, confermando così il modello di Gell-Mann e Pais.
A partire dal 1960, Piccioni divenne professore all’Università della California a San Diego. Il suo primo matrimonio finì all’inizio del 1962. L’anno successivo sposò Marina Aardema, americana di padre olandese e madre svizzera, dalla quale ebbe tre figli: Gabriella (1965), Christopher (1969) e Julian (1970), nati a La Jolla (San Diego).
Misure più accurate della differenza di massa tra i due stati del mesone K0, determinando anche il segno di tale differenza, furono ottenute da Piccioni assieme al suo gruppo di San Diego nel 1964, utilizzando ancora il Bevatrone di Berkeley.
Tra il 1971 e il 1975 Piccioni e il suo gruppo implementarono un nuovo programma di ricerca al Bevatrone, per lo studio degli stati nucleari eccitati mediante l’uso di neutroni d’alta energia. A partire dagli anni Ottanta si dedicò ad alcuni problemi fondamentali di meccanica quantistica, tra i quali il paradosso EPR (Einstein-Podolski-Rosen).
Insignito nel 1982 del titolo di commendatore dell’Ordine al merito della Repubblica italiana, nel 1998 ha ricevuto la medaglia Matteucci dall’Accademia nazionale delle scienze.
Morì a Rancho Santa Fe (San Diego) il 13 aprile 2003. Le sue ceneri furono portate dagli Stati Uniti a Grosseto, secondo le sue ultime volontà.
Fonti e Bibl.: Roma, Archivio storico dell’Università di Roma La Sapienza, Fascicoli personale docente, f. AS 8157 (O. P.); lettere di Piccioni sono in Roma, Università La Sapienza, Dipartimento di fisica Guglielmo Marconi, Archivio Edoardo Arnaldi e Archivio Marcello Conversi.
G. Bernardini, Cerimonia a Grosseto per O. P., in Il nuovo saggiatore, 2003, vol. 19, p. 33; W.A. Wenzel - R.A. Swanson - W.A.W. Mehlhop, O. P., in Physics today, 2003, vol. 56, n. 4, 2003, p. 80; M. Baldo-Ceolin, Particelle, oscillazioni. Le vie nuove aperte da O. P. e da Bruno Pontecorvo, in Rendiconti dell’Accademia nazionale dei Lincei, s. 9, 2004, vol. 15, p. 337; F. Bassani, I legami scientifici di O. P. con la Società italiana di fisica, ibid., p. 373; N. Cabibbo, From the theory to experiment: interference in particle physics, ibid., p. 359; G. Salvini, La vita di O. P. e la sua attività scientifica in Italia, ibid., p. 289; G. Bernardini, The intriguing history of the μ meson, in The birth of particle physics, a cura di L. M. Brown - L. Hoddeson, New York 1983, p. 155; M. Conversi, The period that led to the 1946 discovery of the leptonic nature of the “mesotron”, ibid., p. 242; O. Piccioni, The observation of the leptonic nature of the “mesotron” by Conversi, Pancini, and P., ibid., p. 222; M. Conversi, La storia del muone, in Sapere, febbraio 1988, p. 27; O. Piccioni, The discovery of the leptonic property, in Present trends, concepts and instruments of particle physics – Symposium in honour of Marcello Conversi’s 70th birthday, Roma... 1987, a cura di G. Baroni - L. Maiani - G. Salvini, Bologna 1988, p. 171.