Oreste
Figlio di Agamennone e di Clitennestra, era ancora fanciullo quando gli fu assassinato il padre (v. AGAMENNONE); la sorella Elettra, che sperava un giorno da lui vendetta dell'atroce fine di Agamennone, lo fece crescere presso lo zio Strofio re della Focide; qui O. si legò di caldissima amicizia a Pilade, figlio di quel re.
Pilade accompagnò O. quando questi si recò a Micene per vendicare la morte del padre; essendo stata scoperta la congiura, Pilade per salvare la vita dell'amico dichiarò di essere egli O.: ma O. non accettò il sacrificio e contro Pilade, che continuava a protestare di essere egli il figlio di Agamennone, affermò la propria vera identità. Quando poi riuscì a uccidere Clitennestra ed Egisto, fu perseguitato per il matricidio dalle Erinni fino alla purificazione, avvenuta ad Atene davanti all'Areopago presieduto da Atena (o, secondo altre versioni del mito, a Delfi o nel Peloponneso). Secondo una leggenda, ripresa da Euripide nell'Ifigenia in Tauride o in gran parte inventata da questo, l'oracolo ingiunse a O. di rapire la statua di Artemide nella Tauride; ivi la sorella Ifigenia (v.) avrebbe dovuto sacrificarlo sull'altare della dea, ma i due fratelli, riconosciutisi, fuggirono col simulacro, vanamente inseguiti dal re Toante. Vedi anche, per la successiva storia di O., la voce IFIGENIA.
Le vicende di O., legate alla truce storia di Atreo e Tieste e dei loro discendenti, godettero di enorme fortuna nel mondo letterario greco, specie tra i tragediografi (inutile ricordare i famosi drammi di Eschilo, Sofocle, Euripide); minore nel mondo latino, salvo la produzione tragica arcaica, che è però quasi totalmente andata perduta. Sappiamo da Cicerone che una scena della Chryses di Pacuvio - la gara di sacrificio tra O. e Pilade - raccoglieva ogni volta grandi applausi (cfr. Amic. VII 24; Fin. V XXII 63). Scarsi sono gli accenni a O. nei poemi: Virgilio ricorda rapidamente la persecuzione delle Erinni (Aen. IV 471-473) e l'uccisione di Pirro (III 327-332).
D. non menziona mai il tremendo destino che pesò su Atreo e sulla sua famiglia, e neppure il matricidio compiuto da Oreste. Invece usufruisce del cenno del De Amicitia ciceroniano per gli esempi di carità gridati nella seconda cornice purgatoriale ov'è punita l'invidia, uno dei quali è appunto la nobile gara tra O. e Pilade (Pg XIII 33 un'altra ‛ I ' sono Oreste ' / passò gridando). Per completezza si avverte infine che in uno dei sonetti che Giovanni Quirini avrebbe indirizzato a D. (Rime dubbie IX) si allude a quel medesimo famoso episodio (" qual fu ad Oreste ne la insania dira / Pillade, me offro a te fin a la pira ", v. 13).