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orezza

Enciclopedia Dantesca (1970)
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orezza


" Soffio di vento ", probabilmente da ‛ aura ': tal mi senti' un vento dar per mezza / la fronte, e ben senti' mover la piuma, / che fé sentir d'ambrosïa l'orezza (Pg XXIV 150), " cioè fece sentire lo venticello de lo odore de l'ambrosia " (Buti).

Così in Pg I 123, dove il Petrocchi restaura la lezione tradizionale ad orezza in luogo di adorezza congetturato dal D'Ovidio, difeso dal Vandelli e accettato dalla '21 e dal Casella (cfr. la nota ad l.): là 've la rugiada / pugna col sole, per essere in parte / dove, ad orezza, poco si dirada.

Bibl.-F. D'ovidio, Il Purgatorio e il suo preludio, Milano 1906, 139 ss.; I. Del Lungo, L'" orezza " dantesca, in " Nuova Antol. " l6 Luglio 1920, 118-124; G. Vandelli, Sul testo critico della Commedia, in " Studi d. " VI (1923) 45-54.

Vocabolario
oréżża
orezza oréżża s. f. – Variante ant. di orezzo, usata da Dante (Purg. XXIV, 150) nel senso di auretta, lieve soffiar di vento: Tal mi senti’ un vento dar per mezza La fronte, e ben senti’ mover la piuma, Che fé sentir d’ambrosïa l’orezza,...
oréżżo
orezzo oréżżo s. m. [der. di orezzare], ant. o poet. – Venticello fresco, lieve brezza; più spesso, ombra fresca (cfr. rezzo, che è oggi la forma comune): Il merigge facea grato l’orezzo Al duro armento et al pastore ignudo (Ariosto); l’o....
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