VECCHI, Orfeo
VECCHI, Orfeo. – Nacque intorno al 1551, da famiglia milanese.
La principale fonte d’informazione circa la sua biografia, ossia lo status personalis redatto nel luglio del 1596, gli attribuisce l’età di 45 anni e lo dice figlio di un tale «Reinaldus Mediolanensis» (Toffetti, 1996, p. 464). Non va tuttavia sottaciuto che nell’atto di morte (26 novembre 1603) risulta di «anni 50 vel circa» (Mauri Vigevani, 1986, p. 354). Ebbe almeno due fratelli, Ludovico nato intorno al 1540, e Giovanni Battista, che nel 1596 dimorava presso di lui con moglie e figlie.
La prima parte del percorso culturale, spirituale e artistico di Vecchi avvenne in terra piemontese, in particolare nella diocesi di Vercelli. Il suo nome figura fra gli iscritti al locale seminario come pure presso il collegio degli innocenti, dove nel 1570 risulta maior ipsorum innocentium, svolgendo con profitto anche l’attività di maior cantor. A Vercelli aveva ricevuto nel 1561 la prima tonsura e nel 1583, a conclusione di un iter di formazione clericale curiosamente dilatato, fu ordinato sacerdote. Per un periodo di tempo non precisato tra il 1583 e il 1587 adempì all’incarico di direttore della cappella musicale nel duomo della città eusebiana: e non sarà un caso se il suo primo libro di messe (Milano, Tini, 1588; ed. moderna a cura di O. Beretta, 1991) ne contiene una di Giacomo Antonio Piccioli, suo successore in questa carica.
Vecchi svolse tuttavia in Milano, nella collegiata di S. Maria della Scala (1580-82 e 1587-1603), la maggior parte del suo ministero, come membro del clero secolare, e della sua esperienza musicale; nella capitale del Ducato risiedette in zona Porta Nuova, nella parrocchia di S. Stefano in Nosiggia. Nondimeno le dediche delle sue opere a stampa comprovano collaborazioni e contatti con Novara, Como, Cremona, Genova e Bergamo.
In particolare al capitolo dei canonici della cattedrale di Novara dedicò nel 1596 un volume di salmi a cinque voci, cui fece seguito nel 1598 il relativo Basso principale; al prevosto del capitolo di S. Gaudenzio, Mattia Zaffiri, dedicò nel 1598 il suo secondo libro di messe a cinque voci, mentre sotto il vescovo Carlo Bascapè, collaborò ancora con la medesima diocesi per la pubblicazione del Liber litaniarum et processionum Ecclesiae Novariensis.
Vecchi giunse a Milano su nomina di Carlo Borromeo, con l’approvazione del vescovo di Vercelli monsignor Giovanni Francesco Bonomi e con il consenso del governatore di Milano, cui spettava – in virtù del giuspatronato regio gravante sulla collegiata scaligera – il controllo delle nomine ecclesiali. A detta di Francesco Rivola (Vita di Federico Borromeo, Milano 1656, p. 16), fu poi devoto e amico dell’altro Borromeo cardinale e arcivescovo, cui dedicò nel 1588 la prima opera a stampa, il citato primo libro Missarum quinque vocum, ad normam Concilii provincialis [...] sub Carolo Borromæo cardinale habiti.
Nella collegiata di S. Maria della Scala, posta al crocevia tra la giurisdizione ecclesiastica e quella regio-ducale, fu maestro del coro e di cappella e, grazie a non comuni capacità umane e relazionali, riuscì «a trascendere i conflitti politico-istituzionali» (Kendrick, 1997, p. 179): in breve tempo la sua azione mediatrice produsse un ristabilimento dei rapporti, in precedenza deteriorati, tra potere ducale e Chiesa ambrosiana, favorendo i disegni riformatori di Federico Borromeo. Al contempo rivitalizzò la compagine corale attiva per la collegiata e ne fece – accanto al duomo e alla chiesa di S. Maria in S. Celso – «uno dei poli musicali contro-riformistici più accreditati», alimentando «un autentico stile polifonico posttridentino» (De Cicco, 2016, I, p. 25).
Il presbitero e musicus – dal 24 luglio 1591 anche mansionarius in S. Maria della Scala – fu definito «un miracolo dei suoi tempi» per «fecondità d’ingegno e velocità di mano» da Girolamo Borsieri (Supplimento della nobiltà di Milano, Milano 1619, p. 54). Della sua ferace vena compositiva dà palmare testimonianza la copiosa produzione polifonica: mandò in stampa «mottetti, salmi, messe, canzoni ed altre opere al numero di 24 libri composti a 4, 5, sei et anco ad otto voci» (F. Picinelli, Ateneo dei letterati milanesi, Milano 1670, p. 436).
Ne sono pervenuti una quindicina pubblicati con stupefacente alacrità tra il 1588 e il 1603, tutti in Milano, fino al 1602 sempre presso gli editori Tini (è probabile che molte composizioni risalissero ad anni precedenti, com’egli stesso lascia intendere nella dedica del primo libro di messe: un esordio editoriale a 37 anni d’età appare peraltro singolarmente tardivo, per le consuetudini dell’epoca). Sono tre libri di messe a cinque voci (1588, 1598, 1602), uno a quattro (1597) e uno a otto con salmi e mottetti (1590); due di salmi a cinque voci (1596, 1601) e uno di salmi penitenziali a sei (1601); quattro di mottetti a cinque (1597, 1598), a sei (1598) e a quattro voci (1603); uno di falsi bordoni, inni, antifone e litanie a quattro, cinque e otto (1600); uno di Magnificat a cinque voci (1603); e uno di madrigali spirituali (1602; vedi oltre).
Tra i dedicatari figurano il giurista milanese Francesco Bernardino Porro, le suore Chiara Francesca e Chiara Geronima Gosellini e Chiara Pompilia Adda, suor Angelica Agata Sfondrati, Cristierno Gonzaga marchese di Solferino. Ai libri di cui fu l’autore principale si aggiungono alcuni brani apparsi in edizioni collettanee.
Di Vecchi si conoscono due soli madrigali profani, inclusi nella collettanea Le risa a vicenda (Venezia, Vincenti, 1598), promossa dal milazzese Giovanni Pietro Flaccomio. Praticò all’occasione il madrigale spirituale: uno è nella collettanea Delli pietosi affetti (Venezia, Vincenti, 1598), intessuta di rime spirituali di Angelo Grillo intonate da compositori religiosi e secolari; e ne compose poi un libro intero, che fin dal titolo s’ispira all’Apocalisse (12, 1-2) e all’introito della festa dell’Assunta (La donna vestita di sole, coronata di stelle, calcante la luna, Milano 1602), dedicato a Ippolita Borromeo Sanseverino Barbiano, contessa di Belgioioso. Alla stregua d’altri musicisti nella cerchia del cardinale Federico, come Girolamo Cavaglieri e Aquilino Coppini, produsse anche dei contrafacta latini di madrigali d’altri compositori: una sua Scielta de madrigali [...] accommodati in motetti, pubblicata postuma (Milano 1604) a cura del fratello Giovanni Battista; ma già nei mottetti del 1597, «a guisa d’ape ch’abbia colto il mele degli più soavi fiori», aveva parafrasato tra l’altro due famosi madrigali di Giovanni Pierluigi da Palestrina, Vestiva i colli e le campagne intorno (Surge, propera, amica mea) e Io sono ferito, ahi lasso (Quanti mercenarii).
Di un perduto libro di canzoni francesi (strumentali) a quattro parti rimane traccia in un catalogo editoriale dei Tini del 1596, che lo segnala tra le novità (Mischiati, 1984, p. 109). Due brani strumentali sono nel Primo libro della musica a due voci di Giovan Giacomo Gastoldi (Milano, Tini e Besozzi, 1598).
Morì a Milano il 26 novembre 1603, per apoplessia.
Esponente di primo piano della vita ecclesiastica ambrosiana, Vecchi prese parte a numerosi eventi liturgici ed extraliturgici in qualità di compositore, maestro di liturgia, cantore e direttore di coro. «Uomo di ampi orizzonti culturali, incline all’approfondimento nel campo del sapere teologico» (Toffetti, 1996, p. 451), può essere considerato interprete fedele delle idealità tridentine così come le declinarono Carlo e Federico Borromeo. Lo stile da lui coltivato – sempre rispettoso dei testi sacri, dei loro significati teologico-spirituali e del loro potenziale catechetico, in perfetto equilibrio «tra impiego liturgico e utilizzo devozionale» (Tibaldi, 2001, p. 252; Id., 2002, p. 32) – fece di lui uno dei compositori di rilievo nell’evoluzione del mottetto in età controriformistica (De Cicco, 2016, pp. 187 s.). La «quantità», diffusione e «isquisitezza delle composizioni» (Picinelli, Ateneo, cit., p. 436) gli valsero l’ammirazione dei contemporanei, e tra gli eruditi di musica la sua fama perdurò fino al Settecento (cfr. per es. l’Epistolario Giovanni Battista Martini e Girolamo Chiti (1745-1759), a cura di G. Rostirolla, Roma 2010, ad ind.). Due libri di mottetti suoi furono ristampati dall’editore Pierre Phalèse ad Anversa (1603, 1608), e una manciata di brani comparve in antologie italiane e transalpine tra il 1604 e il 1627. Spicca la presenza di ben centoventidue composizioni polifoniche sacre di Vecchi trascritte nell’intavolatura di Pelplin, antologia manoscritta realizzata dal monaco Feliks Trzcinski negli anni 1620-30 presso l’abbazia cistercense di Pelplin in Polonia.
Fonti e Bibl.: O. Mischiati, Indici, cataloghi e avvisi degli editori e librai musicali italiani dal 1591 al 1798, Firenze 1984, ad ind.; L. Mauri Vigevani, O. V., maestro di cappella di S. Maria della Scala, in Rivista internazionale di musica sacra, VII (1986), pp. 347-369; O. Vecchi, Missarum quatuor vocibus. Liber primus, a cura di O. Beretta, Lucca 1991, pp. VII-XXX; M. Toffetti, Nuovi documenti su O. V. “Presbyter Orfeus Vecchius” (1551-1603): un ignoto status personalis di O. V., mansionario in S. Maria della Scala, in Nuova rivista musicale italiana, XXX (1996), pp. 445-465; R.L. Kendrick, Musica e riforma nella Milano di Carlo Borromeo, in Carlo Borromeo e l’opera della grande riforma. Cultura, religione e arti del governo nella Milano del pieno Cinquecento, a cura di F. Buzzi - D. Zardin, Cinisello Balsamo 1997, pp. 179 s.; M. Donà, V., O., in The new Grove of music and musicians, XXVI, London-New York 2001, pp. 368 s.; R. Tibaldi, Lo stile ‘osservato’ nella Milano di fine Cinquecento: alcune osservazioni preliminari, in Polifonie, I (2001), pp. 252, 278; Id., I mottetti a quattro voci (Milano 1599) di Giovanni Paolo Cima e lo stile osservato nella Milano di fine ’500: alcune osservazioni, ibid., II (2002), pp. 12, 26, 32; C. Getz, L’altare mariano nella Milano della Controriforma e “La donna vestita di sole” (1602), in Barocco padano 3, a cura di A. Colzani - A. Luppi - M. Padoan, Como 2004, pp. 83-101; D. Torelli, Benedetto Binago e il mottetto a Milano, Lucca 2004, pp. 67, 72, 86 s., 98, 122; P. Ackermann, V., O., in Die Musik in Geschichte und Gegenwart. Personenteil, XVI, Kassel 2006, coll. 1374-1376; C. Getz, Funzione sacra e strategie di “marketing” nella polifonia dei Vespri in S. Maria della Scala a Milano dal 1595 al 1610, in Barocco padano 4, a cura di A. Colzani - A. Luppi - M. Padoan, Como 2006, p. 409; L. Mauri Vigevani, In convertendo Dominus, “Dialogo a doi chori” di O. V., in La musica policorale in Italia e nell’Europa centro-orientale fra Cinque e Seicento, a cura di A. Patalas - M. Toffetti, Venezia 2011, pp. 57-84; G. Salis, Drammatizzazioni devozionali del venerdì santo a Milano in età post-tridentina: la processione con misteri dei Barnabiti, I-II, diss., Università di Bologna, 2011; Federico Borromeo e la musica, a cura di M. Bizzarini, Milano-Roma 2012, ad ind.; D. De Cicco, O. V.: musicus et cantor, I-II, diss., Université de Genève, 2016; Id., Il terzo libro dei mottetti a sei voci (Milano, 1598) di O. V., Bern 2019.